Oltre a fermare il campionato è indispensabile la certezza della pena, il pugno duro della legge a costo di essere un po’ meno garantisti, almeno per un anno.
Poi vedete che gli passa alle teste rasate o no, a quelli con la svastica o con il simbolo di Fidel Castro che girano per gli stadi fregandosene del pallone.
Idranti in curva e poliziotti in grado di intervenire, non costretti a scappare di fronte ai teppisti.
Azione veramente preventiva verso chi (anche e soprattutto le società) è connivente con gli speculatori della passione altrui, cioè le bande dei sedicenti tifosi che con il calcio ci mangiano grazie alla vendita di biglietti omaggio o punti shop.
Che facciano i commercianti in piena regola, magari a prezzi migliori degli altri ma con tanto di licenza e con il rischio di impresa a loro carico.
Controllare chi rispetta davvero i DASPO, e chi non lo fa diritto in galera.
Per tutti un bel ripasso di storia e andare all’Inghilterra del giugno 1985, pochi giorni dopo l’ignobile massacro dell’Hysel.
Da lì loro sono ripartiti e se non ci proviamo davvero è la volta buona che finisce tutto.

ECCO I DEMENTI, MOLTO PENOSO SCOPRIRE CHE SONO TOSCANI
Alcune scritte, inneggianti alla morte di Filippo Raciti, il poliziotto ucciso ieri sera negli scontri avvenuti fuori dallo stadio Massimino di Catania, in occasione del derby di calcio con il Palermo, sono comparse a Livorno, sul muro della sede del quotidiano ‘Il Tirreno’. “Un altro Filippo Raciti”, “Morte allo sbirro”, sono due delle frasi scritte con la vernice spray sul muro del giornale livornese. Una terza frase recita “2-2-07, vendetta per Carlo Giuliani”, con evidente riferimento al giovane ucciso a Genova nel 2001, durante le manifestazioni anti G8. Le forze dell’ordine stanno indagando per cercare di scoprire gli autori di queste scritte

18:08 Lucarelli: “Scritte da condannare”
Il capitano del Livorno, Cristiano Lucarelli, condanna senza esitazione le scritte contro il poliziotto ucciso a Catania, comparse sui muri della città: “Si tratta del gesto di un singolo – afferma – che non rispecchia il sentimento comune dei livornesi. Ma resta comunque un gesto pienamente da condannare”.