Racconto solo oggi, a distanza di quasi quattro anni, e dunque con colpevole ritardo, una cosuccia da niente che accadde nell’anno della C2.
Organizzano una partita al Franchi “per la Fiorentina e per Firenze” ed un tizio che fa parte dello staff mi chiede a nome del popolo viola se Radio Blu vuole essere tra gli sponsor.
E’ uno di quelli piuttosto spicci nei modi, fascista nella testa e nell’agire che un anno dopo avrebbe rotto i rapporti con me perché secondo lui non avrei dovuto intervistare Adriano Sofri.
Insomma, uno preoccupante a trovarselo davanti come avversario.
Si trattava di avere il nostro nome ripetuto cinque volte dallo speaker e forse, se avessero fatto in tempo, di mettere uno striscione a bordo campo.
Costo dell’operazione, 400 Euro: una follia per quello che offrivano.
Il tizio preoccupante mi fa capire che “politicamente” per la radio è meglio esserci, perché “quegli altri” ci sono, e così io tiro fuori di tasca mia i 400 Euro (se avessi proposto una cosa del genere a Rinaldo, mi avrebbe inseguito col forcone…).
Naturalmente lo striscione non è mai arrivato, allo stadio ci saranno state al massimo mille persone e non so nemmeno se Radio Blu è stata nominata dallo speaker.
Era una specie di pizzo quello per vivere più tranquillo?
Penso proprio di sì, anche perché, la “proposta che non potevo rifiutare” arrivava neanche due anni dopo i sei mesi di inferno vissuti causa della diatriba Sconcerti-Antognoni, delle lettere anonime, degli striscioni e delle minacce.
Nei primi tempi dell’era Della Valle, il tizio dai modi spicci era solito frequentare le segrete stanze del palazzo viola.
Poi la Fiorentina è cresciuta come società, devono aver capito e adesso, fortuna, se ne sono un po’ perse le tracce.
Questo è solo un piccolo episodio, ma chissà quanta altra gente in Italia (a Firenze, va meno peggio che da altre parti) ha dovuto subire in giro per l’Italia la prepotenza di chi ha deciso di essere l’unico vero custode del tifo.
Hanno fatto una statistica: pare siano 80.000 i teppisti o potenziali tali, o comunque i fiancheggiatori di questi delinquenti.
Una cifra enorme, ne basterebbero molti meno per un colpo di Stato.
Sono loro e non Amato, la Melandri o Pancalli che ci hanno tolto il gusto del calcio.
Pensateci nella vostra legittima arrabbiatura quando domenica pomeriggio, invece di essere al Franchi, vi toccherà stare davanti alla televisione o attaccati alla radio per ascoltare quel bischero del Guetta.

DEVO UNA SPIEGAZIONE A PROPOSITO DEL TERMINE FASCISTA CHE HO USATO NEL POST.
SI PUO’ ESSERE FASCISTA ANCHE VOTANDO A SINISTRA, BASTA PENSARE DI VIVERE DI PREPOTENZA, USANDO LA FORZA, NON LASCIANDO SPAZIO AL PENSIERO E ALLA LIBERTA’ ALTRUI.
QUESTO E’ QUELLO CHE INTENDEVO DIRE A PROPOSITO DEL TIZIO IN QUESTIONE E DI TUTTI QUELLI CHE IL CERVELLO LO AZIONANO A MOMENTI ALTERNI E SOLO PER ESERCITARE, APPUNTO, LA PROPRIA PREPOTENZA.
SCUSATEMI ANCORA SE NON RISPONDO AI POST, MA HO LETTO TUTTO.
DA FIN SETTIMANA RIPARTIAMO COL DIALOGO,
David

Vi devo una spiegazione: in questi giorni riesco a malapena a moderare i commenti, sfrondarli dalle parolacce e minacce e metterli nel blog.
Siete in quasi duemila0gni giorno a vedere quello che c’è scritto e mi piange il cuore non poter rispondere a chi mi chiede commenti o contesta alcune mie affermazioni, ma, credetemi, non riesco proprio a riparare a tutto ed entro un paio di settimane vi spiegherò il perché.
Quindi scusatemi e magari continuate a dialogare tra voi, io cercherò di dare il mio contributo la mattina presto o la sera tardi.
Un abbraccio a tutti e… grazie della fiducia.

Raramente ho visto Eugenio Giani arrabbiato come in questi giorni.
Lui, la diplomazia fatta persona, ha abbassato notevolmente la propria soglia di intolleranza.
C’è da capirlo perché gli si sta rovesciando il mondo addosso. Tutti a tirarlo per la giacca, per sapere quando lo stadio sarà a norma.
Ora, può darsi che l’amministrazione comunale sia pure incappata in qualche lungaggine burocratica e che quindi abbia delle colpe, ma gli argomenti di Giani non mi sembrano peregrini.
C’era un ordine prefettizio che permetteva di andare avanti fino a giugno e per la creazione di ciò che ancora manca (la centrale operativa emersa da terra, la gabbia e i tornelli) è necessario indire un bando perché qui si amministra la cosa pubblica e non una società privata.
Comunque sia, la vedo buia perché dal Viminale tira un’aria di intransigenza e Amato si batterà fino all’ultimo per evitare deroghe che provocherebbero inevitabilmente le proteste degli esclusi.
Spero tanto di sbagliare, ma temo che dovremo prepararci alla prima volta del Franchi deserto.

Qualcuno sta cominciando a capire che stanno facendo sul serio.
Non si schierano infatti i ministri dell’interno, della giustizia e dello sport (a proposito: complimenti alla Melandri, che sorride grintosa alle tv nazionali e ignora altezzosa le domande del nostro Biagiotti, unico inviato fiorentino a Palazzo Chigi) per proporre pannicelli caldi che poi lasciano tutto com’è.
Eppure c’è qualcosa che non convince.
Giocare domenica prossima metà campionato col pubblico e metà a porte chiuse ha poco senso e davvero penalizza chi non ha colpe, cioè la stragrande maggioranza dei tifosi ostaggio degli 80.000 tra teppisti e fiancheggiatori sparsi in tuuta Italia.
Forse è meglio dare una settimana in più a società e Comuni per adeguare gli stadi e ripartire quindi tutti alla pari.
E chi non ce la fa per i più svariati motivi, e a Firenze la vedo dura per motivi strettamente logistici, ma non sono un architetto, pagherà le conseguenze in termini economici, restituendo i soldi dei biglietti o dell’abbonamento.

GIORNATA DI QUELLE IN CUI SI FRULLA COME MATTI (ABBIAMO UNA SORPRESA IN SERBO…) DOMANI RISPONDO A TUTTI,
David

Non si diventa uno dei due/tre magistrati più importanti ed influenti d’Italia se non si ha una profonda conoscenza degli uomini e delle loro debolezze.
Per questo ieri sera a Golden Gol non ho resistito alla tentazione e ho domandato fuori onda a Pier Luigi Vigna se davvero Luca Pancalli fosse l’uomo giusto per tentare di tirarci fuori da questo guazzabuglio di violenza e buoni propositi in cui siamo precipitati da venerdì sera.
Rassicurato dalla sua risposta positiva, gli ho quindi riproposto il quesito in diretta e credo sia stato un momento importante della trasmissione.
A me pare che Pancalli goda di un rispetto che era (giustamente) venuto meno in tutti i sensi con Carraro e Matarrese, mentre con Rossi in tanti abbiamo preso una terribile cantonata, fidandoci della sua abilità nel precedente lavoro che svolgeva.
Ci ho ragionato un po’ sopra e sono arrivato a delle conclusioni politicamente scorrette: un uomo come Pancalli, che vede il mondo dal basso (o dall’alto, fate voi) di una sedia a rotelle e che questo mondo è riuscito a rovesciarlo, se ne frega degli interessi economici dei vari potentati.
Se ne strabatte degli eventuali danni delle televisioni, se le partite si giocano il mercoledì invece della domenica, o se gli incassi si dovessero azzerare in caso di gare a porte chiuse.
I sorrisini di circostanza che hanno accompagnato la sua nomina si sono trasformati in rispetto e, in alcuni casi, nel timore che qualcosa stia davvero cambiando.
Dopo la delusione di Rossi ci voglio andare molto cauto, ma intanto, se un uomo come Vigna la pensa come me, forse stavolta non la buttiamo di fuori.

Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte
coi poliziotti,
io simpatizzavo coi poliziotti!
Perché i poliziotti sono figli di poveri.
Vengono da periferie, contadine o urbane che siano.
Quanto a me, conosco assai bene
il loro modo di esser stati bambini e ragazzi,
le preziose mille lire, il padre rimasto ragazzo anche lui,
a causa della miseria, che non dà autorità.
La madre incallita come un facchino, o tenera,
per qualche malattia, come un uccellino;
i tanti fratelli, la casupola
tra gli orti con la salvia rossa (in terreni
altrui, lottizzati); i bassi
sulle cloache; o gli appartamenti nei grandi
caseggiati popolari, ecc. ecc.
E poi, guardateli come li vestono: come pagliacci,
con quella stoffa ruvida che puzza di rancio
fureria e popolo. Peggio di tutto, naturalmente,
e lo stato psicologico cui sono ridotti
(per una quarantina di mille lire al mese):
senza più sorriso,
senza più amicizia col mondo,
separati,
esclusi (in una esclusione che non ha uguali);
umiliati dalla perdita della qualità di uomini
per quella di poliziotti (l’essere odiati fa odiare).
Hanno vent’anni, la vostra età, cari e care.
Siamo ovviamente d’accordo contro l’istituzione della polizia.
Ma prendetevela contro la Magistratura, e vedrete!
I ragazzi poliziotti
che voi per sacro teppismo (di eletta tradizione
risorgimentale)
di figli di papà, avete bastonato,
appartengono all’altra classe sociale.
A Valle Giulia, ieri, si è cosi avuto un frammento
di lotta di classe: e voi, amici (benché dalla parte
della ragione) eravate i ricchi,
mentre i poliziotti (che erano dalla parte
del torto) erano i poveri. Bella vittoria, dunque,
la vostra! In questi casi,
ai poliziotti si danno i fiori, amici.

Pier Paolo Pasolini, 1968

Oltre a fermare il campionato è indispensabile la certezza della pena, il pugno duro della legge a costo di essere un po’ meno garantisti, almeno per un anno.
Poi vedete che gli passa alle teste rasate o no, a quelli con la svastica o con il simbolo di Fidel Castro che girano per gli stadi fregandosene del pallone.
Idranti in curva e poliziotti in grado di intervenire, non costretti a scappare di fronte ai teppisti.
Azione veramente preventiva verso chi (anche e soprattutto le società) è connivente con gli speculatori della passione altrui, cioè le bande dei sedicenti tifosi che con il calcio ci mangiano grazie alla vendita di biglietti omaggio o punti shop.
Che facciano i commercianti in piena regola, magari a prezzi migliori degli altri ma con tanto di licenza e con il rischio di impresa a loro carico.
Controllare chi rispetta davvero i DASPO, e chi non lo fa diritto in galera.
Per tutti un bel ripasso di storia e andare all’Inghilterra del giugno 1985, pochi giorni dopo l’ignobile massacro dell’Hysel.
Da lì loro sono ripartiti e se non ci proviamo davvero è la volta buona che finisce tutto.

ECCO I DEMENTI, MOLTO PENOSO SCOPRIRE CHE SONO TOSCANI
Alcune scritte, inneggianti alla morte di Filippo Raciti, il poliziotto ucciso ieri sera negli scontri avvenuti fuori dallo stadio Massimino di Catania, in occasione del derby di calcio con il Palermo, sono comparse a Livorno, sul muro della sede del quotidiano ‘Il Tirreno’. “Un altro Filippo Raciti”, “Morte allo sbirro”, sono due delle frasi scritte con la vernice spray sul muro del giornale livornese. Una terza frase recita “2-2-07, vendetta per Carlo Giuliani”, con evidente riferimento al giovane ucciso a Genova nel 2001, durante le manifestazioni anti G8. Le forze dell’ordine stanno indagando per cercare di scoprire gli autori di queste scritte

18:08 Lucarelli: “Scritte da condannare”
Il capitano del Livorno, Cristiano Lucarelli, condanna senza esitazione le scritte contro il poliziotto ucciso a Catania, comparse sui muri della città: “Si tratta del gesto di un singolo – afferma – che non rispecchia il sentimento comune dei livornesi. Ma resta comunque un gesto pienamente da condannare”.

Io lo capisco Pantaleo Corvino, proprio perché spesso commette gli stessi errori che commetto anch’io.
Ama visceralmente il proprio lavoro, ci mette dentro tutto se stesso, tanto da rischiare l’infarto (a proposito, ma non sarebbe il caso di mettersi un po’ a dieta, visti i carichi di stress che si porta dietro?) e qualche volta è portato all’intolleranza sul dissenso altrui.
Quando qualcuno mette in dubbio la sua buonafede o non gli riconosce i meriti che lui crede di avere (e ne ha moltissimi) o si inquieta o azzanna.
E così vengono fuori reazioni che dall’esterno possono sembrare esagerate, vedi la sparata di ieri contro (credo) La Nazione, in cui minacciava di parlare col direttore, che è poi un pessimo modo di rapportarsi alla nostra permalosissima categoria.
Sono le stesse sparate che ogni tanto (ora molto meno di un tempo, me lo dovete riconoscere) avete sentito dal sottoscritto al Pentasport, quando mi sembrava che qualcuno avesse commesso una scorrettezza o ce l’avesse con Radio Blu.
Spesso chi ascolta può pensare: ma questo chi si crede di essere? Oppure: ma ha perso il capo?
Io quindi lo capisco benissimo Pantaleo, ciò nonostante lo invito (senti un po’ da quale pulpito arriva la predica…) ad essere un po’ più indulgente col mondo e quindi alla fine anche con se stesso.
Lasci scorrere un po’ più le cose e selezioni le cose veramente importanti.
Magari un giorno andiamo a cena insieme (solo filetto e insalata, però) e ci sfoghiamo a vicenda.

Figuriamoci a nove ascoltatori su dieci del Pentasport quanto gliene importava della mia conversazione con Riccardo Nencini, Presidente del Consiglio Regionale toscano.
Oggetto della chiacchierata, gli scontri di Fiorentina-Livorno e l’appello mio e di Nencini a non farsi condizionare dai sobillatori di professione.
Meglio, molto meglio il duetto Cairo-Giovanni Galli o le interviste di Ceccarini.
Eppure questo del grillo parlante è un ruolo da interpretare con convinzione, qualcosa che si deve fare.
Penso infatti al decimo ascoltatore, quello che era un minimo interessato alle cose di cui parlavamo e forse qualcosa gli sarà entrato in testa.
A volte è meglio perdere un po’ di audience.

Siamo arrivati a quello che volevano gli stramaledetti che seminano odio nelle curve di tutta d’Italia e quindi anche a casa nostra: Fiorentina-Livorno e Livorno-Fiorentina saranno considerate partite a rischio.
Bel risultato, davvero.
La colpa è di tutti, pure nostra, che non abbiamo saputo fare niente per fermare questa corsa verso la pazzia.
Non esistono in Toscana due città più simili di Firenze e Livrono: nell’acutezza, nello sberleffo, nell’orgoglio delle proprie radici.
E non c’è bisogno di scomodare i Medici per capire che la storia ci inviterebbe al gemellaggio invece che alla guerra.
Chi ha cominciato non lo so: forse loro, che per fare il gemellaggio chiesero di abiurare Verona, ma non è questo il punto.
Il fatto è che una persona è stata ferita, e anche piuttosto seriamente, e che magari mentre io scrivo questo atto di dolore in qualche club livornese si sta pensando alla vendetta dell’anno prossimo.
All’andata uscii dall’Ardenza insultato da una cinquantina di persone indemoniate contro Firenze e difeso da una ventina di fedeli ascoltatori labronici del Pentasport che ben sapevano quanto mi fossi mediaticamente adoperato per tentare un aggancio per un futuro gemellaggio.
Chi era con me si stupì molto del fatto che affrontassi incurante gli insulti, ma mi sentivo sicuro, proprio per quella somiglianza di cui parlavo prima.
Adesso, sinceramente, non so se lo rifarei.
Ma forse sì, proprio per non darla vinta a chi cerca di trasformare gli stadi in campi di battaglia dove sfogare le proprie frustrazioni.
Certamente, comunque, stavolta avrei paura.

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