Vogliamo bene a Roccati e ancora di più a Cejas, che fu decisivo per la promozione in serie A.
Ovviamente assisteremo trepidanti e partecipi alle prossime parate viola, chiunque sia il protagonista di quelle parate, ma non vorremmo si generasse un equivoco: se, come speriamo e vogliamo, tutto dovesse andare bene non è che per caso ci dimentichiamo dell’emergenza portiere?
No, perché questa storia ricorda per ora da vicino quella delle dimissioni/esonero di Mondonico nell’ottobre 2004.
Si cominciò con la soluzione tampone e per un mese abbondante parve a molti (compreso il sottoscritto) che quella fosse la strada maestra da seguire.
E fu un clamoroso errore, seguito a ruota da un altro che rischiò di essere fatale: Zoff.
Stringiamoci quindi giustamente ed affettuosamente intorno ai portieri che ci sono rimasti in squadra, ma per favore al più tardi lunedì pomeriggio presentiamo il sostituto di Frey.

Dunque Forza Italia ha bloccato l’iter parlamentare che avrebbe portato ad una vendita collettiva dei diritti televisivi.
Bene che vada se ne discuterà nella prossima legislatura, quindi siamo al nulla di fatto, anche se sfugge quando sarebbe partita eventualmente la nuova legge, visto che ci sono dei contratti firmati fino al 2009 e nessuna norma può aver valore retroattivo.
Siamo chiaramente prigionieri del pastrocchio politico combinato sì dal governo D’Alema nel 1999, ma avallato per convenienza e paura da quasi tutte le forze politiche e calcistiche.
Questa era una bella occasione per provare a uscire dai recinti ideologici e fare qualcosa di vagamente utile per tutti.
Si sarebbe annullato il vergognoso divario tra le tre grandi e le altre, avremmo assisitito ad un campionato più equilibrato e quindi alla fine più vendibile televisivamente.
Invece niente, Forza Italia ha bloccato tutto.
Nessuno però per favore parli più di conflitto di interessi.
Qui non c’è proprio nessun conflitto, restano solo gli interessi…

P.S.
Da Repubblica
ROMA – Diego Della Valle, la sua riforma per un calcio che suddivida più equamente le risorse, non è passata: Forza Italia ha bloccato i diritti tv collettivi.
“E’ vergognoso far pesare la politica contro gli interessi della gente e a favore di certe aziende”.
Parla di Berlusconi.
“Certo che parlo di lui, tutte le forze politiche avevano dato il via libera, guarda caso dice no un dipendente di Berlusconi (il deputato Vito ndr.) che porta a casa gli interessi del padrone. E’ inaccettabile sentire il Presidente del Consiglio dire che non ne sapeva nulla: io stesso mercoledì mattina lo avevo fatto avvertire di quanto stava accadendo. Per cui è un bugiardo”.
Continueremo dunque a vedere super contratti per i grandi club e briciole, come si dice, agli altri.
“Come cittadino non lo accetto e come presidente lo trovo vergognoso. Non ammetto che si tolga competitività ai club più piccoli che restano dipendenti di quelli più importanti. L’obiettivo di questa operazione, di opposizione ai diritti tv collettivi, è controllare il calcio e far spendere meno denaro alle tv. Prima con Sky e in futuro con chi avrà le esclusive. Ma tutti hanno diritto alla loro dignità, non si devono impaurire i presidenti delle squadre. E se non riequilibreremo gli introiti tv fra tutti i club, non potremo nemmeno ridare dignità al calcio italiano”.
Insomma un patto tv-grandi club.
“Pensano di fare come vogliono, per un eccesso di senso del potere supportato da chi dovrà pagare i diritti: e noi, tutti insieme, non dobbiamo permetterlo”.
Cosa si propone di fare?
“Con i diritti collettivi stabiliamo una precisa tabella di parametri, un sistema di regole, così ogni club saprà in anticipo quanto guadagnerà rispetto a quello che incassa di più. Questo toglierà la possibilità ai “furbetti” di fare ciò che vogliono: in un paese democratico non deve succedere. Io penso che i grandi club debbano essere rispettati, ma devono esserlo anche gli altri. E tutti insieme possiamo riuscirci: le tv senza il calcio non fanno nulla”.
Quindi lei considera Berlusconi direttamente responsabile di questa situazione.
“Vedere un uomo politico che utilizza la sua forza per portare vantaggi alle sue aziende è una cosa vergognosa. Lo dico senza problemi: si deve vergognare”.
Lei vuol scardinare un sistema calcio ormai consolidato nei secoli…
“Io penso che un ragazzino che tifa Lecce o Treviso, non parlo del mio club, debba avere la speranza che un giorno la sua squadra potrà fare qualcosa. Se gli uccidiamo la speranza, abbiamo ucciso anche il calcio. Non accetto un calcio in cui ci sono tre club e il resto non conta nulla. I grandi club facciano i risultati con i soldi dei rispettivi presidenti, non con i soldi degli altri. Facciano come i presidenti di una volta”.
Veramente Berlusconi i soldi per il Milan li tira fuori, eccome.
“Se non bastano, ne tiri fuori altri”.
Un calcio retto dalle regole di Juve, Milan, Inter.
“Se loro si fossero unite a questa battaglia già anni fa, avremmo ottenuto tutti risultati più convincenti e fatto pagare più denaro alle tv. Dico la verità: non so nemmeno quanti soldi arriverebbero alla Fiorentina dalla sua quota di diritti collettivi, può darsi pure che non ci convenga. Ma è il principio da stabilire. Io ho molte imprese e aziende, non mi è mai capitato di non poter fare un budget. Mentre loro possono farlo a tre anni”.
Lei vuole una rivoluzione.
“No, noi vogliamo fare questo in maniera civile. Adesso le grandi società prendono quello che vogliono e le altre devono accettare ciò che dicono loro: quando facemmo il contratto per la Fiorentina mi dissero che non c’erano parametri di riferimento”.
Una semplice tabella di parametri.
“Semplicissima. Se la Juve è 100 io voglio sapere quanto vale la Fiorentina, o il Lecce o il Treviso. Le tv non la vogliono perché ai grandi dovrebbero dare quei soldi e in proporzione agli altri. Un giorno dissi pure a dirigenti di Juve e Milan: fateli voi i parametri. Li aspetto ancora”.
Così si fa in Inghilterra.
“Certo, i nostri grandi club dicono che loro devono confrontarsi con i grandi club europei, che però quasi sempre adottano questo sistema. In Francia le tv pagano molto di più, perché non deve essere così anche da noi? Ecco perché dico: i proprietari delle nostri maggiori società mettano le mani nelle tasche, non tocchino i soldi degli altri”.
Obbiettivi?
“Penso che quella legge possiamo ancora cambiarla. Con un sistema nuovo otterremo un campionato più competitivo, con più gente negli stadi, con giocatori migliori e con club più sani”.
Conta ancora sulla politica?
“So che tra i parlamentari c’è molto malumore. Casini aveva considerato la cosa: An, i Ds, la Margherita, l’Udeur, tutti, tutti i partiti erano d’accordo su una legge di principio. La cosa è successa quando si è andati a toccare gli interessi del padrone di Forza Italia”.
Conflitto di interessi?
“Il ritorno ai diritti collettivi non fa comodo a Mediaset: vogliono lavorare con lo sconto, pensano che l’Italia sia un grande supermarket e prendono dagli scaffali ciò che gli fa comodo. E io non voglio che ci sia uno che fa il fenomeno con le forze degli altri, lo faccia con le forze sue”.
Però lo scorso anno non riusciste a non far rieleggere Galliani, uomo chiave nella catena presidente del Consiglio- Milan- Lega Calcio-tv…
“Con lui niente di personale. E comunque dopo quella battaglia in Lega ora c’è un’opposizione, ci sono dei sentimenti comuni a tanti. In ogni caso mi sembra più grave, per il momento, che il presidente del Consiglio schieri il suo partito contro delle cose sacrosante, che tutti volevano: gli italiani devono saperlo. Anche se a lui dell’opinione degli italiani evidentemente non importa nulla. E lo ripeto, ha detto che non sapeva, ma io lo avevo fatto avvisare: è un bugiardo”.

STREPITOSO!

Proviamo a fare chiarezza e così tento pure di rispondere alle tante domande.
La prova di ieri è stata vergognosa, ma proviamo a pensare positivo ed immaginare che sia stato solo un episodio.
Prandelli non deve dare spiegazioni ai tifosi che lo bloccano per strada, ma spiegare a mezzo stampa il black out mortificante di Torino, formazione compresa.
Non è immaginabile continuare il campionato con Cejas o Roccati in porta.
La scelta più logica è Toldo, in alternativa Sereni, il resto sono avventure che rischiamo di pagare a caro prezzo.
Bojinov. Se le dichiarazioni sulla voglia di andare al Bayern le ha rilasciate davvero, lo si multa salatamente.
Altrimenti lo si manda immediatamente in sala stampa a smentire.
Per la cronaca, a Torino Bojinov ha dribblato i cronisti in attesa nella zona mista e mi sembra strano che vada a sfogarsi con una radio bulgara.
Se lo ha fatto è meno intelligente di quanto pensassi.
Adesso, fatto pure il filo diretto con la Gazzetta, si potrebbe tenere un po’ più nascosto mediaticamente Toni?
Lo sto dicendo da oltre un mese e mi scoccia terribilmente avere avuto ragione.
Alla fine: siamo al quarto posto, l’unica avversaria credibile, la Roma, è a dieci punti, quindi lontanissima.
Stiamo calmi, prendiamo un portiere, un difensore ed un centrocampista e giochiamocela con serenità, con mezzo chilo di bicarbonato per buttare giù il rospo di ieri sera.

No, così non si deve perdere.
Con questo senso di impotenza che è già insopportabile contro una squadra normale (vedi Milan lo scorso campionato), figuriamoci contro la Juve.
Ve bene, sarò provinciale, ma per me questa non è una partita uguale alle altre e allora desidero/pretendo che venga giocata con la dovuta cattiveria agonistica.
Abbiamo fatto ringiovanire Del Piero di dieci anni, trasformato Balzaretti e Zalayeta in fenomeni, esalatato le qualità agonistiche di Mutu, possibile?.
No, così non si deve perdere.
Al di là del risultato, che non racconta fino in fondo la frustrazione provata al gelo del Delle Alpi.
Con quello stoico sventolio delle due o tre bandiere che sembravano schegge viola fuori dal tempo.
Da domani penseremo ai perché e ai per come, ma così davvero, credetemi, non si deve perdere.

Io non riesco a togliermelo dalla testa.
Ci pensavo quando è successo e ci penso ora che le immagini sono chiare, pur se bloccate un attimo prima dell’esecuzione.
Ma che forza d’animo doveva avere dentro Fabrizio Quattrocchi, sentendo la fine vicina, per arrivare a pronunciare quelle parole: “adesso vi faccio vedere come muore un italiano”?
Ci sono uomini sorprendenti: sono certo che se l’avessi conosciuto, almeno da quello che ho letto su di lui, uno così non mi sarebbe affatto piaciuto, perché troppo lontano dal mio modo di intendere la vita.
Eppure un gesto come quello, un atto così straordinario e impensabile, lo ha fatto entrare nella mia quotidianità.
E un po’ credo anche nella vostra.

Ho letto i vostri commenti e vorrei precisare che non considero Quattrocchi un eroe, più semplicemente penso che l’atteggiamento dimostrato prima di sapere di morire, quando cioè tanti sono disposti a barattare il senso di una vita per una proroga dell’umana esistenza, sia stato assolutamente unico.

Appartengo ad una razza in via di estinzione: faccio parte del partito della Coppa Italia.
Siamo sempre meno, un po’ come gli spettatori che, a parte Firenze, la vanno a vedere dal vivo.
Le ragioni, lo riconosco, sono squisitamente affettive.
Uno dei primissimi ricordi calcistici è legato al rigore di Bertini nella finale vinta nel 1966 a Roma contro il Catanzaro e mi piaceva da morire l’anno dopo vedere quel tondo tricolore sulla maglia Hamrin e Brugnera, i miei idoli.
Non era proprio lo scudetto, ma ci assomigliava molto.
Nel 1975 non ci fu verso di convincere i miei genitori a mandarmi all’Olimpico per vedere una delle vittorie più inaspettate e perciò bellissime della storia viola: soffrii maledettamente a casa e poi me ne andai solitario col betino tre marce a farmi un giro con il bandierone viola.
A Bergamo ero in diretta col Franchi e Canale Dieci nel delirio di quel successo che in Italia in pochi hanno compreso, mentre nel 2001 ero io a non capire eravamo alla frutta e, come si è visto, anche oltre.
E poi la Coppa Italia, l’ultima che abbiamo vinto, io me la sono addirittura tenuta a casa per una notte, perché, dopo che Chiesa ce l’aveva portata in televisione, ero considerato (pensa un po’) il più affidabile per custodirla.
Per tutte queste ragioni, a me di essere eliminati dalla Juve domani sera scoccia terribilmente.
E ad essere sinceri mi brucia ancora quel mancato passaggio otto anni fa al Delle Alpi di Edmundo ad Oliveira, solo a porta vuota…
P.S. Ragazzi, è l’età…
Forse avete ragione voi, era Oliveira che non ha passato ad Edmundo, fatto sta che avremmo potuto vincere al novantesimo ed eliminarli dalla Coppa Italia, vi immaginate che goduria?

Scusate per il ritardo, ma internet a Reggio Calabria è un optional davvero poco in voga…
Dunque, Toni.
Abbiamo il diritto-dovere di difenderlo perché é quanto di più bello ci potesse capitare negli ultimi anni.
Lo stanno picchiando un po´troppo e un po´troppo lui è esposto mediaticamente, per esempio mercoledì sarà alla Gazzetta per l´ennesimo forum.
Questo tra l´altro lo avevo già scritto quasi un mese fa, ma non mi sembra che le cose siano troppo cambiate.
Toni non segna, ma fa segnare, come ieri a Reggio.
Toni mi sembra tranquillo, come quando segnava sempre, ma è impossibile che non avverta la tensione e non a caso ha alzato la voce per difenderlo perfino Prandelli.
Però Toni deve imparare a protestare meno platealmente: meglio poche volte, ma più incisive.
Così non ha senso, rischia solo di innervosire l´arbitro e crearsi un alone che nel passato ha accompagnato già dei ¨lamantatori¨di professione come Mancini e Totti.
Per il resto, il punto è buono: per ora ci teniamo quello, in attesa di rivedere la Fiorentina.

Reggio Calabria
Clima fantastico, dodici gradi, si sta senza giaccone. Attrazioni vicino allo zero e ricordi sparsi delle precedenti trasferte.
1999/2000: la loro protesta, bellissima, per i torti arbitrali avuti nella prima di campionato. Diecimila fazzoletti bianchi che sventolano come fossimo al Bernabeu con il Real, mentre Francescone Toldo fa una papera colossale e per questo pareggiamo la partita.
2000/2001: Sconcerti invita i pennivendoli, cioè noi, ad una cena distensiva. Rimarrà nella storia, perché poi i rapporti diventano incandescenti tra lui e la stampa fiorentina. In panchina c’è ancora Terim, ma è già d’accordo con il Milan.
2004/2005: Sono solo, come stasera: tre ore di diretta, concentrato al massimo. Vinciamo e parlo per la seconda volta in vita mia con Buso (la prima era stata il giorno del raduno con Mondonico).
Mentre torno verso l’albergo, penso: questo è un alieno, o ci porta in Champions oppure viene stritolato dall’ambiente. Comunque vada, alle 21 certe idee con Prandelli non mi passeranno neanche per l’anticamera del cervello.

Quattromila persone a vedersi il big match Fiorentina-Montelupo, il
doppio di Milan-Brescia di Coppa Italia.
E’ un dato pazzesco, che vale di più dei settemila che nell’agosto 2002
andarono ad assistere ad una cosa indefinita, che però tutti chiamavamo
Fiorentina, impegnata contro l’Equipe di disoccupati dell’Emilia
Romagna.
Allora era una reazione rabbiosa, da post-alluvione calcistica, questo
è amore vero.
C’è la stessa differenza che passa tra la prima notte di passione con
un’attraente sconosciuta ed il desiderio fortissimo di passare un
week-end da solo con tua moglie (o tuo marito), dopo dieci anni di matrimonio.
Non è poi che Firenze sia proprio una landa desolata, una città che non offra
alternative al calcio.
Volendo, il pomeriggio, si potrebbero pure trovare altre cose da fare: una
visita agli Uffizi, una passeggiata sul viale dei Colli, magari una cioccolata
calda in uno dei bar storici che ancora resistono all’assalto dei
nuovi variopinti negozi, così trend e così brutti.
E invece, mercoledì, per quattromila fiorentini non c’è stata cosa più gustosa che passare due ore al Franchi per decidere di persona se sia meglio Bojinov o Pazzini.
Straordinario.

E’ morta Donatella Colasanti.
Avevo 15 anni quando ci fu il mattatoio del Circeo e non riuscivo a capire come potessero succedere cose del genere.
Trent’anni di vita mi hanno lasciato addosso lo stesso senso di incredulità, solo che adesso c’è la rabbia, moltiplicata dalle migliaia di Donatella Colasanti di cui ho letto o mi hanno raccontato.
Non sapevo che fosse malata, per me la sua morte è stata improvvisa.
E non so nemmeno se alla fine sia andata meglio a lei che è sopravvissuta trent’anni spezzata dentro , o a Rosaria, che non ebbe la sua presenza di spirito.
So solo che ogni volta che leggevo del Circeo, che guardavo le immagini di quei bastardi o che ascoltavo le parole di Donatella, mi vergognavo un po’ di essere un uomo.

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