Ero a coordinare il lavoro di redazione di Canale Dieci quando ci furono le ultime elezioni politiche e ricordo ancora che al momento della vittoria di Berlusconi dissi al povero Paolo Fanetti: “qui bisogna andare via dall’Italia…”.
Cinque anni dopo dico: “nonostante tutto, siamo sopravvissuti, però a che prezzo…”.
Ho sempre votato a sinistra, ma non è questo il punto, perché un uomo come Gianfranco Fini, ad esempio, a me piace molto, così come considero Casini e Tremonti persone serie, da cui comprerei certamente un auto usata.
Il fatto è che dodici anni di Berlusconi hanno creato in Italia una spaccatura impensabile negli anni della mia formazione culturale, cioè gli anni settanta.
Qui non si dialoga più, non esiste più l’avversario politico, ormai chi non la pensa come te è il nemico.
Non che la sinistra sia estranea a tutto questo, ha demonizzato in tutte le salse Berlusconi, facendolo spesso sembrare un martire.
Certi numeri dell’Espresso sul proprietario di Mediaset erano così monocordi da far sembrare attraenti le tesi congressuali del Partito Comunista negli anni di Berlinguer.
E voglio anche togliermi un rospo che ho dentro: trovo scorretto da parte della sinistra candidare magistrati che hanno avuto rilevanza nella vita politica di questo Paese.
Vedere ad esempio Gerardo D’Ambrosio nelle liste dell’Ulivo (così come a suo tempo Violante), mi fa venire il dubbio che tanto imparziale da magistrato non doveva essere, quando decise di recapitare a Berlusconi l’avviso di garanzia nel 1994, durante la vetrina mondiale di Napoli.
Ma Berlusconi ha davvero spaccato in due l’Italia, che per lui si divide in adoratori personali e in nipotini di Stalin, quando perfino negli anni della guerra fredda tra URSS e Stati Uniti Togliatti e De Gasperi parlavano tra loro molto più di quanto non facciano ora il Cavalieri e Prodi (o D’Alema, tanto per far contento il fondatore di Forza Italia, che lo considera il vero capo della sinistra).
In dodici anni non è stata creata in Forza Italia una classe politica vera, che prescinda dal carisma e dagli interessi del Capo supremo e non è un caso che una persona seria con le idee chiare come Paolo Marcheschi per l’ennesima volta non sia stato preso in considerazione per un seggio in Parlamento.
Nella destra solo in Alleanza Nazionale e nelle menti più illuminate dell’UDC (Follini, Tabacci, Casini) si vedono dirigenti che pensano alla politica come interesse generale e non come strumento di potere o scorciatoia di interessi personali.
E la sinistra? Casinista ed autolesionista come sempre, così autolesionista che a forza di dire cosa farà nel momento in cui andrà al potere alla fine potrebbe anche riuscire nella memorabile impresa di perdere pure queste elezioni.
Ma se (come spero) le dovesse vincere, che spieghi subito a Bertinotti dove può arrivare con le sue scellerate utopie, che hanno già rovinato il quinquiennio dal 1996 al 2001.
La presenza nell’Ulivo del Parolaio Rosso (come lo chiama Giampaolo Pansa) è una di quelle cose che per qualche giorno mi ha fatto vacillare sulla mia decisione di dare il voto a sinistra, ma poi, un po’ turandomi il naso alla Montanelli, ho preferito tenere duro.
E adesso il dibattito è aperto: siate per cortesia costruttivi e non offensivi con la controparte.
Essendo una persona in qualche modo conosciuta ho ritenuto opportuno e corretto esprimere sinceramente qui insieme a voi il mio pensiero.