Sono da tre ore a Palermo ed è sorprendente constatare come non sembri nemmeno che la squadra sia in piena corsa per la Champions.
Avverto una sorta di disaffezione un po’ a tutti i livelli e stavolta non c’è neanche il collante Toni ad unire una tifoseria che probabilmente avrebbe bisogno di un allenatore più trascinante di Guidolin e di un presidente meno umorale di Zamparini.
Davvero pare che della sfida con la Fiorentina non freghi niente a nessuno, mentre io ricordo l’entusiasmo nell’anno della B (quando ci dettero una lezione), ma forse esiste una spiegazione che va al di là del tecnico e del presidente.
Prima dell’arrivo di Zamparini, che comunque sia ha dato una nuova dimensione alla squadra, da queste parti i “soli” tifosi del Palermo non erano tantissimi.
Voglio dire che a tutti faceva piacere se i rosanero vincevano, ma stando in B o in C tanti cuori palpitavano per le solite grandi e non è un caso che quelle tre siano venute qualche volta a giocare qui in Coppa.
Una domanda a questo punto sorge spontanea: come sarebbe andata a finire da noi, se invece dei Della Valle avessimo dovuto sopportare dieci o quindici anni di pellegrinaggio tra B e C?
Quali e quanti danni ci sarebbero stati nelle nuove generazioni di tifosi?

“Ma come? – mi dice Valentina – invexe di stare con noi a casa a vedere un bel film, vai a sentire quella musica preistorica?”.
Benedetta e adorata ragazzina: ancora tre anni e poi sarai convertita anche te alla musica di Guccini, esattamente come successe a me quindicenne nel momento in cui ascoltai per la prima volta “Incontro”.
Una folgorazione, un amore a prima vista che dura ancora.
Basta solo avere la pazienza di seguirlo attentamente, Guccini, di percepire la poesia delle sue parole per capire che è unico, inarrivabile.
Credo che sia rimasto l’ultimo rito collettivo a cui partecipo.
I Mondiali di calcio ormai mi piace più vedermeli da solo, allo stadio sono 25 anni che parlo invece di soffrire la partita e ai concerti non vado da una vita.
Agli altri concerti.
Perché quello di Guccini è qualcosa di speciale, pur essendo quasi irriverente nella sua ripetitività.
Si comincia con “In morte di S.F.” e, non ti puoi sbagliare, si finisce con il trittico nostalgia: “Auschwitz”, “Dio è morto”, “La locomotiva”.
Mai un bis, molte più chiacchiere di un tempo, anche perché a 67 anni non si possono certo pretendere prestazioni mirabolanti sul palco.
E poi quel senso di vaga insoddisfazione con cui te ne vai via, perché avresti voluto sentire almeno altre dieci canzoni imperdibili secondo te che però lui non ha cantato.
Ma quando l’anno prossimo, o quello dopo ancora, Guccini tornerà a Firenze, io tornerò a vederlo, magari con Valentina.

L’età che avanza ruba molto, ma qualcosa ti regala, per esempio l’esperienza.
E così accade che ieri sera vedendo l’ignobile rissa del Mestalla ho pensato subito: devono aver detto a Burdisso qualcosa di offensivo, qualcosa di irriferibile che coinvolge sua figlia, per lunghi mesi in pericolo di vita a causa di una grave malattia, ora pare, per fortuna, superata.
Oggi dal mio amico Francesco Toldo ho avuto la conferma che è andata proprio così, che hanno messo di mezzo la famiglia e tutto questo è veramente ignobile e schifoso.
Fra l’altro il Valencia si era appena qualificato e quindi le infamanti parole sulla figlia di Burdisso, che non avrebbero comunque trovato alcuna giustificazione, non si spiegano neanche con la rabbia per il risultato.
Poi è chiaro che tutto è degenerato, che in tanti hanno perso la testa e che ci vorranno punizioni esemplari. Però, credetemi, la provocazione a Burdisso (che proprio per stare accanto alla figlia smise di giocare per otto mesi) fa più male dei cazzotti.

E’ folle pensare oggi ad una Fiorentina semza Prandelli.
Stiamo tutti un po’ calmi e aspettiamo che si mettano d’accordo su ogni particolare, perché é un accordo pluriennale e magari anche i soldi hanno la loro importanza.
Prandelli oggi potrebbe andare alla Juve ed essere in corsa per il Milan, ma resterà qui perché è una persona seria.
Esattamente come i Della Valle e Corvino.

E dai che adesso ci pensa seriamente anche l’immenso Prandelli alla Champions.
Ormai, senza penalizzazione, “vediamo” la Roma, giochiamo in scioltezza e ci divertiamo tutti.
Toni fa due gol quasi per sbaglio e sarebbe fantastico se vincesse ancora la classifica cannonieri, soprattutto su Totti.
Segna una doppietta Gamberini e ci possiamo pure permettere un errore di Frey, l’assenza di Liverani e la giornataccia di Montolivo.
Sono preoccupato per il Toro, squadra per cui ho notevoli pulsioni dal 1976, cioè da quando rimontò straordinariamente la Juve e vinse lo scudetto.
Se continua così, senza cuore e senza gioco, va in B di sicuro, ma è proprio per cercare il pelo nell’uovo di un pomeriggio fantastico.

Sono quasi certo che vinceremo contro il Torino, ma forse la stiamo facendo un po’ troppo facile.
Ieri nel Penta Giovanni Galli ha profetizzato un 3 a 0 per la Fiorentina e anche il grande e prudente Sandro Picchi ha affermato che non sarà poi così diffcile.
Io ho invece l’impressione che De Biasi stia preparando una partita particolare, tutta impostata a chiuderci ogni spazio a centrocampo e tagliare i rifornimenti per Toni e Mutu.
Era molto meglio se ci fosse stato Zaccheroni, allenatore bravo e presuntuoso che lascia sempre giocare gli avversari.
Non innervosiamoci dunque se dopo trenta minuti stiamo ancora sullo zero a zero.
Contano solo i tre punti e non sarà una bella partita.

Scusate il ritardo, ma a Reggio Calabria è sempre il solito problema: postazioni internet quasi inesistenti.
Brutto pareggio, dunque, e lo sa benissimo pure Prandelli, che doveva aver orecchiato qualcosa, visto che a fine partita ha confessato di aver avuto la tentazione di togliere uno tra Montolivo e Liverani, se Blasi dosse stato bene.
Toni ha chiaramente un passaggio a vuoto, ma mica possiamo pensare a rinunciare a lui.
Alla fine uno col suo fisico paga un po’ la mancanza di allenamenti regolari, magari buttiamo dentro un po’ più spesso a partita in corso Pazzini e le cose si aggiusteranno da sole.
Non mi è sembrata così scandalosa la difesa e non è che ci si può avventare contro il reparto ad ogni mezzo errrore.
Se si dovesse usare lo stesso metro con l’attacco, che avremmo dovuto dire di Toni contro l’Empoli?
Ci vuole un po’ di misura, senza dimenticare che la Champions è un bellissimo sogno e non un traguardo possibile.

RAGAZZI E RAGAZZE, SETTIMANA MOVIMENTATA.
IN SERATA RISPONDO E SMALTISCO GLI ARRETRATI, POI CI LANCIAMO VERSO IL MATCH CON I NOSTRI GRANDI AMICI DEL TORO

Non è che Udinese, Catania ed Empoli abbiano attacchi fantastici, però sono più di tre partite che la difesa non prende gol, per la gioia nostra e di Corvino che potrà così continuare a dirci che la nostra retroguardia è tra le migliori del campionato (ed infatti lo è, visto che è quarta).
Io continuo a pensare che ci voglia un grande rinforzo dietro, ma forse sono mutate le condizioni esterne.
Mi spiego: prima avevamo bisogno di un Passarella, di un Vierchwood, cioè di un campione che facesse reparto quasi da solo e che facesse crescere gli altri intorno a lui, sempre ammesso che giocatori dai 25 ai 30 anni abbiano ancora ampi margini di miglioramento.
Adesso comincio a credere che, grazie al lavoro di Prandelli, abbiamo invece bisogno di un gran talento che sappia adattarsi al modulo, ai tempi e alle caratteristiche del reparto.
E’ più facile o più difficile da trovare?
Non saprei e comunque non cambia la sostanza: sempre di un campione si deve trattare.
Altrimenti facciamo con quelli che abbiamo in casa e che nella maggioranza dei casi sono buoni, ma non ottimi.

Io ho avuto paura che pareggiassero perché avevamo sbagliato troppi gol, ma ormai siamo qualcosa in più di un’ipotesi di grande squadra e ci possiamo pure permettere di sfidare le leggi non scritte del calcio.
Adesso non “ammazzatemi”, ma il peggiore è stato Toni, cioè uno dei due goleador, ed è il contrario di quando si diceva che era grigia perché il migliore era Donadel.
Fantastico il gol di Mutu, splendidi i venti minuti centrali della ripresa, con la palla a terra e quelli dell’Empoli che non ci capivano più niente.
E un nome su tutti, il solito: Prandelli.
E’ lui l’uomo chiave di questi successi, più dei giocatori, che pure stanno rendendo al massimo.
Lui lo sa, ma è tanto intelligente da non farlo mai pesare.

Una premessa necessaria e doverosa: io devo molto al calcio.
Se non lo avessero inventato, non so cosa mi sarei inventato per realizzare quell’insano sogno che mi perseguita da quando avevo undici anni, cioè diventare giornalista.
Magari oggi sarei ad un desk di un giornale a passare le notizie di politica interna, un po’ frustrato e completamente sconosciuto.
E debbo quindi tantissimo alla Fiorentina, perché è avvenuto, come nelle favole, che l’oggetto del mio amore di bambino sia diventato anche una parte molto importante della mia quotidianità.
Sono quindi molto contanto che domani entrino gli abbonati e che presto si torni alla cosiddetta “normalità”.
Ma c’è un però che devo tirare fuori, un però che nasce dalla mia appartenenza alla società civile.
Mi chiedo: ma perché ci applichiamo in questo modo feroce, perché tiriamo fuori il meglio di noi solo quando c’è di mezzo il calcio e la Fiorentina?
Penso a quei problemi (non tantissimi, ma ci sono) che la città deve risolvere e che vengono rimandati in un rimpallo di responsabilità che coinvolge tutti.
Compresi noi dei media, che del degrado delle Piagge ce ne freghiamo, ma che facciamo una diretta continua della situazione “tornello per tornello”.
Risciremo mai ad avere un maggiore equilibrio?

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