Se si arriva a pensare che dopo lo spettacolare scontro dialettico in cui DDV ha letteralmente stracciato il nostro Presidente del Consiglio, per danneggiarci stasera ci abbiano mandato apposta Rosetti, beh allora si chiude con il calcio e ci occupiamo di altro.
Non ci credo anche perché questa designazione mi ricorda tanto quella di Dondarini contro il Chievo nello scorso campionato dopo i fattacci di Genova.
E non mi sembra che a Verona sia poi andata così male…
Ma ve lo immaginate cosa succederebbe se Rosetti, dopo le nefandezze di Roma di cui ha parlato tutta l’Europa calcistica, ci danneggiasse di nuovo?
Magari stasera a mezzanotte scriverò di essermi sbagliato, ma proprio non ci credo.
Resta invece sullo sfondo lo scontro tra Della Valle e Berlusconi: deve essere il destino dei padroni della Fiorentina quello di litigare con chi comanda, nella politica e nel calcio.
Ci faremo ancora del male?
Quando sentivo DDV sparare bordate ad alzo zero contro il Governatore Fazio, allora sostenuto da tutta la maggioranza e buona parte dell’opposizione, pensavo, ricordandomi della sacralità della sua figura: “ma non starà esagerando? Non cercheranno di farlo fuori?”.
Alla fine ha avuto ragione lui, e quel gruppo ci imprenditori cinquantenni (avete notato che Montezemolo ancora non ha detto una parola sull’argomento?…) che si sono messi in testa di rovesciare il sistema del potere economico in Italia.
Che Berlusconi gliel’abbia giurata, dopo la figura miserrima rimediata lunedì sera, è certo.
Che ci riesca davvero a vendicarsi, un po’ meno.

Due uscite strepitose a proposito di quello di cui abbiamo parlato nei giorni scorsi.
La prima, volontariamente comica, è di Gene Gnocchi e riguarda i famigerati “furbetti del quartierino”, quelli che prendevano i soldi dai conti correnti dei clienti defunti e che addebitavano a tutti spese inesistenti per continuare a rubare.
“Sapete che Fiorani voleva lanciare per la BPI un nuovo prodotto bancario: il conto arance…”
La seconda, involontaria, è stata recitata davanti alle telecamere da un convinto Delio Rossi che mirava a difendere il povero Di Canio (una buona notizia finalmente, lo hanno squalificato per una giornata, così domani sera potrà rileggersi in santa pace il Mein Kampf).
“Via, non esageriamo, non si può mica fare di ogni erba un fascio…”
Impagabile.

Da trent’anni discutiamo sui numeri dieci viola, amandoli e rimpiangendoli.
Solo su tre eravamo tutti d’accordo: Bonomi, Maspero e Nakata.
Eravamo tutti d’accordo che se ne andassero via alla svelta perché quella maglia, almeno per noi quarantenni, ha un fascino particolare.
Fiore è un ritorno al passato, al quel gusto del bello che tanto piace ai fiorentini, ma ce lo possiamo permettere?
Io direi di sì, ma lo dico di istinto, senza stare a fare troppe speculazioni tattiche su come dovrebbe o potrebbe giocare la Fiorentina.
Dico di sì perché è l’unico insieme a Toni a regalarmi mentre faccio la radiocronaca il gusto dell’imprevedibilità.
Da Fiore ti aspetti sempre qualcosa di importante, e se proprio non arriva niente (vedi Milano e due volte Roma) ti porti dentro l’amarezza dell’amante respinto, del tradimento sentimentale.
Insopportabile.
In verità ci sarebbe pure Bojinov, ma bisognerebbe che andassi a vedere le partitelle del giovedì per godere di un suo colpo ad effetto.
Tanto per essere chiari, tra Rivera e Mazzola io avrei sempre fatto giocare Rivera, così come tra Fiore e, tanto per dire, Pazienza non avrei dubbi su chi mettere in campo.
Poi però ci sono gli equilibri, le esigenze tattiche, le diagonali e le coperture, insomma tutte quelle cose che Prandelli conosce benissimo e che ci fanno stare felicemente al quarto posto in classifica (comunque con Fiore, che è sempre partito titolare).
E allora il dibattito è aperto: lo cogliamo o non questo Fiore?
Se il Valencia ci fa un bel po’ di sconto sui 3,5 milioni di Euro fissati per il suo cartellino, io non avrei dubbi.

Pochi pensieri in ordine sparso tra la radiocronaca e Golden Gol.
Grande delusione per il risultato, ma ottima partita per come abbiamo gestito il pallone nella ripresa.
La Fiorentina ha un’anima, gioca più o meno nello stesso modo in casa e in trasferta e soprattutto si vede la mano dell’allenatore.
Un grande allenatore.
La squadra viaggia palla a terra, triangola, tutti sanno cosa devono fare e se poi sbagliano nell’esecuzione è un altro discorso.
Ora siamo quarti, ma abbiamo fatto già il migliore acquisto per il 2005/2006: Cesare Prandelli.

Diciamocelo piano tra noi, ma se oggi pomeriggio vinciamo siamo ad otto punti dalla Juve.
D’accordo, sempre un’enormità, però è bello lo stesso pensarci.
Ti fa sentire in una situazione che solo ad immaginarla sette mesi fa ti portavano via di peso verso la neurodeliri.
Nell’augurabile caso che tutto questo accada, mi piacerebbe leggere cosa scrive un giornale.
Lo stesso che ieri, per raccontare delle grandi rimonte dello sport avvenute nel passato (Troeni, Mennea, Cipollini, Vezzali) metteva nel ruolo di inseguitrice sempre e soltanto l’Inter.
Come se la Fiorentina non avesse gli stessi punti di Mancini.
E pensare che i Della Valle sono pure azionisti di riferimento di quel giornale…

E’ uno dei nostri rari casi di ingratitudine e non ho mai capito il perché.
Ad un certo punto della passata stagione un po’ di gente, anche fra i giornalisti, si mise in testa che Riganò gli stava sulle scatole e si mise a contestarlo.
In verità qualcosa c’era stato pure l’anno precedente, ma poi lui cominciò a segnare come in C2 e allora tutti zitti.
In serie A è stato più facile contestarlo perché certamente Riganò, al di là di una mia ottimistica e strampalata previsione, non è Toni, e forse non arriva neanche a Bonazzoli, ma non è questo il discorso.
Perché una parte di Firenze, che in passato ha adottato gente molto più scarsa tecnicamente di Riganò (Tendi, Dertycia e se avesse continuato perfino Aguirre), se l’è presa con questo lungagnone di Lipari, che non ha mai negato a nessuno la propria disponibilità?
L’unico errore commesso, più dal procuratore Giuffrè (poi ripudiato), fu quello di mettersi a parlare del suo ingaggio al termine del campionato di C2, con ancora davanti due anni di contratto.
Non piacque per nulla ai Della Valle e ancora meno al popolo viola, stremato un anno prima dal vergognoso comportamento tenuto dai mercenari della stagione 2001/2002.
Riganò sbagliò i tempi, ma per il resto che diavolo avrà mai fatto a quelli della Maratona che lo fischiavano?
Mistero.
E che dire di chi andava agli allenamenti e gli urlava di dimagrire?
Se Di Livio resta il simbolo della rinascita, lui è l’uomo che ha reso concreto il progetto di avvicinamento alla nostra serie di competenza.
Senza i suoi gol avremmo sofferto molto di più e se invece di Riganò fosse arrivato Caccia magari sarebbero state contente le ragazze, ma poi chi avrebbe segnato?
Ecco perché ogni volta che lo incontro sono leggermente imbarazzato: è come se mi sentissi un po’ in debito con lui.
Forse, incontentabili come siamo, pretendevamo di più.
Però Riganò ci ha dato molto, certamente tutto quello che aveva dentro.

Se non ho capito male, funzionava così: il rispettato e potente capo di una banca (molto intimo di colui che ne avrebbe dovuto controllare le mosse) informava in gran segreto gli amici che nel giro di pochi giorni avrebbe dato il via alla scalata di un’altra banca, ovviamente senza avere i soldi per farlo.
Gli amici compravano immediatamente per se’ e per lui le azioni della seconda banca, quella da scalare, e si arricchivano mostruosamente perché una volta lanciata l’Opa i titoli schizzavano in alto e poco prima che venisse scoperto il bluff della scalata vendevano tutto, a piccole ondate.
In alternativa, sempre per arricchirsi, una bella aggiunta a debito di trenta Euro ad un milione di ignari correntisti.
Facile, troppo facile, ma la domanda che mi faccio quando leggo storie come Cirio, Parmalat, BPI, è un’altra: come è possibile che uno non si accontenti?
Voglio dire, hai rubato per cinque milioni di Euro e non ti basta?
Lungi da me la tentazione di moraleggiare, perché a tutti piace viaggiare in Bmw piuttosto che in Skoda, andare negli alberghi a quattro stelle invece che in tenda, ma santo cielo, se proprio non hai regole interiori, almeno accontentati.
Con i primi cinque milioni di Euro che hai rubato alla collettività, puoi vivere con duecentomila Euro l’anno netti senza fare nulla dalla mattina alla sera, e allora datti una regolata.
No, niente, quelli continuavano: trenta milioni da una parte, settanta dall’altra, ma per farsene cosa?
Dove li mettevano? Cosa diavolo compravano dopo la villona in Costa Azzurra, lo yacht e l’aereo personale?
Se quei soldi non sono il frutto del tuo lavoro, ma delle furbate delinquenziali figlie della tua posizione di potere non ti viene il dubbio che prima o poi ti becchino e ti facciano (finalmente) pagare il conto?
No, niente, quelli continuavano.
Con efferatezza ed ingordigia.
La stessa che ho visto in alcuni campioni stranieri di calcio, che pur avendo una quarantina di miliardi delle vecchie lire in banca, andavano a rivendersi gli orologi avuti in regalo dai tifosi pur di monetizzare la loro partecipazione alla festa del club.
Poveracci.

Toni debordante, in campo e fuori.
Così accade che se non segna per due partite già si comincia a gonfiare il caso.
A me pare che questo splendido attaccante e ottimo ragazzo lo si stia spremendo un po’ troppo.
Duetta con Fiorello, va alla Domenica Sportiva (o a Controcampo, non ricordo bene, ma non fa differenza), scherza con Gilardino alle Iene, è in lizza per i Telegatti (Telegatti!?!), appare su Famiglia Cristiana, sui settimanali da parrucchiere si intervista la sua splendida fidanzata, ogni dieci giorni esterna in sala stampa, lo si vede seduto in bagno mentre stacca la carta igienica nello spot di Sky, la sua faccia campeggia sopra le scarpe da calcio più famose del mondo, viene tirato in ballo polemicamente da Cosmi, Capello e perfino da Cottafava: e che diamine, ma un po’ di stacco no?
Senza contare la trovata molto discutibile per cui si possa parlare con lui pagando un tot al minuto.
Pare che l’iniziativa non sia decollata.
Meno male perché non mi sembrava una gran pensata: per Toni che risponde e per chi spende soldi, restando magari parecchio in attesa.
L”uomo ha spalle grosse per sopportare un successo trovato a 28 anni, però non si deve esagerare e sarà bene ricordare che anche Nostro Signore si prese un giorno alla settimana per riposare.
Lasciamolo un po’ in pace Toni, non facciamo processi nell’infausto caso di digiuno nelle prossime due partite e soprattutto ricordiamoci che uno così erano sei anni che non si vedeva a Firenze.

“Dovrei essere matto per dire cose del genere nei confronti di uno come Paolo e della tifoseria. Con me si son sempre comportati bene. Sono arrabbiato per l’intervista: non è assolutamente vera e denuncerò gli autori”.
Secondo Dabo, i francesi ce l’hanno con la Lazio e con Di Canio e avrebbero voluto montare un caso. Per lui Di Canio potrebbe addirittura fare il capitano della Lazio: “Io sarei d’accordo a dargli la fascia contro la Juve. Quello da convincere sarebbe Paolo”.
Che serata! E hanno pure assolto Giraudo e Agricola, quindi Juve pulita.
Meno male che sono appena tornato dalla festa della Fiorentina, dove si respiravano refoli di aria pulita.
Comunque per me Dabo quelle cose le ha dette.
E se non le ha dette, le pensa.
E se non le pensa, che accompagni pure il camerata Di Canio alle prossime adunate in piazza Venezia.

Sì, compriamo Ousmane Dabo, non tanto per il suo valore di centrocampista (oddio, mica ci scomoderebbe), ma per aver detto a France Soir quello che tutte le persone dotate di normale intelligenza pensano di Paolo Di Canio.
L’eccezionalità è che Dabo è un compagno di squadra di Di Canio.
Ecco in sintesi le sue dichiarazioni.
“Non gli parlo più e faccio bene. Devo dire che mi sono rotto le p… di giocare con uno come lui. Ne ho abbastanza di questi fascisti. Sono una minoranza tra i tifosi della Lazio, non più di due o tremila (a me veramente sembrano un’enormità…), ma sono i più in vista. Io non vado mai a salutarli, non li considero neppure.
La cosa peggiore è che scandiscono canti in mio onore e questo prova quanto siano stupidi. E’ sconcertante che Di Canio faccia pure il simpatico con noi, giocatori di colore.
Mi ha anche invitato a casa sua (forse per mostrargli la collezione delle sculture di Mussolini?) e questo mi mette in difficoltà perché non so più cosa pensare”.
Lo invitiamo noi a cena Dabo, purché continui a dire quello che pensa.
Di più: chiederemo appunto a Della Valle di comprarlo a gennaio, purché oggi o nei prossimi giorni non smentisca tutto.
In quel caso, lo rimandiamo a Roma con il foglio di via.
Anzi no. Per far contento il suo attuale capitano, lo spediamo direttamente al confino a Ventotene, come accadeva nei favolosi (per Di Canio) anni trenta.

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