Giugno 2019


Stamani mi sono accorto che sono passati vent’anni da quando andai in America, a New York, insieme alla Fiorentina di Batistuta e Rui Costa. E di Chiesa, tenuto ai margini.

Mi sembra incredibile: ero un altro uomo, immerso in problemi contingenti che sembravano sempre la finale di un Mondiale per come li affrontavo in termini di impegno e di angoscia.

Spesi un milione e mezzo di vecchie lire in cinque giorni per cercare di arrivare a capo del problema dei diritti radiofonici che per la prima volta dopo dodici anni potevano essere venduti alle radio private.

Combattevo tutti i giorni con gli uomini politici di Cecchi Gori che volevano farmi fuori da Canale Dieci perché avevo posto la condizione che ci dovesse essere Mario Ciuffi e che avremmo dovuto avere la libertà di dire quello che volevamo.

Era uno stress infinito, una sera, in un momento di sconforto dissi al mio amico Francesco Selvi la fatidica frase: “vado avanti ancora un paio di anni e poi stop”.

Per la disperazione di alcuni non sono stato di parola e oggi ne sono ben contento, anche perché ora sto molto meglio di allora. In tutti i sensi.

Vent’anni e sembra ieri, ma intanto in questi 7300 giorni è successo e mi è successo di tutto: sono curioso di vedere cosa accadrà nei prossimi venti (se avrò la fortuna di viverli).

Molto spesso non sono le cose che dici, ma come le dici.

In diciassette anni di Della Valle non c’è stato verso di farlo capire ai fratelli marchigiani e dire che ci hanno provato in tanti, a cominciare da chi su questo argomento era giustamente sensibile: Sandro Mencucci e Gino Salica.

Cosa è successo di concreto fino ad oggi nella Fiorentina di Commisso?

Poco o niente, se non il più che giustificato allontanamento di Corvino e la maggiore presenza di Antognoni, ma poi per il resto, a pensarci bene, per ora è come se fossimo ad un mese fa.

Montella è sempre l’allenatore, Chiesa è sempre al centro del mercato, De Rossi un’ipotesi difficile e praticabile, Veretout sdegnosamente in partenza, Simeone forse se ne va o forse si tenta il rilancio.

Quello che però è cambiato è il coinvolgimento emotivo della proprietà, una girandola di partecipazioni ad ogni respiro fiorentino, di promesse  e di apertura verso il mondo che ha superato ogni più rosea aspettativa e questo ha fatto la differenza.

E che differenza.

Per anni, insieme ad altri, ho fatto il grillo parlante sulla primaria necessità di scendere dalla torre d’avorio per comunicare meglio (peggio era veramente difficile): allenamenti aperti ai tifosi, partecipazione dei giocatori alle radio e alle televisioni locali, una simpatia non permalosa, Firenze vissuta in pieno e non tipo una sveltina e via, ma nessuno ha mai ascoltato e l’aria da liberazione che si respira dopo l’addio è alla fine il risultato di questa scelta sbagliata.

Poi, certo, conteranno gli acquisti e le cessioni, i risultati e le scelte giuste, ma è solo con una totale immedesimazione con Firenze e con il popolo viola che si crea qualcosa di veramente forte che regga nei momenti di difficoltà.

Magari riuscissimo davvero a prendere Daniele De Rossi.

Ritorno di Viviano a parte, è l’unico nome che accende la mia fantasia e sarebbe davvero un acquisto straordinario sotto molti punti di vista.

Non gioca tutte le partite? E va bene, magari ne fa in tutto venti, ma alla De Rossi, uno che spesso valeva per due, a volte per due e mezzo.

Sarebbe un colpo importante, anche per l’immagine e se davvero prendesse il treno per Firenze vuoi mettere le motivazioni e la sete di rivincita che lo animerebbe?

Spero che facciano il possibile per prenderlo

Quelli che…i presidenti, gli allenatori, i giocatori passano, ma la Fiorentina resta

Quelli che…finalmente daranno ad Antognoni quello che gli spetta

Quelli che…speriamo riprendano Batistuta. Ma anche Rui Costa, Riganò e De Sisti.

Quelli che…, ma non sarebbe meglio ripartire da zero e Antognoni basta e avanza?

Quelli che…che bello tornasse Borja Valero

Quelli che…ma che ce ne facciamo ora di Borja Valero?

Quelli che…i giornalisti sapevano, ma non volevano dire nulla perché sono stati tutti pagati

Quelli che…i giornalisti non sapevano niente, perché non sanno indagare o fare domande scomode e quindi è bene che smettano di fare i giornalisti

Quelli che…i Della Valle sono stati il peggio del peggio degli ultimi cinquant’anni di Fiorentina

Quelli che…però i Della Valle non sono stati così male

Quelli che… Vittorio ci ha fatto fallire, ha portato via i soldi alla Fiorentina e non lo perdonerò mai

Quelli che…Vittorio ci metteva il cuore, ci ha fatto vincere e lo hanno fregato i poteri forti

Quelli che… ho sempre sentito il Guetta e continuerò a farlo fino a quando trasmetterà

Quelli che…il Guetta mi ha rotto le scatole, troppo prepotente, permaloso e sempre al servizio del padrone

Quelli che…hanno girato di radio in radio e ora trasmettono via citofono, urlando fino a sgolarsi pur di farsi ascoltare

Sarebbe bellissimo avere i tre più grandi degli ultimi cinquant’anni tutti in società, in una Hall of Fame permanente che brilli di luce propria. Viola, naturalmente.

Antognoni, Baggio e Batistuta: ognuno li metta nell’ordine che preferisce, ma certamente sono stati loro ad illuminare i nostri pomeriggi e le nostre serate, a renderci orgogliosi di tifare per quella maglia.

Ve li immaginate tutti e tre al Franchi, in tribuna d’onore accanto a Commisso e Barone, quasi ad indicare dall’Olimpo del calcio la strada ai loro successori in campo?

Sarebbe bellissimo, ma estremamente complicato.

Perché al di là delle suggestioni emotive il calcio non si gioca solo sul rettangolo verde, ma molto anche nelle stanze societarie, nelle tribune dove si scoprono nuovi talenti, nella comunicazione, nei rapporti con i tifosi.

Ok, riportiamo alla base i grandissimi, ma poi quali saranno i loro compiti? Avranno potere decisionale o saranno solo l’icona di loro stessi?

Perché non è affatto detto che un campione diventi un dirigente, un direttore sportivo o un allenatore all’altezza della precedente fama.

E comunque mi pare giusto che nel misurare i meriti di ognuno sia dato un peso alla storia, e allora qui davvero Antognoni vince con distacco enorme su tutti e infatti si sta già muovendo operativamente.

Se poi, con reciproca soddisfazione, si troverà la giusta collocazione anche per Batistuta o per altri grandi ex del passato, quello sarà un altro tassello importante di una storia ancora tutta da scrivere

Scriviamo un messaggio o mandiamo una mail e ci scatta immediatamente un riflesso condizionato: fra quanto ci risponde?

Non esistono più le pause di riflessioni e non parlo certo di quelle che si chiedono in un rapporto di coppia e che di solito hanno un nome e un cognome…

Penso alla velocità e dunque anche alla frenesia in cui ci muoviamo, quell’assenza di tempi morti che ci pare un’offesa ingiustificabile.

Non mi pensa? Non mi considera? Le mie quotazioni professionali sono in calo? Avrò rotto le scatole e per questo non mi risponde? Ho fatto male a scrivere?

Penso spesso a come funzionava fino a qualche tempo fa e la mente corre con un filo di nostalgia agli anni dell’adolescenza, fino ad arrivare al 1990, quando apparvero i primi telefonini, croce e delizia dei nostri tempi.

Ricordo l’attesa del postino per vedere se mi arrivava la lettera che aspettavo, oppure quelle telefonate serali in cui monopolizzavo l’unico apparecchio disponibile per litigate e riappacificazioni che si chiudevano con un clic.

Niente messaggi successivi per puntualizzare, aboliti i puntini di sospensione che vogliono dire tutto e niente, nessuna attesa spasmodica di risposta veloce.

E se pensavi alla parola selfie, l’unica cosa che ti veniva in mente era il posto dove si andava a mangiare, il self service, in cui avendo poche lire in tasca si spendeva meno.

Siamo proprio sicuri che si vivesse peggio?

Come sempre in estate siamo ad aspettare la Fiorentina prossima e futura, solo che stavolta voliamo alti con la fantasia e nulla sembra fermarci.

Da Ibra in attacco a Totti in società, magari insieme a Batistuta e Antognoni, costruiamo ogni giorno i nostri sogni, spesso basandoci più sui nomi che sulla funzionalità della squadra, ma è bello così.

Ci stiamo riprendendo il calcio nel senso più ludico del termine, dopo esserci avvelenati molte stagioni con le plus valenze e i buchi di bilancio.

Anch’io ho colpevolmente contribuito alla creazione di quel clima, lo capisco meglio adesso che stiamo andando verso un’epoca nuova e l’ho fatto perché non mi sono mai liberato completamente dai fantasmi del fallimento del 2002.

E’ come avere avuto un gravissimo incidente stradale: dopo qualche mese torni a camminare, ma il trauma te lo porti dentro per moltissimo tempo e quando risali in macchina guidi sempre con il retro pensiero che ti possa succedere di nuovo.

Ecco perché ho sempre privilegiato l’andatura a 80 chilometri orari al rischio di finire fuori strada con proprietà improbabili e avventurose.

Ho comunque una quasi certezza: se Commisso e Barone avessero ottenuto gli stessi risultati dei Della Valle, l’impatto col popolo viola sarebbe stato molto diverso, perché la comunicazione è al centro di tutto, specialmente nel calcio.

E gli americani queste cose le conoscono benissimo.

Diciamo la verità: Vincenzo Montella non è mai stato un grande battutista.

Anzi, spesso non ha capito il nostro corrosivo spirito irridente ed irriverente, adombrandosi qualche voltate cercando delle repliche poco convincenti.

Stavolta però la battuta sul calo del prezzo pagato da Commisso e causato volontariamente dalle sue sconfitte entra di diritto tra le migliori degli ultimi tempi.

Non male davvero, complimenti.

L’unica cosa che accomuna Daniele Pradè e Pantaleo Corvino è l’amore per Firenze, declinato in modo diverso vista la notevole differenza caratteriale dei due direttori sportivi che hanno monopolizzato gli ultimi quindici anni viola.

Con Pradé ci siamo sentiti più volte nei tre anni di assenza: mai una polemica con chi l’aveva sostituito, solo una grande nostalgia per quella che considera una delle sue due città del cuore (l’altra è ovviamente Roma, dove è nato e dove ha cominciato).

Un vero signore nei modi di fare, un dirigente a cui piace il gruppo, un direttore sportivo che come tutti ha commesso sbagli, non avendo però alcun problema nell’ammissione.

Che tutto questo basti per costruire una nuova grande Fiorentina non lo so e potremmo fare l’elenco delle cose buone e meno buone viste durante i suoi primi quattro anni, partendo da Borja Valero per finire a Benalouane, ormai uomo simbolo dell’inizio del declino.

Certamente, almeno dal mio personale punto di vista, il suo ritorno a Firenze è stata una grossa e piacevole sorpresa. 

Se ne va Pantaleo Corvino, da sconfitto e nel modo più triste, dopo un colloquio definitivo con Commisso, che evidentemente non ha cambiato idea sui motivi del fallimento della stagione appena conclusa.

Se ne va e merita l’onore delle armi, perché non si è risparmiato mai, perché ama davvero la Fiorentina e perché qui è stato dieci anni, metà ottimi e metà brutti, con punte disastrose.

Ha ancora una volta sbagliato dal punto di vista mediatico perché si è spesso arrampicato sugli specchi per spiegare scelte errate, mai che una volta l’abbia sentito fare un’onesta e sana autocritica, ma l’uomo è questo e va preso così.

Ha sbagliato secondo me a tornare, ma questo è un altro discorso, poi si è gettato a capofitto nel lavoro con risultati scarsi che però non giustificano la cattiveria che sento e leggo spesso nei suoi confronti.

Non posso che augurargli buona fortuna, se davvero vorrà continuare nel suo lavoro.

Pagina successiva »