Aprile 2012


Senza dimenticare niente di ciò che è avvenuto, torniamo all’attualità, in modo brusco, quasi brutale: esattamente un mese fa a quest’ora eravamo tutti belli carichi in attesa di fare un gran dispetto alla Juventus.
Ho già deciso che nel prossimo campionato, alla vigilia della partita, non metterò più i gol di Osvaldo o Batistuta e neanche quelli di Borgonovo e Passarella.
No, riproporrò i cinque schiaffi che ci hanno dato e che ci siamo meritati in tutto e per tutto.
Cerchiamo quindi di ricordarci bene quello che è successo un mese fa, perché è da lì che si deve ripartire, perché le preoccupazioni per la classifica ci sono tutte e perché contro l’Inter sarà durissima.
Senza attaccanti, ovviamente, ma questo è ormai l’assurdo marchio di fabbrica della Fiorentina 2011/12.

Renato Curi era un giocatore molto più “importante” di Piermario Morosini e Perugia-Juventus una gara che valeva lo scudetto, neanche confrontabile con Pescara-Livorno.
Eppure il dramma di quel giorno a Perugia durò lo spazio di una settimana e alla fine diventò solo un ricordo: il “povero Curi”.
Così è stato anche per la scomparsa di Giuliano Taccola negli spogliatoi di Cagliari nel 1969 e si parla di un centravanti di serie A (giocava nella Roma) in odore di Nazionale: a quanto ne so c’è una vedova e una famiglia che vive quasi ai limiti dell’indigenza e che nessuno ha mai aiutato sul serio.
Per Permario Morosini è invece e per fortuna scattata una mozione di affetti a cui io stesso non riesco a sottrarmi perché a distanza di oltre 24 ore ancora penso al suo tentativo di rialzarsi, una, due volte, quasi una metafora di tutti i colpi ricevuti in nemmeno 26 anni e da cui invece era riuscito a tornare in piedi.
Questo ricordo è una cosa unica, molto bella nella sua struggente drammaticità e non è facile cercare di capire perché questa tragedia ci ha colpito più di altre storie che vanno dritte al cuore.
Non vorrei esagerare, ma mi pare che sia simile al Vermicino nel 1981 e forse c’entra la diretta televisiva (nel 1969 e nel 1977 neanche lontanamente immaginabile) o forse è la nostra voglia di respirare qualcosa di pulito in mezzo al tanto fango in cui è immerso il calcio.
Ora che i fatti cominciano a cristallizzarsi, adesso che non è più cronaca, penso e spero che la morte di Piermario Morosini sia una specie di spartiacque per l’assistenza agli atleti, tra ciò che era prima e ciò che auguriamo sia da domani in poi.

Devo confessare che sono rimasto sorpreso dalla decisione di fermare tutti i campionati e il motivo è molto triste: sono (siamo, credo) ormai a abituati a questa giungla che pare essere diventata la nostra esistenza quotidiana.
Si è giocato in altre circostanze, per altri lutti, con dolore e stupore da parte di tutti.
Le immagini di Pescara sono emotivamente spaventose, la storia personale di Piermario Morosini è dolorosamente incredibile, però io mi chiedo che senso abbia fermare il pallone per una giornata.
Se serve a ripensare costruttivamente a certe mancanze strutturali del calcio come la mancanza di un’adeguata assistenza medica su tutti i campi, anche i più poveri, allora la riflessione su ciò che è successo può servire a qualcosa.
Se invece è solo retorica inutile e sterile, allora dico chiaramente e a costo di essere impopolare in un momento triste come questo, che bloccare i campionati non serve a niente, se non a lavarsi la coscienza.
Comunque sia, è un momento in cui dobbiamo raccoglierci in noi stessi e pensare a quel grande mistero che è la vita.

Alla vigilia dell’intervista con Renzi mi sembrava di essere tornato ai tempi della scuola, al Duca d’Aosta, quando dovevo studiare chimica o tedesco e non ne avevo assolutamente voglia.
Sapevo di dovermi preparare sul project financing, appassionante come il curling, e alla fine “mi ci sono messo” per non fare brutta figura.
Spero che sia andata bene, che l’intervista sia risultata piacevole e non troppo tecnica, ma vi voglio raccontare un piccolo retroscena.
Quando Renzi è arrivato puntualissimo (grande merito, perché mica sono tutti così), mi ha spiazzato chiedendomi le prossime partite di Lecce e Bologna.
Io, che dopo le gare in notturna sono un po’ più rincoglionito del solito per un fatto di metabolismo, non me le ricordavo troppo bene e quelle del Bologna meno che mai.
Allora mi è venuto in soccorso il giovane Zoccolini, assistente-contemplativo all’intervista, che ha tirato fuori il calendario.
E così per dieci minuti Renzi si è messo a compilare la tabella salvezza della Fiorentina, scrivendo i punti che avremmo fatto noi e le altre due da qui al 13 maggio, chiedendo anche una mia valutazione.
Non male avere un sindaco tifoso…

La considerazione più amara è che sarebbe bastato giocare così, cioè da sei, per evitarci tutti i patimenti di questo finale di campionato.
E’ stata una partita di grande volontà, ma con le gambe un po’ molli e con un pubblico che ha fatto davvero il massimo, anche se sono venuti allo stadio in pochi (meno di ventimila, penso).
Con Jovetic in giornata-no e con Amauri che è partito bene, ma poi si è spento, era dura segnare, anche se la occasioni le abbiamo avute, pur concedendo qualcosa al Palermo.
Adesso ci vogliono i nervi saldi per non farsi prendere dalla paura e soprattutto non bisogna pensare a Masiello, alle scommesse e a tutto il resto.
Salviamoci sul campo e poi procediamo alle grandi pulizie di fine stagione.

Bisogna essere freddi e pensare a chi tra i cinque che sono rimasti fuori sabato, più Amauri, andrebbe messo domani sera.
Ogni idea è opinabile e poi per fortuna decide Rossi, ma proviamo a dire la nostra per divertimento.
Io toglierei Kharja, Pasqual e Ljajic e butterei Montolivo e Vargas (se ha recuperato), oltre naturalmente ad Amauri.
Giocherei con il 3-5-2 e cioè con Camporese, Natali, Nastasic dietro, De Silvestri, Behrami, Montolivo, Lazzari e Vargas a centrocampo, Amauri e Jovetic davanti.
Voi che ne pensate?

E’ chiaro che per non sciupare tutto adesso non devono tradire contro il Palermo, però davvero siamo tornati a sperare.
C’entra Diego, ovviamente, ma c’entra molto anche Andrea, che ha fatto come si dice in questi casi il lavoro sporco, da mediano.
Mentre il padre stava morendo si è sciroppato le bizze dei suo dipendenti, i vaffa della gente, ore e ore di allenamenti non proprio esaltanti, il faccia a faccia dei tifosi, il fallimento tecnico dell’uomo a cui aveva dato sbagliando una fiducia esagerata, il ripianamento dei debiti.
Insomma,lui ha preso il peggio e Diego la beatificazione e comunque va bene così, basta solo ricordarle alcune cose.
Mercoledì bisogna andare allo stadio, come veniva chiesto prima di Milano, anche se per motivi per fortuna diversi, fermo restando l’esigenza assoluta di fare i tre punti che ci metterebbero al sicuro.
Diciamo che se fanno un finale di stagione dignitoso, se per caso si avvicinassero ai 50 punti, passerebbero tutti da 4 al 5, perché certe cose non si dimenticano e non parlo solo della partita con la Juve.
Ma oggi a Firenze e tra il popolo viola si respira un’aria di resurrezione perfettamente in linea con la Pasqua (auguri tardivi, ma sinceri) ed è questa per me l’eredità più importante della gioia sfrenata di ieri pomeriggio.

Sì, la meritano soprattutto quelli che sono venuti a Milano, uomini e donne coraggiosi, dotati davvero di una fede incrollabile.
Un trionfo che considerate le premesse della vigilia rimarrà davvero uno dei momenti più belli della storia viola.
Avevo scritto che bisognava avere della dignità in questa trasferta a San Siro e finalmente l’hanno avuta.
Io me lo sentivo, giuro, che poteva finire così, infatti ho azzardato il rito Borgonovo (chissà Stefano come avrà goduto), qualcosa che invoco ogni sei, sette anni.
E’andata male sull’angolo (avevo ipotizzato un gol di Nastasic), ma davvero ci ho creduto fino in fondo.
Quanto è dolce ora fare la lista dei migliori: per me Jovetic e De Silvestri (mostruoso!) alla pari, e poi Behrami e quindi Amauri e Boruc.
Chiariamoci però su un punto: questo successo arrivato dopo la visita pastorale di Diego non toglie neanche un grammo della melma piovuta addosso nella gara contro la Juve.
Però, come ho detto al termine della radiocronaca: oggi è bello tifare per la Fiorentina.

Il ragionamento è molto semplice, direi banale: esisteva un momento migliore di questo per presentarsi davanti al popolo viola e dire “io voglio comprare la Fiorentina”?
Si è forse visto qualcuno?
Per questo, ma non solo per questo, io continuo a pensare che Andrea Della Valle sia la migliore soluzione possibile per il nostro futuro.
Un Andrea Della Valle discretamente incazzato come l’ho sentito ieri, un imprenditore che ha capito con enorme e colpevole ritardo i danni che si è fatto (e ci ha fatto) nel delegare tutto ad una sola persona, poi esplosa nel delirio di onnipotenza e nella mistificazione della realtà.
I danni li ha fatti Corvino, ma dietro c’era lui, Andrea, che per due anni non ha mosso foglia e che per questo ha pagato in termini di consenso e in termini economici (mica lo azzeriamo noi il debito della Fiorentina).
Ma poiché l’uomo mi sembra determinato a non mollare e a rilanciare, e poiché ha tutti i mezzi per farlo, sarà bene per i prossimi tre mesi sotterrare l’ascia di guerra e vedere cosa succede, fidandosi di Andrea.
Stavolta davvero non può sbagliare, ma lui lo sa meglio di chiunque altro.

E dai, confessiamolo: ogni volta che sul fronte scommesse si scopre qualcosa di buono abbiamo paura di leggere quella parola di dieci lettere a cui destiniamo molte energie: Fiorentina.
Perché non ci siamo mai ripresi completamente da Calciopoli e perché davvero spesso la “testa dei giocatori è buona per portare cappello”.
Per ora non esiste il minimo sospetto che dentro ci sia un solo giocatore viola, ma la strizza resta.
Io la esorcizzo pensando che la Fiorentina è una delle società tra le più corrette al mondo, che paga regolarmente gli stipendi (perché spesso questo tumore si alimenta là dove ci sono delle difficoltà economiche), che abbiamo già dato abbastanza per cose in cui siamo entrati da vittime e siamo stati trasformati in carnefici.
Tutto questo fino alla prossima rilevazione: fiato sospeso e… sollievo per vedere che non ci siamo.

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