Febbraio 2009


Non cambio idea, per me Prandelli è il migliore allenatore italiano.
Sono stato mezz’ora ieri al Pentasport a ribadirlo rispondendo alle telefonate, anche se mi raccontano che oggi in sala stampa uno che mi scriveva gli sms con il verbo avere senza acca e che oggi fa miracolosamente il giornalista non ha capito come al solito nient, sostenendo fantasiose ricorstruzioni della trasmissione.
Ho fatto questo intervento perché giovedì sera, in una serata di grandissimo ascolto, siamo stati sommersi dagli sms e dalle email (oltre 200, contro il solito centinaio) che nel 70% dei casi ce l’avevano con Prandelli.
Sarà stata l’amarezza dell’ingiusta eliminazione, sarà stato qualche amico di allenatore che vuol venire a Firenze, sinceramente non saprei dire.
Fatto sta che questi messaggi c’erano e non erano certamente dei giornalisti, che, forse non lo immaginate, stimano enormemente Prandelli, mentre magari va un po’ meno di moda Corvino, ma questo è un altro discorso.
Io sinceramente non ho capito perché Cesare si sia così arrabbiato oggi e mi auguro che tutta questa energia serva alla Fiorentina per arrivare terza, così ci togliamo di mezzo anche il discorso preliminari che ad agosto sarà certamente più complicato che nel 2008.
Una cosa però voglio ribadirla: il quinto posto, o perfino il sesto, sarebbero risultati buoni in condizioni normali, ma vogliamo dire che le nostre esperienze nelle Coppe sono state fortemente negative sul piano dei risultati, oppure dobbiamo davvero essere contenti se il Bayern vince la Champions dopo averci eliminato?
Ecco perché considero il quarto posto prioritario, per rimediare alle Coppe (e ci metto anche la Coppa Italia, il punto più basso della stagione).
Se poi invece arriviamo quinti o sesti non credo sia da farne un dramma e vorrei fortemente continuare con Prandelli e Corvino, perché può capitare che una stagione su quattro non riesca completamente.
Ma voi, se a luglio vi avessero detto che si arrivava quinti, che ci buttavano fuori dalla Champions alla penultima giornata, dall’Uefa e dalla Coppa Italia subito, sareste stati contenti?
Io no, ma forse pretendo troppo dalla Fiorentina

Non raccontiamoci balle: a questo punto, se non arriviamo quarti, la stagione sarà negativa.
Le Coppe sono andate malissimo, anche se Prandelli e Corvino cercano di raccontarcela diversamente.
Può succedere, nessun dramma, il valore dello staff tecnico e dirigenziale viola resterebbe di assoluta eccellenza, ma non si può nascondere la testa sotto la sabbia.
Non sarebbe una stagione fallimentare, ma, ripeto, negativa certamente sì, perché il nostro campionato comincia in pratica domani, senza più gli “intralci” delle coppe e partendo davanti a tutti.
Non si vedono quindi controindicazioni sul fatto che si “debba” a questo punto centrare l’obiettivo.
E sono d’accordo con Manuela Righini sul fatto che si possa puntare anche al terzo posto perché il Milan è a tre punti ed in caduta libera.
Riparti per favore Fiorentina.

Lo dico subito, anche perché lo avevo affermato in diretta a Radio Blu: Jorgensen ed il disastroso Almiron insieme io non li avrei messi, soprattutto il secondo.
Magari Gobbi, con Montolivo a destra, se proprio Semioli e Donadel erano in difficoltà, ma due convalescenti così insieme mi sono sembrati un rischio inutile.
E comunque la Fiorentina meritava di passare molto più dell’Ajax e la fortuna del campionato l’abbiamo pagata in Coppa, questo è chiaro.
Una partita molto buona, in uno stadio tra i più difficili al mondo anche se contro un avvrersario non eccezionale.
Adesso ci lecchiamo una ferita piuttosto profonda che sarà bene far guarire in fretta perché ora più che mai non possiamo permetterci di non conquistare il quarto posto.

Prima i fatti e poi le considerazioni.
La triste vicenda di Praga, cioè comprare i diritti radio per non utilizzarli, si è ripetuta ad Amsterdam, ma stavolta, a sei giorni dalla partita, viene fatta una proposta a tutte le radio toscane.
Ripetere il segnale di Conto Tv, la telecronaca di Caputi e Di Marzio senior, integralmente, quindi con tutta la promozione della televisione di Crispino che va in onda per un’ora e mezzo a costo zero.
In più non si può mettere nessuna pubblicità dalla radio dalle 20.15 alle 23, quindi trenta minuti prima e dopo la gara e nell’intervallo. Chi non rispetta le regole e sgarra di un solo particolare paga a Conto Tv 40mila euro di penale.
Faccio una controproposta: Radio Blu è disposta a non mandare nessuna pubblicità durante la partita (rimettendoci quindi tutti i soldi della trasferta di tre giorni, che vengono a fatica coperti dagli sponsor), io sono disposto a fare la telecronaca gratis per Conto Tv sul secondo canale audio della televisione, come mi era stato chiesto inutilmente a Praga, ma l’audio che ripetiamo deve essere il mio.
Le altre emittenti avrebbero potuto scegliere liberamente se prendere la mia cronaca o quella di Caputi.
Proposta rifiutata in dieci secondi.
A quel punto non avevamo he una scelta: rinunciare all’intera cronaca della partita ripetuta (non è una radiocronaca, lo sottolineo, ma la semplice trasmissione di un segnale televisivo) e fare con i nostri mezzi inventandoci una trasmissione che non si avvarrà in nessun modo delle immagini televisive.
Eserciteremo il diritto di cronaca e sarà alla fine una cosa diversa, un po’ come a Praga, ma forse ancora più particolare.
E non mi interessa se avremo più o meno ascolto di una delle tre emittenti che hanno di sì a Conto Tv, qui è in ballo la storia (piccola, per carità, ma fa parte della nostra vita e quindi mi vorrete perdonare per la presunzione) di Radio Blu e soprattutto la sua dignità.
Ci sono trent’anni di lavoro che si festeggiano proprio nel 2009 e ci sono venticinque anni di trasferte internazionali in cui non siamo mai mancati, perché anche qui ad Amsterdam, l’unica emittente presente fin da martedì mattina era Radio Blu.
E allora rispondo no grazie a chi vuole fare la radio al posto nostro.
Noi, e intendo la ventina di persone che guido quotidianamente, non siamo in vendita.
Neanche per Ajax-Fiorentina.

Non sono uno particolarmente attento ai soldi che spendo perché, lavorando quindici ore al giorno, ho la fortuna di guadagnare bene e poi non sopporto chi sta sempre a controllare quanto costa qualcosa, oppure tra amici chi non mette mai mano al portafoglio.
La premessa è necessaria per spiegare che può anche essere che mi abbiano detto qualcosa di vago, però io sono certo di no, perché aver speso 700 euro per essere stato un quarto d’ora su internet (posta elettronica, violanews.com, repubblica e corriere) è al di fuori da ogni logica.
Vi racconto quindi quello che succede se avete una normale chiavetta da 19 euro al mese, come succede a me da nemmeno una settimana, e andate all’estero.
Se inserendo la suddetta chiavetta scaricate incuranti del pericolo pensando ingenuamente che il prezzo sia come il telefonino di 60/70 centesimi al minuto la home page di corriere.it, l’operazione vi costerà una cinquantina di euro, la posta elettronica presumo un po’ meno, ma non poi tantissimo.
E così per avere usato un quarto d’ora in tutto l’accesso con la chiavetta io mi ritrovo a pagare quanto per un mese di affitto, anzi mi ritroverei a pagare perché ho intenzione di fare tutto il possibile per evitare questo strozzinaggio.
Prometto che darò in beneficienza la metà di quello che riuscirò a risparmiare e vi terrò informati.

Ripartono inevitabili le discussioni su quanto sia conveniente andare avanti in Uefa e non vorrei che stavolta, al di là delle dichiarazioni di rito, il discorso coinvolgesse anche la testa dei giocatori.
Perché è storicamente provato che scendere dalla Champions (vedi l’Eindhoven l’anno scorso) ti porta ad esseremeno motivato: è ingiusto, ma umano.
Eppure, paradossalmente, la sconfitta dell’andata potrebbe aiutare in questo senso proprio per via dell’idea dell’impresa che tutti avrebbero nel segnare almeno due gol o comunque vincere all’Amsterdam Arena.
E’ bene provarci, siamo appena ai sedicesimi dell’Uefa e un’uscita così vorrebbe dire aver fallito completamente la stagione sul piano europeo.
Resterebbe solo il campionato e sarebbe un rischio notevole perché allora sì che un quinto posto, senza Coppe da giocare da marzo in poi, sarebbe un brutto risultato, pur considerando che le altre hanno un budget enormemente superiore alla Fiorentina e tutte le altre cose che Corvino ci ripete almeno una volta al mese.

SANT’ANSELMO DA LECCO
E’ stata la migliore definizione che abbia inventato per un giocatore in tutti questi anni e mi ha fatto piacere che qualcuno l’abbia ripresa per etichettare le prestazioni di Robbiati, che in quel campionato segnava ogni volta che entrava in campo a sostituire un compagno. Di Anselmino mi piacevano le prestazioni tecniche e ciò che diceva nelle rare interviste che rilasciava. Robbiati non era mai banale e con quella vocina quasi in falsetto raccontava delle verità spiazzanti, soprattutto il lunedì, quando spesso veniva a commentare la partita a Canale Dieci. Diventammo amici e fu per questo che rinunciai ad uno scoop per non metterlo nei guai.
Era successo che dopo una vittoria contro l’Udinese, nel primo anno di Trapattoni, fosse scoppiata una mezza rissa negli spogliatoi. Protagonisti insospettabili: Robbiati e Rui Costa, il tutto a causa di un pallone non passato dal primo al secondo. Anselmo, che attraversava un momento difficile, aveva risposto ai rimproveri del portoghese mandandolo a quel paese, accendendo in pratica la miccia. La domenica dopo a Roma, Batistuta si era “vendicato”, ignorando il compagno solo davanti alla porta e preferendo un’improbabile conclusione personale. Era una brutta storia che non conosceva nessuno e Robbiati me la raccontò amareggiato nel ritorno da una vittoriosa trasferta di Coppa Uefa a Zurigo. Durante quel volo feci anche da colomba della pace con il portoghese, che stava seduto tre file più avanti. Come immaginavo, Rui mi disse che per quanto lo riguardava l’incidente era chiuso lì, che non c’erano conseguenze nei rapporti tra lui e Robbiati, ma Anselmo era lo stesso col morale a terra. Aveva appena segnato un bel gol di testa, però sentiva di avere contro i capi dello spogliatoio. Gli chiesi se potevo pubblicare la storia del furioso battibecco con Rui Costa e mi dette l’assenso.
Alle due di notte, appena atterrati a Pisa, venni preso da uno scrupolo molto poco giornalistico. La Fiorentina, lanciata in Coppa Italia e Coppa Uefa, era prima in campionato: scrivere quello che Robbiati mi aveva detto voleva dire alzare un gran polverone che avrebbe penalizzato l’ambiente e soprattutto lui, da mesi alla ricerca di una nuova squadra. In pratica sarebbe passato per un piantagrane e non sarebbe stato giusto. Richiamai Anselmo e gli annunciai che mi dimenticavo di tutto e ancora oggi sono convinto di aver preso la decisione migliore.

IMPARA A FARE LA RADIOCRONACA!!!
Un’ottima Fiorentina aveva appena pareggiato con l’Inter, meritando ampiamente di vincere. In radiocronaca avevo più volte sottolineato il vano assalto finale, ricordando come il punto strappato dai nerazzurri fosse immeritato. Stavo quindi per cominciare le solite interviste televisive del dopo partita, quando incrocio Luna, che mi si avventa contro paonazzo di rabbia.
«Ah stro…, ma che caz.. hai detto in radiocronaca?! Tu devi impara’ a farle le radiocronache, hai capito?»
Trasecolai. Non riuscivo a capire a cosa si riferisse e stava dando di fuori come un pazzo. La misi anch’io sul triviale.
«Ma che caz.. stai dicendo? Spiegami!»
«Nun te spiego proprio nniente, va a sentì quel che hai detto oggi!», e se andò, lasciandomi lì senza parole.
Per prima cosa consegnai il microfono a Laserpe per le interviste e mi incamminai livido di rabbia verso Canale Dieci, deciso a rassegnare le dimissioni, non mi importava quanto ci avrei rimesso economicamente. Con Sandrelli ci rinchiudemmo nella sua stanza, gli raccontai dello scontro e gli annunciai che avrebbero potuto tranquillamente trovarsi un altro telecronista e un altro conduttore per il Ring. Massimo scosse il capo e mi disse di aspettare. Dopo un quarto d’ora, arrivò la telefonata di scuse di Luna, che ammetteva di aver esagerato, che era stato informato male e che io ero una colonna insostituibile della televisione.
In serata riuscii finalmente a ricostruire quello che era successo, grazie anche ai miei informatori dentro lo spogliatoio. La colpa di tutto era di Flachi, all’epoca un bambino viziato, che aveva bisogno di accreditarsi in qualche modo con i compagni più grandi. Ranieri lo aveva spedito in tribuna e lui, non ho mai capito perché, si era messo a sentire la mia radiocronaca. Successivamente era sceso negli spogliatoi, stravolgendo la verità e raccontando che avevo attaccato la Fiorentina per come aveva giocato. Il preparatore atletico Sassi, con cui ero in pessimi rapporti fin dai tempi dell’infelice ritiro a San Vincenzo, ci aveva messo del suo, ingigantendo la cosa e facendo sì che i leader dello spogliatoio se la prendessero con Luna, «perché Guetta lavora a Canale Dieci».
Feci cinque cassette degli ultimi venti minuti di radiocronaca e le consegnai a Batistuta, Rui Costa, Padalino, Sassi e Luna. A Flachi niente, perché sarebbe stato del tutto inutile.

RESISTERE, RESISTERE, RESISTERE
Perché, nonostante quello che ho passato, non me ne sono andato via prima da Canale Dieci, resistendo addirittura nove anni? Intanto perché era l’unica televisione che permetteva, in tutti i sensi, di lavorare in modo decoroso. Se avessi mollato, ci sarebbero stati almeno una decina di colleghi pronti a prendere il mio posto, soprattutto quelli che oggi pontificano nelle altre tv e non volevo dare loro questa soddisfazione. Poi, a partire dal 1998, ho avuto la responsabilità di un gruppo di ragazzi che avevano puntato tutto proprio su Canale Dieci: io li avevo fatti entrare e la loro permanenza era strettamente legata alla mia.
La verità è che in tutti quegli anni posso aver ammorbidito qualche volta i toni della polemica, ma non ho mai subito condizionamenti. Nessuno, insomma, mi ha mai detto quello che dovevo o non dovevo dire. Quando, per esempio, nel maggio del 2002 Sconcerti venne paracadutato da Zerunian a Canale Dieci per raccontare “Fiorentina, la verità” (la sua, quella di Zerunian), con tutte le assurde assicurazioni sul fatto che Cecchi Gori avrebbe pagato e che la società viola si sarebbe regolarmente iscritta al campionato di B, io mi defilai, non mettendoci la faccia. Altre volte invece mi sono trovato nel mezzo della bufera e probabilmente non sono stato abbastanza bravo nello spiegare la mia distanza da alcune posizioni insostenibili. Certo, ho pagato in stress e rabbia questa “libertà” di pensiero, ma alla fine gli errori che ho commesso sono stati solo frutto della mia testa e delle mie convinzioni. Ho sbagliato soprattutto a non valutare bene dove ci stava portando Cecchi Gori e da metà del 2000 fino al luglio del 2001 ho mantenuto nei suoi confronti un atteggiamento possibilista, che è stato ingigantito dalla mia onnipresenza (altro sbaglio) nelle trasmissioni di maggior richiamo di Canale Dieci. Al momento della dissoluzione della vecchia Fiorentina, ho quindi ritenuto giusto pagare le mie “colpe” con almeno un anno di allontanamento dal video, in una sorta di rito purificatore.
Ma Canale Dieci resta una splendida realtà e fino a quando se ne occuperanno Andrea Parenti e Paolo Fanetti ha la concreta possibilità di sopravvivere alle nefandezze del suo proprietario. Mi pare comunque giusto ricordare con sincera commozione tutti coloro che in quegli anni hanno tentato (invano) di farmi cacciare: l’indimenticabile Paolo Giuliani, Ugo Poggi, poi diventato un amico, Paolo Cardini, Luciano Luna, Sarkis Zerunian e Ottavio Bianchi. Se sono riuscito ad avere la soddisfazione di essere io ad andarmene e non loro a buttarmi fuori, lo devo solo ed unicamente al successo delle mie trasmissioni, agli sponsor che portavo e ai ragazzi che hanno lavorato con me.

GRANDE STAGIONE
Ranieri tirò fuori il meglio dai propri uomini ed il risultato conclusivo fu il migliore degli ultimi anni. Ad un certo punto la Fiorentina sembrò addirittura in corsa per lo scudetto, ma l’organico era nettamente inferiore al Milan ed alla Juventus, soprattutto nelle alternative ai titolari. Complice la cavalcata trionfale in Coppa Italia, le cose in campionato si complicarono nelle ultime partite e si temette la riedizione dello scialbo finale dell’anno precedente. Invece andò tutto bene, ed una vittoria un po’ fortunata a Piacenza permise alla Fiorentina di tornare finalmente, dopo sei anni, in Europa, al terzo posto a pari punti con la Lazio. Tutti noi però eravamo distratti da un solo pensiero: vincere finalmente qualcosa, a ventuno anni di distanza dalla Coppa Italia del 1975.

LA PARTITA VIRTUALE
E’ stato l’avvenimento più straordinario organizzato da Canale Dieci. Credo che l’idea a Sandrelli sia venuta dopo aver visto quanta gente avrebbe voluto seguire i viola a Bergamo per il ritorno della finale. L’Atalanta non poteva garantire più di cinquemila biglietti, ma i tifosi pronti a partire erano più del doppio e allora Massimo tirò fuori questa iniziativa, che a prima vista poteva sembrare una pazzia: tutti al Franchi a vedere (male) la partita sul maxi schermo. Canale Dieci organizzò una diretta di oltre sette ore, con uno sforzo di produzione all’altezza di una televisione nazionale. Fu un successo clamoroso. Arrivarono in quarantamila allo stadio, spinti solo dalla voglia di esserci e la scena della squadra che entra in campo alle tre di notte in mezzo alle bandiere viola è il momento più bello di tutta l’era Cecchi Gori.

IL TRIONFO
Esagerazioni per una semplice Coppa Italia? Può darsi, visto da fuori Firenze. Ma il calcio dalle nostre parti è soprattutto passione, e se ripenso a quella magica serata di Bergamo non mi vergogno di niente. Al secondo gol di Batistuta, urlai come un matto e caddi dalla seggiolina in postazione. “Prendiamocela!! E’ nostra!!”, gridavo ossessivamente, neanche dessi l’ordine di attacco alla fortezza nemica. Ero quasi sdraiato in terra quando mi accorsi di un po’ di movimento alle mie spalle, ma non ci feci troppo caso. Solo più tardi seppi che avevano cacciato dalla tribuna stampa il povero Ceccarini, che si era sacrificato per il sottoscritto, accusato di “comportamento professionale poco decoroso”. «Vado fuori io – disse – ma lasciatelo finire», e lo misero giù nel parterre, in castigo.
Mentre da Bergamo intervistavo i protagonisti in collegamento video con il Franchi in estasi, mi chiedevo cosa mai sarebbe successo in caso di scudetto a Firenze. Erano già passati quattordici anni da quando preparavamo la festa, poi rovinata dagli arbitri e dalla Juventus. Allora mi sembrava tutto un grande gioco e poi alla fine una delusione indicibile; adesso la realtà mi appariva molto diversa, forse a causa dell’età o delle responsabilità che aumentavano. Comunque fosse, mi sarebbe piaciuto almeno una volta capire, da semplice tifoso della Fiorentina, cosa si prova in quei momenti lì.

Imbarazzante, ma estremamente bello.
Non sai neanche come spiegartelo un periodo così, perché poi gli arbitri non ci hanno regalato niente e da quel punto di vista siamo ancora in credito.
Con la fortuna invece proprio no.
Diciamo la verità: dovevamo prendere un punto, forse due, nelle ultime tre giornate ed invece sono sette.
Che sommati ai precedenti sei fanno tredici su quindici, una media da scudetto.
Perchè si giochi così male è un mistero e non credo che dipenda solo dall’assenza di Santana, sarebbe clamoroso.
C’entrano davvero i campi pesanti su cui si allena la squadra come dice Prandelli? Chissà.
Teniamoci il dubbio e andiamo a vincere ad Amsterdam.

Leggo che è morto Candido Cannavò e mi vengono in mente due ricordi.
Il primo riguarda il mio amico Massimo Lopes Pegna, uno che a 28 anni lasciò il suo lavoro tranquillo alla Fondiaria per scappare in America e fare veramente di tutto (dal cameriere a Chicago a finto corrispondente di Radio Blu per dimostrare al governo americano di avere uno stipendio con cui vivere e non essere quindi espulso) prima di cominciare a scrivere per la Gazzetta.
Mi raccontava Massimo delle volte che tornava in Italia e si fiondava a Milano a chiedere se per caso ci fossero novità sul suo stato di super precario dall’altra parte dell’Oceano.
Cannavò era sempre molto preoccupato di quella visita, non dava che generiche risposte e però lavorava con l’editore perché il quasi ex giovane Lopes Pegna venisse assunto a New York.
E così fu, al termine di una gavetta che consiglierei a certi palloni gonfiati che purtroppo vedrò anche oggi.
La seconda cosa a cui penso era la disponibilità totale che il direttore del più importante giornale italiano per diffusione dava ad una semplice emittente toscana per i collegamenti.
Mai una volta che ci abbia detto di no, tutto senza compensi o marchette per libri o altro.
E ho infine ho letto oggi un retroscena che non conoscevo: Cannavò disse di no alla liberatoria per andare su “Scherzi a parte” perché considerava il tutto troppo volgare e non fu verso di fargli cambiare idea.
Un grande giornalista e una persona da rispettare.

Consiglio non richiesto e però sincero ai giocatori viola, in primis ai big: domani, giovedì e pure domenica prossima a Reggio Calabria, mordetevi la lingua, evitate gesti plateali, applaudite anche se il compagnosbaglia il passaggio di dieci metri.
Chiaro se venga da pensare a quello più bravo, cioè Mutu, ma attenzione perché non è il solo ad irritarsi un po’ troppo per l’errore.
Non è un bel vedere infatti quel gesticolare, quel dire “stai calmo” dopo un tiro sbagliato, dà l’idea di una squadra poco unita.
E invece in questo momento c’è bisogno di stare compatti per affronate la settimana più difficile della stagione.
Se qualcuno proprio non ce la fa, sfoghi tra le quattro mura dello spogliatoio la rabbia che sente dentro.

P.S. Mi hanno appena segnalato che, dopo lunga e dolorosa assenza dal web è finalmente tornata sui siti che parlano di Fiorentina, una rubrica per me imperdibile.
Non ci volevo credere ed invece era vero!
Sono andato immediatamente ad abbeverarmi alla fonte di cotanta autorevolezza e spero che non ci siano nuove interruzioni: non si interrompono così le emozioni del lettore.

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