Settembre 2022


L’aspetto più incredibile è che in pochissimi abbiano sottolineato il fatto che sarà una donna a guidare un Paese maschilista come l’Italia, una Nazione dove fino al 1981 era permesso il delitto d’onore e dove abbiamo visto piovere sentenze vergognose che giustificano le violenza e i femminicidi.

Niente,

Come in una partita di calcio il tifo ha prevalso sul ragionamento: sono tornati i fascisti, è finita la democrazia, ci rimetteranno tutti in camicia nera e via andare, dimenticando che ci sono state elezioni regolari, in piena libertà.

Tranquilli, nel 2027 si tornerà a votare senza trovare nella cabina elettorale la lista unica e il prossimo 28 ottobre non sarà festeggiato nessun centenario.

Non mi aspetto niente, né di buono e neanche di cattivo: mi limito ad osservare, sperando che l’emergenza economica sia il traino del nuovo Governo, lasciando da parte ideologie e personalismi, perché stiamo veramente camminando intorno all’orlo del precipizio mentre sarebbe opportuno tornare su sentieri più rassicuranti.

Massimo rispetto per tutti, ma non andare a votare è una forma di protesta che mi lascia molto perplesso, forse perché la mia formazione culturale è avvenuta in anni in cui l’impegno civico era qualcosa di serio, così com’era forte la memoria di chi è morto per questa democrazia.

Retorica? Può essere, ma fa parte del mio mondo e non me ne vergogno.

Andare a votare è il primo diritto-dovere del cittadino e l’avversione ai politici non dovrebbe influenzare questa meravigliosa possibilità di poter decidere il nostro futuro destino.

Vedremo lunedì la percentuale di chi è rimasto a casa, ma temo che sarà il maggior partito nazionale e questa, credetemi, è una gran brutta sconfitta per tutti.

Ci siamo giustamente indignati nel novembre scorso per quella idiota toccata a Greta Becaglia su cui, ed è un parere del tutto personale, si poteva chiudere il tutto con un bel risarcimento da devolvere in beneficienza invece di rovinare la vita dello stupido ristoratore marchigiano: la sua e quella della sua famiglia.

Detto questo e aggiungendo che ad un certo punto non se ne poteva veramente più della melassa di insopportabile buonismo scatenata a tutti i livelli per quella vicenda, non sento in giro lo stesso sdegno per l’imbecille che ad un cronista televisivo napoletano ha urlato un “terrone di merda” in diretta televisiva, esattamente come era successo ad Empoli?

Quanto vale apostrofare qualcuno via Tv con una frase del genere?

Dove sono gli inviati de “La vita in diretta” e di altre trasmissioni del genere che hanno fatto diventare per una settimana la nostra collega toscana una star mediatica?

Attendo fiducioso l’indagine della magistratura: se tocchi il fondo schiena a qualcuno sei imputabile di violenza sessuale e se offendi pesantemente la passi liscia?

Vittoria meritata, sofferta solo per il rigore calciato malissimo e altre occasioni sprecate.

Non e’ quella dello scorso anno, ma ieri bastava e avanzava, quindi calma col tutto sbagliato, tutto da rifare.

Certamente l’attacco resta un problema, se gioca Kouame e non gli altri due, ma ormai fino a gennaio non ci possiamo fare niente, sempre ammesso che si voglia intervenire.

I migliori sono stati i vituperato Ikone e Quarta, dietro a loro il ”dimenticato” suddetto Kouame: può esistere qualcosa di più contraddittorio de calcio?

Partiamo dalla fine: mi sarebbe piaciuto ascoltare Barone o Pradé dopo una disfatta storica, storica per la scarsa consistenza dell’avversario e per le dimensioni della sconfitta, e invece niente, come invece era avvenuto per altri rovesci.

Mi sarebbe piaciuto sentire uno “scusateci”, se non altro nei confronti di chi è andato in Turchia, a cui non sarebbe male regalare il biglietto per le prossime trasferte europee, sperando che siano parecchie, se proprio non si vogliono rimborsare tutte le spese.

Abbiamo invece ascoltato le serene e lucide autocritiche di Biraghi e Bonaventura, due che possono parlare per competenza ed esperienza, e la discreta confusione di Italiano, chiaramente travolto da questo primo mese della stagione.

E ora che facciamo? Semplice: si indossa l’elmetto e si riparte combattendo centimetro per centimetro, lasciando perdere gli svolazzi e mettendo in campo solo quelli che assicurano grinta e dedizione totale alla causa. Sempre sperando che ce ne siano almeno undici in queste condizioni.

A salvarsi in questo inizio terrificante sono veramente in pochissimi: Amrabat, Terracciano, Kouame, forse Sottil e Milenkovic, fino a quando ha giocato, e poi basta: se il calcio fosse una cosa seria e assimilabile al resto della vita, a diversi di questi giovanotti andrebbe decurtato lo straordinario stipendio per scarso rendimento. E lo stesso dovrebbe accadere co Italiano, troppo esaltato in estate, ma non da me.

Non è però il momento dei processi, quelli li faremo semmai nella sosta di novembre, sperando sempre che non ce ne sia bisogno, alla faccia di quelli, e non sono pochi, che pur dichiarandosi tifosi viola adesso godonoe giocano al tanto peggio tanto meglio.

Giochiamo male, e va bene, si fa per dire,

In nove partite i due centravanti hanno segnato la miseria di due gol, e va bene.

Siamo confusi nella manovra e pure nella testa, vedi alla voce Igor e anche Biraghi nel secondo tempo, e va bene.

Ma il fallo di Kasius su Quarta era netto, ancora più di quello di Udine su Venuti e questo non va bene, proprio per niente.

Dateci almeno questi due pareggi striminziti e rosicati e affronteremo i nostri molteplici problemi con un pizzico in più di serenità.

Pessimo risultato, ma prestazione più o meno come era nelle aspettative con la solita variabile: non la mettiamo dentro.

Perché di occasioni vere ne abbiamo avute una decina, ma sotto porta la situazione è disastrosa ed è un po’ colpa di tutti, Italiano compreso, visto che miglioramenti non ci sono stati.

Fischi meritati per via dell’inconsistenza dell’avversario e per la delusione generale, ma fischi d’amore, mi pare, e non di rabbia.

E’ un passaggio difficile della stagione, chi vuole cacciare l’allenatore non sa bene quello che dice e gioca al tanto peggio tanto meglio, un torneo al quale non mi sono mai iscritto.

Quante gare della vita abbiamo visto in un anno e quindi nell’intera nostra esistenza? Venti, cinquanta, cento?

Personalmente ho perso il conto, è il linguaggio calcistico che però a volte esonda le barriere del buonsenso e quindi…per favore: stasera giochiamo una normale partita contro una squadra nettamente inferiore per il primo turno del girone della terza competizione europea.

Perché altrimenti avremmo dovuto considerare Wembley nel 1999 o Bergamo nel 1996 (cito le prime due che mi vengono in mente) gare immortali per noi e i nostri pronipoti….

O si svegliano quei due, uno fisicamente e l’altro capendo qualcosa in più del calcio italiano, o ci mangeremo le mani e altro in diverse partite.

Manca l’attaccante, non un fuoriclasse, ma uno che la sappia semplicemente mettere dentro, che è poi la cosa più difficile nel calcio.

Due gol in sei partite ufficiali sono una prova, non un giudizio definitivo, ma le sensazioni sono poco buone.

A Jovic diamo ancora un paio di settimane, poi ci dovrà spiegare perché non corre, perché è molle nei contrasti, perché tocca il primo pallone dopo 21 minuti: tutta colpa del gioco di Italiano?

Cabral fa più simpatia: si batte, ha la faccia da guerriero, corre il triplo del concorrente, ma no ha la sua tecnica e purtroppo si vede. Magari a fonderli viene fuori quello giusto, ma non si può.

E allora teniamoci il misero punticino di ieri, pur meritando di più contro una buona provinciale che rinuncia totalmente al gioco ma che pare punti lo stesso, misteriosamente, allo scudetto.

Inspiegabile.

Si può giocare male, ma non così, senza neanche un briciolo di cuore, con quell’irritante ondeggiare del pallone da destra e sinistra ad una lentezza che mi ha fatto venire in mente il buon vecchio Kubik.

Il gol dell’Udinese era da annullare, ma resta il fatto che fatichiamo enormemente a tirare in porta e quando lo facciamo conosciamo tutti i tristi risultati.

E’ come se avessimo pagato a Udine gli sforzi olandesi, dopo al sorprendente prova contro il Napoli, e non esiste logica calcistica in tutto questo.

Qualcuno è preso dalla furia distruttiva contro chiunque, Italiano compreso, ma direi di andarci cauti, pur continuando ad avvertire gli stessi pericoli del dopo Vlahovic: ci manca l’attaccante di razza.

Le scelte dell’allenatore mi sono sembrate un po’ troppo cerebrali, perché cambiarne nove su undici è esagerato, però alla fine sono le prestazioni individuali a fare la somma tecnica e non ho mai visto nessun allenatore, da Guardiola a Conte vincere le partite con un suo gol.

Mandragora, Quarta, Cabral, Saponara, Venuti, Maleh, un po’ anche Barak e Kouamé: se otto su undici giocano male, alcuni malissimo, hai voglia te a pensare alle sovrapposizioni o ai piedi invertiti…