Dopo la prima trasferta in aereo con i giornalisti a Lecce nel 2005, Cesare Prandelli decise che poteva bastare così, che lo scambio di battute tra calciatori e cronisti non andava bene e che quindi da quel momento ognuno sarebbe andato per la propria strada, intesa come viaggio per raggiungere le varie città.
E così è stato più o meno fino a questa trasferta in Ucraina, dove i più fortunati tra noi hanno avuto la possibilità di trasferirsi insieme alla squadra.
Essendo ormai un veterano di certe situazioni mi posso permettere paragoni col passato, un raffronto da cui il gruppo Montella esce alla grande perché davvero il clima che si respirava era di quelli buoni.
Tutta gente, almeno all’apparenza, con la testa sulle spalle, molto educati, consapevoli che per fare bene il calciatore è giusto tenere un comportamento normale.
Ricordo cazzeggi di vario genere, battute pesanti con il personale femminile a bordo, in qualche caso pure atteggiamenti da primadonna che venivano tollerati solo in nome della popolarità del personaggio.
Ovviamente i contatti con i giornalisti si sono limitati alla formalità del saluto, perché questo è il calcio di oggi e d’altra parte, tranne Pasqual, io non conosco personalmente nessuno degli attuali componenti della rosa.

Serata certamente da ricordare: per la prestazione gagliarda della squadra, con alcune punte di eccellenza, per il freddo pazzesco e per il fatto di essere rimasti a digiuno in pratica per dodici ore.
Non che mi faccia male, per carità, ma la fame è davvero una gran brutta bestia e se con il cuore e la testa da un lato “giocavo” Dnipro-Fiorentina, dall’altro con alcuni neuroni andavo ad immaginare (vai a sapere perché) il risotto alla parmigiana: non c’era un venditore di niente, neanche di porcherie, nel raggio di due chilometri e la tribuna stampa dava solo acqua o pessimo caffé.
Città da dimenticare, sotto quasi tutti i punti di vista.
Meno male che ci ha riscaldato la Fiorentina, con il veterano ed il ragazzino a dominare.
Sedici anni di differenza tra Ambrosini e Matos (avevo torto, lo ha messo e ha fatto benissimo), ma il campo livella tutto, lì conta solo quello che fai e che sei.
Era durissima da giocare per via del campo, del nevischio e anche della forza fisica del Dnipro, che ci ha messo meno testa e alla fine pure meno cuore.
Una serata ottima pure per Neto, dopo il brivido iniziale, e per Compper, mentre Gonzalo ed il “ballerino” Borja, che danzava là dove molti faticavano a rimanere in piedi, si sono confermati tra i leader, mentre il secondo tempo di Pizarro è stato parecchio deludente.
Una bellissima vittoria che ci fa molto bene per il morale e per avere meno problemi in Europa.

Non mi sembra cambiata molto la vita in questa città-paesone rispetto a dodici anni fa.
Buffa la vita e il calcio: sono venuto tre volte in Ucraina e appena una in più negli Stati Uniti.
Se uno si impegna parecchio potrebbe anche trovare qualcosa di interessante nelle chiese, nel fiume, nel mix tra vecchio regime sovietico e tentativo di modernità che ha lasciato le cose a metà, cosa “molto pittoresca” per chi viene da fuori, ma non proprio comodissima per chi ci deve convivere ogni giorno.
Ad inizio ottobre ci sono già i segni dell’inverno italiano, l’illuminazione è un optionale, le strade sono buie e già deserte verso le undici e su tutto quello che anima le rapaci fantasie maschili mi pare che si sia fatto un bel salto in avanti e che la dignità abbia preso il posto della disperazione che costringeva una gioventù molto attraente a vendersi per quattro soldi. Meno male.
Poi c’è la partita, spigolosa e piena di curve, da affrontare con una rabbia ed una concentrazione che non sarà facile trovare dopo le botte di Milano e di lunedì sera.
Sono l’unico tra i colleghi ad avere parecchi dubbi sul fatto che Matos giochi titolare fin dall’inizio, è solo una sensazione a pelle, ma mi pare che sia un po’ troppo: il Dnipro, specialmente in casa, non è il Pacos Ferreira.

Dubito che i tifosi dell’Ajax siano razzisti, non fosse altro che per la loro forte affinità con la comunità ebraica olandese, e infatti ogni tanto si vedono bandiere israeliane in mezzo alle loro bianche e rosse.
Dunque i soliti fischi a Balotelli non hanno certamente (almeno stavolta) matrici che vanno al di là del calcio.
A me pare che si sia imboccata una china molto pericolosa: il ragazzo è sinceramente insopportabile e fatico a scrivere queste cose perché non più tardi di quindici mesi fa vedevo in Balotelli non solo un ottimo potenziale attaccante, al contrario del mio amico Piero Ceccatelli, ma speravo che fosse uno stimolo per promuovere valori etici importanti.
Invece è incontrollabile, convinto di essere il depositario del giusto, incurante delle conseguenze dei suoi gesti, vedi il dito al naso che fa spesso e che uno come Batistuta si è permesso una volta sola nella vita, ma a ragione (lo avevano sbeffeggiato in Spagna e lui al Camp Nou fece un gol da favola, altro che il solito rigore).
E comunque, quando viene a Firenze, va eventualmente solo fischiato: chi si rimette a fare i buu vuol dire che non ha proprio capito niente.

Tre indizi fanno una prova e Grasshopper, Inter e Parma ci raccontano che purtroppo le perplessità di tanti, compreso chi scrive, avevano robuste ragioni.
Se solo Viviano avesse sbagliato tre partite su nove, oggi saremmo in mezzo a processi sommari ed esecuzioni sulla pubblica piazza, ma Neto ha la faccia da bravo ragazzo, non ha amici (e nemici) in curva e fa simpatia e tenerezza a tutti.
E, soprattutto, non abbiamo alternative: siamo prigionieri di una scommessa temeraria, troppo secondo me, e quindi avanti con Neto.
Ma non è solo lui la causa dei due punti ieri, perché resta da spiegare un primo tempo inspiegabile.
Abbiamo regalato metà partita al Parma, con il centrocampo al completo e con Rossi in campo per 36 minuti.
Difficile pensare alla stanchezza fisica, visto il secondo tempo, dura da raccontare la storia della squadra giovane e immatura, vista l’età media di chi ha giocato.
In un certo senso è meglio andare in campo ogni tre giorni, così non ci stiamo troppo a rimuginare sopra, ma mentre penso al freddo ucraino mi chiedo chi giocherà davanti giovedì sera, visto che Wolski e Rebic non sono nella lista Uefa.
Infine Vargas: va benissimo la parabola del fgliol prodigo, ottima la sua prestazione ieri sera, ma deve essere solo il primo passo.
Io non mi accontento, ci deve rendere due anni di vuoto, di niente tecnico senza un perché, ne deve passare di tempo prima che paghi tutte le cambiali che ha in scadenza col popolo viola.

Non credevo che Nanni Moretti avesse capacità divinatorie.
Prima il Papa che non ce la fa a reggere la fatica e la responsabilità del suo ruolo, adesso Berlusconi che sta per andarsene cercando di bruciare tutto quello che gli sta intorno, Italia compresa.
Questo Governo non è mai piaciuto a nessuno, neanche a Letta immagino, ma era anche l’unico possibile per come eravamo messi dopo le elezioni frutto di una legge folle che vergognosamente è ancora lì a terrorizzare la prospettiva per molti versi corretta di un nuovo ricorso alle urne.
Era chiaro che sarebbe finita così, altro che colombe e falchi, adesso dobbiamo fare il tifo per quei senatori del defunto PDL, sperando che ragionino con la propria testa e agiscano secondo la propria coscienza.
Na forse prima ho sbagliato: se ne va davvero Berlusconi?
Lo spero, lo desidero assolutamente, ma purtroppo non ne sono affatto sicuro.
Siamo sfiniti da questo ventennio e naturalmente non solo per colpa del nefasto protagonista di stagioni penose sotto ogni punto di vista.
Che bello sarebbe se i 5 stelle coniugassero la loro voglia di nuovo con un linguaggio e una grammatica istituzionale consona ad un grande Paese come l’Italia.
Insieme alle forze migliori dell’una e dell’altra parte potrebbero spazzare via il berlusconismo e anche tutti quelli che contro il berlusconismo ci hanno campato per vent’anni, negando davanti e inciuciando dietro.
Ma domani riaprono i mercati e dopodomani scatta l’aumento dell’Iva, molta gente si indebita per pagare le tasse, altri invece le tasse non sanno nemmeno cosa siano e vivono e prosperano nell’evasione e l’Italia è ormai diventata un grande contenitore che ogni giorno frulla di tutto, ma ho l’impressione che quello che ci faranno bere ci piacerà pochissimo.

Ci mancheranno, e parecchio, questi punti lasciati a Milano, eppure dobbiamo fare tutti un grosso sforzo mentale e guardare la partita da una prospettiva diversa da questo senso di frustrazione che accompagna il post gara.
Senza gli errori di Neto (ahi!), di Mati Fernandez (ahi, bis), a cui aggiungerei la prova per certi versi desolante e illuminata solo dal cross del rigore di Alonso, la partita l’avremmo anche potuta vincere, pur considerando alla fine il pareggio come il risultato più giusto.
Tralascio Ilicic perché qui il discorso mi pare più di testa che di sostanza tecnica: da quando è arrivato è tutto un borbottio e un infortunio, ieri sembrava molle come un esordiente ed invece alle spalle parecchi campionati: quel rigore in movimento ciabattato grida ancora vendetta.
Ma in quelle condizioni, con quelle assenze, la Fiorentina ha dimostrato di giocare meglio dell’Inter e con Borja Valero e Aquilani al minimo sindacale per le loro potenzialità.
Le conseguenze di questo discorso sono chiare: questa squadra ha un’anima, un gioco, una personalità che prescindono fin quando è possibile dagli interpreti.
Sarebbe veramente imperdonabile se adesso ci facessimo prendere solo dallo sconforto o dalla rabbia.

GRAZIE MILLE A TUTTI PER GLI AUGURI, SONO 53, MA NON LI SENTO…

E’ bello tornare un po’ più giovani, in fondo erano due anni che sullo strapotere della Juve non c’erano discussioni.
Troppo forti, feroci, allenati benissimo e capaci di asfissiare sul piano del ritmo tutti gli avversari.
Volevi attaccarti al gol di Muntari contro il Milan nel 2011?
Siamo onesti (almeno noi…), quel campionato la Juve l’ha meritato anche perché il Milan si è suicidato contro Fiorentina e Bologna.
E l’anno scorso? Non c’era gara, e non è un caso che in due partite allo Juventus Stadium non si sia in pratica mai vista.
Ma ecco che, appena loro tornano normali, arrivano come i re Magi i regali, come ai vecchi tempi.
Finalmente mi sono arrabbiato di nuovo a vedere Chievo-Juve ed è un po’ come ritrovare un amico che non vedevi da tempo: vai che si riparte con la rumba…

Fuori Gattuso, in bilico Liverani, cacciato Lucarelli, a forte rischio Di Francesco, per tacere dello scomparso (calcisticamente) Stramaccioni: ma quanto è difficile passare a tutta velocità dal campo alla panchina.
La sindrome Guardiola aveva contagiato diversi presidenti a cui non era parso vero pagare molti meno soldi al giovane rampante che arrivava dalle giovanili lasciando perdere il gran nome.
Mi pare che il disastro sia sotto gli occhi di tutti, anche perché allenare una squadra di calcio è diventato qualcosa a metà tra l’impegno sportivo e la direzione di una multinazionale, visti gli interessi economici in gioco.
Ci vogliono idee, grinta, personalità, pubbliche relazioni, capacità di autocontrollo.
Certo, a questo sterminio di giovani speranza cadute sul campo esistono pure gloriose eccezioni, ex ragazzi che si sono preparati da tempo e che sanno farsi trovare pronti al momento giusto e nel posto giusto.
Me ne viene in mente per esempio uno che per ora da quando è passato dai ragazzini della Roma alla prima squadra non ha ancora sbagliato una mossa e che ancora deve compiere quaranta anni….

Quando ho cominciato ad andare allo stadio con una certa continuità, se a qualcuno in curva veniva in mente di gridare ad un giocatore “sei uno zingaro” le persone intorno lo avrebbero prima preso per scemo e poi lo avrebbero zittito.
Lo stesso sarebbe accaduto per ogni altra forma di discriminazione razziale o religiosa.
Eravamo all’inizio degli anni settanta e non è che fossimo proprio circondati da un ambiente bucolico: i rossi odiavano i neri e viceversa, la tensione sociale saliva a livelli sempre più insopportabili, ma allo stadio si andava per amare e soffrire la propria squadra, al limite per tifare contro l’altra.
Il progressivo detrioramento del calcio ha fatto nascere l’idea malsana che gli stadi siano porti franchi, in cui si possa dire e fare di tutto e in pratica qualche migliaio di delinquenti/facinorosi ha messo le mani sulla nostra passione.
Qualcuno ce lo abbiamo anche in casa nostra, per esempio a Bergamo durante il minuto di raccoglimento in quattro o cinque hanno cominciato ad inveire ed insultare non so contro chi o che cosa, so solo che hanno fatto fare una pessima figura a tutta la tifoseria viola.
Da anni è passato il concetto per cui qualche offesa è lecita, ormai siamo arrivati al punto che c’è chi si lamenta perché non si può neanche dire niente contro i meridionali, come dimostrato dalla squalifica della curva del Milan e tralascio ogni commento sui buu ai giocatori di colore perché almeno di quello ogni tanto si parla.
In tutto questo marciume, per me da voltastomaco, applaudo senza mezzi termini alla nuova linea dura che porta a sanzioni pesanti contro chi offende o lancia cori vergognosi.
Invece di pensare che ci stanno tendendo una trappola, che sono contro la Fiorentina e che non aspettano altro di poter chiudere la Fiesole, guardiamo di isolare i teppistelli o i teppistoni da offesa verbale e magari anche dalla manata facile per vivere tutti un po’ più tranquilli e sereni godendoci il calcio.

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