Io così a Torino, al Delle Alpi, non li avevo mai visti giocare.
Neanche il giorno della maledetta rimonta della Juve, neanche quando ci fu l’ottimo pareggio della banda Terim, nel 2000.
Voglio dire giocare bene così a lungo, in un tratto di partita che, ha ragione Brocchi, possiamo classificare intorno ai sessanta minuti.
Juve cotta? Può darsi, ma a me interessa che sia viva la Fiorentina e ad un certo punto mi sono sorpreso a pensare che era come la partita con la Roma della settimana prima, solo che stavolta eravamo noi la Roma.
Jimenez scintillante (nonostante la maledizione del rigore) per un’ora, Fiore per un po’ meno e però con più esperienza, ma il migliore in assoluto è stato Jorgensen, che ha fatto a pezzi per ottanta minuti Zambrotta.
Su Bojinov facciamo così: quella di Torino non era una chiamata, ma solo un amichevole invito a partecipare, perché non è possibile giudicare un giocatore in un quarto d’ora.
Continuiamo a godercela in questa volata infinita e credo che a Roma, nonostante il punto di vantaggio, adesso siano un po’ meno sereni della scorsa settimana.

Sì, Bojinov ultima chiamata, per questa stagione naturalmente.
E però sarebbe triste archiviare uno dei campionati più belli della Fiorentina insieme alla sua annata così tendente al grigio scuro.
Non so cosa gli sia successo dopo Parma, quando eravamo quasi a tapparci le orecchie per paura di rimanere assordati dall’esplosione del suo talento.
Imvece ha fatto come quei petardi di Capodanno: molti luccichii e nessun botto.
Per questo penso che, se dovesse giocare contro la Juve, questa sarebbe la sua ultima occasione importante in campionato per lasciare un segno.
E poi basta con questa storia dei vent’anni.
Perché è vero che li ha e sono pochi, ma è altrettanto certo che da almeno diciotto mesi è… Bojinov, con tutto il carico (enorme) di responsabilità che si porta dietro e dentro.
Voglio dire che sono le esperienze a maturare più o meno in fretta e Valeri in questo senso non è più da tempo un ragazzino.
Ci faccia quindi vedere nell’occasione più difficile e più prestigiosa che non si è perso, che quel diamante puro che è il suo talento non va ad intermittenza, ma brilla quanto basta a sfatare il tabù del Delle Alpi.

Dopo aver visto Adriano ed Ibrahimovic, non lamentiamoci troppo del rendimento alterno di Bojinov o di Fiore.
Dopo aver sentito i fischi alla Juve che sta per vincere lo scudetto, non lamentiamoci troppo se per caso siamo arrabbiati per il quinto posto e mugugniamo per il pareggio di domenica scorsa.
Dopo aver visto ciò che (non) ha combinato Mancini con quella montagna di milioni di euro tradotti in giocatori a sua disposizione, non lamentiamoci troppo se Prandelli a volte (poche) non azzecca la formazione o le sostituzioni.
Dopo il silenzio stampa imposto alla Juve da Moggi, noi giornalisti di Firenze non lamentiamoci troppo se non ci danno il giocatore che chiediamo per l’esclusiva.
Dopo il livello toccato dal dibattito politico nelle ultime due settimane, noi che seguiamo lo sport non lamentiamoci troppo della dialettica in atto tra le parti.
Ma se perdiamo un’altra volta a Torino, non solo ci lamenteremo, ma stavolta ci arrabbieremo di brutto.

Non mi ricordo di una settimana che precedesse la gara con la Juve in cui si parlasse così poco di questa partia, che è poi (almeno per me) sentimentalmente la più importante del campionato.
Potrebbe anche essere un buon segno, nel senso che siamo troppo concentrati nella volata Champions per farci distrarre dalle cosiddette ragioni del cuore.
Per adesso, Pentasport compreso, nell’aria c’è più Roma che Juve.
Forse cominceremo a pensarci di più da questa sera, davanti alla televisione, non sapendo se tifare per loro o per l’Arsenal, per via dell’appagamento che potrebbero avere domenica sera dopo unimpresa storica.
Di certo speriamo nei supplementari, anche se poi contro di noi recupereranno certamente gli squalificati Vieira, Camoranesi, Zebina e forse rientrerà pure Del Piero.
Sono molto curioso di vedere come schiererà la squadra Prandelli, ma c’è ancora un po’ di tempo per parlarne.

Ero a coordinare il lavoro di redazione di Canale Dieci quando ci furono le ultime elezioni politiche e ricordo ancora che al momento della vittoria di Berlusconi dissi al povero Paolo Fanetti: “qui bisogna andare via dall’Italia…”.
Cinque anni dopo dico: “nonostante tutto, siamo sopravvissuti, però a che prezzo…”.
Ho sempre votato a sinistra, ma non è questo il punto, perché un uomo come Gianfranco Fini, ad esempio, a me piace molto, così come considero Casini e Tremonti persone serie, da cui comprerei certamente un auto usata.
Il fatto è che dodici anni di Berlusconi hanno creato in Italia una spaccatura impensabile negli anni della mia formazione culturale, cioè gli anni settanta.
Qui non si dialoga più, non esiste più l’avversario politico, ormai chi non la pensa come te è il nemico.
Non che la sinistra sia estranea a tutto questo, ha demonizzato in tutte le salse Berlusconi, facendolo spesso sembrare un martire.
Certi numeri dell’Espresso sul proprietario di Mediaset erano così monocordi da far sembrare attraenti le tesi congressuali del Partito Comunista negli anni di Berlinguer.
E voglio anche togliermi un rospo che ho dentro: trovo scorretto da parte della sinistra candidare magistrati che hanno avuto rilevanza nella vita politica di questo Paese.
Vedere ad esempio Gerardo D’Ambrosio nelle liste dell’Ulivo (così come a suo tempo Violante), mi fa venire il dubbio che tanto imparziale da magistrato non doveva essere, quando decise di recapitare a Berlusconi l’avviso di garanzia nel 1994, durante la vetrina mondiale di Napoli.
Ma Berlusconi ha davvero spaccato in due l’Italia, che per lui si divide in adoratori personali e in nipotini di Stalin, quando perfino negli anni della guerra fredda tra URSS e Stati Uniti Togliatti e De Gasperi parlavano tra loro molto più di quanto non facciano ora il Cavalieri e Prodi (o D’Alema, tanto per far contento il fondatore di Forza Italia, che lo considera il vero capo della sinistra).
In dodici anni non è stata creata in Forza Italia una classe politica vera, che prescinda dal carisma e dagli interessi del Capo supremo e non è un caso che una persona seria con le idee chiare come Paolo Marcheschi per l’ennesima volta non sia stato preso in considerazione per un seggio in Parlamento.
Nella destra solo in Alleanza Nazionale e nelle menti più illuminate dell’UDC (Follini, Tabacci, Casini) si vedono dirigenti che pensano alla politica come interesse generale e non come strumento di potere o scorciatoia di interessi personali.
E la sinistra? Casinista ed autolesionista come sempre, così autolesionista che a forza di dire cosa farà nel momento in cui andrà al potere alla fine potrebbe anche riuscire nella memorabile impresa di perdere pure queste elezioni.
Ma se (come spero) le dovesse vincere, che spieghi subito a Bertinotti dove può arrivare con le sue scellerate utopie, che hanno già rovinato il quinquiennio dal 1996 al 2001.
La presenza nell’Ulivo del Parolaio Rosso (come lo chiama Giampaolo Pansa) è una di quelle cose che per qualche giorno mi ha fatto vacillare sulla mia decisione di dare il voto a sinistra, ma poi, un po’ turandomi il naso alla Montanelli, ho preferito tenere duro.
E adesso il dibattito è aperto: siate per cortesia costruttivi e non offensivi con la controparte.
Essendo una persona in qualche modo conosciuta ho ritenuto opportuno e corretto esprimere sinceramente qui insieme a voi il mio pensiero.

Giocano bene, a tratti benissimo, e meno male che non hanno una punta.
Noi invece sembriamo un po’ quei ciclisti che barcollano sulla sella in vista dell’ultimo chilometro e hanno sulle spalle una fuga lunghissima ed inaspettata.
Noi però la punta ce l’abbiamo, anzi ne abbiamo tre, più Jimenez, che alla fine è il miglior acquisto di gennaio.
Sarà dura, ma non è detto che arrivi quarta la Roma: il calcio ed il caldo regalano sorprese inaspettate.
Commovente Donadel nel secondo tempo, in affanno Brocchi dopo una stagione entusiasmante, in ribasso Jorgensen, stabile tendente al bello Fiore, preoccupante Bojinov.
Abbiamo recuperato Lobont, che ha dato una gran risposta a chi (come me e forse gran parte di voi) credeva poco in lui all’indomani delle disavventure di Milano.
Molto bello il momento di raccoglimento per ricordare Tommy e gli striscioni delle due tifoserie, con una vistosa eccezione, che, spiace dirlo, era di colore viola.
Il Granducato di Toscana è stato tra i primi al mondo ad abolire la pena di morte e non era proprio il caso di invocarne il ripristino, pur mantenendo inalterata la mia rabbia ed il mio sgomento per quello che è successo a Parma.

No, niente pena di morte per chi ha ammazzato il piccolo Tommaso Onofri.
Siamo un Paese civile, e che diamine.
Niente esecuzioni, ma un processo serio che offra agli imputati tutte le garanzie previste dalla Costituzione.
E poi niente cella di isolamento per loro, e perchè mai dovrebbero essere isolati?
Mettiamoli invece con i detenuti comuni e poi aspettiamo di sapere cosa succede…
BASTARDI!!!

P.S. Forse non vi è chiaro che tra chi è in carcere esiste un codice d’onore che classifica all’ultimo posto del genere umano chi fa del male a dei bambini.
Per questo ho detto di mettere Alessi (che due giorni fa si è fatto intervistare da Cucuzza, ma ci pensate a che livello di aberrazione si può arrivare…) e la sua banda insieme agli altri detenuti: forse passerebbe loro l’insofferenza verso le urla di un bimbo di diciotto mesi (perché pare sia stata questa la causa della morte di Tommy)

Sento addosso l’aria della grande partita ed è la prima volta che mi succede se a Firenze non arriva la Juve o il Milan (meno l’Inter, forse perché loro tra le grandisembrano Paperino tra Gastone e Zio Paperone).
Insomma, mi ritrovo a pensare a possibili azioni di gioco, a cercare di percepire chi potrebbe essere l’uomo decisivo, salvo poi sbagliare tutto come accadde con Di Loreto prima della sfida con i bianconeri.
Per questo, tranquilli, non ci riprovo
Forse non ci siamo resi conto troppo bene di dove siamo arrivati, di corsa, partendo da una quasi retrocessione, perché questo è stato il salto più grande dall’avvento dei Della Valle.
In fondo tornare in A era un atto dovuto, giocarci la Champions a quaranta giorni dalla fine del campionato è invece un sogno.
Non vedo l’ora che la partita cominci…

Si gioca tra poche ore e ce ne siamo quasi dimenticati: che tristezza non godersi quasi per niente una vigilia da Champions come questa.
Sono molto curioso di vedere cosa si inventeranno Prandelli e Spalletti, perché qualcosa si inventeranno di sicuro, probabilmente a centrocampo, dove non sono così certo (è una sensazione a pelle, niente di più) che Montolivo debba per forza lasciare il posto.
In attacco, diciamo la verità, abbiamo tutti una gran voglia di vedere ancora Jimenez, soprattutto dopo quella “giochessa” di San Siro che ha costretto all’ammonizione Nesta.
Su Lobont invece mi sembra che l’atteggiamento generale a cinque giorni dagli errori di Milano fluttui tra una fiducia trascendentale in Corvino e la speranza che tirino in porta il meno possibile, e comunque mi è sembrato molto debole il partito pro-Berti.
La Roma gioca in questo momento e da tre mesi il miglior calcio della serie A, è giusto riconoscerlo, ma la gara è aperta.
Basta non aver paura.

Chiama per un collegamento Radio Radio, splendida emittente leader di ascolto nel Centro Italia, e sparo subito l’infamia di quanto scritto sul sito dei sedicenti fans romanisti di Chierico (che penso non sappia niente) a proposito della signora Prandelli.
Sbigottimento nell’etere, stigmatizzazione di tutto con inevitabile pistolotto di quello che dice che certe cose sarebbe meglio non dirle.
Vabbeh, fin qui niente di nuovo.
Poi, a sorpresa,l’ intervento di Spadino, capo ultrà della Curva Sud.
Ce l’ha con Passarella per quello che aveva affermato a proposito dell’invito a restare a casa se uno non ha il biglietto e con la decisione della Fiorentina di offrire l’accoppiata Ascoli e Roma.
Gli rispondo pacatamente, ma con durezza, e viene fuori un dialogo tra persone civili, tanto che al quinto minuto di conversazione mi si accende la lampadina: bisogna farlo parlare con Sartoni.
E la sera al Pentasport, grazie anche e soprattutto ad un Bardazzi in forma straordinaria, vengono fuori venti minuti di grande radio.
Inaspettati e per questo ancora più belli.
E allora ribadisco il concetto: un passo indietro tutti, tolleranza zero da parte delle forze dell’ordine e tolleranza mille tra chi è di sponda calcistica opposta ma non si è ancora bevuto il cervello o non ha secondi fini (leggi politica o creare ad arte il caos per ricattare la propria società).

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