Sono molto soddisfatto delle risposte date a Repubblica di Matteo Renzi e Giovanni Galli a proposito della cittadella viola da 80/90 ettari ipotizzata a settembre dai Della Valle.
I due candidati alla poltrona di sindaco hanno detto che un progetto del genere non è fattibile nell’attuale situazione di Firenze.
Attenzione, non sono impazzito, è chiaro che avrei voluto che dal plastico di Fuskas si passasse ai fatti.
La mia soddisfazione è piuttosto legata all’onestà di Renzi e Galli, che conosco da anni (il secondo da più di trenta e per cinque stagioni è pure stato nostro opinionista) e da cui comprerei una macchina usata perché certo di non prendere una fregatura.
Purtroppo un’area così grande a Firenze non è disponibile, inutile girarci intorno, e loro lo hanno detto a costo di deludere le aspettative che inevitabilmente si dilatano nei momenti pre elettorali.
Ma invece di piangerci addosso, guardiamo di rimboccarci le maniche e trovare con i Della Valle una soluzione alternativa e soddisfacente.
Questo Giovanni e Matteo (mi permetto la confidenza) lo devono alla città e al loro amore per la Fiorentina.

Sono più immorali i 94 milioni per Cristiano Ronaldo o i 2 milioni e 300mila euro netti a stagione di ingaggio che prende Bonera al Milan?
Secondo me sono molto peggio i secondi, perché il talento non ha prezzo.
E mentre Cristiano Ronaldo, Messi, Kaka e pochissimi altri determianano le vittorie e quindi moltiplicano gli introiti, gli altri vanno in panchina.
Certo, sono cifre che fanno paura, ma ci avete fatto caso che ormai tutti giochiamo con i soldi del calcio come se fossero quelli del monopoli.
Ormai ci sembra una sciocchezza se per un cartellino la differenza tra domanda e offerta è di un milione di euro.
E cosa vuoi mai che sia?
Ma lo avete mai visto insieme un milione di euro?
Basta pensare che investendo quel misero milione in titoli di stato senza (forse) problemi uno poi ci campa bene tutta la vita ed ecco che forse valuteremmo con maggiore attenzione quello che succede.
Ma Cristiano Ronaldo pagato 94 milioni o Kaka 68 non sono il problema, perché è come comprare un Picasso o un Van Gogh: sono pezzi rari.
Il problema sono gli altri, e fino a che chiederanno 8 milioni per Barreto non ci dovremmo stupire del resto.

Due anni fa, quando Berlusconi poteva spendere, il Milan offrì 50 milioni di euro alla Juve per il ventinovenne Buffon.
Dopo lunghe esitazioni, ci fu un rifiuto, motivato dal fatto che un portiere come lui portava alla causa almeno gli stessi punti di un grande attaccante.
Non si capisce allora perché oggi il ventinovenne Frey, che nell’ultimo campionato è stato superiore a Buffon, debba andarsene per meno della metà di quei cinquanta milioni.
Che ce ne facciamo poi dei venti milioni di euro del Bayern?
Prendiamo Amelia, o Curci?
Oppure facciamo una corvinata stile Lobont all’estero?
Ragazzi, non scherziamo.
Dice: ma allora perché per la stessa cifra daresti via Melo?
Perché Melo non è affatto decisivo e perché di giocatori decisivi la Fiorentina ne ha solo tre: Mutu, se sta bene, Gilardino (complimenti per la doppietta di ieri), e soprattutto Frey.
E infatti venti milioni ce li offrono per Frey, mica per altri, ma se lo vendiamo perdiamo quanto il Milan con Kaka.

Per la mia solita teoria di fondo che forse, se sto un po’ peggio io e stanno un po’ meglio gli altri tutti ci guadagniamo, ho votato ancora una volta, e con sempre più fatica, per il PD.
Ma confesso che mi ci sono voluti un paio di giorni per capire come mai, a sentire le dichiarazioni post elezioni, sembra che Franceschini abbia vinto le Europee e Berlusconi le abbia perse.
E per quanto mi sia sforzato non ho proprio capito.
Non ho capito come si possa essere contenti per aver smarrito sette punti percentuali (quattro, senza i radicali) rispetto all’ultima sconfitta, impostando tutta la strategia comunicativa sulla sparata del nostro Presidente del Consiglio, che puntava ad almeno il 40%, con annessa la barba tagliata di La Russa.
La verità è che la sinistra sta annaspando, che tra poco si alzeranno i fuochi del congresso e che la frammentazione aumenterà.
Se l’Italia è un Paese ingovernabile, con la sinistra italiana non c’è neanche da sperarlo.
Ieri sera mia moglie si chiedeva se potevamo farci “imprestare” Fini, un po’ come succede nel calcio.
Non per molto, diciamo per una legislatura, tanto per sistemare un po’ le cose ed invece ci siamo beccati anche la confluenza di AN in quel simulacro (o farsa) della politica che fino a quando ci sarà Berlusconi è il PDL.
E poi sto a chiedermi perché Valentina salta a pié pari tutte le pagine che parlano di politica, mentre io alla sua età me le divoravo.
Un conto erano Nenni, Pertini, Fanfani, Zaccagnini, Berlinguer, un altro questa compagnia cantante di nani (politici, per carità) e tante, ma proprio tante, ballerine.

E’ una di quelle sera in cui viene voglia di scappare da qua e non c’entrano niente i risultati elettorali, che ancora non conosco.
Follie mediatiche, scortano Noemi al seggio: ormai è una star, mi piacerebbe vedere cosa sarà di lei tra dieci anni.
Stiamo perdendo tutti la testa, anche i giornalisti.
In una classe di ragazzini di dieci anni qui a Grassina, quattro maschietti fanno il bello ed il cattivo tempo in classe con offese e parolacce, umiliando chi è più debole e costringendo forse qualcuno a cambiare scuola.
Ma i genitori difendono sempre i loro adorabili pargoletti, non osano mai dire niente e anzi si buttano contro chi subisce.
Ci provi a parlare, a spiegare, ma non rispondono.
Cerchi di coinvolgere i neutri, ma la maggior parte si gira dall’altra parte, facendo finta di non sentire.
Anche loro li voglio vedere tra dieci anni, soggiogati e travolti da una generazione sprezzante abituata ad avere tutto e subito e a cui oggi è troppo faticoso dire di no.
D’altra parte, se a Roma insultano Balotelli, che è Balotelli, con le banane, che vuoi sperare?
Poi cerchi faticosamente di far leggere il giornale a tua figlia, di spiegare il perché si festeggia il 2 giugno, di far capire a cosa servono le elezioni e perché sia giusto votare, ma lei apre un qualsiasi sito di informazione e la prima cosa che vede è Noemi vestita da star che va a votare.
Viene voglia di arrendersi alla legge del più forte (fra l’altro, grazie al calcio, sono stato fortunato e sarei collocato nella parte alta della forbice) ed invece bisogna trovare la forza di andare avanti.
Di provare a combattere per un mondo anche minimamente meno ingiusto.

Magari chiedendo a Della Valle un piccolo sforzo per un difensore centrale, che sinceramente mi pare indispensabile.
Perché il Milan senza Kaka e l’Inter senza Ibra mi pare difficile che alla fine siano più forti.
Rimandiamo indietro i prestiti (Almiron e Bonazzoli di corsa, su Zauri, se ce lo regalano, ci si può ragionare), prendiamo a pochi euro un vice Gilardino ed investiamo come detto qualcosa dietro, affidandoci poi come sempre San Cesare.
Se poi Melo ricomincia a straparlare dell’Inter, si aspetta che Moratti ci porti una valanga di soldi, altrimenti lo educhiamo meglio alle regole del campionato italiano e lo mettiamo in mezzo al campo.
A volte, a muoversi troppo, si fa il gioco del nemico.

Era da quando è cambiata la prorpietà di Radio Blu, quindi dal gennaio 2007, che avevo intenzione di dedicare uno spazio autonomo ai tifosi.
Tutte le volte però mi bloccavo di fronte ad un ostacolo per me insormontabile: dovendo la trasmissione, pur nella sua totale indipendenza, avere un livello che fosse simile a quello del Pentasport, non riuscivo a trovare un conduttore e un responsabile capace di darmi fiducia.
L’unico su cui mi sentivo di puntare ad occhi chiusi si chiamava Leonardo Vonci, che conosco da vent’anni e che ho visto crescere esponenzialmente nelle ultime stagioni.
Ho quindi cominciato un corteggiamento che mi ha fatto andare per due volte in bianco (estate 2007 ed estate 2008), ma quando Leo finalmente ha detto di sì, non ho avuto esitazioni e ho fatto partire il nuovo programma che non può che collocarsi che il lunedì e il venerdì dopo il Pentasport e che si chiamerà “Viola nel cuore”.
Ci stiamo lavorando da mesi e sono molto contento di avere avuto l’ok alla partecipazione in studio di Marzio Brazzini, Pietro e Michele Vuturo, Filippo Baragli, oltre agli intereventi telefonici di Valter Tanturli e potrarno “godersela” tutti i tifosi sparsi per la Toscana, non solo i fiorentini.
Chiaro che ci sarà una concorrenza leale, ma forte con la trasmissione del mio amico Stefano Sartoni, senza che questo tocchi minimamente i nostri rapporti.
Che dire? Vinca il migliore.

Siccome c’erano le telecamere e lo vedrete credo alla Rai, non svelo nessun segreto a raccontare qualcosa della splendida serata organizzata e offerta da Pantaleo Corvino in un posto mozzafiato sopra Firenze, una finestra che ha lasciato a bocca aperta i tanti inviati della Nazionale.
Tra i primi ad arrivare, Prandelli, sorridente e in grande forma.
Atmosfera rilassata con il ds a fare da anfitrione e nemmeno sembravamo il microcosmo che spesso si scanna per questioni abbastanza futili.
Passano pochi minuti e si invitano i signori partecipanti a ballare sui ritmi del Salento: io ovviamente me ne sto ben defilato, imbranato come sono anche a muovere tre passi (eppure come mi piacerebbe, così come vorrei saper cantare…).
Le più coraggiose sono come sempre le signore, ma non tutte.
Per fortuna nessuno mi trascina e dopo un’ottima esibizione di Enzo Baldini (ma dove ha imparato? mah), a cui tra i giornalisti seguirà solo un bravissimo Francesco Izzi, va in scena Cesare.
E’ un’apoteosi, sembra si sia sempre esibito nelle feste che si svolgono nei dintorni di Lecce, invece che stare in panchina e allenare tutta la settimana.
Invidioso, gli chiedo come diavolo faccia a conoscere così bene quelle musiche e lui mi risponde serafico che non sa affatto ballare, ma sente la musica e si impegna, ma dimmi te…
Non male neanche Sandro Mencucci, l’unico tra i dirigenti a provarci, ma Prandelli è veramente di un’altra categoria.
Alla prossima Champions conquistata bisognerà farlo ballare, ma davvero, sotto la Fiesole.

Ma come sono banali questi calciatori, con la loro inarrestabile ingordigia, sospinti e sobillati da procuratori più ingordi di loro.
A proposito, ne vedo spuntare a bizzeffe di nuovi e improvvisati assistenti.
Ogni giocatore, che ormai fattura come una media impresa regionale, ne ha almeno due, soprattutto quelli stranieri, uno per l’Italia e laltro per l’estero.
A cosa servono non si sa, ma si vede che servono, perché altrimenti mica butterebbero via i loro quattrini i signori calciatori.
Ogni tanto sento dire dai miei: “abbiamo intervistato tizio, caio o sempronio” e per me sono assoluti sconosciuti, apparsi improvvisamente e misteriosamente alla ribalta, ma è colpa mia che mi sono fermato ai Canovi, Branchini, Pasqualin e via a seguire.
Tutta gente che se ne frega dell’attuale momento economico, dei pagamenti che slittano almeno di due o tre mesi, loro pensano ad arraffare il più possibile ed il prima possibile.
Comunque sia, adesso siamo in mezzo al balletto di Melo a cui, è chiaro, di Firenze e della Fiorentina gliene importa quanto gliene poteva importare dell’Almeria o della prossima squadra in cui andrà.
La Fiorentina per lui è un taxi: ci sale, gli pagano la corsa e poi scende.
Però la curva gli fa i cori, perché è uno tosto che piace e pazienza se ha messo la squadra due volte in grave difficoltà (e una terza, contro il Siena, lo hanno graziato).
Ribadisco il concetto: a venti milioni di euro si impacchetta e si porta a destinazione, senza neanche troppi rimpianti.

Ma davvero Melo vale il triplo di Kuzmanovic?
Se questi sono i valori di mercato, ribadisco il concetto di domenica: se proprio dobbiamo fare un taglio doloroso, vendiamo Melo e investiamo “alla Corvino” il ricavato.
Kuz ha sbagliato la stagione, può succedere, ma è potenzialmente fortissimo, a patto che ci creda per primo lui.
Sono davvero poco esperto di mercato, però mi pare che con otto milioni non si compri molto, a meno che non sia Prandelli a non avere più fiducia in Kuz e allora il discorso cambierebbe completamente.
Mi sembrerebbe strano, ma potrebbe essere un’ipotesi.

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