Cominciamo subito a sgombrare il campo da possibili equivoci: Corvino è il numero uno nel suo mestiere ed è una fortuna che sia alla Fiorentina.
Come tutti noi comuni mortali non è esente da difetti, che però sono ampiamente compensati dai pregi.
E però ci sono delle cose che mi sfuggono.
Tipo: perché ora, in pieno mercato di gennaio, uscirsene con questi atti di dolore malinconici che invitano tutti noi a smettere di sognare scenari tricolori.
Le cose che afferma Pantaleo le ho scritte più di un anno fa su questo blog e figuriamoci dunque se non sono d’accordo con lui.
Ma il vento pare cominciare lentamente girare e forse davvero arriveremo in un paio di stagioni a risorse più o meno uguali per tutti.
E allora, perché questo inno al pessimismo?
Siccome mi rifiuto di andar dietro a pensieri dietrologici (cioè che questo sia un messaggio cifrato per i Della Valle, per invitarli a spendere di più), mi interrogo e continuo a non capire.
A meno che, come nella boutade su Cassano, non sia un modo per distrarre l’ambiente dalla considerazione che nelle ultime due partite abbiamo racimolato un solo punto.

E’ andata come immaginavo: Inter incontenibile sul piano fisico e per giunta aiutata, senza che ce ne fosse bisogno, dall’arbitro.
Il gol di Ibrahimovic lo concedono una volta su dieci, ma forse a San Siro la media sale a quattro, se a tirare è una delle due squadre di casa e sinceramente non mi ero accorto dalla tribuna del calcetto di reazione dello slavo, che poteva costargli caro.
Però l’Inter è stata superiore, inutile girarci intorno e se avevamo una minima possibilità di non perdere ce la siamo giocata al 95° di Sampdoria-Fiorentina.
In vantaggio di un gol e con Mutu in campo a fare il contropiede, forse si poteva sperare in qualcosa di più, ma così ci hanno messo per tutto il primo tempo ai paletti.
Adesso giriamo pagina, ridimensionati nella classifica e un po’ anche nel morale.
Però non ci possiamo permettere di sottilizzare troppo perché, se non viciamo col Livorno, cominciamo a complicarci la classifica.

L’avevo messo nel conto che qualcuno si sarebbe arrabbiato ascoltando il mio intervento ieri a Radio Radio con Sconcerti e Focolari.
Mi ero in sostanza detto d’accordo con Sconcerti sul fatto che a San Siro certamente avremmo perso e, nonostante le critiche più che legittime alle mie parole, ripeterei tutto senza problemi per due motivi.
Il primo è squisitamente deontologico: si può tifare per una squadra (e io sono viola da capo a piedi fin dall’età della ragione), ma svolgendo la professione di giornalista non si può trascurare la realtà.
E’ come se durante la radiocronaca vedessi sempre i falli dubbi a favore della Fiorentina o non sottolineassi qualche favore (pochi, in verità) a nostro vantaggio.
Perderei di credibilità, esattamente come se oggi mi dicessi sicuro di fare risultato a Milano, contro una corrazzata che sinceramente non saprei come fermare.
Il secondo aspetto invece ha qualcosa a che fare proprio col tifo e trae le sue origini dalla scaramanzia.
Voglio dire: andiamo tranquilli a Milano, sicuri di perdere e prendiamo tutto quello che viene come un dono inaspettato.
Domani sera potrebbe essere per questo ancora più bello il viaggio di ritorno.

Mi riferisco, ovviamente, a Pazzini.
Il ragazzo ha cervello e ragiona da anni come se non fosse un ventenne, però lo smacco di non giocare a San Siro in una Fiorentina senza Mutu mi sembra piuttosto pesante.
Se così fosse, sarebbe più o meno acclarato che Pazzini può ambire solo al ruolo di vice Toni e nient’altro,
E comunque non è solo per le eventuali ripercussioni sul morale del giocatore che io lo manderei in campo fin dal primo minuto.
Mi pare infatti che contro una squadra mostruosa sul piano dei centimetri e dei chili come l’Inter sia meglio Pazzini di Jorgensen, se proprio non possiamo fare a meno di schierare Blasi a destra.
Ovviamente è solo un mio parere: come dicevo nel precedente post, tutto è discutibile nel calcio, quindi anche un altro triste pomeriggio di Pazzini in panchina.

A volte non vi capisco: ma perché prendersela tanto su questioni squisitamente tecniche come quella di Montolivo?
Comprendo e condivido l’incavolatura totale per la penalizzazione, non ho dormito per alcune notti nei giorni del fallimento del 2002, ma proprio non arrivo a concepire alcune prese di posizione.
C’è chi ha scritto che sono fissato su Montolivo, che lo proteggo troppo, e c’è invece chi si è arrabbiato con me solo perché ho posto il problema dei suoi pochi gol in rapporto alle partite segnate.
Il fatto però che salta agli occhi è che alcuni di voi, diversi direi, pensano di essere portatori sani di verità assolute e c’è pure chi ha affermato che con le mie parole scatenerei la critica contro il giocatore, rovinando di fatto la sua carriera.
Ovviamente non penso che tutto ciò sia minimamente possibile, ma ieri sera al Penta ho sentito Ceccarini e, mi pare, Fabiani concludere la loro presentazione del post sul mio blog affermando tout court che “Montolivo non si discute”.
Punto e basta.
Mah…io credo invece che tutto sia discutibile, a patto che la discussione avvenga in buona fede e senza presunzione.
O mi sbaglio?

Si può discutere Montolivo?
Certamente sì, basta svestire i panni di fondamentalisti del calcio e affrontare il tutto con il sorriso sulle labbra, come del resto si addice alla materia in questione.
A me Montolivo piace moltissimo per le movenze di grande eleganza che ha in campo e per certe illuminazioni nel passaggio dritto per dritto, i più difficili.
Poi però vado a guardare le aride cifre e scopro che in 110 partite ufficiali tra A e B, sia pure con molti spezzoni, ha segnato solo 8 reti, che vuol dire una media di poco più di 2 a campionato.
Sono cifre su cui riflettere perché uno che sa più spesso nella metà campo avversari che nella nostra almeno 5/6 gol li deve segnare e se arriva a più di 10 (leggi negli anni Rivera, Baggio, Totti. Antognoni compensava con il numero spropositato di assist, spesso sprecati, che forniva ai compagni) entra nell’Olimpo dei grandissimi.
Ora, è giusto continuare a puntare molto su Montolivo, ma è anche il caso di ricordargli cosa facevano alcuni grandi centrocampisti del passato viola alla tenera, ma non tenerissima età di 22 anni.
E magari cercare di correggergli nel frattempo questa pericolosa anemia realizzativa.

“Oh, non siamo il Real Madrid”, mi disse una volta in diretta Alessandro Lucarelli di fronte ad una mia comntestazione per via di uno scialbo pareggio.
Ecco, non siamo il Real Madrid.
O il Manchester e e neanche l’Inter.
Siamo la Fiorentina, ben orgogliosi della nostra identità, ma dobbiamo stare attenti a non perdere mai di vista il senso delle cose.
La Sampdoria è una buoma squadra, il campo era difficile in tutti i sensi e noi appesantiti da un richiamo di preparazione che dovrebbe dare i suoi frutti da aprile in poi.
Non è stato così disastroso, a meno che, appunto, non si pensi che si debba andare a Genova ed imporre i diritti di una classe che però così sfacciatamente superiore non è rispetto gli avversari.
Se Mutu non imbrocca la partita, se Toni lottta ma gira a vuoto e se Montolivo gioca la sua peggiore partita, tu devi per forza fare di necessità virtù e puntare a contenere (soffrendo) chi ti sta di fronte.
Ma mi accorgo che chi l’ha vista in televisione ha tratto impressioni molto diverse dalle mie che ero lì e comunque prendiamoci questo punto e pensiamo senza troppi processi alla gara di Milano.

Sto ascoltando la diretta di Radio Blu (unica diretta tra l’altro: visto che abbiamo cambiato passo?) e l’unico aspetto positivo mi pare la trasparenza della società che ha deciso di affrontare a viso aperto la situazione.
Però il forfait di Santana a tempo indeterminato è davvero una pessima notizia.
Perché su di lui era stato impostato un certo modulo di gioco che avrebbe sostenuto la squadra nei giorni di luna storta di Mutu.
Adesso si pone il problema se intervenire o meno sul mercato, con l’aggravante che chi ha ottimi giocatori sparerà cifre folli per cederli.
Ci affidiamo, come spesso è avvenuto negli ultimi diciotto mesi, a Prandelli perché superi questo ostacolo imprevisto e perciò ancora più grave.
E domani ci aspettiamo molto da Montolivo, che potrà giocare tranquillo perché con Jorgensen e Santana fuori il rombo con lui dentro diventa indispensabile.

Nel 1971 Lelio Luttazzi era una specie di Fiorello di oggi.
Un mito alla radio con la sua hit-parade (eh sì, ci si accontentava di poco, all’epoca. Ci bastava aspettare con ansia alle 13.30 del venerdì la proclamazione della canzone regina).
Luttazzi era un gradevole intrattenitore in tv, con i vari Studio Uno e altre memorabili trasmissioni in bianco e nero.
Un’intercettazione telefonica riguardante Walter Chiari lo coinvolse in un giro di cocaina a cui era completamente estraneo, con l’aggravante che l’amico, poi diventato ex, non fece niente per scagionarlo.
Furono incarcerati e dopo pochi giorni rimessi in libertà, fu uno scandalo di enormi proporzioni e da quel momento vennero messi (Chiari momentaneamente) al bando dalla Rai bacchettona di allora.
Aveva 50 anni e si ritirò dalle scene, lo avremmo rivisto solo nel 2006, proprio con Fiorello.
Lapo Elkann pare sia diventato un mito e non si sa bene perché.
A quindici mesi di distanza dalla triste vicenda di Torino, ora è diventato un maestro di pensiero per i trentenni e si augura che “tutti i ragazzi come me possano dire quello che pensano perché io sono un ragazzo come tutti gli altri”.
Forse la degenerazione dei nostri tempi nasce proprio dalla facilità con cui creiamo (e poi distruggiamo) dei personaggi: ma che diavolo ha fatto Lapo Elkann per conquistarsi così presto un’altra possibilità, per diventare qualcuno a cui viene chiesto un parere su tutto?
Non dovrebbe essere molto più lungo il periodo dell’oblìo?
Mi piacerebbe leggere i report commerciali sull’andamento del suo marchio di occhiali per vedere se l’azienda guadagna o se le perdite vengono coperte dal contributo personale del socio di maggioranza.

E’ la legge del contrappasso: sto sperando, attaccato alla radiolina, che la Fiorentina pareggi.
Mamma mia, quanto si soffre e pensare che è solo un’amichevole.
Non oso immaginare a quello che provano i “miei” ascoltatori nelle partite che contano, specialmente se, come accade stasera, non hanno la televisione davanti.
Non mi pare che sia stata una grande prova dei viola, ma era da mettere in preventivo, dopo tutti quei giorni di lavoro duro.
Poesio è stato una piacevole scoperta e poi ho avuto una conferma delle chiacchiere che girano spesso via etere: ma non era stata pubblicizzato in trasmissioni specializzate (così mi dicono i redattori del Penta) che un’altra radio avrebbe “raccontato” la partita?
Ho scarrellato in tutte le stazioni ma da Algeri in radiocronaca ho sentito solo Radio Blu…

Oh, porta bene scrivere durante la radiocronaca: abbiamo pareggiato, ma a Genova preferisco stare dietro il microfono. Comunque un buon gol per il morale di Reginaldo.

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