Come è testimoniato dall’archivio di questo blog non è che Ljajic rientri nella hit parade delle mie simpatie.
Nonostante questa mia valutazione strettamente personale, non riesco a capire bene quali siano i parametri con cui viene deciso di affrontare lo spinoso argomento del suo rinnovo contrattuale.
Perché se è vero che la cifra richiesta dal simpatico Ramadani è di 1.600.000 netti l’anno, io, sfidando l’ira popolare, dico che mi aspettavo di peggio.
Qui il discorso va fatto alla base: se sei convinto che Ljajic sia veramente un possibile grande giocatore, un futuro campione, devi fare un grosso sacrificio economico e, sotto il ricatto dello svincolo a parametro zero, gli rinnovi il contratto per cinque anni avendo la possibilità di trattarlo eventualemente dopo, se dovesse continuare nella sua maturazione.
Altrmenti lo perdi a zero, ed è qui che il simpatico Ramadani ha il coltello dalla parte del manico, perché io non credo che accetterà mai la cessione durante questa estate.
Se credi che Ljajic possa valere domani Jovetic, gli puoi anche dare il 30% in meno di quello che avevi proposto a Montolivo due anni fa.
Altrimenti, in caso di quasi certa resistenza alla cessione a qualsiasi prezzo, lo metti ai margini della squadra.

…in eine kleine Stadt gefahren und dort in einem Gasthaus abgestiegen.
No, non sono impazzito, è solo che sto cercando di recuperare un po’ del mio poverissimo tedesco su cui mi soffermerò tra poco perché pare che (per fortuna) io abbia torto e che sia pure lentamente Mario Gomez si sia messo in viaggio per Firenze.
Intanto abbiamo prolungato il rapporto con Federico Logiudice e questo ci aiuterà a sapere ora per ora cosa diavolo stia succedendo adesso in Baviera e poi da dopodomani ad Arco.
E ora il mio rapporto col tedesco, che ha conosciuto momenti spassosi, altri quasi tragici e anche il raggiungimento di una vetta incredibile, che solo a pensarci mi rende orgoglioso ed incredulo.
Al Duca D’Aosta avevamo una professoressa vetero comunista tutta di un pezzo, la Quercini Sartoris, che ci dava da studiare delle terrificanti cose a memoria, solo che poi tutto era meccanicamente diviso tra i quattro che interrogava e così bastava che ognuno studiasse un pezzo ed era salvo (ecco infatti die beiden ecc…, lo so ancora!).
Una volta volli fare il furbo e andai lungo riportando pure la frase di quello che era dopo di me col risultato di far saltare tutto e rischiare (giustamente) di essere menato dagli altri che presero 4.
In più, all’ultimo compito prima della maturità venni clamorosamente beccato a ricopiare la traduzione che aveva dato nella classe parallela e che era uguale alla nostra: partì una bambola cloamorosa che ancora ricordo con un misto di vergogna e paura.
“L’onestà Guetta!! L’onestà!!! Ma come puoi pretendere di ottenere qualcosa se non sei onesto!!! Vai fuori, subito!!!”.
Ammesso a tedesco con tre, ma passato poi con sessanta, anche queste sono soddisfazioni.
E poi l’università: nel luglio 1986 avevo finito tutti gli esami tranne uno, ovviamente tedesco, e la tesi era già pronta.
Vado allo scritto e copio tutto (alla faccia della Quercini Sartoris): ammesso all’orale.
E lì comincia il dramma, perché oltre al dialogo normale bisognava sostenere una conversazione in tedesco su due testi, uno di Von Kleist e uno di Mann.
Parto almeno quattro, cinque volte e poi mi arrendo dopo un paio di settimane, perché davvero è troppo difficile.
Provo ancora una volta nell’aprile del 1988 (e sono già passati 15 mesi dallo scritto), vivo da asceta (o quasi…) per due mesi e incredibilmente ce la faccio: divento padrone del tedesco, lo capisco, lo parlo, so tutto di Von Kleist e Mann e prendo trenta.
Standing ovation personale, laurea a stretto giro di sessione e… svenimento appena tagliato il traguardo.
Cioè non prendo più in mano un testo di tedesco e nel giro di pochi mesi mi dimentico tutto.
Adesso, se arriva Gomez, mi faccio scrivere il testo e pago la mia scommessa con il racconto di suoi due gol nel modo che sapete.

No, per favore nessuna speculazione sociologica, perché già faccio fatica a mantenere i miei ideali illuministi e a non chiedere la pena di morte o la convivenza in una cella con detenuti comuni.
Mi chiedo cosa se ne faccia l’umanità di uno così, magari qualcuno di noi lo ha pure conosciuto, a me viene il vomito solo a pensarci e poi mi viene da piangere se immagino la vita delle bambine.
Ecco di cosa sto parlando.

Faceva guardare film porno alle figlie di 4 e 8 anni e ne abusava chiedendo loro di imitare quanto avveniva sullo schermo.
E’ l’accusa per la quale un cinquantenne della provincia di Firenze è stato condannato dal tribunale di Firenze a una pena di sette anni e mezzo di carcere.
Secondo quanto ricostruito dalla procura, gli abusi sono durati cinque anni, dal 2007 al 2012.
Per l’accusa, l’uomo che lavora in una ditta edile di famiglia, approfittava dell’assenza di casa della moglie, una straniera, per violentare le figlie.
In alcune occasioni avrebbe cercato, senza riuscirci, anche di avere rapporti completi con le bambine.
In base a quanto ricostruito dalla procura, l’uomo minacciava le figlie dicendo loro di non raccontare nulla altrimenti le avrebbe picchiate.
A denunciare la vicenda è stata la madre, quando le piccole le hanno raccontato cosa faceva loro il padre.
L’uomo è stato arrestato e poi è finito ai domiciliari in una struttura gestita da un’associazione di volontariato

Dovrebbe funzionare così: ogni cinque anni realizzo uno dei sogni che ho sempre ritenuto impossibili.
Nel 2008 si è realizzata sul campo la mia radiocronaca perfetta di quaando ero bambino e vincevamo 3 a 2 a Torino contro la Juventus all’ultimo minuto con rete decisiva di Brugnera.
Nel 2013 sono riuscito ad entrare a Wimbledon, che insieme a seguire il Tour de France da inviato e ovviamente raccontare il terzo scudetto viola, ha sempre rappresentato il massimo.
Tutto grazie al grande Ubaldo Scanagatta, che si è guadagnato la mia eterna gratitudine, e che da queste parti è un venerabile maestro, considerato alla stregua dei grandissimi come Gianni Clerici, che forse oggi intervisto (figurati se riuscivo a stare fermo…).
Spettacolo grandioso, tre ore sul centrale a tifare inutilmente contro Murray, tennis come non avevo mai visto dal vivo e pure conferenza stampa dell’affascinante Flavia Pennetta che pur essendo entrata tra le prime sedici del mondo ora sull’erba se la tira meno di una riserva di serie A.
Facendo bene i conti, nel 2018 o vinciamo lo scudetto o mi assume qualche giornale per seguire il Tour (facile a 58 anni), oppure Cameron Diaz deve tenersi libera per un fine settimana.
In alternativa Isabella Ferrari, naturalmente dopo aver chiesto il permesso in casa Guetta…

Il sogno dei tifosi della Fiorentina…era diventato rivederti allo stadio, caro grande ed indimenticabile Stefano.
Avevamo la nostra gag ogni volta che ci vedevamo: tu mi ricordavi sempre che se non era per te non sarei diventato famoso per la famosa premonizione prima del gol alla Juve, e io ti davo ragione, perche’ se non la mettevi dentro che senso avevano le mie parole il quel fantastico 15 febbraio 1989?
Maledetta stronza, pero’ alla fine hai vinto te, non hai mollato di un solo centimetro e anche se non rispondevi piu’ alle mail, anche se parlare con Chantal era ormai diventato impossibile, io sono certo che tu non gliela hai data vinta a quella bastarda.
L’ultima chiacchierata con Alberto lucido, nel novembre del 2009, era dedicata a te.
Lui, che non sapeva nulla di calcio e che stava muorendo a nemmeno cinquanta anni, esattamente la tua eta’ oggi che te ne sei andato, all’improvviso disse: “Stefano Borgonovo e’ un eroe, un grandissimo uomo da cui tutti dobbiamo imparare”, volle sapere qualcosa di piu’ di quando giocavi e tutto di come stavi.
Ti sopravvivera’ la Fondazione e l’amore dei tanti, tantissimi che ti hanno voluto bene, e chi se ne frega se gli imbalsamati della Fifa (che non meritano nemmeno il nostro disprezzo) non hanno voluto tributarti l’omaggio con il minuto di raccoglimento prima di Italia-Spagna.
Stasera siamo davvero tutti un po’ piu’ soli.

Se in questi giorni leggessi o ascoltassi David Guetta (e scusate per questa terrificante citazione in terza persona), lo troverei come minimo indisponente, se non addirittura molesto nel suo realismo da contabile.
Sono infatti rimasto tra i pochissimi ad essere scettico sulla fattibilità della doppia trattativa: Jovetic venduto alla cifra che vogliono i Della Valle, Mario Gomez in arrivo a Firenze.
Se tutto questo dovesse avvenire, sarei, e non credo che ci sia neanche bisogno di sottolinearlo troppo, più che felice e mi iscriverei subito al partito della “Champions più che possibile”.
Intanto però mi impegno come direttore di Radio Blu, e vi dico che abbiamo ingaggiato il bravissimo Federico Lo Giudice perché ci racconti da Monaco di Baviera anche il minimo sussulto di Gomez.
E poi, come espiazione delle mie colpe, ci sono sempre i due gol di Super Mario da raccontare via etere in tedesco…
Per ora però meglio concentrarsi sull’inglese, per un fatto personale che domani vi racconterò.

Siamo ufficialmente incartati.
Con un terzo dei soldi chiesti per Jovetic la Juve ha comprato Tevez e qualcuno mi deve spiegare cosa se ne farà a questo punto dell’ingrato montenegrino, a meno che non venda Vucinic, trattativa che mi pare molto difficile.
Ho detto e scritto diverse sciocchezze negli ultimi anni, ma una cosa l’avevo azzeccata d’istinto: piazzare Jovetic a trenta milioni nell’estate scorsa.
Quando lo dissi in un filo diretto nel giugno 2012, venni sommerso dalla rabbia di gran parte dei tifosi che chiamavano affranti, ma non ho mai cambiato idea.
Adesso dobbiamo sperare nell’Inghilterra, dove Jovetic piace il giusto anche perché in Europa non giochiamo da quasi quaranta mesi e non è che le prestazioni nel Montenegro siano state così entusiasmanti, anche per via di tanti piccoli infortuni.
Qui l’unico che può sbloccare la situazione è Montella, l’unico che (forse) i Della Valle stanno a sentire.
Se il tecnico va dai fratelli, o anche solo da Andrea, e spiega chea questo punto tenere Jovetic, oltre a bloccare completamente il mercato viola, diventa molto pericoloso sul piano ambientale e tecnico, forse il prezzo scende e lo vendiamo.
A quel punto ci mettiamo nelle mani di Pradè e proviamo a piazzarlo al meglio, altrimenti ce lo teniamo con tutti i mal di pancia del caso (i suoi, ma soprattutto i nostri), vedendo di farci il meno male possibile.

Sto entrando in un cono d’ombra con alcuni tifosi.
Me ne rendo conto, mi spiace, ma non posso fare altrimenti perché sono abituato da sempre a dire quello che penso.
Trovo “leggermente” fantasioso pensare che la Fiorentina possa prendere David Villa, che tra l’altro mi pare meno importante di Mario Gomez per due buoni motivi: i quattro anni in più e il grave infortunio di non troppo tempo fa.
Guadagna, mi pare, 7 milioni netti l’anno, gioca in uno dei club più importanti al mondo e dovrebbe rivoluzionare la sua vita solo per il gusto di indossare la maglia viola.
Bellissimo, nei miei sogni di tifoso.
Un po’ dura da realizzare nel mondo reale.
Io ho l’impressione che si continui a farci del male da soli, perché se poi arrivano giocatori dalla caratura inferiore ai pezzi da novante di cui si parla restiamo alquanto delusi e ci dimentichiamo del buono fatto fino ad oggi.
Comunque, se vi può consolare, sto anch’io antipatico a me stesso e vorrei tanto tornare al David bambino che d’estate sognava di prendere Gigi Riva o Boninsegna per rinforzare l’attacco, che già a fine anni sessanta era un problema…

Sono uno di quelli che guarda la Nazionale tifando per l’Italia e vivendo una partita nella partita quando c’è in campo un giocatore della Fiorentina.
Si parte da De Sisti agli Europei, avevo otto anni, e si raggiunge il massimo con i torti subiti da Antognoni, proseguendo con il Baggio viola, ma un po’, lo ammetto mi sono concentrato pure su Gamberini e Montolivo e quindi, secondo alcuni di voi, sono irrecuperabile.
Confessate le mie colpe, eccomi qui sul divano di casa ignorato da Cosimo, che ancora non avverte il fascino di Italia-Brasile, a sperare in un gol di Aquilani.
L’inizio è traumatico: tra lui e Montolivo fanno a chi gioca peggio, a chi regala più palloni agli avversari, che non sono esattamente scarsi.
Alberto meriterebbe pure di essere ammonito, lo graziano, ma non si vede proprio mai nel primo tempo, onestamente sarebbe da sostituire.
Non che Marchisio o Diamanti abbiano fatto chissà cosa, ma a me di loro importa il giusto…
Si riparte ed è più o meno la stessa musica fino a quando l’Italia si accende e allora Aquilani decolla, tra l’altro nel ruolo di Pizarro, come dire che conta soprattutto saper giocare a calcio e lui lo sa fare molto bene, ma ad intermittenza.
Escono fuori venti minuti di grande sostanza, conditi dall’assist a Chiellini, che modificano il titolo a cui avevo pensato e che recitava: “che delusione”, ma si poteva e si doveva fare di più.

Ha ragione Vittorio Pavoncello, presidente della Federazione Italiana Maccabi: “Mio nonno una seconda chance non l’ha avuta”, perché è morto nei campi di concentramento di Auschwitz.
Georgos Katidis, ventenne greco, centrocampista di belle speranze, invece la seconda possibilità ce l’avrà.
Nessuno ne sentiva la necessità e servirà per farci capire se quello che purtroppo vedremo arrivare nel campionato di serie B è solo un coglione ignorante della storia oppure un nazista duro e puro, come pareva quando ha esultato dopo un gol nel modo nauseabondo che ormai tutti conoscono.
Una rete in una partita di calcio e il fumo “che ad Auschwitz saliva lento”: due concetti che a nessuno verrebbe in mente di tenere insieme, ma a Novara, nella gloriosa società calcistica che ha visto nascere un campione come Silvio Piola, evidentemente sono dei geni e così hanno deciso di dare a Katidis la seconda chance, che è poi un avanzamento di carriera perché viene a giocare in Italia.
E già immagino la gioia dei gruppi fascisti e nazisti che lo eleggeranno a loro idolo, penso a quello che circolerà sulla rete, ho terrore di quello che ci aspetta sul piano mediatico.
A meno che questo ragazzotto, che sta in mezzo alla coglionaggine da mono-neurone e la convinta adesione al “Mein Kampf”, una volta arrivato in Italia non vada come prima cosa a visitare i luoghi simbolo della furia nazista in Italia e non parlo solo dello sterminio degli ebrei, ma anche di tutti coloro che sono stati spazzati via dagli orrori tedeschi.
Campo di prigionia e di concentramento di Fossoli, Fosse Ardeatine a Roma, Sant’Anna di Stazzema, Villa Triste a Firenze, tanto per citare i primi che mi vengono in mente, ma applicandosi un po’ si può approfondire la questione.
Ma temo che quei geni del Novara calcio non abbiano il tempo per farlo perché troppo impegnati a studiare altre fantastiche soluzioni: magari nei paesi baltici ci può trovare qualcosa che faccia pendant col possibile coglione-o-nazista Katidis.

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