Adesso ci sono i camionisti, domani chissà chi.

Ormai siamo da anni entrati in una fase della nostra vita sociale in cui tutti o quasi si sentono in diritto di far valere il proprio particolare contro il bene comune.

Si sa da mesi che senza il green pass (che è l’unica soluzione possibile per uscire dal letamaio della pandemia) ci potrebbero essere complicazioni, eppure quando si arriva a pochi giorni dalla sua attuazione ecco arrivare la minaccia di “bloccare il Paese”: una vergogna è uno schifo, soprattutto pensando a quello che abbiamo passato negli ultimi venti mesi.

Sono quelle situazioni in cui penso, forse ingenuamente: meno male nella cabina del guidatore c’è Mario Draghi.

Sbaglia come tutti, avrà i suoi difetti, ma almeno, oltre ad essere stimato a livello planetario, non insegue interessi di bottega e non guarda i sondaggi elettorali.

Un atto gravissimo, qualcosa di inaudito e che non si era mai visto in Italia.

Intollerabile.

Giusto probabilmente mantenere i nervi saldi e limitarsi a temporeggiare, anche se istintivamente ho pensato con invidia alla polizia inglese a cavallo e con i manganelli che volano e roteano.

Ora però ci sono le immagini: sarà così difficile prenderli uno ad uno e fargli pagare quanto hanno fatto in casa no dei pomeriggi peggiori della nostra storia?

Attendiamo fiduciosi.

Noi che eravamo lì, in piazza Savonarola, ancora immersi nella rabbia per Avellino, e che abbiamo sentito e trasmesso quelle parole di addio.

Noi che abbiamo sentito raccontare dalla sua voce che lo avrebbe scritto sui muri che non sarebbe andato via, meno che mai alla Juventus.

Noi che fino a quando non sono arrivati i Pontello siamo cresciuti preoccupati che ci portassero via l’unico che ci facesse sentire importanti, che ci rendeva orgogliosi nel mondo. Lui più altri dieci. E poi, come nelle favole, lui è rimasto qui.

Noi che abbiamo visto qualcuno piangere di lacrime vere perché ci aveva segnato un gol dopo nove anni meravigliosi con la nostra maglia, e che la prima volta da avversario al Franchi non ha toccato palla perché paralizzato dallo stupore di essere contro di noi.

Noi che più che bambini abbiamo insultato dalla Curva Ferrovia uno delle nostre parti che però vestiva una maglia a strisce, che aveva vinto uno scudetto e non sapevamo che aveva avuto un esaurimento nervoso per il dispiacere di lasciare Firenze e andare a Milano.

Noi che siamo nati e moriremo con una sola passione calcistica, inestinguibile e feroce nella sua quotidianità, noi che siamo tutto questo seppelliremo con una pernacchia questi mercenari che conoscono solo la putrida legge del quattrino. 

 

Il migliore in campo? Joe Barone, per lepronte scuse dopo il gesto dei solito dementi che purtroppo vivono anche dalle nostre parti.

Chiederei però alla Fiorentina ancora uno sforzo: si individuino questi idioti e si caccino dal Franchi a vita, per far capire che la musica è finalmente cambiata, che noi persone normali non abbiamo alcuna intenzione di farci condizionare da questa marmaglia.

Non dovrebbe essere troppo complicato rintracciare questi imbecilli di pseudo tifo.

Poi c’è la partita, meno brillante rispetto all’Inter, ma persa più o meno allo stesso modo ed io sinceramente sono un po’ meno soddisfatto

Su Vlahovic diamoci una calmata perché ha giocato male, fatica a segnare, ma il contratto c’entra il giusto: va difeso e atteso.

Sul campo, fuori mi pare che la situazione stia sfuggendo di mano e non certo per colpa della Fiorentina

Commisso ha mille ragioni e siamo tutti dalla sua parte: più di così non si può fare per farlo firmare.

La storia dei rimbalzi tra Vlahovic e il procuratore è stucchevole, non esiste il poliziotto buono e il poliziotto cattivo: sono conniventi e hanno le stesse responsabilità, anzi il giocatore di più.

Perché, a meno che abbia perso la facoltà di intendere e di volere, è lui a decidere, non chi lo rappresenta.

Detto tutto questo, Vlahovic va in campo, gioca e segna con la maglia viola, anche a costo di portarlo a fine contratto senza ricavarci un euro, perché va bene per tutti, ma soprattutto per la Fiorentina.

E fischiarlo è tafazziano, qualcosa che va contro di noi. Semmai lo ignoriamo e basta.

Meglio giocare alla grande per 50 minuti e perdere o soffrire portando a casa tre punti dopo una partita piuttosto sofferta è bruttina?

La seconda che ho scritto, senza dubbio

Se poi qualcuno fa boccuccia e stasera si dibatte in contorsionismi me gli degni di Tafazzi, faccia pure.

Io prendo la vittoria e guardo la classifica con una certa soddisfazione, sensazione che non provavo da anni.

La delusione è per il risultato: non è poco, ma non è tutto, perché contro i più forti del campionato chiedevamo la prestazione e quella  l’abbiamo avuta, strepitosa, per cinquanta minuti.

Il fatto più preoccupante è lo scoramento generale dopo il pareggio e deve essere stato più qualcosa di psicologico che atletico, perché mi rifiuto di credere che a quel punto fossero già finite le batterie.

Ci lavorerà Italiano, sul resto è una delle pochissime volte in cui si esce dalla partita sconfitti, ma abbastanza soddisfatti proprio perché il primo tempo è stato straordinario, per intensità e tecnica.

Certe cose viste e ammirate sono il frutto del lavoro di Italiano, che è stato molto bravo nel dopo partita a non speculare sulla bellezza del gioco, preferendo invece affrontare i problemi.

E’ così che si cresce, è così che possiamo incamminarci sulla giusta strada.

Per ora avevo torto e ne sono ben contento: bastava Italiano per far girare tutto in altro modo.

Una Fiorentina irriconoscibile rispetto agli ultimi anni e meno male! Con più o meno gli stessi giocatori, ma con ben altra consistenza e con l’idea che tutti sappiano esattamente cosa fare e quale sia il proprio ruolo.

Bellissimo pensare all’Inter con questa consapevolezza e anche con questa leggerezza, perché martedì non abbiamo niente da perdere.

L’elenco dei calciatori trasformati si allunga sempre di più, oggi comunque il primo posto va a Saponara: finalmente un gol pesante e un’altra giocata da campione.

Godiamoci il momento, senza troppe remore, perché ne abbiamo bisogno dopo tutto quello che abbiamo passsato.

Ho un dubbio, che è poi una curiosità: se Callejon avesse giocato così nell’ottobre scorso, quando fioccavano i paragoni con Chiesa e in parecchi erano convinti che ci avevamo guadagnato, come saremmo stati?

Soddisfatti o perplessi?

Lo scrivo perché io tutta questa rinascita dello spagnolo, questo riscatto tecnico che fa pensare addirittura ad un prolungamento del contratto fatico a vederlo.

Ma forse sono io che ho perso lucidità, però mi piacerebbe fare un giro di tavolo e sentire la vostra opinione.

Devo sempre cercare di riportare la barra al centro quando si parla di Israele ed ebrei e non per il motivo a cui magari pensano in tanti, ma proprio per l’esatto contrario.

Bisogna infatti che trovi nell’analisi una corretta oggettività, perché quasi sempre non sono d’accordo su molte cose che riguardano il comportamento israeliano e pure su quello dei miei correligionari, soprattutto quando si tratta di essere aperti verso l’esterno.

Fatte queste oneste premesse, sono disgustato da quello che ha combinato il nonno israeliano di Eitan, il bambino miracolosamente sopravvissuto alla strage di Mottarone.

Questo signor Shmuel Peleg, già condannato per violenze verso la ex moglie, che si è portato via il bambino per farlo crescere secondo quelli che lui, e qualche altro suo parente, ritiene essere i principi di una corretta crescita “ebraica”.

Nella storia allucinante  c’è tutto il fanatismo religioso, che nel caso della mia religione deriva quasi sempre dal sentirsi i dispensatori della verità, perché noi ebrei saremmo il popolo eletto. I migliori di tutti, quelli che fanno le cose prima e con più successo degli altri…

Ma dove? Ma quando?

E nell’augurarmi una pronta presa di posizione del Governo italiano davanti a questo delitto, non posso fare a meno di citare una battuta di Woody Allen a proposito della storia del popolo eletto: ma non si poteva almeno andare al ballottaggio?

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