Era da quando è cambiata la prorpietà di Radio Blu, quindi dal gennaio 2007, che avevo intenzione di dedicare uno spazio autonomo ai tifosi.
Tutte le volte però mi bloccavo di fronte ad un ostacolo per me insormontabile: dovendo la trasmissione, pur nella sua totale indipendenza, avere un livello che fosse simile a quello del Pentasport, non riuscivo a trovare un conduttore e un responsabile capace di darmi fiducia.
L’unico su cui mi sentivo di puntare ad occhi chiusi si chiamava Leonardo Vonci, che conosco da vent’anni e che ho visto crescere esponenzialmente nelle ultime stagioni.
Ho quindi cominciato un corteggiamento che mi ha fatto andare per due volte in bianco (estate 2007 ed estate 2008), ma quando Leo finalmente ha detto di sì, non ho avuto esitazioni e ho fatto partire il nuovo programma che non può che collocarsi che il lunedì e il venerdì dopo il Pentasport e che si chiamerà “Viola nel cuore”.
Ci stiamo lavorando da mesi e sono molto contento di avere avuto l’ok alla partecipazione in studio di Marzio Brazzini, Pietro e Michele Vuturo, Filippo Baragli, oltre agli intereventi telefonici di Valter Tanturli e potrarno “godersela” tutti i tifosi sparsi per la Toscana, non solo i fiorentini.
Chiaro che ci sarà una concorrenza leale, ma forte con la trasmissione del mio amico Stefano Sartoni, senza che questo tocchi minimamente i nostri rapporti.
Che dire? Vinca il migliore.

Siccome c’erano le telecamere e lo vedrete credo alla Rai, non svelo nessun segreto a raccontare qualcosa della splendida serata organizzata e offerta da Pantaleo Corvino in un posto mozzafiato sopra Firenze, una finestra che ha lasciato a bocca aperta i tanti inviati della Nazionale.
Tra i primi ad arrivare, Prandelli, sorridente e in grande forma.
Atmosfera rilassata con il ds a fare da anfitrione e nemmeno sembravamo il microcosmo che spesso si scanna per questioni abbastanza futili.
Passano pochi minuti e si invitano i signori partecipanti a ballare sui ritmi del Salento: io ovviamente me ne sto ben defilato, imbranato come sono anche a muovere tre passi (eppure come mi piacerebbe, così come vorrei saper cantare…).
Le più coraggiose sono come sempre le signore, ma non tutte.
Per fortuna nessuno mi trascina e dopo un’ottima esibizione di Enzo Baldini (ma dove ha imparato? mah), a cui tra i giornalisti seguirà solo un bravissimo Francesco Izzi, va in scena Cesare.
E’ un’apoteosi, sembra si sia sempre esibito nelle feste che si svolgono nei dintorni di Lecce, invece che stare in panchina e allenare tutta la settimana.
Invidioso, gli chiedo come diavolo faccia a conoscere così bene quelle musiche e lui mi risponde serafico che non sa affatto ballare, ma sente la musica e si impegna, ma dimmi te…
Non male neanche Sandro Mencucci, l’unico tra i dirigenti a provarci, ma Prandelli è veramente di un’altra categoria.
Alla prossima Champions conquistata bisognerà farlo ballare, ma davvero, sotto la Fiesole.

Ma come sono banali questi calciatori, con la loro inarrestabile ingordigia, sospinti e sobillati da procuratori più ingordi di loro.
A proposito, ne vedo spuntare a bizzeffe di nuovi e improvvisati assistenti.
Ogni giocatore, che ormai fattura come una media impresa regionale, ne ha almeno due, soprattutto quelli stranieri, uno per l’Italia e laltro per l’estero.
A cosa servono non si sa, ma si vede che servono, perché altrimenti mica butterebbero via i loro quattrini i signori calciatori.
Ogni tanto sento dire dai miei: “abbiamo intervistato tizio, caio o sempronio” e per me sono assoluti sconosciuti, apparsi improvvisamente e misteriosamente alla ribalta, ma è colpa mia che mi sono fermato ai Canovi, Branchini, Pasqualin e via a seguire.
Tutta gente che se ne frega dell’attuale momento economico, dei pagamenti che slittano almeno di due o tre mesi, loro pensano ad arraffare il più possibile ed il prima possibile.
Comunque sia, adesso siamo in mezzo al balletto di Melo a cui, è chiaro, di Firenze e della Fiorentina gliene importa quanto gliene poteva importare dell’Almeria o della prossima squadra in cui andrà.
La Fiorentina per lui è un taxi: ci sale, gli pagano la corsa e poi scende.
Però la curva gli fa i cori, perché è uno tosto che piace e pazienza se ha messo la squadra due volte in grave difficoltà (e una terza, contro il Siena, lo hanno graziato).
Ribadisco il concetto: a venti milioni di euro si impacchetta e si porta a destinazione, senza neanche troppi rimpianti.

Ma davvero Melo vale il triplo di Kuzmanovic?
Se questi sono i valori di mercato, ribadisco il concetto di domenica: se proprio dobbiamo fare un taglio doloroso, vendiamo Melo e investiamo “alla Corvino” il ricavato.
Kuz ha sbagliato la stagione, può succedere, ma è potenzialmente fortissimo, a patto che ci creda per primo lui.
Sono davvero poco esperto di mercato, però mi pare che con otto milioni non si compri molto, a meno che non sia Prandelli a non avere più fiducia in Kuz e allora il discorso cambierebbe completamente.
Mi sembrerebbe strano, ma potrebbe essere un’ipotesi.

Stamani mi sono alzato con la curiosità di vedere che tempo ci fosse: ideale per la passeggiata a Monte Senario…
Mi sembrava di essere tornato indietro nel tempo, quando speravo che piovesse per evitare di andare a fare delle pallosissime passeggiate (oggi però le apprezzo di più perché capisco che sono necessarie per cercare di non scoppiare in poltrona) che sotto tortura avevo improvvidamente promesso di compiere il giorno successivo.
E invece c’è la temperatura giusta, non fa affatto caldo, poi magari alle nove si scatena il finimondo, e comunque mi e ci (a Saverio, intendo) resta l’amarezza di non avercela fatta.
A questo punto confessiamo tutte le alternative che avevamo in cantiere per il quarto posto.
Due settimane fa era quasi certa una festa al Piazzale Michelangelo subito dopo la partita col Milan, una cosa enormemente difficile da organizzare, ma molto affascinante.
Eravamo a posto con tutto: permessi, mangiare, bere, sicurezza, palco e impianto, ma poi la Fiorentina ci ha detto che fino all’ultimo non sapeva se veniva oppure no, e allora non avrebbe avuto senso mettere su tutto questo senza la partecipazione dei protagonisti, che sarebbero dovuti spuntare dalle rampe e con Firenze alle spalle.
Poi, sabato scorso, mi era venuto in mente che avremmo potuto organizzare per sabato prossimo una “merenda del ringraziamento” in Piazza della Libertà con il sottoscritto e Saverio in veste di garzoni a servire i panini.
Però ho visto che non entusiasmava e in effetti, visti i festeggiamenti post Milan, è stato meglio così.
Infine, domenica sera, il buon Pestuggia mi aveva chiamato per propormi lo stesso la passeggiata a Monte Senario, forse come espiazione per le tante bischerate dette in radiocronaca, ma ho cortesemente declinato l’invito.
No, meglio così.
Ogni altra cosa, a parte la festa subito dopo il Milan (ma chissà in quanti sarebbero venuti e con quale spirito) era un modo di dire che ci accontentavamo per non aver raggiunto un sogno.
Ci resta comunque l’impresa, e non è poco.

Beh, ci abbiamo provato.
Secondo me è stato peggio a Lecce, nonostante il pareggio, e non oso pensare a cosa sarebbe successo senza il gol di Jorgensen, ma è lì che abbiamo capito che il terzo posto era un miraggio.
La Fiorentina ha finito stanca il campionato, come era prevedibile per una squadra che ha fatto i preliminari.
Stanca, ma vincente, come in pochi credevano a gennaio.
Il Milan oggi ha meritato, ha tenuto la gara sui ritmi che voleva e col palleggio nel secondo tempo non l’ha proprio fatta vedere.
Da oggi sono aperte le discussioni sui zero euri di Corvino: se è una tattica, ma non credo, è fatta molto bene.
Bisognerà arrangiarci ed io invito tutti a valutare l’opportunità di cedere Melo, un po’ troppo idolatrato dalla curva, mi pare, se davvero arrivasse l’offerta da venti milioni.

Sì, ora è venuto il momento di staccare la spina sul resto: Maldini, Melo, Mutu e via a seguire.
Bisogna fare tutti uno sforzo di concentrazione, avere davanti solo il Milan, pensare al ritorno di questa sfida da Champions diretta, smettendo pure di dire che abbiamo già raggiunto l’obiettivo.
No, lo sforzo mentale maggiore deve essere quello di pensare di aver perso all’andata e di dover fare almeno due gol per qualificarci.
Non dovrebbe essere troppo difficile, almeno per noi che non andiamo in campo.
Per loro magari di più, ma sono o non sono professionisti tra i più bravi di Italia?

E meno male che ho trovato una redazione consenziente!
Dopo varie segnalazioni, nelle ultime 48 ore mi sono fatto un giro mediatico a carattere radio/internettiano e sono rimasto allibito.
Ma come si fa a cinque/quattro giorni dalla partita spareggio della stagione, con decine di temi tecnico/tattici da proporre per Fiorentina-Milan, con una gara così affascinante alle porte, a riempire schermate e ore radiofoniche a parlare di mercato e di Melo in particolare.
Va venduto o va tenuto? Dai, facciamo un sondaggio.
Lo fa apposta oppure è così di natura? Quanti soldi ci prendiamo e come li investiamo?
Ragazzi miei, colleghi spesso senza neanche uno straccio di gavetta nelle serie e negli sport cosiddetti minori, chiamati spesso a pontificare da improvvisate tribune autoreferenziali fino a ieri impensabili, ma allora quando se la prendono con noi perché dicono che vogliamo sempre far casino mica hanno del tutto torto.
Ma chi se ne frega in questa settimana di Melo e della sua cessione?
Preso da sacro furore ho dunque chiamato in redazione incappando nel povero Sardelli a cui ho intimato: stasera abbiamo in scaletta Di Marzio?
No?
Benissimo, neanche una parola di mercato, solo Fiorentina-Milan.
“Avremmo un “parlato” di Campagnaro, un paio di minuti”, mi ha risposto un po’ imbarazzato.
E sia, perché un “parlato” alla radio è sempre importante, ma non provate a parlare di Melo e della sua possibile cessione.
Magari qualcuno dei miei avrebbe anche avuto voglia e non me l’ha detto, ma fino a lunedì silenzio assoluto e pazienza se perdiamo cinque ascoltatori.

Nel calcio così come nella vita bisogna avere memoria.
E allora io non mi scordo di quello che ha fatto il Milan l’otto ottobre scorso per Borgonovo, pur avendo giocato Stefano un solo e travagliato anno con quella maglia.
Non mi scordo che il Milan, la squadra italiana più importante al mondo, va sempre ad ogni evento che riguardi la Fondazione. E che Ancelotti regalerà alla Fondazione i proventi del suo libro.
Non mi scordo neanche che, in 28 anni passati a girare l’Italia, per 24 campionati ho incrociato spesso Paolo Maldini e mai una volta è successo che non sia stato educato, pur non conoscendomi affatto, sia che concedesse o non concedesse l’intervista.
Questo si chiama stile e non me ne importa niente di chi sia il presidente del Milan, della politica e di tutto il resto.
E per questo trovo doveroso, ripeto doveroso, lo striscione e l’applauso del Franchi per un calciatore straordinario ed una persona perbene.
Trovo invece stucchevoli ed inutili le polemiche se sia giusto o non accogliere così il capitano del Milan.
Dopo di che vorrei vedere un Franchi come non l’ho mai visto neanche con la Juve.
Vorrei che tutti noi spingessimo la squadra ad un traguardo fantastico che resterebbe nella storia, vorrei che tutti noi uscissimo dallo stadio provati come non mai, ma felici.

P.S. Questa è fantastica e me l’hanno fatta notare i ragazzi di Radio Blu.
C’è un sito che pur di non citare violanews.com non ha dato la notizia del Fiorino d’oro consegnato oggi a Prandelli, di cui parleranno domani tutti i giornali.
Bellissimo, quasi quasi scrivo una lettera al direttore, ma temo che non risponderà perché impegnato a rimirarsi nelle sue prodezze calcistiche…

UN LIBRO DI SENTIMENTI, PASSIONE E VERITA’: PIACEREBBE A MONTANELLI
Di Filippo Grassia

Un libro di sentimenti e di verità, scritto con il cuore, senza calcoli: leggibilissimo e godibilissimo. Per questo avrà fortuna. Indro Montanelli l’avrebbe divorato di gusto, lui che ogni settimana scommetteva scaramanticamente sulla sconfitta della Viola, per la scorrevolezza, la puntualità e l’incisività dello stile. A lui, che scriveva senza fronzoli, piaceva dire: “Se un lettore qualunque fatica a leggere un tuo pezzo in metropolitana, vuol dire che non sei un buon giornalista, non lo sei ancora”. Lo diceva con un pizzico di cinismo, quanto gli serviva per porsi in affettuosa antitesi con Bettiza che su ogni frase ci ricamava. Guetta avrebbe fatto la sua figura nella squadra di Montanelli, mi sento di affermarlo dopo essere stato con Cilindro per sette anni al “Giornale Nuovo” e averlo seguito in altre escursioni. Mi direte che questo è un romanzo (o meglio, un saggio) e non un foglio quotidiano di carta stampata. Ma il discorso non cambia di una virgola laddove la chiarezza di esposizione, come nel nostro caso, non ha niente da spartire con la banalità. E poi, come scriveva Vasco Pratolini, “le idee non fanno paura a chi ne ha”.
In questa opera, che non è minimale e poi spiegherò il perché, l’autore la fa da protagonista, ma in modo lieve. E’ la storia particolare, soggettiva e comunque vera delle cose viola dai primi anni ottanta a oggi, una storia raccontata dall’osservatorio ora ingenuo, ora tifoso, ora privilegiato di David. E’ un libro che riesce a essere molto fiorentino senza cadere nel provincialismo tipico delle città mediane che vorrebbero ma non possono. Da queste parti il calcio è cosa essenziale, attraversa e abbraccia ogni ceto sociale, fa parte del Dna comune, non è la metafora della vita, è la vita stessa. Altrimenti la nuova Florentia in C2 non avrebbe più pubblico della vecchia Fiorentina in A. L’amore non si misura di norma a peso, stavolta però i numeri dicono quanto intenso e profondo è il sentimento che lega la gente di qualsiasi strato sociale alla squadra di pallone. Un concetto sospeso in ogni capitolo.
Se c’è un motivo che ho apprezzato in modo particolare, è il modo con cui Guetta si pone nei confronti dei suoi interlocutori. Di ciascuno racconta il suo rapporto con sincerità perfino sorprendente. La diplomazia è una utopia. I colori sono forti, i sentimenti espressi con forza. Prendete ad esempio i riferimenti al damigello di Vittorino Cecchi Gori dal cognome lunare. O talune sorprendenti rivelazioni. Come il mancato passaggio di Batistuta a Robbiati in un Roma-Fiorentina perso sul filo di lana nell’anno del mancato scudetto trapattoniano. “Ma guarda quanto è egoista”, mi dissi vedendo in tivù la scena del mancato raddoppio che avrebbe significato la quinta vittoria consecutiva. Da Guetta imparo invece che Batigol non passò il pallone al compagno meglio piazzato per via di uno screzio da spogliatoio.

E’ un peccato, questo sì, che David (a me piace chiamarlo Davìd con l’accento sull’ultima vocale) non abbia avuto uno spazio nazionale. Nel panorama dei radiocronisti di “Tutto il calcio minuto per minuto” farebbe un figurone. Lo conobbi in un pomeriggio d’estate del ’93, presentatomi dal satellite di Vittorino Cecchi Gori. In quei giorni avevo ricevuto l’offerta di dirigere Canale 10 e iniziare una strana avventura televisiva che abortì a metà strada. Inevitabile con quei compagni di cordata. “Guetta?”, dissi. “E chi è?”. Invece sapevo molto di lui.
Per una curiosa coincidenza un’amica di Lucca, straordinaria tifosa viola, mi aveva detto: “Guarda che se accetti la proposta e vai a Firenze, devi prendere Guetta. E’ uno incredibile, lo devi ascoltare, macina parole a un ritmo spaventoso, ti mette l’ansia, ti fa venire l’infarto, ma è unico. O sei allo stadio o devi vivere la partita con le sue parole. Dammi retta”. A distanza di tre giorni ricevetti un pacchetto con tre cassettine, sul nastro altrettante radiocronache di Guetta: uno spettacolo. Mi ero detto, dieci minuti e via. Dopo un’ora ero ancora lì a gingillarmi con la voce di Guetta che dava di ogni azione una interpretazione particolarissima: vera, falsa, chissà, alla Guetta. Il massimo per chi ha la Fiorentina nel cuore, nell’anima, nella testa.
Con Davìd ho trascorso un anno e mezzo a Firenze, un anno e mezzo tanto difficile quanto esaltante. In quel periodo ho imparato ad amare la città dei Medici. E i fiorentini mi hanno riservato un trattamento speciale, da re. Il giorno che chiusi con Canale 10, lanciarono dei volantini a mio favore: non lo dimenticherò mai. Per questo e altro ancora sono felice dello spazio riservatomi dall’editore Giannelli e dall’autore Guetta: felice ed onorato. Nel libro di Davìd ho ripercorso tante tappe della mia vita, sarà così per tutti coloro che portano un giglio all’altezza del cuore.

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