Rieccoci all’ennesimo sciopero dei giornalisti che mi mette sempre a disagio.
A volte li ho imposti alla redazione, a volte no (mai con la radiocronaca) e già con questo ammetto di averesull’argomento poche idee e confuse.
Questa è una professione veramente strana, dove nessuno ha mai capito bene come si arrivi ad esercitarla dignitosamente senza subire dieci, quindici anni di umiliazioni economiche e spesso pure professionali.
Ovviamente ci sono le eccezioni: i geni (pochi) ed i raccomandati (tanti).
Avendo creato negli anni una struttura che si autoalimenta grazie agli sponsor, stasera e domani in pratica io sciopero contro me stesso, perché alla fine della fiera sono io il mio unico datore di lavoro.
Assurdo.
Dice: perché lo fai? Per non avere rotture di scatole, giustificazione di bassissimo profilo, ma onesta.
Il mio (presunto) sindacato non si è mai preoccupato dal 1993 ad oggi di trovare uno straccio di contratto a tempo indeterminato a chi come me ed altri 34 aveva vinto una prestigiosa borsa di studio indetta dal sindacato stesso e dagli editori, cioè colo che avrebbero dovuto assumerci.
Nelle emittenti private i giornali radio vengono prodotti da agenzie nazionali, le radio non solo non pagano niente per mandarli in onda, ma prendono pure i soldi per trasmetterli, perché prima e dopo i notiziari sono infarciti di pubblicità.
In queste condizioni chi mai si prende l’onere di assumere un giornalista?
Come vedete siamo una categoria piena di contraddizioni.
Oggi la maggior parte di noi sciopera per il rinnovo di un contratto di lavoro scaduto da più di un anno senza averlo mai visto neanche in cartolina un contratto di lavoro…

Ovvio, per la Fiorentina.
No, io dico per chi tifiamo contro, e per chi tifiamo per lo scudetto.
Sul contro la lista è piuttosto lunga, sullo scudetto invece non saprei come muovermi.
Se siete tanto bravi da dire che tanto non ve ne importa niente di chi vince, complimenti, io non riesco mai ad essere così al di sopra delle parti.
In questo mi sento tipicamente italiano, meglio fiorentino: guelfo o ghibellino, l’importante è non rimanere neutrali.
Ci sarebbe il Palermo di Barzagli: hanno impietosamente fischiato Toni l’anno scorso, ma diciamo pure che l’ultima estate ci ha un po’ riavvicinato al caliente pubblico siciliano.
E poi la Sampdoria di Flachi e anche di Novellino (gran personaggio), oppure l’Udinese, con Galeone che ci fa venire in mente i gol che Baggio in maglia viola segnava al suo Pescara.
Ma siamo seri: nessuna di queste tre, nemmeno il Palermo, ha la minima possibilità di vincere lo scudetto.
Rimangono le solite.
Se quel genio del calcio di Mancini facesse giocare sempre titolare Toldo, avrei un minimo dubbio sull’Inter, ma così mi ha tolto di imbarazzo e non se ne parla più.
Nel Milan se ne è andato Rui Costa ed è rimasto Galliani: mi sembrano motivazioni adeguate per lasciar perdere.
Infine la Roma. Fosse solo per Spalletti, ci butterei dentro pure un po’ di emozione, ma è appunto la Roma.
Quella di Carnevale nel 1993 e delle esagerazioni, con un pubblico straordinario, ma troppo violento.
Alla fine però, turandomi il naso come alle elezioni, meglio loro di Milano.
Almeno di quest’ultima Milano, arrogante e prepotente.

Nessuno ha capito bene per cosa stiano litigando in Lega o perché Garrone e Zamparini se ne siano andati.
Basterebbe solo questo per comprendere a quale livello sono (siamo) scesi ed infatti oggi sui giornali il caos di ieri è finito quasi in taglio basso, ben dopo Vieri pedinato da Moratti.
Dietro a tutto questo, un solo uomo: Antonio Matarrese, a suo modo un grande.
Perché non è da tutti essere disarcionati non ancora sessantenni dall’Olimpo ed avere la pazienza di vedere il nemico passare sul fiume per poi tornare in sella, con finta umiltà.
Mi chiedo: ma questi signori straricchi, i presidenti di calcio, come diavolo hanno fatto a pensare che Tonino fosse cambiato, che davvero non cercasse l’appoggio dei più forti per non essere di passaggio, ma definitivo?
E’ stupefacente come uomini che hanno guadagnato i miliardi (di lire) nelle loro attività buttino il cervello all’ammasso non appena rotola un pallone.
Lasciamo stare Moratti, a cui è chiaro è stata data l’Inter per evitare che facesse danni nell’azienda di famiglia, ma gli altri, i Garrone, glii Zamparini, perfino i Cellino non pensano che forse sarebbe meglio cominciare a ragionare con gli stessi criteri con cui hanno portato al successo le proprie società extra calcio?
Ma Garrone uno come Matarrese lo assumerebbe mai come manager alla Erg?
Lasciamo perdere Della Valle, che è ormai un contemplativo nelle vicende del potere calcistico, ma chi decide possibile non si sia reso conto di dove siamo arrivati?
Matarrese è quello che ci meritiamo, visto che non riusciremo mai a cambiare nella testa.

Nell’estate del 1999 andai in America insieme alla Fiorentina e rimasi sorpreso nel vedere come Enrico Chiesa, appena arrivato e costato una fortuna, fosse un corpo estraneo rispetto a Batistuta e Rui Costa.
Non filandoselo il boss, ovviamente non se lo filava nessuno, a parte Di Livio, anche lui fresco di maglia viola, e Torricelli, per antica amicizia con Di Livio.
Un anno prima mi era capitata di notare un certo “autismo da spogliatoio” in Edmundo, ma siccome, appunto, era Edmundo non ci feci molto caso.
Perché scavo nel glorioso passato? Ma perché tutto quello che sto ascoltando e leggendo su Toni e Mutu è assurdo.
Non essendo fidanzati tra loro è ben difficile che li si veda girare abbracciati per Firenze, ma vi assicuro che non esistono (almeno per ora, perché nella vita non si può mai sapere) quelle gelosie e quelle ripicche che pure caratterizzarono alcune grandi stagioni della Fiorentina.
Poiché ieri il Pentasport era affidato ai miei due cavalli di razza (Ceccarini e Bardazzi), più il puledrino da corsa (Russo), ho voluto rischiare e mi sono imposto di non parlare con loro prima della trasmissione sulla linea “politica” da tenere.
Con malcelato orgoglio mi sono accorto che al presunto dualismo tra Toni e Mutu hanno fatto solo un accenno. Altri, mi dicono, ci hanno speculato sopra, con almeno un’ora di chiacchiere assortite.
E dirò di più: a me Mutu piace moltissimo così.
E’ molto meno ingessato tatticamente di quando giocava nella Juve e si vedeva che la maggior parte delle volte faceva (bene) il compito assegnatogli da Capello.
Se per un paio di volte non la passa a Toni o ad altri (già, ci sono anche gli altri…), pazienza, ci adatteremo.
Sarebbe il massimo dell’autolesionismo se invece di far male agli avversari, con una coppia del genere ci facessimo male da soli.

Hanno segnato altri, ma io scelgo Donadel e Mutu perché sono le due facce della stessa medaglia.
Quella della strada che ci porterà faticosamente alla salvezza.
Donadel è il giocatore che fino ad oggi ha offerto il miglior rendimento dall’inizio della stagione e sarà bene ricordarselo quando avrà un calo, perché lui é l’esatto contrario del giocatore appariscente.
Mutu é divertente come pochi altri nella storia viola, che pure di gente fantasiosa ne ha vista passare tanta.
Non sai mai quello che fa, non lo sa forse neanche lui, ma soprattutto non lo sanno gli avversari.
E pazienza se qualche volta non lo sa neppure Toni, che vorrebbe qualche servizio in più: col tempo questa coppia troverà le coordinate giuste.
Intanto siamo a meno quattordici dalla salvezza e ci prepariamo a passare due settimane più tranquille delle precedenti.
Con questi chiari di luna non é cosa di poco conto.

Machiavelli (ipotetico ultra della Fiorentina di qualche secolo fa): il fine giustifica i mezzi.
Tifoso viola: anche al novantesimo su autorete di Stovini.
Voglio dire che non importa come ci si arriva ai tre punti, basta farli questo pomeriggio, per non cadere in una spirale depressiva lunga quindici giorni, quelli che intercorrono da oggi alla gara di Empoli.
Meglio giocare bene, ovvio, ma lasciamo a casa il fioretto e diamoci dentro di sciabola.
Le altre penalizzate corrono o hanno un’andatura tutto sommato soddisfacente, oggi è l’occasione giusta per mettersi al passo con il resto della truppa.

Già in quattro mi avete scritto che la massima non è di Machiavelli: faccio professione di umiltà (difficile eh, per la categoria…) e mi arrendo. Cmq non cambia la sostanza del concetto: oggi il fime giustifica i mezzi.

Sono uno di quei fortunati a cui Prodi, per dirla alla Tremonti, ha messo le mani in tasca.
Non è ironia la mia: mi va bene rientrare nella categoria che con la Finanziaria “sangue, sudore e lacrime” del Governo ci rimetterà qualche migliaio di Euro l’anno.
In caso contrario, quasi certamente negli anni scorsi non mi sarei potuto permettere le vacanze d’estate e la settimana bianca in inverno.
Detto questo, confesso di essermi sentito “bucherellato” dai provvedimenti: non ce n’è uno che vada a mio vantaggio, anche statisticamente un risultato così era difficile da ottenere.
Lì per lì ho provato un moto di ribellione, pensando di avere votato (un po’ turandomi il naso) per questa maggioranza, poi però mi sono confrontato con una delle architravi del mio “pensiero sociale”: avere qualcosa in meno del superfluo che ci circonda per cercare di stare tutti un po’ meglio.
Ho quindi calcolato che il salasso corrisponde più o meno alla differenza che intercorre tra un futuro modello di macchina ed un altro ed ho pensato che, sia pure non proprio felice, mi potevo anche sacrificare.
A patto però che questi soldi in più che mi prendono servano davvero ad equilibrare e alleviare i disagi delle reali sacche di povertà, che vengano ridotti al minimo gli sprechi tipici di una sinistra troppo orientata allo statalismo e che soprattutto paghi la meritocrazia e non l’iscrizione al partito (altro vizio capitale della sinistra, basta dare un’occhiata alla Rai o ai bilanci in profondo rosso dei giornali di partito).
Staremo a vedere; intanto pago, ma proprio per questo (come allo stadio) mi riservo il diritto di contestare.

Una piccola precisazione: guardate che il “mettere le mani in tasca agli italiani”, non riguarda solo chi guadagna 70.000 o 75.000 Euro, perché su questo punto si può essere tutti più o meno d’accordo (e cmq la faccenda ahimé non mi riguarda).
Le mani in tasca interessa soprattutto la ritenuta sulle obbligazioni, che passa dal 12,5 al 20 per cento.
Se io ho 200.000 Euro in Btp che rendevano 9200 Euro, adesso quelli stessi 200.000 Euro rendono 8000 Euro. In campagna elettorale avevano detto che avrebbero applicato la nuova aliquota solo sulle nuove emissioni ed invecele applicheranno su tutte.

Ora però basta con Brocchi.
Sembra sia diventato un incrocio tra la tecnica di Maradona e l’agonismo di Gattuso, la soluzione di tutti i mali.
Quando arrivò alla Fiorentina da semplice riserva del Milan, il mio amico Paolo Beldì cacciò un grido di dolore: “ma cosa lo abbiamo preso a fare? Guarda che quello è come il suo amico Vieri, ci farà impazzire”.
Ho preso in giro Beldì per nove mesi, anche se un paio di uscite extra campo di Brocchi sono state perlomeno curiose.
Ma a me interessava quello che combinava nelle partite e siccome combinava tento, chi se ne importava delle altre vicende.
Alla fine della stagione Brocchi e la società hanno rotto i rapporti.
Secondo la Fiorentina lui è venuto meno alla parola data, pretendendo tre anni di contratto ad un milione netto invece di due a seicentomila.
Se Corvino avesse ceduto, ci sarebbero state ripercussioni a catena e quindi ha fatto bene la società a tenere duro, a non mostrarsi debole.
Poi è arrivato Berlusconi, gli ha sussurrato qualcosa nell’orecchio e Brocchi si è dimenticato di tutto.
Siccome da queste parti non ci siamo mai messi a pregare nessuno (neanche Batistuta o Baggio, figuriamoci Brocchi), a me tutti questi pianti per la sua partenza mi sembrano eccessivi e perfino un po’ offensivi per la nostra intelligenza.

Rassegniamoci e consoliamoci: soffriamo noi, ma soffrono tutte.
Vista l’Inter, una squadra ben oltre il limite della crisi di nervi?
E la Roma, assolutamente impalpabile in attacco?
Pensavo, guardando la partita di Valencia e ricordandomi di Taglialatela al Mestalla: ma noi permetteremmo a Totti una latitanza imbarazzante che dura ormai da due mesi?
Unico paragone possibile, quello con Batistuta: bastarono appunto due mesi di anonimato, tra settembre e ottobre del 1999, per porre domande imbarazzanti sul futuro dell’argentino.
Poi Gabriel segnò a Wembley e dimenticammo tutto.
Dobbiamo ammettere che forse a Roma sono più pazienti di noi.
Dunque, una stagione di sofferenza per tutti, specialmente per noi che ci siamo dentro (anzi, siamo sotto) fino al collo.
Forse ci conviene pensare che questo mese di settembre che sta per finire ha funzionato da allenamento, molto meglio di quanto abbiano funzionato le amichevoli estive per la Fiorentina.

Ragazzi (e ragazze, spero) giornata caotica: rispondo ai post in serata.

Vabbeh, visto che lo hanno ricordato gli amici di Fiorentina.it (che è certamente molto più visitato di questo “nostro” blog), tanto vale ammettere subito le proprie responsabilità: è il mio compleanno.
Come vedete dall’ora in cui scrivo, è proprio un giorno come tutti gli altri, salvo il fatto che inevitabilmente si finisce col complilare un piccolo bilancio.
Meglio piccolo, nel senso di un anno, perché nei grandi numeri (e qui siamo già a 46…) uno finisce col perdersi tra voci attive e passive, rischiando pure un filo di malinconia.
Però ieri pomeriggio un tuffo all’indietro nel passato remoto l’ho fatto, ed è stato quando sono andato a salutare per l’ultima volta Riccardo Sarti, il figlio di Giuliano, che aveva un anno meno di me.
Da bambini, per due estati indimenticabili, abbiamo giocato a Castiglioncello e a me sembrava impossibile conoscere il figlio del grande portiere dell’Inter.
Esattamente come può succedere oggi a chi gioca con i figli di Toldo.
E’ stato tutto di una tristezza e di una dolcezza indicibile e mi è venuto da pensare ai miei compleanni da bambino, quando l’attesa per il giorno fatidico mi consumava.
Poi la sera del 27 settembre, inevitabilmente, mi rimaneva un retrogusto di delusione, forse perché era durato così poco.
Insomma, un sabato del villaggio leopardiano moltiplicato per dieci.
Ma c’è anche un altro compleanno, più recente, che non riesco a scordare.
Ero a San siro, avevamo appena pareggiato due a due con l’Inter giocando un grande calcio e restavo da solo a Milano perché lavoravo come borsista a Panorama.
Mentre gli altri ripartivano per Firenze in una giornata bellissima di inizio autunno, io ebbi la netta sensazione che a 32 anni il tempo delle futilità, il tempo in cui gli altri ti perdonano gli errori perché “sei giovane” fosse ormai definitivamente concluso.
Sarà stato un caso che proprio in quei giorni finì un amore e ne cominciò uno diverso, più forte? Non credo…

P.S. GRAZIE A TUTTI PER GLI AUGURI!! QUESTO BLOG E’ VERAMENTE NOSTRO

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