I piani quinquiennali non hanno mai funzionato nella famigerata Unione Sovietica (di cui hanno nostalgia solo quelli che non l’hanno vissuta), figuriamoci nel calcio.
Quando sento parlare di progetto a lunga scadenza, mi vengono le bolle: la programmazione va bene, ma deve essere collaudata dalla quotidianità.
Quello che conta è l’oggi ed è per questo che continuo a dare rilevanza a quella vicenda per molti secondaria che si chiama campionato.
Domani andiamo a Napoli e, oltre allo sciagurato Mutu e allo sfortunatissimo Gamberini, ci mancheranno Marchionni e Natali, mentre è quasi certo che all’affaticato Zanetti sarà concesso un turno di riposo per via di martedì.
Marchionni, Natali e Zanetti: i tre colpi dell’estate (più Castillo).
Due ottimi giocatori, più un terzo sorprendente come rendimento negli ultimi due mesi, che però avevano alle spalle una carriera che parlava chiaro.
Erano e sono infatti continuamente a rischio infortuni, e i due bravi nelle ultime tre annate hanno saltato in media una una partita su tre.
Io capisco che a forza di dire (come faccio da agosto) e di scrivere queste cose rischio di non entrare mai nel partito degli “amici di Corvino”, ma me ne farò una ragione: la mia è una semplice analisi della situazione.
Giudico e faccio previsioni, anche sbagliando, ogni volta a seconda di quello che succede e non sono sposato a nessuno.
Corvino e Prandelli hanno fatto cose straordinarie, ma questo non vuol dire che si debba sempre applaudire, se non si è d’accordo.
Basta essere onesti con se stessi e con chi ci segue.
Domani comunque andiamo al San Paolo in piena emergenza, ma era, appunto, un’emergenza assolutamente prevedibile.

Devo prima di tutto delle scuse sincere ai tanti a cui non ho risposto, e non è purtroppo la prima volta che accade.
Vivo questa mancanza di dialogo con voi con un sottile senso di colpa, ma davvero le forze sono queste: lavoro 14 ore al giorno, ho una famiglia di cinque persone e una radio di una quindicina di ragazzi da mandare avanti e spesso proprio non ce la faccio ad interagire.
E veniamo al futuro, che si annuncia un po’ grigio e che invece io vorrei che fosse almeno nell’immediato una grande occasione per una prova d’orgoglio.
Nelle prossime undici partite dobbiamo pretendere almeno venti punti, che porterebbero la Fiorentina in una posizione di classifica un po’ più consona alla sua storia.
Non se se basteranno per andare in Europa, e comunque ci sarebbe sempre la finale Coppa Italia, ma mi piacerebbe che il futuro cominciare da adesso e che non ci si trascinasse stancamente verso metà maggio fracassandoci e fracassandovi le scatole col tormentone Prandelli, il tormentone Vargas, il tormentone Frey e via a seguire.
Chiedo troppo?

Questa eliminazione porta la firma di Ovrebo e chi afferma il contrario non è un tifoso della Fiorentina, ma solo qualcuno che cerca rogna, che vuole polemizzare perché ce l’ha con i Della Valle, con Corvino o con Prandelli.
Più di così cosa volevi chiedere ad una squadra senza il migliore della difesa, senza il migliore dell’attacco, con un portiere che gioca col ginocchio scricchiolante, con due uomini fondamentali come Zanelli e Vargas (più il primo, certamente) lontanissimi causa infortunio dalla forma?
Perdiamo per un numero da fuoriclasse di Robben, odioso, spocchioso, ma straordinario giocatore, che da solo vale mezzo Bayern.
Noi lo avevamo uno che assomigliava a lui, anche se meno giovane e forse meno bravo: è colpa dei Della Valle, di Corvino o di Prandelli se a 31 anni dà più retta alla mamma che al medico?
Jovetic è stato straordinario nella ripresa, ma nella disperazione degli ultimi quindici minuti, contro quella difesa, avrei voluto vederli in campo tutti insieme i bravi e non incavolarmi per cinque-palloni-cinque sprecati uno dietro l’altro da Keirrison fuori area.
Hanno fatto davvero il massimo, niente da dire.
Così come la Federazione: ha fatto il massimo per ricoprirsi di vergogna, bucando completamente l’appuntamento del Franchi.
Complimenti.

Il mondo calcistico ci guarda e molti ci invidiano: stiamo per essere al centro dell’universo pallonaro e per le prossime ore tutti i riflettori saranno puntati su di noi.
Ora più che mai vale quello che disse Prandelli nel settembre 2008, all’inizio dell’avventura in Champions: godiamocela, viviamola momento per momento senza avvelenarci il fegato in polemiche.
Il campionato è l’ordinaria amministrazione e lì è giusto arrabbiarci per una posizione davvero pessima in classifica, ma in Europa tutto quello che viene è grasso che cola.
Non abbiamo le potenzialità per stare tra le prime 16, fuguriamoci tra le prime 8 e però siamo lì a giocarcela.
Andiamo tutti in apnea, staccando la spina fino a mercoledì mattina e vediamo come va a finire.

Il gol di Diego forse in fuorigioco, Vargas fermato in posizione regolare, il fallo di mano di Chiellini e l’intervento su Keirrison: nel dubbio tutto è stato fischiato o non fischiato contro la Fiorentina e va bene.
Io però non ammetto di vedere la squadra giocare senza anima come è successo nel secondo tempo di stasera.
Una cosa da ulcera allo stomaco, ribadisco quanto detto a caldo: contro la Juve rivoglio Tendi e Galdiolo, Sacchetti e il povero Beatrice, pretendo la rabbia agonistica e magari pure qualche sana pedata tirata bene.
E rivoglio anche uno stadio che non venga trascinato alla sonnolenza dalla Fiorentina moscia della ripresa, ma che sia sanamente incazzato per tutti i novanta minuti.
Continuiamo pure a dire che è da provinciali considerare questa partita come la più importante dell’anno, ma sì continuiamo così che sono 4100 giorni che non vinciamo.
Sui singoli meglio sorvolare, i migliori secondo me sono stati Gobbi e Natali…
Speriamo nel miracolo martedì, miracolo sul piano del gioco, ma la vedo dura.

Il primo Fiorentina-Juve che mi ricordo nitidamente: il 2 a 0 del 22 marzo 1970, era appena nata mia sorella Dafne e nel pomeriggio impazzivo di gioia, anche perché mia nonna (e qui faccio outing) era torinese, juventina e amica di Boniperti, che le dava sempre i biglietti per quel nipote che vedeva solo viola.
Poi l’ultima volta che le dette i biglietti, nell’aprile del 1973: segnò Desolati nel finale ed io, non ancora tredicenne, feci il segno dell’ombrello a tutti. Poco educato, lo ammetto, ma in anticipo sulla signora Valeria Cecchi Gori.
Il 2 a 1 del 1980, vissuto insieme alla fidanzata, che veniva solo a vedere la Juve, con quella rete incredibile di Tendi.
Il volo di Antognoni e l’autorete di Contratto, nella partita più spettacolare che io ricordi, con Bertoni che correva come il vento e non lo prendevano mai.
Il colpo di fortuna di dire quella cosa prima della rete di Borgonovo e il rigore parato di Mareggini.
Il due a zero nell’anno della retrocessione mentre ero in pieno caos sentimentale e stavo preparandomi alla svolta della vita.
E ancora, quando Bettega mi assalì insultandomi e dicendo di voler far chiudere Canale Dieci.
Insomma, io mi ricordo esattamente cosa facevo, cosa pensavo e come ero messo nel giorno di Fiorentina-Juventus…

Qui siamo tutti aggrappati a Cristiano Zanetti e mi spiego: margini di miglioramento tecnici per Doandel non credo che ce ne ne siano e già sarebbe ottimo se giocasse benissimo come contro il Milan, errore finale a parte.
Bolatti fatica ad entrare nei meccanismi, sospendiamo ogni giudizio definitivo, ma davvero la frequenza e l’importanza delle partite non gli consente la gradualità dell’inserimento.
Montolivo è stato il migliore di tutti per almeno tre mesi e non si discute.
Rimane, appunto, Cristiano Zanetti.
Che non può essere quello di Lazio e Milan e che invece abbiamo visto impartire lezioni di calcio col Liverpool a Firenze e anche a Torino con la Juve.
Con lui sappiamo che ci possiamo aspettare di più, basta solo che lo sorregga una decente condizione atletica, che speriamo abbia acquisito per almeno un’ora di gioco nell’ultima settimana di soli allenamenti.
Se Zanetti gira, Fiorentina grande, scrivo con un pizzico di nostalgia, mutuando il titolo del mio primo articolo di calcio scritto nella presitoria (cioè luglio 1977…) per il Tirreno.

Che emozione parlare al Pentasport con Borgonovo, sia pure attraverso il computer.
Il suo “ciao David” finale mi ha ricordato quando sono andato a trovarlo l’otto ottobre 2008 a Tavarnuzze e me ne stavo un po’ in disparte, tra Orlando e Roggi, non sapendo neanche bene come cominciare il discorso.
Stefano Borgonovo è veramente una persona straordinaria e a me viene in mente come lo ammirava Alberto negli ultimi giorni della sua malattia, quando mi parlava di lui come di “un grande”.
Spero che la puntata di stasera sia servita a ribadire un concetto che ripeto da domenica: Fiorentina-Juve non è una partita come tutte le altre.
Bastava sentire il tono di voce di Desolati, Merlo, Antognoni, Sacchetti, Agroppi e Mareggini per rendersene conto.

Lancio ufficialmente da questo molto frequentato blog l’idea di trattare sabato pomeriggio Felipe Melo esattamente come Nicola Berti nel campionato 88/89.
Sommergerlo cioè di fischi ogni volta che tocca palla, non farlo giocare a causa della contestazione: civile, ma fortissima.
Il signor Felipe Melo ci ha preso in giro per almeno un mese con tutte le sue frequentazioni con l’al di là, che avrebbe dovuto suggerirli quale fosse la strada maestra da prendere in vista di un possibile trasferimento alla Juve.
Senza contare il suo match di pugilato contro Lopez negli spogliatoi di Fiorentina-Cagliari e, soprattutto, la bravata di Lecce, che poteva costarci la Champions.
E’ vero che abbiamo fatto grazie a Corvino l’affare del secolo, ma resta l’assoluta sfacciataggine di questo signore che ricorda molto le sceneggiate di Berti nell’estate 1988.
Quel giorno del febbraio 1989 Trapattoni fu costretto a cambiare “il mercenario” per disperazione e noi battemmo l’Inter dei miracoli…

Prima considerazione: ha perfettamente ragione Prandelli quando invita alla prudenza con i giovani.
Visto Ljajic nel primo tempo? Non ha toccato palla, ma è normale a 18 anni avere sbalzi di rendimento.
Seconda considerazione: basta col pensare che Jovetic possa fare la punta.
Sembrava un profugo dell’attacco, sempre alla ricerca della posizione e assolutamente incapace di essere un punto di riferimento per la squadra.
Abbiamo giocato un primo tempo da incubo e ci ha salvato Mauri, con l’apporto sostanziale di Frey, che però ancora non sta bene.
Ma nella ripresa abbiamo ritrovato l’orgoglio giusto e con una squadra a pezzi in tutti i sensi l’abbiamo sfangata con una zampata di Keirrison, fino a quel momento inesistente (meglio prima e dopo Babacar, dopo il primo quarto d’ora di spaesamento quasi totale).
Se non facciamo uno scatto in avanti, tra nove giorni col Bayern non ce la facciamo, ma abbiamo appunto nove giorni davanti per far rifiatare Montolivo, recuperare Vargas, Gilardino, Zanetti (che è al 40%), forse Natali e un po’ di morale.
Intanto prendiamoci questo punticino che non cambia niente, però evita di pronunciare la parola maledetta: crisi.
P.S.
Credo di dovere una spiegazione per i miei voti sul Corriere Fiorentino, che, dope aver letto i giornali, sono sensibilmente più bassi degli altri.
Io credo che una prova debba essere analizzata per quello che si vede, senza tenere conto del risultato finale o delle giustificazioni della vigilia per infortuni e assenze varie.
Voglio dire che probabilmente la mie valutazioni sarebbero state più in linea con le altre se disgraziatamente Keirrison non avesse pareggiato: però Gobbi avrebbe giocato allo stesso modo, Ljajic completamente fuori dal gico e Montolivo per una volta sarebbe sembrato lo stesso sotto tono, almeno secondo me.
Il voto è alla prestazione complessiva offerta, non all’impegno, che c’è stato da parte di tutti, compresi quelli bollati con insufficienze.

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