Dieci punti nelle ultime cinque partite di campionato e il gioco che non si vede.
Questi sono i dati oggettivi di una squadra difficile da decifrare: vince, ma non convince e stavolta deve proprio ringraziare Gilardino che segna un gol cheva quelli fatti a Juve e Genoa nel suo primo anno in viola.
Credo proprio che dovremo cominciare a considerare quasi definitivo questo stato di cose, almeno fino al recupero di Montolivo e al ritorno di D’Agostino a livelli atletici accettabili.
Mihajlovic continua a destare perplessità, però bisogna per forza dargli fiducia: non ci sono alternative e si spera di vedere qualcosa in più che il passaggio indietro o laterale.
Oltre al gol ci sono stati i due colpi di testa di Comotto e di Gamberini, oltre all’incursione di Cerci, sinceramente un po’ poco per essere soddisfatti.
Il Cesena ha fatto ancora meno e forse la cosa triste di queste partite è che ormai sono il Chievo, il Cesena, il Bari e il Parma a costituire la nostra unità di riferimento e non più Milan, Inter, Roma e Juve.
Prendiamo quindi sorridendo i tre punti e accontentiamoci.

Non è questo il momento per regolare i conti sospesi, se si vuole bene alla Fiorentina.
Anche a me prude la lingua su diverse cosucce subite in passato, anch’io avrei qualcosa da dire ai fondamentalisti per interesse personale, ai difensori a spada tratta dell’indifendibile, a chi non non ammette mai di poter sbagliare, ma mi trattengo.
Evito, al contrario di altri, perché me le ricordo bene tutte le stagioni della sofferenza, a cominciare da quella più “formativa” perché vissuta nell’adolescenza, quando tutto o è bianco o è nero (mai però bianconero..) e sembrava che nella vita non ci fosse rimedio ad una retrocessione in B.
Parlo del campionato 77/78, quello di San Scanziani, si informino i più giovani per sapere di cosa sto parlando, e mi ricordo perfino ciò che successe sette anni prima, quando la Juve ci regalò la salvezza a Torino pareggiando di proposito.
E poi la B vera, conosciuta in decine di partite di una noia mortale (non che ora la Fiorentina sia più divertente, almeno però siamo in serie A).
Non parlo della C2, perché da tempo mi sono rotto della retorica di Gubbio e Gualdo Tadino, dove peraltro sono stato e non credo sia un vanto.
Insomma, i conti li facciamo alla fine, ma veramente e senza sconti, come del resto è nell’abitudine di chi scrive.
Uno con un brutto carattere, certamente permaloso e anche piuttosto irascibile.
Uno che però non ha cambiali da pagare con nessuno del potere viola, che non ha mai frequentato cene conviviali di alto livello, viaggiato in giro per il mondo con chi conta o guadagnato un euro grazie all’intercessione di chi sta in alto.

Questa squadra non ha anima, è triste, come non parrebbe essere il suo allenatore, che però da ieri sera scala la classifica delle responsabilità
Meno di Corvino e ancora un po’ dei giocatori, però non siamo troppo lontanti, perché dopo quattro mesi di lavoro io voglio vedere di più, lo vogliono tutti.
Fino a due settimane fa si diceva: aspettiamo Mutu.
Ora diciamo: aspettiamo D’Agostino, e va bene.
Continuiamo ad aspettare qualcuno, magari tra un mese Montolivo, ma gli altri, quelli che vanno in campo, chi sono?
Sento già l’obiezione, peraltro giusta: e la società?
C’entra senz’altro, un Della Valle in trasferta non si vede da Liverpool, la storia del presidente è tanto sbagliata quanto grottesca, ma paga gli stipendi regolarmente e ha messo nel calderone 35 milioni di euro.
Discorsi vecchi, lo so, ma oggettivi.
Qui, se non ci diamo una mossa, riportiamo la gente allo stadio solo se si lotta davvero, e speriamo di no, per non retrocedere.

Se pareggiamo stasera, siamo fuori dal tunnel.
Sarebbe meglio con pizzico di gioco in più, perché la Roma regala spazi, ma non è così fondamentale.
Ci vorrà la squadra di Genova: la grinta vista contro Toni e il primo tempo ammirato contro la Samp, non sarà facile abbinare le due cose, però esiste un vantaggio importante che si chiama euforia.
La loro euforia post derby, anche se mi sarebbe piaciuto fossero passati più giorni e invece credo che Ranieri sia stato molto bravo a tenere tutti in riga.
Meglio Santana di Bolatti, soprattutto per ripartire (si spera) veloci con Mutu, Gila e Vargas.
Oggi si opera Frey, quasi nell’indifferenza generale, al contrario di Montolivo.
Eppure il suo è un intervento più complicato e la ripresa sarà più lunga e dolorosa: auguri!

Ok ragazzi, forse ho esagerato ad arrabbiarmi per il tifo esplicito e un po’ spudorato di Cerci per la Roma manifestato dopo il Chievo e prima del derby.
Mi ha fregato la sofferenza degli ultimi mesi viola e la voglia di uscire il prima possibile dal tunnel.
Sentendolo in diretta ho pensato: ma come, ha appena segnato un gol importante che consente una tregua con i tifosi e se ne esce con queste dichiarazioni, ben sapendo quanto la Roma rimanga simpatica a Firenze dal 6 giugno 1993.
A freddo ammetto la sua sincerità, che è poi la stessa di Viviano a Bologna, e comunque in radiocronaca avevo stigmatizzato i fischi che però forse non erano diretti solo a lui che entrava, ma anche all’evanescente Marchionni che usciva.
A Cerci si perdona poco perché ha proprio tutte le caratteristiche tecniche e anche un po’ di immagine che piacciono poco al popolo viola, così incline invece a seguire chi sputa sangue e sudore per la maglia.
Dopo poche partite avverto anche una certa prevenzione che personalmente cercherò di allontanare fin da mercoledì sera, dovesse mai giocare uno spezzone di gara.

Striscia davvero eccellente, prandelliana mi verrebbe da dire, col mio gusto quasi autolesionistico per la la battuta…
Vorremmo vedere un po’ più di calcio vero, ma contano molto i centrocampista e senza Montolivo e D’Agostino (Zanetti ormai è dato per disperso, ma prende lo stesso due milioni netti l’anno…) è un po’ dura.
Se non si accende Mutu, sono dolori, specialmente se Santana fa (benino) il mediano, Marchionni si sente sempre più orfano e Bolatti..beh, ragazzi Bolatti è il mistero 2010 della Fiorentina, molto più di Castillo nel 2009.
Non mi sono piaciuti i fischi preventivi a Cerci, che ha sbagliato tutto tranne la cosa più importante e forse può ripartire da lì.
Cerchi però di essere un po’ più furbo nelle dichiarazioni: dire di correre per andare a tifare per la sua squadra del cuore, la Roma, non mi sembra proprio un gesto distensivo verso i suoi tifosi.
Dopo il brodino di Catania, siamo in piena convalescenza e per rimetterci del tutto in piedi ci vorrebbe un bel punto ricostituente mercoledì a Roma.

Cosa mi ha convinto del lungo pomeriggio di ieri, che è filato via liscio con la possibilità di fare domande, smentendo così i catastrofisti:
1) i Della Valle (e già lo sapevo e lo dicevo) hanno messo nella fornace Fiorentina 170 milioni di euro: esistono altri che lo avrebbero fatto? Penso proprio di no. Si parla del ritorno di immagine, ok mettiamo pure che sia così, ma lo si può quantificare? Ma lo sapete quanti sono 170 milioni di euro? Altra obiezione: se i Della Valle vendono, riprendono tutti i soldi. Sì, se trovano qualcuno disposto a tirarli fuori e quel qualcuno, ve lo assicuro, non si trova.
2) Nell’anno orribile dell’autofinanziamento e delle decine di sconfitte, il 2010 chiude con un disavanzo di 30 milioni, quindi hanno messo mano al portafoglio anche negli ultimi dodici mesi.
3) Non mollano e hanno intenzione di rimanere a lungo.
4) Andrea è la nostra unica speranza per qualche pazzia extra budget e sarà bene “coccolarcelo” un po’ di più.
5) Diego è molto sensibile alle vicende viola ed è un bene, perché così girano parecchio anche a lui quando le cose, come adesso, vanno all’incontrario.
Cosa mi ha lasciato perplesso:
1) non riusciremo mai fino in fondo a capire come sia andata con Prandelli. Se cioè il contatto, pare molto avviato con la Juve, sia avvenuto prima o dopo il “cercati pure un’altra squadra” di Cognigni. Comuqnue sia, continuano a volare gli stracci e tutto questo è molto triste.
2) Noi fiorentini siamo campanilisti fino all’autolesionismo, ma nessuno avrebbe niente da dire se la Cittadella venisse costruita a Sesto o Bagno a Ripoli. La storia del limite comunale è un po’ fragile, più convincente invece il discorso sul tentativo di fargli comprare certi terreni fuori dal Comune (leggi alla voce Fratini).
Cosa continuo a non capire:
1) perché Andrea non torna presidente. Quanti sono i seguaci di mamma Ebe/rosiconi/criticoni in malafede? Venti, trenta, cinquanta? E per un numero così esiguo di persone si rinuncia ad avere una carica che non è onorifica ma piena di significati? Forse davvero non c’è nient’altro, ma davvero tutto questo mi risulta incomprensibile.
Il bilancio dell’atterraggio di Diego a Firenze è comunque positivo, a conferma che, se i Della Valle avessero gestito un po’ meglio la comunicazione, a certi eccessi e a certi veleni non saremmo arrivati.
Io avevo due domande in canna, una su Mutu (risposta dettagliata, sulla falsariga di quello già detto da Andrea) e una, appunto, sulla comunicazione: dovevo scegliere e ho puntato su Mutu, per via dell’attualità.
Ultimo particolare, domani ci sarebbe il Chievo…

Stavolta vado anch’io alla conferenza stampa di Diego Della Valle: stacco tutto (e quel tutto, vi assicuro, è veramente tanto, con la radio nazionale che sta aumentando i giri e Blu che va tenuta sempre su questi livelli) e mi metto all’ascolto.
Pare che non si possano fare domande, io me ne ero preparata una e non l’anticipo perché poi non è detto che Don Diego venga preso dalla voglia di dialogare con quella razzaccia che sono i giornalisti, categoria che lui conosce molto bene e con cui sa rapportarsi come pochi in Italia.
Della storia con Beha sinceramente non me ne frega niente, mi ha dato un po’ fastidio la sparata sul servilismo del giornalismo fiorentino, ma ho capito che alla fine è solo un fallo di frustrazione, cioè un modo di spararla grossa e nel mucchio per farsi dire bravo da qualcuno.
Io so quello che faccio e come lo faccio, rispondo solo alla mia coscienza e semmai al successo e all’insuccesso delle mie trasmissioni, che se vanno male non trovano più gli sponsor e quindi chiudono, mettendo me e gli altri di Radio Blu sulla strada.
Non ho un canone Rai a sovvenzionarmi e neanche incarichi ad personam ad assicurare uno stipendio che, nel caso dei direttori e vice direttori del nostro beneamato servizio pubblico, è almeno il quadruplo di qualsiasi persona normale.

Credo che questi siano veramente giorni da basso impero italiano, con tutto il letame che viene fuori da Milano e ora pure da Palermo, il tutto mischiato in un cocktail micidiale alle battute fuori luogo e adesso anche omofobe del nostro Presidente del Consiglio.
Non si sa quando ne usciremo, ma è certo che mai come adesso il livello dello scontro si sia abbassato.
Ormai non ci stupiamo più di niente.
Si è fatto abissale il distacco tra il teatrino della politica e noi che ogni mattina ci alziamo per cercare di fare seriamente il nostro lavoro per portare a casa un profitto e la tranquillità per le nostre famiglie.
Ormai Berlusconi non ha più limiti dialettici, sembra uno di quei presidenti americani da film, presidenti senza controllo che nessuno dei consiglieri riesce più a bloccare nella loro stravaganza: agisce, straparla, lancia invettive, non governa, mentre invece cresce, secondo me, la figura di Tremonti, che regge di fatto l’economia e sembra agire autonomamente.
Non è vero invece che viviamo sotto una dittatura, come urlano quelli che alla fine fanno il gioco di Berlusconi demonizzandolo, perché siamo tutti liberi di dire e fare ciò che vogliamo, voto compreso (e forse sarebbe il caso di tornare un po’ di più a votare, alla prossima tornata).
E’ anche un problema di età e decadimento mentale (per quello fisico, lasciamo perdere, basta dare un’occhiata alle immagini, ormai sembra di essere al Museo delle cere..).
Un fatto normale per qualsiasi individuo di questa terra: ad un certo punto perdi lucidità, pensi, e soprattutto dici e fai, cose che nemmeno ti saresti sognato di immaginare nel pieno delle tue facoltà mentali.
Fateci caso: il sempiterno Andreotti nella stagione del suo ultimo governo era più giovane di due anni dell’attuale ragazzo e amante di belle donne Berlusconi.
A cui auguro di vivere 120 anni, come del resto gli hanno predetto medici diventati sindaci, ma vivere in pace, godendosi tutto quello che ha costruito col suo lavoro.
Non condizionando con le sue mattane, i suoi interessi e le sue voglie la vita di tutti noi.

Complice il giorno di festa, ho prestato particolare attenzione ai vari commenti del post Catania e mi sono convinto di un’idea che già mi frullava in testa da tempo: i tifosi viola chiedono veramente poco alla squadra.
E quel poco è rappresentato da un misto di orgoglio per la maglia che si porta, che quasi sempre conta più per chi guarda che per chi gioca, e una buona rappresentazione di ciò che viene chiamato gioco del calcio.
Bisognerebbe cioè giocare davvero a calcio, per novanta minuti, con armonia e tecnica, che in una squadra di serie A dovrebbero essere ai massimi livelli, perché altrimenti si va a vedere il Grassina o l’Antella, si torna prima a casa e si spende molto meno.
Nessuno chiede lo scudetto, la Champions se arriva è festeggiata, come è giusto che sia, mentre l’altra Europa dovrebbe essere un fatto quasi normale, ma tutto questo è secondario rispetto alla voglia, e in qualche modo l’esigenza, di vedere giocare bene al calcio la Fiorentina.
Ecco perché il punto di Catania sembra quasi una sconfitta, perché lo spettacolo per almeno metà del tempo è stato deprimente e questo è inaccettabile per una città ed una tifoseria che del bello ha fatto una ragione di vita.

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