Dopo la prima trasferta in aereo con i giornalisti a Lecce nel 2005, Cesare Prandelli decise che poteva bastare così, che lo scambio di battute tra calciatori e cronisti non andava bene e che quindi da quel momento ognuno sarebbe andato per la propria strada, intesa come viaggio per raggiungere le varie città.
E così è stato più o meno fino a questa trasferta in Ucraina, dove i più fortunati tra noi hanno avuto la possibilità di trasferirsi insieme alla squadra.
Essendo ormai un veterano di certe situazioni mi posso permettere paragoni col passato, un raffronto da cui il gruppo Montella esce alla grande perché davvero il clima che si respirava era di quelli buoni.
Tutta gente, almeno all’apparenza, con la testa sulle spalle, molto educati, consapevoli che per fare bene il calciatore è giusto tenere un comportamento normale.
Ricordo cazzeggi di vario genere, battute pesanti con il personale femminile a bordo, in qualche caso pure atteggiamenti da primadonna che venivano tollerati solo in nome della popolarità del personaggio.
Ovviamente i contatti con i giornalisti si sono limitati alla formalità del saluto, perché questo è il calcio di oggi e d’altra parte, tranne Pasqual, io non conosco personalmente nessuno degli attuali componenti della rosa.