Novembre 2008


Tutto quello che state per leggere è accaduto nel cuore della nostra civiltà (?) occidentale.
Per riprendere una fulminante battuta di Groucho Marx (il comico, mi raccomando, Karl di battute ne faceva poche…): Dio è morto, il comunismo pure (questa l’ho aggiunta) e anch’io non mi sento per niente bene.

La frenesia dei saldi mista alla crisi economica che ha messo in ginocchio gli Stati Uniti puo’ uccidere.
E’ quando e’ accaduto a Valley Stream, un sobborgo di New York, dove un dipendente della catena a basso costo Wal-Mart e’ morto travolto dalla folla.
Come riferisce il New York Times erano le 4,55 del mattino, cinque minuti prima dell’apertura, quando circa 2.000 persone assiepate dietro l’ingresso del supermercato hanno sfondato i cancelli e travolto il 34enne Jdimypai Damour, originario della Giamaica, con un impiego temporaneo.
Oggi negli Usa e’ iniziato il cosiddetto ‘Black Friday’, il giorno dopo il Thanksgiving in cui tradizionalmente iniziano i saldi in vista del natale.
I clienti di Wal-Mart incuranti di aver travolto l’uomo hanno anche ostacolato l’intervento dei colleghi spingendoli via in malo modo pur di precipitarsi agli scaffali alla ricerca di un buon affare.
La gente ha continuato a precipitarsi dentro il negozio a fare shopping anche dopo l’arrivo dell’ambulanza e della polizia.
Gli agenti hanno riferito che nella calca altri tre clienti di Wal-Mart sono rimasti feriti. Tra questi una giovane mamma incinta di 8 mesi ricoverata in ospedale per accertamenti.

Io lo firmerei subito, sia perché la Roma mi sembra in gran forma, ma anche perché proprio l’anno scorso con un pareggio molto fantasioso a Genova siamo ripartiti dopo un periodo bruttissimo in tutti i sensi.
Non si può ovviamente lasciare l’iniziativa del gioco a loro, che sono molto bravi quando non vengono aggrediti, ma stare un po’ più accorti e cercare di essere rapidi nel ripartire (e quest’anno non è quasi mai successo), quello sì, si può.
Pare che giochi ancora Santana, non è il massimo della vita, ma quali sono le alternative?
Semioli? Mah, in quel ruolo mi pare si faccia buca e se ne deve essere accorto pure Prandelli che ha rinunciato per sfinimento all’esterno destro, sempre così importante nei suoi precedenti schieramenti tattici.
Chiudo con le classiche scuse per le mancate risposte, ma se oggi comprate il Corriere della Sera, e quindi il Corriere Fiorentino, vi accorgerete che ho fatto un’escursione sulla cronaca impegnativa e gratificante.

A me perdere non è mai piaciuto: mi raccontano ancora di una bizza clamorosa che feci a quattro anni perché mio babbo venne battuto dallo zio in una partita di biliardo.
Quando poi mi toccano sul lavoro, mi imbizzarisco e ammetto di essere qualche volta poco lucido e/o anche un po’ ossessivo nel raccontare la superiorità di Radio Blu.
Racconto questo per spiegare quanta fatica faccia nell’assorbire culturalmente la sconfitta.
Eppure, lo devo, lo dobbiamo fare, se non vogliamo uscire di cervello di fronte agli inevitabili rovesci della vita, e quindi anche del calcio.
Diciamo la verità: se è vero che era illogico pensare di superare senza problemi il turno, è altrettanto certo che tre punti in cinque partite sono un bottino molto misero, inimmaginabile alla vigilia, figuriamoci poi dopo la prima a Lione.
Ora però cerchiamo di ritrovare l’equilibrio, cominciamo a scartare quelli che non sono adatti ad una Fiorentina di vertice, e ce ne sono abbastanza, e facciamo tutti un bel training autogeno per cercare di assorbire qualcosa da questa benedetta o maledetta, dipende dai punti di vista, cultura della sconfitta.

Io ero tra quelli che ci credevano poco, e purtroppo mi pare di essere stato in larga compagnia, visti gli spazi vuoti in maratona, ferrovia e tribuna.
Si è visto una volta di più come questa squadra sia Mutu-dipendente: cona la sua giornalta no sono mancati gli strappi, le accelerazioni che danno il vantaggio numerico, che creano situazioni interessante.
Il Lione è stato nettamente più forte, meglio complessivamente pure del Bayern, e non si vengano a contare le azioni da gol o i legni colpiti (comunque 3 a due per i francesi) perché solo chi era allo stadio si è reso conto dell’impressionante velocità con cui loro manovravano.
Impressionante soprattutto se paragonata alla nostra lentezza per riportare il pallone nella loro metà campo.
Su Montolivo, poche parole: è stato almeno da 6, ma complessivamente, perché è come se avesse giocato tre partite in una. Fino al madornale errore sul loro secondo gol sembrava quello del secondo tempo di sabato, poi è sparito, riemergendo a inizio ripresa,quando però ha fatto una partita normale.
Preoccupanti Jovetic e Osvaldo, che non ne hanno imbroccata una, dando proprio l’impressione di non essere all’altezza di certi palcoscenici.
Pazzini, Jovetic, Osvaldo, Santana, Semioli: un gol (su rigore) in venti partite ufficiali, forse la sesta sconfitta stagionale si spiega anche con questa cifra agghiacciante.

Stavamo andando un po’ tutti in corto circuito, l’approssimarsi del Mondiale aveva generato in Italia una frenesia mai vista. Tutti costruivano e ristrutturavano, qualcuno intascava robuste tangenti. Per ospitare la massima rassegna planetaria furono compiuti autentici scempi architettonici ed anche il glorioso Comunale pagò pegno. Via la pista di atletica, quella del record del mondo sui 1500 metri dell’inglese Coe, e capienza ridotta: tutto questo per che cosa? Per ospitare quattro partite di cui nessuno oggi ricorda niente. Miliardi buttati via, sprecati, regalati. E la Fiorentina? Eravamo in Uefa e soprattutto c’era Roberto Baggio, ormai però accerchiato da Milan e Juventus. La Stampa, il giornale di casa Agnelli, aveva addirittura un inviato fisso a Firenze, Franco Badolato, e nessuno pensò che fosse venuto da noi per seguire le prestazioni di Dertycia e Volpecina.

UN CAMPIONE DI NOME SCIREA
Si può essere anti-juventini nelle viscere, ma rimanere lo stesso pietrificati quando accadono disgrazie stupide ed immani come quella di Scirea. L’avevo intervistato qualche volta ed era sempre stato di una gentilezza unica, l’opposto di gente come Bettega o Furino. La settimana prima di partire per la Polonia, dove sarebbe morto in un incidente stradale, Scirea era stato spedito dall’allenatore bianconero Zoff a Pistoia per Fiorentina-Como di Coppa Italia, una partita in cui i viola si qualificarono solo dopo il diciassettesimo rigore. Mancavano un paio di minuti al collegamento iniziale quando Scirea venne verso la nostra postazione per chiedere cortesemente se potevamo fargli leggere la formazione. Rimase lì per tutta la gara, scambiammo due parole nell’intervallo, ci confessò che Baggio era un obiettivo della Juve, salutò educatamente e se ne andò. Quattro giorni dopo dettero in diretta la notizia della sua morte alla Domenica Sportiva e Tardelli, che era ospite, scoppiò a piangere disperato. La settimana successiva Juventus-Fiorentina si giocò eccezionalmente di mercoledì sera in un clima irreale e non fu una normale partita di calcio, ma un tentativo di rimozione di un dolore che apparteneva a tutti gli sportivi italiani.

LA CHIAVE DI VOLTA
Dopo un mese c’era già chi si prendeva la briga di contare quante volte Bruno Giorgi infilava “la chiave di voltaâ€? nei suoi discorsi. Nei momenti di maggiore tensione le chiavi si moltiplicavano e diventavano, otto, dieci, quindici, solo che al contrario di quelle di San Pietro le chiavi di Giorgi non aprivano la porta di nessun Paradiso. Al contrario, ci portavano verso l’Inferno calcistico. Presentato come uno dei più grandi allenatori italiani, Giorgi godeva di un piccolo credito in più: aveva avuto la fortuna di allenare Roberto Baggio ragazzino a Vicenza. Bisognava essere davvero ciechi per non accorgersi del suo talento, però un po’ tutti c’eravamo fatti l’idea che per Robertino fosse il tecnico ideale. Tesi che mi venne smentita dal diretto interessato dopo poche settimane di campionato. La Fiorentina di Giorgi era bruttissima sul piano spettacolare. E’ vero che Borgonovo era stato sostituito dal modesto Dertycia (che segnò solo quattro reti, si infortunò e perse poi tutti i capelli per un esaurimento nervoso), ma con Baggio, Dunga, Battistini ed il lento Kubik, qualcosa di più si poteva pure pretendere. E almeno fossero arrivati i risultati…
L’unica eccezione era la Coppa Uefa, con passaggi di turno rocamboleschi, sofferti e per questo ancora più belli. Tutte le partite “europeeâ€? vennero giocate a Perugia, come se non bastassero le normali difficoltà di una squadra che viveva solo sulle giocate di Baggio. Il primo avversario sembrava impossibile: l’Atletico Madrid di Futre. Al Vicente Calderon di Madrid Landucci fece i miracoli, la Fiorentina rimase in dieci per l’espulsione di Di Chiara e riuscì a limitare i danni perdendo solo per uno a zero. Nel ritorno segnò Buso, che la Juve ci aveva dato in prestito come “caparraâ€? per Baggio, e ai rigori passammo noi, ancora una volta grazie ad uno strepitoso Landucci.

BAGGIO CONTRO TUTTI
La “chiave di voltaâ€? della stagione fu la partita di Napoli. Là dove otto anni prima Antognoni aveva segnato la rete del possibile scudetto, Baggio inventò il gol più incredibile che abbia mai visto: scartò tutti partendo da centrocampo e depositò il pallone nella stessa porta dove era finito il tiro del suo vecchio capitano. Una galoppata entusiasmante, con il San Paolo in piedi ad applaudire. Poi Robertino segnò ancora su rigore e lì la Fiorentina smise di giocare. Nel secondo tempo il Napoli ributtò nella mischia un imbolsito Maradona, che non fece niente. Perdemmo lo stesso tre a due e nel dopo gara realizzai la mia unica intervista a Re Diego. «Rendo omaggio ad un nuovo grande talento del calcio Mondiale, si chiama Baggio», mi soffiò al microfono prima di essere inghiottito dalla sua gente. E Baggio l’avevamo noi: più andava su e più morivamo dalla voglia di non farlo scappare.

I BALLETTI DI KIEV
In Coppa Uefa succedeva invece qualcosa di strano, si giocava male, ma si andava avanti lo stesso tra mille peripezie. A Socheaux Faccenda tentò di togliere dal mondo un avversario con un’entrata assassina, venne espulso e resistemmo in dieci. Poi venne sorteggiata la Dinamo di Kiev e fu tutto un amarcord con la qualificazione in Coppa dei Campioni di venti anni prima. All’andata segnò Baggio su rigore e partimmo per l’Ucraina con tutti i pronostici contro.
La radiocronaca a Kiev fu un vero azzardo, Rinaldo non era d’accordo nel tentare di farla, ma mi imposi e tentammo l’allacciamento del telefono. Era dicembre, il termometro segnava meno venti, ma una volta arrivati all’albergo che ci ospitava non fu certo il clima l’oggetto delle nostre conversazioni. E nemmeno la tattica o la probabile formazione. Ad accoglierci c’erano infatti una decina di bellissime ragazze, tutte sotto i venticinque anni, che avevano certamente saputo dell’enorme valore letterario dei “compagni giornalistiâ€? arrivati dall’Italia. Non si spiegherebbe altrimenti la disponibilità mostrata nei nostri confronti, una disponibilità che si manifestò in mille modi, tutti estremamente graditi. E fu in quei freddi giorni in Ucraina che per una volta l’emittenza locale batté nettamente il servizio pubblico…
Riuscii miracolosamente a fare tutta la radiocronaca, mentre alla Rai la linea saltava di continuo. Il mio segreto furono otto banconote da dieci dollari che ad intervalli regolari allungavo alla funzionaria del partito addetta ai telefoni. Sul campo ghiacciato Baggio dette spettacolo e colpì anche un palo. Tutta la squadra giocò benissimo e passammo il turno pareggiando per zero a zero. Tornammo a Firenze alle sei del mattino, distrutti dalla stanchezza e con dei ricordi incancellabili.

Questa Fiorentina ha tre giocatori super (Frey, Mutu e Gilardino), più qualche ipotesi di campione, e tra questi c’è pure Montolivo.
La sua evoluzione nei rapporti con i media e anche con i tifosi è stata per me sorprendente.
Uno per esempio come Morfeo lo capisci subito che ha qualcosa che non va, ma Montolivo, che tanto per chiarirci non è certamente Morfeo, ha avuto nei suoi primi tre anni in viola un approccio tranquillo con l’ambiente.
Ora, se io fossi Prandelli e/o Corvino chiamerei in separata sede il signor Riccardo Montolivo e gli spiegherei che se lui ha uno stipendio annuo (credo) di un milione netto è perché 28mila bischeri in un sabato quasi invernale, alle 18, spendono chi decine e chi centinaia di euro per andarlo a vedere correre e tirare in porta.
E che quindi certi atteggiamenti lui non se li può proprio permettere. Assolutamente.
Diverso il discorso con i giornalisti, dove fa bene a difendersi e anche a dire che non gliene frega niente delle nostre pagelle e dei nostri giudizi.
Se poi si considera veramente uno forte, è giusto che non si nasconda dietro il solito linguaggio del calcio.
Ora però facciamo un passo indietro, ed è un invito che rivolgo a tutti, anche se penso che per Montolivo sia inutile, e quindi anche a me stesso.
Non facciamoci condizionare da quell’improvvido ditino, che tanto ci ha indispettito e, continuiamo a considerare Montolivo una risorsa importante della Fiorentina, perché abbiamo bisogno di lui.
Almeno allo stadio tifiamo per Montolivo, esattamente come per tutti gli altri.

Adesso speriamo che non si fermi più!
Neanche in sala stampa per parlare con noi, se gioca come ha fatto nel secondo tempo ci può pure dribblare senza problemi.
Ero tra quelli che lo avevano visto tra i migliori, o tra i meno peggiori, a Cagliari, e dunque in crescita rispetto a qualche tempo fa.
Che partita: divertente e difficile da leggere tatticamente.
Prandelli ha detto che nel momento di crisi mancava soprattutto l’ordine (a cui lui tiene molto), ma a me sembrava soprattutto un problema psicologico, erano come bloccati dalla paura.
Decisivo tatticamente Santana, ma devastante Mutu con le sue accelerazioni, alla faccia di chi lo contesta per partito preso.
E quelli che volevano fare a meno di Frey, “che tanto un portiere si prende”?
Ma, ripeto, forse in questa fredda serata abbiamo trovato un leader in più, Montolivo.
Nella passata stagione ha cominciato a carburare a febbraio, adesso tre mesi prima, speriamo davvero che non si fermi più.

P.S. Il ditino davanti al naso per dire a tutti di stare zitti non l’avevo visto, impegnato com’ero ad esultare, e poi avevo una montagna di gente davanti, essendo la mia postazione dall’altra parte.
Avevo invece visto le mani alle orecchie al primo gol, che dire? In questo modo non si aiuta certamente da solo, perché a molti quei gesti non sono piaciuti.
Gente come Antognoni, Baggio e Rui Costa, tanto per citare tre numeri dieci neanche tanto scarsi certe cose non se le sono mai parmesse e però ribadisco il concetto inizale: se va come nel secondo tempo, può permettersi tutto (o quasi).
Il problema è se non dovesse andare, allora in quel caso gli verrebbe presentato il conto e tutto questo lo trovo molto stupido, oltre che inutile e autolesionistico per la Fiorentina.

Sinceramente non ho capito perchè Pasqual non venga più convocato dopo aver dimostrato contro l’Inter di farsi trovare pronto.
Un po’ meno a Siena, dove è calato vistosamente nella ripresa, ma insomma tenerlo fuori dai convocati mi pare una punizione eccessiva.
A meno che non ci sia stato da parte sua un atteggiamento che Prandelli non ha gradito.
Certo, Pasqual è un triplone perché su quella fascia ci sono già Vargas e Gobbi, ma forse così lo si deprezza anche in vista di una ormai certa cessione.
Peccato che finisca così questa storia, con un’involuzione impensabile trenta mesi fa, quando Pasqual rischià di diventare Campione del Mondo con la Nazionale di Lippi.

Mi chiamano dalla radio per dirmi che su un’altra emittente Oliviero Beha, giornalista che ho sempre stimato, ha attaccato Radio Blu perché una sua intervista in cui denunciava il clima nello spogliatoio viola, con botte che volavano a destra e sinistra, non è mai andata in onda.
E’ vero.
L’intervista fu realizzata da Marco Meucci, ho e abbiamo fatto delle verifiche ed è venuto fuori che c’era stato un alterco tra Kuzmanovic e Almiron dovuto al nervosismo post gara, oltre al solito Mutu che aveva mandato a quel paese Melo (e questo lo avevo detto durante la radiocronaca) per non avergli passato il pallone.
Poi i due si erano immediatamente chiariti, mentre forse tra Kuz e Almiron le cose sono durate un po’ di più, ma senza botte o cose del genere.
Chiunque ha giocato al calcio sa che può succedere, e a quel punto avevo davanti due strade: mandare l’intervista e poi smentirla per le verifiche fatte, oppure non mandarla affatto.
Ho scelto la seconda ipotesi: per una volta ho evitato di fare il giornalista per amore della Fiorentina, cioè per non aggiungere benzina al fuoco della polemica che dopo il pareggio col Bayern era molto forte.
Ho sbagliato? Giornalisticamente sì, non ci sono dubbi.
Se poi siamo una radio governativa, come dice Beha, lo devono decidere gli ascoltatori, io ho la coscienza a posto, con me stesso e con chi ci segue quotidianamente.
Comunque, lo ripeto, la decisione è stata soltanto mia.
Se tornassi indietro rifarei tutto, tranne forse chiamare Oliviero per dirgli che l’intervista non sarebbe andata in onda.
Ne parlo ora qui, a casa mia, sul blog e non in radio per non fare troppa pubblicità ad una polemica che considero piuttosto sterile.

Non so a voi, ma a me quando le cose non vanno benissimo per la Fiorentina capita di immaginare moduli e schieramenti diversi, e tutti con il proprio fascino.
Faccio così perché probabilmente in quel momento ragiono da tifoso e mi dimentico che esisterebbe pure un piccolo problema, che sarebbe poi la squadra avversaria.
E così trovo affascinante perfino il difensivo 4-5-1, perché immagino gli inserimenti dei centrocampisti che vanno al tiro.
Solo che inconsciamente ho nella mia testa gli Antognoni, gli Oriali, i Massaro, i Rui Costa che ho raccontato nel corso degli ultimi 27 anni, mentre questi centrocampisti di oggi non tirano e non segnano neanche se li spingiamo noi dalla tribuna.
E comunque il mio ultimo pensiero intrigante sulla tattica è viziato dall’appoggio tecnico di colui che considero il più bravo giornalista calcistico fiorentino, e tra i migliori in Italia, Sandro Picchi.
Ecco qui, dopo il fallimento del doppio centravanti, l’albero di Natale con un mese di anticipo: Jovetic e Mutu dietro Gilardino, e chissà se potrà bastare sabato pomeriggio.

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