Fiorentina allievi grandiosa e Rai scandalosa, anche se ci ha guadagnato Radio Blu.
Nonostante che qualcuno su internet avesse scientificamente tagliato il comunicato della società che annunciava, oltre alla diretta televisiva sul canale 227, pure la radiocronaca, tutti sapevano che Sardelli e Zoccolini avrebbero trasmesso la partita da Pagani.
La Rai invece niente, in linea con la tradizione della Champions, meglio la pallavolo…
E’ stata una grande emozione, con Corvino a soffrire negli ultimi dieci minuti ed io con lui.
Poi però ha fatto spengere la radio e così sono rimasto solo io a sentirla e davvero a tre, quattro minuti dalla fine avevo paura del pareggio.
Gioia pura sul 3 a 1 e tutti a cantare l’inno della Fiorentina, ma la radiocronaca è meglio farla che sentirla: si soffre troppo quando la posta in gioco è alta.
Bellissimo il dialogo commosso di Corvino con Buso in diretta e che grande mezzo che è la radio, il più povero tra i media, ma anche quello che permette di sviluppare al massimo la fantasia.
Adesso bisognerà cominciare a conoscerli meglio questi ragazzini perché promettono grandi cose.
Un po’ come Sardelli, veramente molto bravo in radiocronaca (si dirà giustamente che lui, con Zoccolini, ha già vinto uno scudetto e io nulla in 26 anni…) e Loreto stoico in redazione: quindici ore di diretta consecutive, dalle otto di stamani alle ventitre.
Va bene che non è certo come andare in miniera o fare il camionista, ma bisogna pur sempre rimanere lucidi.
Corvino alla fine ha detto a Ciuffi che lo scudetto che gli aveva promesso quando è arrivato a Firenze lo ha conquistato, ma si vedeva che scherzava…

Ragazzi, diamoci una calmata, il campionato è finito da nemmeno venti giorni, siamo arrivati quarti e qualcuno sembra già sull’orlo di una crisi di nervi.
Lo capisco che un’estate intera passata a rimescolare i soliti giocatori non sia il massimo della vita calcistica, ma io sarei più preoccupato della seconda parte del discorso di Corvino perché alla fine un centrale difensivo e un vice Gilardino arriverà, bisognerà semmai vedere di che livello.
Sto parlando della paura di avere gente senza stimoli.
Quello sì che è un pericolo assolutamente da non sottovalutare, ed è lì che Prandelli e Corvino dovranno dimostrarci ancora una volta quanto sono bravi.
Sul discorso che i Della Valle “debbano” spendere ho moltissimi dubbi, perché il tutto nasce da un presupposto sbagliato.
E cioè che una cosa del genere, il fatto cioè di cacciare ogni anno svariati milioni di euro, non faccia parte di alcun patto sottoscritto con noi che amiamo la Fiorentina.
Voglio dire: hanno mantenuto fede alla parola data, ci hanno riportato in A e fatto stare anche piuttosto bene da quattro anni a questa parte, mi pare.
Il loro, dunque, lo hanno fatto, ma per andare a vincere lo scudetto (perché è questo che vogliamo, inutile girarci intorno) ci vorrebbe una pazzia, un paio di anni alla Moratti cittadella o non cittadella.
E i Della Valle le pazzie non ne fanno, anche perché della Fiorentina hanno cominciato ad interessarsi solo nel 2002.
Ma sono meglio loro, così attenti al bilancio e puntuali pagatori degli stipendi, o quelli che si commuovono quando vedono viola, hanno il portafoglio che straborda milioni e quando c’è bisogno di aiutare la squadra che tanto amano staccano il telefono o fanno dire che non ci sono?

Confesso di non appassionarmi mai troppo alle vicende del settore giovanile, forse perchè la mia più che trentennale frequentazione calcistica come giornalista è lastricata di promesse sicure poi non mantenute.
E però la quarta finale scudetto dell’era Corvino ha qualcosa in più per il semplice fatto che questa è la “sua” squadra, quella per cui già nel dicembre scorso era disposto a scommetterci.
Come nelle altre occasioni manderemo due inviati a raccontare la partita, sperando che sia la volta buona per vincere il primo scudetto dell’era Della Valle.
Sarà molto particolare sentire Sardelli e Zoccolini descrivere Fiorentina-Inter (domani ore 20.30) mentre insieme a Corvino, Ciuffi e ad altri trenta tifosi saremo a cena alle Botteghe di Donatello per via di una scommessa persa dal titolare sui gol di Gilardino.
E siccome mi pare che non ci sia la televisione a coprire l’avvenimento, ancora una volta la vecchia inimitabile radio si dimostra come il mezzo di comunicazione più affascinante che abbiamo e avete a disposizione.

Serata al Doccia, luogo della mia massima espressione calcistica: seconda categoria, trent’anni fa, pensa un po’ te…
Siamo tutti lì, e siamo in tanti, per salutare Cesare Ugazzi, che se ne è andato senza un perché più di un anno e mezzo fa e che però continua a vivere nella memoria di chi gli ha voluto bene.
Pur di esserci Ferruccio Ferragamo, che di Cesare era il datore di lavoro, ha lasciato Pitti e tutti le sue luccicanti vetrine e premia visibilmente commosso.
C’è anche Giancarlo Antognoni, l’amico/mito di Cesare, che aveva solo tre mesi più di me e che quindi ha vissuto in pieno i quindici anni del capitano a Firenze.
E qui succede qualcosa che avevo già visto, ma che nelle tre ore dell’evento, un torneo di calcio, si ripete più volte.
Arriva il quaranta/cinquantenne con il figlio accanto, chiede emozionato l’autografo ad Antonio e poi prova a spiegare al ragazzino chi era Giancarlo e cosa è stato per la Fiorentina.
Il ragazzino annuisce, ma si vede chiaramente che pensa ad altro, magari a Melo che se ne va o a Kaka con la nuova maglia del Real Madrid.
Ed è qui che bisogna intervenire, la Fiorentina per prima: recuperare nelle nuove generazione la memoria di ciò che è successo in passato.
Il calcio vive di questi sentimenti e non è possibile che mio figlio tra dieci anni non sappia chi erano Batistuta, Toldo e Rui Costa.
Quando facevo la terza media avevo ben chiaro la Fiorentina del primo scudetto, ero un malato di calcio?
Non credo, visto che eravamo in tanti a recitare Sarti, Magnini, Cervato, Chiappella, Rosetta, Segato e via a seguire.
Che oggi si debba spiegare ai tifosi viola di domani chi era Giancarlo Antognoni mi pare davvero il massimo.

Se questo blog è lo specchio di una fetta della nostra vita sociale, che tristezza amici miei per quello che viene fuori quando tiro fuori argomenti che esulano dal pallone.
A parte gli imbecilli (sì, gli imbecilli, perché non trovo altri modi per definire quelli che mi invitano ad occuparmi solo delle gambe dei calciatori), qui c’è la netta sensazione che si scenda dal letto la mattina col “tifo” in testa, con l’idea cioè di giocare sempre e comunque “contro” qualcuno.
Esempio classico, l’ultimo post dedicato alle sciocchezze (tante) dette ultimamente dal nostro Presidente del Consiglio: battute, pensieri in libertà, un po’ troppo in libertà.
Ebbene, ditemi voi su una settantina di messaggi in quanti hanno affrontato l’argomento, che era, appunto, quello delle cose dette da Berlusconi.
Macché, da destra il ghigno di chi mi dà di comunista (a me…) e con rabbia mi ricorda che “ho” perso le elezioni, e poi giù bordate su Franceschini, D’Alema e Prodi.
Da sinistra quasi il rifiuto di riconoscere questo Governo, come se non fosse invece stato eletto dalla maggioranza degli italiani.
Ognuno scende in campo con la sua bandiera, come se fosse una partita di calcio.
Purtroppo però è la vita e se continua così non solo non andremo da nessuna parte, ma torneremo sempre più indietro.

Incontenibile, irrefrenabile, ormai chiaramente senza controllo.
Ogni giorno almeno un paio di uscite perlomeno inopportune, certamente discutibili.
Se poi esagera, ecco puntuale la smentita due ore dopo, anche quando c’è la registrazione.
Sto parlando, ovviamente, del nostro Presidente del Consiglio.
Ecco le ultime due perle: “parto per l’America bello e abbronzato” e “ora manca solo che dicano che sono gay”.
Utilità delle suddette frasi? Boh.
Posso pure accettare che ci governi la destra, anzi mi sento prima un italiano che un elettore progressista e quindi vorrei sempre che il Governo facesse il massimo e ottenesse il massimo, ma di questo cabaret non se ne può sinceramente più.
Fini, Tremonti e Casini, salvateci voi.

Ogni tanto penso a quando smetterò di fare la radiocronaca, evento auspicato da chi proprio non mi può vedere.
Capisco i gufi,vista l’asprezza del mio carattere e la longevità radiofonica.
Qualche tempo fa un evento del genere non riuscivo proprio a contemplarlo, mi agitavo, mi sembrava la fine del mondo.
Poi arrivano i figli (uno, due, tre), arrivano le notizie di persone a cui vuoi bene che soffrono e poi se ne vanno, pensi che sei vicino ai cinquanta e allora vedi le cose in un’altra maniera.
L’introduzione personale è per dire dello stupore di una prossima Fiorentina senza Raffaele Righetti.
Ne ho scritto oggi sul Corriere Fiorentino: il 30 giugno scade il suo contratto e quasi certamente non sarà più il segretario generale della società.
E’ una situazione diversa da quella di Silvia Berti, che comunque è stata per anni l’interlocutrice professionale con cui confrontarsi.
Righetti è sempre stata l’unica persona in Fiorentina con Mario Cecchi Gori, Diego Della Valle e Mario Cognini a cui non sono mai riuscito dare del tu.
Un segno di rispetto, direi quasi filiale.
Lui a me sì, e vorrei vedere, visto che nel 1977 ero già nell’anticamera del suo ufficio nel viale dei Mille a pietire un pass per andare a fare col mio registratorino le interviste dopo la partita (andavo in Ferrovia con l’abbonamento e scattavo in tribuna al fischio finale).
Io gli voglio molto bene e anche lui credo mi sia affezionato, ma non è il sentimento che mi fa pensare a quanto sia difficile immaginare una Fiorentina senza Righetti.
Poi, certo, pensi che ha settant’anni, che tutto finisce e che in fondo è giusto che sia così.
Ma io tifo lo stesso perché in qualche modo, come mi hanno assicurato in Fiorentina, la sua storia lunga 48 anni ancora non si chiuda.

P.S. Fantastico!
Mi hanno segnalato, ed è vero, che su un sito pur di non mettere la mia intervista a Righetti, che poi sarebbe un’esclusiva, hanno pubblicato un altro articolo sull’argomento con un commento che faceva riferimento all’intervista che però non c’era…
E vai così, questo è il giornalismo sportivo fiorentino delle ultime generazioni nel 2009.

Sono molto soddisfatto delle risposte date a Repubblica di Matteo Renzi e Giovanni Galli a proposito della cittadella viola da 80/90 ettari ipotizzata a settembre dai Della Valle.
I due candidati alla poltrona di sindaco hanno detto che un progetto del genere non è fattibile nell’attuale situazione di Firenze.
Attenzione, non sono impazzito, è chiaro che avrei voluto che dal plastico di Fuskas si passasse ai fatti.
La mia soddisfazione è piuttosto legata all’onestà di Renzi e Galli, che conosco da anni (il secondo da più di trenta e per cinque stagioni è pure stato nostro opinionista) e da cui comprerei una macchina usata perché certo di non prendere una fregatura.
Purtroppo un’area così grande a Firenze non è disponibile, inutile girarci intorno, e loro lo hanno detto a costo di deludere le aspettative che inevitabilmente si dilatano nei momenti pre elettorali.
Ma invece di piangerci addosso, guardiamo di rimboccarci le maniche e trovare con i Della Valle una soluzione alternativa e soddisfacente.
Questo Giovanni e Matteo (mi permetto la confidenza) lo devono alla città e al loro amore per la Fiorentina.

Sono più immorali i 94 milioni per Cristiano Ronaldo o i 2 milioni e 300mila euro netti a stagione di ingaggio che prende Bonera al Milan?
Secondo me sono molto peggio i secondi, perché il talento non ha prezzo.
E mentre Cristiano Ronaldo, Messi, Kaka e pochissimi altri determianano le vittorie e quindi moltiplicano gli introiti, gli altri vanno in panchina.
Certo, sono cifre che fanno paura, ma ci avete fatto caso che ormai tutti giochiamo con i soldi del calcio come se fossero quelli del monopoli.
Ormai ci sembra una sciocchezza se per un cartellino la differenza tra domanda e offerta è di un milione di euro.
E cosa vuoi mai che sia?
Ma lo avete mai visto insieme un milione di euro?
Basta pensare che investendo quel misero milione in titoli di stato senza (forse) problemi uno poi ci campa bene tutta la vita ed ecco che forse valuteremmo con maggiore attenzione quello che succede.
Ma Cristiano Ronaldo pagato 94 milioni o Kaka 68 non sono il problema, perché è come comprare un Picasso o un Van Gogh: sono pezzi rari.
Il problema sono gli altri, e fino a che chiederanno 8 milioni per Barreto non ci dovremmo stupire del resto.

Due anni fa, quando Berlusconi poteva spendere, il Milan offrì 50 milioni di euro alla Juve per il ventinovenne Buffon.
Dopo lunghe esitazioni, ci fu un rifiuto, motivato dal fatto che un portiere come lui portava alla causa almeno gli stessi punti di un grande attaccante.
Non si capisce allora perché oggi il ventinovenne Frey, che nell’ultimo campionato è stato superiore a Buffon, debba andarsene per meno della metà di quei cinquanta milioni.
Che ce ne facciamo poi dei venti milioni di euro del Bayern?
Prendiamo Amelia, o Curci?
Oppure facciamo una corvinata stile Lobont all’estero?
Ragazzi, non scherziamo.
Dice: ma allora perché per la stessa cifra daresti via Melo?
Perché Melo non è affatto decisivo e perché di giocatori decisivi la Fiorentina ne ha solo tre: Mutu, se sta bene, Gilardino (complimenti per la doppietta di ieri), e soprattutto Frey.
E infatti venti milioni ce li offrono per Frey, mica per altri, ma se lo vendiamo perdiamo quanto il Milan con Kaka.

« Pagina precedentePagina successiva »