Febbraio 2006


Io ad una partita così non ci credevo.
Lobont, Pasqual, Pazienza, Brocchi: straordinari.
Per una volta non abbiamo neanche avuto bisogno di Toni e a Fiore sembrava avessero fatto una trasfusione di…Brocchi, talmente rincorreva tutti.
Roba da non credere e partita da rivedere un paio di volte in televisione per riassaporarla con calma, come faccio per i successi più belli, tipo quelli contro Juve e Milan.
Ancora grazie a Prandelli, il migliore in Italia dopo Capello.
E adesso un dubbio che non avrei mai pensato di coltivare: ma domenica non sarà il caso di tifare Juve per vedere se tanto tanto l’Inter molla e se, complice anche la Champions del Milan, noi cominciamo ad intravedere quel secondo posto che vorrebbe dire fare una preparazione normale?
In una serata da incorniciare, una sola nota stonata e avvilente: lo striscione contro Manuela Righini.
Volgare, stupido e razzista nei confronti dell’universo femminile, mi piacerebbe sapere cosa hanno pensato le donne della curva quando è venuto fuori.
Peccato, perché senza questa brutta caduta di stile la Fiesole, come del resto tutto lo stadio, era almeno da Champions.

Agosto 2004, sono in campo per presentare e premiare Andrea Benelli, fresco vincitore olimpico.
E’ in programma la Pirelli Cup, cioè il modo elegante di definire l’amichevole tra Fiorentina ed Inter.
Entrano in campo le squadre, passa davanti a me Mancini ed è come se io fossi trasparente; in compenso mi abbraccia con molta cordialità Orsi, il suo vice.
Ovviamente non faccio nulla per avvicinarmi e rimaniamo con questa fraddezza per tutta la partita: nessun saluto prima, durante e dopo.
Eppure un po’ ci conosciamo, ma evidentemente non mi ha ancora perdonato di averlo contraddetto più volte in un Ring dei Tifosi in cui era venuto a sponsorizzare l’arrivo di Mihailovic.
Caspita che memoria, complimenti: non ero d’accordo sul suo pupillo (e forse spia negli spogliatoi) e credo di aver avuto qualche buon motivo, ma non è questo il punto.
Nell’altezzoso atteggiamento di Mancini c’è tutto il limite di un grande uomo di calcio, straordinario calciatore e tecnico capace di far giocare bene le sue squadre (ma non la Fiorentina, che comunque prese a pezzi dal bluff Terim).
Troppo facile la vita per uno come Mancini: bambino prodigio a 18 anni, coccolato, viziato e reso ricchissimo da Mantovani, capace di far invaghire schiere di presidenti, da Cecchi Gori a Moratti passando per Cragnotti.
Barche da cinque milioni di Euro, amicizie giuste, la Gea dietro le spalle.
Non è il solo e non sarà l’unico a vivere così, ma uno col suo talento certe cose non poteva risparmiarsele?

E’ imbarazzante non essere d’accordo una volta tanto con una delle persone che maggiormente stimo, dentro e fuori la professione: Manuela Righini.
Imbarazzante e faticoso perché la statura morale e l’intelligenza della mia interlocutrice mi impone una riflessione ancora più approfondita sulla querelle andata in onda ieri sera a Golden Gol.
Per chi avesse avuto cose più interessanti e divertenti da fare, e mi auguro che siate stati in tanti, riepilogo: Manuela è convinta che lo striscione della Fiesole sulla curva senza colorazione politica sia stato un errore, una forma di qualunquismo, perché in questo modo si equipara i vergognosi e infamanti striscioni di Roma con i vessilli inneggianti al Che Guevara di Livorno.
Vessilli che appartengono ad uno schieramento che si pone all’interno del nostro arco costituzionale.
Il discorso lo avevo iniziato io, plaudendo invece all’apoliticità della tifoseria viola, anche perché quello striscione allo stadio mi era piaciuto subito, soprattutto sapendo dei tentativi di infiltrazione in curva di alcuni estremisti di destra.
Insomma, ero e sono soddisfatto del fatto che lo zoccolo duro del tifo non si fosse prestato ad alcuna strumentalizzazione e non avesse permesso il filtrare di ideologie di nessun genere.
Ora, a freddo, confermo che è stato un buon messaggio, pur non sognandomi nemmeno lontanamente di equiparare i nazi-fascisti di Roma con le Bal di Livorno.
Ma siccome a me non piace neanche vedere allo stadio le bandiere dell’Unione Sovietica (sui cosiddetti messaggi politici avrei fatto un’eccezione solo per le bandiere della pace, prima e durante la guerra in Iraq), resto convinto che tenere la Fiesole e la Ferrovia fuori da ogni disputa ideologica sia un fatto positivo.
Alla partita si va o si dovrebbe andare solo per soffrire e gioire per la propria squadra: se lo imparassero pure le altre tifoserie (compresi i gemellati di Verona, così tendenti al nero…), avremmo certamente meno accoltellati e più famiglie allo stadio.

Per essere più precisi: bene così per il risultato, ma anche per la tenuta psicologica della squadra.
Era quello che si diceva ieri. gli altri pedalano come forsennati, sono spinti dal mondo dei media, hanno i giocatori più bravi, un allenatore preparatissimo (io però mi tengo Prandelli), eppure sono ancora indietro di cinque punti.
Questa Fiorentina così affaticata, che non regala spettacolo, assomiglia un po’ alla mia prima Fiorentina da cronista in trasferta, quella dello scudetto rubato dalla Juve nel 1982.
Mai una gioia sul piano stilistico, ma tanta concretezza e moltissimi punti.
Per ora stiamo tutti lì, sulle spalle di Toni, che per fortuna è abbastanza robusto per reggere il peso di una piazza che alla Champions ci pensa eccome.
Sarà una bella volata con la Roma, io me la voglio godere tutta e, soprattutto, voglio vincerla.
E pazienza se il nostro obiettivo era l’Uefa: a quarto posto conquistato ce ne faremo una ragione.

Diciamocelo con sincerità: sono più in forma e giocano meglio, molto meglio.
Premesso che uno come Totti noi non ce l’abbiamo (però loro non hanno Toni), qui bisogna chiedere a Jorgensen e Fiore di fare la differenza, esattamente come la fanno Mancini e Perrotta, assolutamente devastanti negli ultimi due mesi.
Però.
Se vinciamo con il Lecce, loro rimangono sempre a cinque punti, anche con sette vittorie di seguito ed essendo in questo momento almeno al livello della Juve.
Insomma, è un bel contraccolpo psicologico pedalare fortissimo, sapere che stai dando il meglio e vedere invece che l’avversario rimane distante.
E’ quindi fondamentale vincere, non importa come, per poi lasciar parlare giornali e televisioni sull’eccezionale momento della Roma.
Eccezionale sì, ma sempre cinque punti indietro.
Forza e coraggio.

La prima volta che Diego Della Valle partecipò ad una riunione con i presidenti di A e B rimase senza parole.
“Sembra un suk arabo”, disse, e a vederlo oggi il suo giudizio appare fin troppo lusinghiero.
Ora io mi chiedo di che diavolo parleranno mai questi venti, trenta signori con i conti correnti milionari, che in teoria dovrebbero passare una buona mezza giornata a discutere su come raddrizzare le sorti del nostro calcio.
Vengono trattati dai media come se fossero dei Capi di Stato.
Arrivano in Lega o in Federcalcio seguiti o preceduti da codazzi di giornalisti, che aspettano la battutina pungente di Moggi o l’ultimo estratto del Cellino-pensiero (pensa te che spremuta deve venir fuori…).
Poi tutti lì ad aspettare, nemmeno si trattasse delle consultazioni per la formazione del nuovo Governo e quindi via di nuovo con la cerimonia dell’intervista al volo appena la pen(s)osa riunione si è conclusa.
Peccato però che Spinelli, Garrone e Zamparini non siano certo Fini, D’Alema e Casini.
E se è vero che Galliani ha qualcosa che ora mi sfugge che lo accomuna a Berlusconi, è altrettanto certo che tra Carraro e Ciampi passa la stessa differenza che esiste nello scrivere tra me e Moravia (per i pochi che avessero dei dubbi, io sono Carraro e Moravia è Ciampi…).
Eppure eccoci là, ad inseguire l’osso della dichiarazione scontata, della convergenza parallela (per i più giovani questa espressione è stata davvero usata da Aldo Moro negli anni della Democrazia Cristiana) tra il Consorzio Italia e le tre che si mangiano tutto.
Ma dentro quelle stanze quale sarà l’atmosfera?
Possibile che stiano ore a parlare e non arrivino mai a niente?
Mi sbaglierò, però tanti anni di frequentazione con questi giganti del pensiero mi induce ad immaginare scenari da circolo maschile di seconda categoria.
Si discute per davvero per un’ora e poi via ai soliti argomenti: donne, motori, cazzeggi vari.
Sarà un caso, ma lì in mezzo non c’è mai stata una signora che con il senso pratico tipico dell’universo femminile farebbe molto più in fretta a rimettere ordine nei conti disastrati di un mondo che va a rotoli.
E’ dura ammetterlo per noi maschietti, ma perfino una Letizia Moratti qualsiasi avrebbe fatto meno danni della trimurti Galliani-Giraudo- Carraro.

Dando per scontato che giocheremo con due punte, chi scegliere tra il duttile e utile Pazzini ed il figliol prodigo Bojinov?
Uno potrebbe cavarsela dicendo alla Ciuffi che potrebbero starci tutti e due accanto a Toni, ma sarebbe una rispsota quantomeno pilatesca.
Io sarei per partire con Pazzini, ma ovviamente non faccio fede, e per fortuna Prandelli non segue mai il consiglio dei giornalisti.
Comunque uno spezzone di partita al bulgaro lo regalerei in tutti i modi, soprattutto per vedere la reattività dopo il periodo di punizione più lungo della storia viola.
Però, se ci pensate bene, sono dei bei problemi, visto che tre anni fa l’incertezza riguardava Turchetta e Cicconi.

“Adesso il nostro prossimo obiettivo è il raggiungimento della Coppa Uefa, abbiamo adesso 12 punti di vantaggio. Dobbiamo procedere per gradi”.
Così ha parlato oggi il buon Corvino nel suo discorso di fine mercato alla Nazione viola.
Ora, a me pare giusto salutare l’eventuale approdo all’Europa meno nobile come un risultato di grande rilevanza, soprattutto se penso che otto mesi fa avevo gli stranguglioni per la più che probabile retrocessione.
Però è anche vero che la squadra dello scorso campionato non era certo da B e se arrivò sull’orlo del baratro la colpa è da attribuire principalmente a sciagurate scelte di manico, cioè di allenatore, e Zoff prima e più di tutti.
Una volta ripartiti a luglio, il piazzamento dal quinto al settimo posto era da ritenere un risultato auspicabile e non proprio impossibile.
Ma dire adesso che abbiamo cinque punti di vantaggio sulla Roma, che non abbiamo Coppe a turbare la preparazione settimanale, che il gruppo è sano e guidato dal miglior allenatore italiano dopo Capello, che il nostro obiettivo è l’Uefa mi pare un tantino esagerato.
Va bene la prudenza, ma sono certo che Corvino questa cosa mica la pensa per davvero.
No, a lui, che merita almeno 8 per il lavoro fin qui compiuto, se non dovesse arrivare la Champions le scatole girerebbero esattamente come a noi.

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