Giugno 2020


C’è un prima e un dopo nella mia vita e se volessi trovare una data spartiacque la indicherei nel 30 giugno di cinque anni fa.

Quel giorno finiva dopo oltre trentacinque anni la mia storia con Radio Blu e ne cominciava un’altra piena di mistero a Radio Bruno, quasi in contemporanea con un altro cambiamento profondo e decisivo della mia vita personale.

Oggi che mi avvicino ad essere un sessantenne spero ancora presente a me stesso, mi guardo indietro e mi capita di provare la stessa sensazione di quando ripenso a come sono riuscito a laurearmi senza mai frequentare: una fatica immane, una scalata di enorme difficoltà, che ho comunque compiuto ed evidentemente ne avevo le possibilità e le capacità.

Quando ti capita qualcosa di contrario nella mia vita, pensi spesso che la tua croce sia insopportabile, che sia sempre colpa degli altri, mai ti soffermi sui tuoi errori: è un esercizio molto complicato, che però consiglio caldamente a costo di passare delle nottate con il mal di stomaco. Se scali quelle montagne, pur scivolando ogni tanto, alla fine vinci te.

Ho avuto fortuna, o forse me lo sono meritato: fatto sta che cinque anni fa sono ripartito dalle macerie non da solo e oggi che sembra tutto così normale è giusto che ricordi con un sorriso dove ero e come stavo il 30 giugno 2015.

Un’ora di grande Fiorentina, assolutamente inaspettata.

Chi contesta Iachini per la partita di ieri ce l’ha con lui a prescindere, perché solo l’idea di Ghezzal, per me assurda, è qualcosa di importante: vuol dire che lo ha visto benissimo in allenamento e lo ha rischiato.

Purtroppo il problema è sempre lì davanti, dove Cutrone sta molto deludendo e Vlahovic ha commesso una grande bischerata che si può perdonare solo guardando la carta di identità e comunque proprio no facciamo gol e siamo sempre aggrappati all’immenso Ribery.

L’arbitro ci ha danneggiato e in questo campionato dovremmo avere dei crediti da riscuotere se il calcio fosse un bilancio con la partita doppia.

Ma non lo è, e quindi eccoci qui a leccarci le ferite e non sapendo se essere arrabbiati perché si è perso e per come si è perso, oppure se essere soddisfatti per quello che abbiamo ammirato per oltre due terzi di gara contro chi aveva il doppio dei nostri punti.

Mettiamoci dentro tutte le giustificazioni possibili, ma…era il Brescia, rattoppato e predisposto mentalmente a giocare una partita neanche troppo cattiva.

Abbiamo avuto venti minuti interessanti in cui è emersa una volta di più la lacuna principale di questa squadra: manca un attaccante da quindici/venti gol a stagione. Vlahovic non lo è ancora e Cutrone deve essere proprio fuori forma, se Iachini non lo ha buttato dentro quando in area piovevano diversi palloni.

Non si pretendeva il gioco, ma un inizio così moscio, con mezz’ora quasi inguardabile non era davvero nelle previsioni.

Un bruttissimo pareggio, con poche cose da salvare e con la preoccupazione che sabato sera a Roma sarà veramente durissima, se non ci svegliamo un po’ e cominciamo a prendere, oltre a Castrovilli e Ribery, qualche iniziativa in più.

Dieci anni senza Manuela, ricordi bellissimi sulla 27sima ora di corriere.it e un bel po’ di ipocrisia, atteggiamento che lei odiava come poche cose al mondo.

Donna passionale, di una bravura unica, è stata attaccata spesso per il suo non essere mai, appunto, ipocrita e molto perché donna.

Non dimentico cosa NON fece la Fiorentina al suo funerale: NON partecipò, NON mandando neanche un vessillo, i soli Prandelli, ormai in uscita, e RIghetti parteciparono a titolo privato.

Giornalista poliedrica e divisiva, non voleva piacere a tutti e così accadde, in molti la accusarono di essere contro la Fiorentina, proprio lei…

Mi spiace dover scrivere queste parole, ma Manuela avrebbe approvato, troppo facile dopo…

Meno male che è tutto particolare e che saremo in pochissimi in sala stampa, altrimenti sarebbe stata più dura

È la prima volta che la Fiorentina gioca senza Rialti e mon sarà la stessa cosa

Avevamo un rituale: lo incrociavo un’ora prima, ci appartavano cinque minuti per cazzeggiare o cose serie e ripartivamo

Mi mancherà molto è ancora lo immagino di inserirlo nella scaletta nel Pentasport…

Non è calcio vero, ma neanche virtuale.

E’ un calcio diverso, in cui si avverte la difficoltà dei giocatori, tanto da renderceli più vicini a noi umili pedatori dilettanti.

E’ comunque meglio di nulla, certamente meglio della centesima replica di stucchevoli programmi con lacrime e amori vari, oppure delle varie raccolte di gol di giocatori più o meno grandi.

Meglio il silenzio e il vuoto che i ridicoli rimedi pensati da chissà quali genio: il pallone ci sta faticosamente riportando alla normalità.

Il traguardo è ancora lontano, ma non irraggiungibile.

Guccini compie 80 anni e sento il dovere, io umile “baccelliere” fiorentino, di ringraziarlo perché mi sta tenendo compagnia da quattro decenni abbondanti, e ogni volta è davvero molto bello averlo accanto.

Frammenti di vita personali importanti in cui lui c’è stato, emozioni ascoltate che hanno fatto da colonna sonora della mia vita.

L’incontro è stato con… “Incontro”, nel 1975, una folgorazione, la scoperta di un mondo di parole che io quindicenne non pensavo potessero diventare poesia e musica.

Tre anni dopo sono in una camera d’albergo insieme a quattro amici nell’estate di un…incontro importante, ho la cassetta di Amerigo e torturo gli altri con un ascolto martellante ed estatico. Dopo pochi giorni mi distruggono la cassetta…

Sono presente ad ogni concerto fiorentino fino a quando nel 1987 trasformo un appuntamento galante a Bologna in una folgorazione: vado a provare ad intervistarlo. Suono alle 19 in via Paolo Fabbri 43, lui apre e non solo non mi caccia, ma mi rimanda a due ore più tardi. Scrivo e riscrivo le domande con accanto la rassegnata ragazza e quindi per la prima e unica volta nella vita ci parlo.

Seguono canzoni memorabili, momenti di intimità tra me e lui nei vari abitacoli delle tante auto cambiate e che lo hanno sempre ospitato.

Fino ad arrivare a cinque anni fa, proprio su questo blog.

Scrivo del suo compleanno, mi arriva una telefonata sull’argomento che era però una scusa, l’ennesimo capitolo di una storia putrida di gente fuori di testa che stava da tempo avvelenandomi la vita, chi più, chi meno. In contemporanea, improvvisamente, nello stesso momento si apre un altro mondo, che è stato poi tornare a vivere.

Capisco finalmente che devo chiudere con certe persone e parte “venite pure avanti voi con il caso corto….”, canto a squarciagola e mi libero.

Grazie Francesco.

Non faccio parte ella schiera degli ottimisti convinti che nel giro di pochi mesi il Parlamento permetterà di fare il nuovo stadio al Franchi con annessi e connessi.

Se poi sbaglio, meglio per tutti.

Dunque Campi Bisenzio, se non ci saranno altre strade e allora sarà bene abituarsi all’idea, senza che ci siano troppi mal di pancia e dopo aver dato atto al sindaco Nardella di aver fatto di tutto per provare a stare a Firenze.

Non ci vedo niente di così penalizzante e di degradante nell’uscire dal Comune, l’importante è che ci si muova per permettere a Commisso di investire sulla Fiorentina: stare fermi vuol dire andare indietro e accontentarsi della mediocrità.

Parto dall’autocritica: non ci ho creduto abbastanza e non ci ho lavorato nel modo che sarebbe stato giusto, perché credevo che fosse un’impresa al limite dell’impossibile trovare qualcuno che volesse comprare la Fiorentina e non fosse un avventuriero.

Devo dire che quello che sta succedendo al Milan e alla Roma, oltre alle mancate e più volte annunciate cessioni di Sampdoria e Genoa, rafforza la mia idea di oltre un anno fa, però se non mi fossi fatto troppo assorbire dallo “spirito del tempo” avrei reso un miglior servizio a chi ci segue con fiducia.

Vogliamo ammetterlo con un francesismo: abbiamo avuto culo. Sì, siamo stati fortunati ad aver intercettato Rocco Commisso, sconosciuto (in Italia) miliardario americano poco considerato dalle parti di Milano sponda rossonera e letteralmente sommerso dall’amore di un popolo viola da troppo tempo in astinenza di emozioni.

Rocco ci ha cambiato dentro, scartavetrando rapidamente la patina di apatia che troppi anni di autofinanziamento e isolamento si era depositata nel cuore della maggioranza del tifo. moderato.

L’ho accomunato sin dal primo momento in cui l’ho conosciuto per empatia ed entusiasmo a Mario Cecchi Gori, che comprò la Fiorentina più o meno alla sua età, con la non trascurabile differenza che uno era nato fiorentino e innamorato perso dei colori viola e l’altro invece in Calabria con passioni calcistiche ora completamente dimenticate.

Un anno fa, al suo arrivo a Firenze, è andato in scena uno straordinario corto circuito emotivo inimmaginabile e per questo ancora più bello che è poi la molla per cercare di tornare a stare dove meritiamo di stare.