Attualità


No, per favore nessuna speculazione sociologica, perché già faccio fatica a mantenere i miei ideali illuministi e a non chiedere la pena di morte o la convivenza in una cella con detenuti comuni.
Mi chiedo cosa se ne faccia l’umanità di uno così, magari qualcuno di noi lo ha pure conosciuto, a me viene il vomito solo a pensarci e poi mi viene da piangere se immagino la vita delle bambine.
Ecco di cosa sto parlando.

Faceva guardare film porno alle figlie di 4 e 8 anni e ne abusava chiedendo loro di imitare quanto avveniva sullo schermo.
E’ l’accusa per la quale un cinquantenne della provincia di Firenze è stato condannato dal tribunale di Firenze a una pena di sette anni e mezzo di carcere.
Secondo quanto ricostruito dalla procura, gli abusi sono durati cinque anni, dal 2007 al 2012.
Per l’accusa, l’uomo che lavora in una ditta edile di famiglia, approfittava dell’assenza di casa della moglie, una straniera, per violentare le figlie.
In alcune occasioni avrebbe cercato, senza riuscirci, anche di avere rapporti completi con le bambine.
In base a quanto ricostruito dalla procura, l’uomo minacciava le figlie dicendo loro di non raccontare nulla altrimenti le avrebbe picchiate.
A denunciare la vicenda è stata la madre, quando le piccole le hanno raccontato cosa faceva loro il padre.
L’uomo è stato arrestato e poi è finito ai domiciliari in una struttura gestita da un’associazione di volontariato

Dovrebbe funzionare così: ogni cinque anni realizzo uno dei sogni che ho sempre ritenuto impossibili.
Nel 2008 si è realizzata sul campo la mia radiocronaca perfetta di quaando ero bambino e vincevamo 3 a 2 a Torino contro la Juventus all’ultimo minuto con rete decisiva di Brugnera.
Nel 2013 sono riuscito ad entrare a Wimbledon, che insieme a seguire il Tour de France da inviato e ovviamente raccontare il terzo scudetto viola, ha sempre rappresentato il massimo.
Tutto grazie al grande Ubaldo Scanagatta, che si è guadagnato la mia eterna gratitudine, e che da queste parti è un venerabile maestro, considerato alla stregua dei grandissimi come Gianni Clerici, che forse oggi intervisto (figurati se riuscivo a stare fermo…).
Spettacolo grandioso, tre ore sul centrale a tifare inutilmente contro Murray, tennis come non avevo mai visto dal vivo e pure conferenza stampa dell’affascinante Flavia Pennetta che pur essendo entrata tra le prime sedici del mondo ora sull’erba se la tira meno di una riserva di serie A.
Facendo bene i conti, nel 2018 o vinciamo lo scudetto o mi assume qualche giornale per seguire il Tour (facile a 58 anni), oppure Cameron Diaz deve tenersi libera per un fine settimana.
In alternativa Isabella Ferrari, naturalmente dopo aver chiesto il permesso in casa Guetta…

Il sogno dei tifosi della Fiorentina…era diventato rivederti allo stadio, caro grande ed indimenticabile Stefano.
Avevamo la nostra gag ogni volta che ci vedevamo: tu mi ricordavi sempre che se non era per te non sarei diventato famoso per la famosa premonizione prima del gol alla Juve, e io ti davo ragione, perche’ se non la mettevi dentro che senso avevano le mie parole il quel fantastico 15 febbraio 1989?
Maledetta stronza, pero’ alla fine hai vinto te, non hai mollato di un solo centimetro e anche se non rispondevi piu’ alle mail, anche se parlare con Chantal era ormai diventato impossibile, io sono certo che tu non gliela hai data vinta a quella bastarda.
L’ultima chiacchierata con Alberto lucido, nel novembre del 2009, era dedicata a te.
Lui, che non sapeva nulla di calcio e che stava muorendo a nemmeno cinquanta anni, esattamente la tua eta’ oggi che te ne sei andato, all’improvviso disse: “Stefano Borgonovo e’ un eroe, un grandissimo uomo da cui tutti dobbiamo imparare”, volle sapere qualcosa di piu’ di quando giocavi e tutto di come stavi.
Ti sopravvivera’ la Fondazione e l’amore dei tanti, tantissimi che ti hanno voluto bene, e chi se ne frega se gli imbalsamati della Fifa (che non meritano nemmeno il nostro disprezzo) non hanno voluto tributarti l’omaggio con il minuto di raccoglimento prima di Italia-Spagna.
Stasera siamo davvero tutti un po’ piu’ soli.

Ha ragione Vittorio Pavoncello, presidente della Federazione Italiana Maccabi: “Mio nonno una seconda chance non l’ha avuta”, perché è morto nei campi di concentramento di Auschwitz.
Georgos Katidis, ventenne greco, centrocampista di belle speranze, invece la seconda possibilità ce l’avrà.
Nessuno ne sentiva la necessità e servirà per farci capire se quello che purtroppo vedremo arrivare nel campionato di serie B è solo un coglione ignorante della storia oppure un nazista duro e puro, come pareva quando ha esultato dopo un gol nel modo nauseabondo che ormai tutti conoscono.
Una rete in una partita di calcio e il fumo “che ad Auschwitz saliva lento”: due concetti che a nessuno verrebbe in mente di tenere insieme, ma a Novara, nella gloriosa società calcistica che ha visto nascere un campione come Silvio Piola, evidentemente sono dei geni e così hanno deciso di dare a Katidis la seconda chance, che è poi un avanzamento di carriera perché viene a giocare in Italia.
E già immagino la gioia dei gruppi fascisti e nazisti che lo eleggeranno a loro idolo, penso a quello che circolerà sulla rete, ho terrore di quello che ci aspetta sul piano mediatico.
A meno che questo ragazzotto, che sta in mezzo alla coglionaggine da mono-neurone e la convinta adesione al “Mein Kampf”, una volta arrivato in Italia non vada come prima cosa a visitare i luoghi simbolo della furia nazista in Italia e non parlo solo dello sterminio degli ebrei, ma anche di tutti coloro che sono stati spazzati via dagli orrori tedeschi.
Campo di prigionia e di concentramento di Fossoli, Fosse Ardeatine a Roma, Sant’Anna di Stazzema, Villa Triste a Firenze, tanto per citare i primi che mi vengono in mente, ma applicandosi un po’ si può approfondire la questione.
Ma temo che quei geni del Novara calcio non abbiano il tempo per farlo perché troppo impegnati a studiare altre fantastiche soluzioni: magari nei paesi baltici ci può trovare qualcosa che faccia pendant col possibile coglione-o-nazista Katidis.

Se il Movimento 5 Stelle è il nuovo che avanza, siamo messi parecchio male.
Non ti sta bene quello che faccio?
Critichi le mie scelte?
Fuori dalle palle (scusate il francesismo, ma il livello del linguaggio è quello).
Comincia la diaspora, peraltro ampiamente prevista, nemmeno cento giorni dopo l’insediamento in Parlamento, un avvitamento su se stessi che resterà nella storia della nostra disastrata Repubblica per velocità e dimensioni.
Tutto basato sulla rete, dalle quirinarie alla scelta dei candidati che dovrebbero portarci fuori dalla melma, legiferando e difendendo i nostri diritti: ma su 60 milioni di italiani che in democrazia contano tutti allo stesso modo, in quanti davvero si esprimono via internet?
Non affannatevi amici grillini nelle vostre piccate repliche perché conosco già la retorica domanda: e gli altri?
Gli altri fanno spesso schifo, e bisognerebbe cogliere fior da fiore per cercare di avere un minimo comune denominatore onesto e capace che ci porti fuori da tutto questo, ma almeno per ora tutto questo si può dire liberamente e provare a sperare di cambiare.
Se invece sarete voi o i vostri guru a decidere per tutti, non sono mica tanto sicuro di poter disporre ancora di questo diritto.

Ogni affermazione o pensiero ha il proprio rovescio della medaglia e l’uso del blog, di questo blog, non fa eccezioni.
Mi libero subito dai tentennamenti e vi dico come la vedo io, non pretendendo assolutamente di aver ragione ed esponendomi giustamente a tutte le critiche possibili, anche perché non esiste secondo me una verità assoluta.
La mia scelta di fondo nel 2005 era di scrivere qualcosa di mio, che non avesse nulla a che vedere con l’impegno professionale a cui e su cui devo rispondere ogni giorno, sia per quello che dico e pubblico sul giornale, sia per quello che viene detto dalle radio che dirigo.
Ad un certo punto il blog è decollato e sono arrivate diverse offerte economiche per mettere dei banner a pagamento, nulla di straordinario, ma neanche di troppo basso.
Senza esitazioni ho pensato che a quel punto sarebbe diventato un lavoro: avrei dovuto rispondere a dei committenti, preoccuparmi degli accessi e via a seguire.
Ho detto di no, accettando solo banner di solidarietà, e ho continuato a fare quello che mi pareva, non avendo schemi precisi e soccombendo talvolta alla sindrome narcisista che si nasconde più o meno velatamente in tutti quelli che pensano di fare il giornalista o lo scrittore.
In alcuni casi ho quindi parlato solo a quei pochi che sanno di alcuni accadimenti.
Ovviamente non è molto educato nei confronti della maggioranza di voi, e di questo mi scuso, ma il blog è fatto anche per il mio divertimento, non solo per il vostro, sempre che vi divertiate.
E ora, come dicevano nei terrificanti cineforum degli anni settanta, il dibattito è aperto.

Sarebbe l’unico in concorrenza con Matteo Renzi, che spero faccia prima o poi l’ultimo passo e provi davvero a cambiare le cose.
Sto parlando di Papa Francesco e pensando al giorno della sua elezione devo confessare (tanto siamo in tema…) una mia debolezza: resisto bene al sonno, peggio alla fame.
Accade così che il 13 marzo scorso al compleanno di Picchio De Sisti, organizzato splendidamente da Giglio Amico, mi sia dato verso le 20 alla fuga perché atterrito dall’ipotesi di aspettare ancora almeno un’ora e mezzo per mettere qualcosa sotto i denti.
Sono scivolato via con destrezza, approfittando della distrazione generale e dalla pizzeria di Grassina (a casa ormai non mi volevano più) ho visto in diretta l’annuncio, l’habemus papam.
Siccome facevo il tifo per Scola (noi italiani facciamo sempre il tifo irrazionalmente per qualcuno…), lì per lì ci sono rimasto un po’ male, fino a quando non ho visto per la prima volta Papa Bergoglio.
Mi ha emozionato, subito coinvolto e così mi sono messo a sentirlo, io che sono ebreo di famiglia, quasi ateo per convinzione e initmamente refrattario ad ogni liturgia religiosa.
Da allora è stato un crescendo, tanto che in casa mi prendono pure in giro, ma io un Papa così non l’avevo mai visto.
Mi sembra molto più a sinistra di tanta gente che ho stancamente votato negli anni, mi pare molto sintonizzato sulla vita di noi comuni mortali.
Vediamo se dura, ma intanto, se Francesco si presentasse alle prossime primarie sai che distacco darebbe agli altri concorrenti.

Il 29 di maggio del 1985 Rocco Acerra, Bruno Balli, Alfons Bos, Giancarlo Bruschera, Nino Cerullo, Willy Chielens, Giuseppina Conti, Dirk Daeneckx, Dionisio Fabbro, Jaques François, Eugenio Gagliano, Francesco Galli, Giancarlo Gonelli, Alberto Guarini, Giovacchino Landini, Roberto Lorentini, Barbara Lusci, Franco Martelli, Loris Messore, Gianni Mastroiaco, Sergio Mazzino, Luciano Rocco Papaluca, Luigi Pidone, Benito Pistolato, Patrick Radcliffe, Domenico Ragazzi, Antonio Ragnanese, Claude Robert, Mario Ronchi, Domenico Russo, Tarcisio Salvi, Gianfranco Sarto, Amedeo Giuseppe Spolaore, Mario Spanu, Tarcisio Venturin, Jean Michel Walla e Claudio Zavaroni erano andati ad assistere ad una partita di football nel settore Z dello stadio Heysel di Bruxelles. Con loro anche Giovanni Casula e Suo figlio Andrea di soli undici anni, l’età dei sogni, dello stupore e della gioia di vivere. Andrea voleva vivere con gioia.

Grazie al Museo della Fiorentina per questo ricordo

C’era grande forza e un sincero desiderio di cambiare le cose nell’ondata grillina che ha sconvolto l ‘Italia politica negli ultimi tre mesi.
E adesso?
Hanno detto di no a tutto, si sono arroccati in sterili esercizi di presunta democrazia, preoccupandosi solo di fare la pulci a chi non la pensava come loro, non tollerando la minima difformità di pensiero all’interno del loro movimento.
Vai con gli scontrini e le epurazioni…
Nobili i principi che hanno animato la loro lotta, inesistenti per ora i risultati raggiunti.
Tra poco inizierà la diaspora, qualcuno perché tiene famiglia, qualcuno perché non sopporta più il giogo imposto dal duo Grillo/Casaleggio, qualcuno perché ha capito che non si può solo distruggere, ma anche pensare a ricostruire e allora è meglio andare da un’altra parte.
Si stanno sgonfiando velocemente ed è un vero peccato perché potevano essere uno stimolo a cambiare qualcosa, se solo avessero accettato le più elementari regole della democrazia: confrontarsi e rispettare le regole altrui senza azzannare l’interlocutore, che non è sempre e comunque un avversario.

Avrei voluto scrivere di Fiorentina e Milan, perché stamani all’alba mi sono rivisto l’ammissione di errore di Galliani sulle maglie, oltre all’imperdibile show del solito temerario Suma (“dottor Galliani, secondo lei è giusto che Muntari abbia dedicato il tapiro a chi fa i buu a Balotelli?”), ma poi ascoltando i primi notiziari mi è passata la voglia.
Una ragazza di vent’anni massacrata dal fidanzato geloso nel casertano, un’altra signora torturata e chissà cosa sto per leggere sui giornali.
Basta!
Noi uomini che usiamo il cervello abbiamo il dovere di fermare questo massacro, di intervenire quando avvertiamo nell’aria che qualcosa non va, di non essere conniventi con il nostro silenzio con questa vergogna, non possiamo tacere davanti agli scatti di rabbia dell’amico o del parente.
“Ma cosa vuoi che sia”, ci viene spesso da pensare.
Oppure: “e che sarà mai uno schiaffo…”.
Basta!
Questa è diventata un’emergenza nazionale che ormai non fa più notizia, un po’ come le brigate rosse alla fine degli anni settanta.
Ammazzavano un poliziotto ed era solo un titolo a due colonne, talmente forte era radicata l’idea che tanto ogni giorno dovesse succedere qualcosa.
Si andava in prima pagina solo con giornalisti, magistrati e politici.
Con la violenza alle donne è uguale: lo stupro è diventato ordinaria amministrazione.
Basta!
Lo dobbiamo gridare forte, con tutto il fiato che abbiamo, se non vogliamo regredire a livello dei trogloditi, che però almeno non si nascondevano dietro alle convenzioni sociali.

« Pagina precedentePagina successiva »