Dispiace perché c’è la Samp e quindi bisognerebbe stare concentarti sulla partita, ma il possibile, anzi più che probabile, arrivo di Crespo impone una presa di posizione.
La mia è che si tratta di un’operazione ottima, un’altra cosa rispetto a Vieri, per la diversità tra i due, caratterialmente e tecnicamente.
Crespo non arriva da due stagioni perse, non ha gli atteggiamenti di Bobone, gioca meglio al calcio.
Gilardino non si farà certo condizionare dalla sua presenza in panchina ed insomma, se rimane Mutu (ed io spero che rimanga), credo proprio che per l’attacco siamo a posto.

Finalmente una buona notizia: squalifica del campo confermata alla Juve per i cori razzisti a Balotelli.
E non c’entra niente la corsa per il terzo posto, tanto che non so nemmeno se sia un vantaggio o uno svantaggio non avere allo stadio un pubblico che contesta come quello bianconero.
C’entra invece la dignità umana, il fatto di avere tutti gli stessi diritti e gli stessi doveri.
Adesso guardiamo se qualche imbecille che si veste di viola e che fischia o fa buu all’avversario solo per il colore della pelle ha capito la lezione.
Dubito, ma bisogna sempre essere ottimisti nella vita.

Come tutti voglio molto bene a Martin Jorgensen, ciò nonostante trovo molto curioso che negli ultimi sei mesi ci siano state non meno di una ventina di sue esternazioni sul prossimo contratto.
Giuro che non è invidia perché lì parla sempre e ai media fiorentini no, anche perché non è mai successo niente di decisivo, solo che mi sembra bizzarro trovare ogni settimana almeno una dichiarazione di Martino.
Ormai la vicenda del suo rinnovo è diventata stucchevole, speriamo che ci sia l’accordo, ma intanto aspettiamoci qualche altra uscita internettiana o sulle onde di qualche emittente danese.

Viste le tante prese di posizione degli ultimi tempi e qualche simpatico collega (?) che cerca disperatamente di farsi benvolere da Prandelli con dello stupido sarcasmo sulla storia del terzo posto, sarà bene essere chiari una volta per tutte.
Se la Fiorentina arriva quinta (e qui ci tocchiamo tutti), il campionato è molto buono, ma la stagione vira moderatamente al negativo per via delle Coppe: Champions, Uefa e Italia.
Se la Fiorentiva arriva quarta, ci dimentichiamo delle Coppe e festeggiamo felici l’ennesimo “scudetto” del trio Della Valle-Prandelli-Corvino, facendo pure una metaforica pernacchia a chi ha il triplo dei nostri soldi dalle televisioni, ma arriva dietro di noi.
Se invece la Fiorentina arriva terza, è un autentico miracolo e allora ci muoviamo tutti verso Monte Senario.
In questo caso la pernacchia la facciamo, oltre che alle due squadre messe dietro, a chi ha contestato l’iniziativa solo perché è nata da violanews.com e da Radio Blu.
E qui vorrei sottolineare la libertà di pensiero di chi non ha niente a che vedere con noi, ma ha detto sì lo stesso. penso a firenzeviola, ad Alessandra Gozzini, a Paolo Chirichigno e chiedo scusa se mi sono dimenticato di qualcuno.
Quello della marcia è un gioco, un fioretto, un atto d’amore verso la Fiorentina, non mi pare che ci volesse molto a capirlo.
Ma siccome siamo buoni e caritatevoli quel giorno, il 2 giugno, prepareremo dei panini e delle bibite in più anche per i nostri amici.
E comunque festeggeremo (eccome se festeggeremo) anche in caso di quarto posto.

2001/2002
Non ce la faccio a mettere in ordine razionalmente gli avvenimenti dell’ultimo anno di vita della Fiorentina. Altri lo hanno fatto con dovizia di date e di particolari, io proprio non ci riesco. Posso solo fidarmi delle mie sensazioni, dei ricordi di un’agonia che negli ultimi giorni è stata davvero straziante. E’ ovvio che si sta parlando “solo” di una squadra di calcio, però è come se mi avessero strappato qualcosa dentro, e non solo per i problemi legati al lavoro. Certo, c’era anche la preoccupazione di sapere che fine avremmo fatto con i nostri programmi e le nostre radiocronache, ma quel malessere che sentivo affiorare giorno dopo giorno arrivava da molto più lontano. Era la rabbia per l’impossibilità di fare qualcosa che salvasse quei ricordi tutti in viola che avevo fin da bambino, quei trentacinque anni di stadio e di amore verso una squadra che non era mai stata dei presidenti o dei giocatori, ma solo nostra, dei tifosi che l’hanno accompagnata in tutte queste stagioni. E’ impossibile perdonare chi ha ucciso la Fiorentina, io almeno non lo farò mai.

LO STRAPPO
Finalmente nel giugno del 2001 decisi che ne avevo abbastanza di Cecchi Gori e di tutta la sua banda di tirapiedi che si stavano alternando a Firenze. Con onestà dissi ai responsabili di Canale Dieci che ero ormai giunto al punto di non ritorno e che avrei attaccato continuamente Vittorio, in radio ed in televisione. Presero atto della mia decisione e non tentarono nemmeno di convincermi a cambiare idea. Grazie alla bolgia dantesca in cui era precipitato l’intero gruppo Cecchi Gori, riuscii a sopravvivere senza troppi problemi fino al rocambolesco arrivo alla guida della Fiorentina dell’ex esperto di leasing Sarkis Zerunian, che cercò inutilmente di bloccare i miei attacchi. Dal Ring dei Tifosi sparavo puntualmente contro Cecchi Gori, aspettandomi ad ogni puntata la telefonata di ammonizione o addirittura la soppressione del programma. Ed invece niente, evidentemente anche i vecchi ruffiani del presidente-ex senatore-produttore avevano capito che non c’era più nulla da fare.

FALLIMENTO SI’, FALLIMENTO NO
C’è un antico adagio fiorentino che dice: “fatti un nome, piscia a letto e diranno che hai sudato”. Ecco, nel mio appiattirmi a tutto ciò che mi raccontava il professor Barucci, non ho fatto altro che seguire questa vecchia massima popolare. Consideravo l’ex ministro del Tesoro e grande tifoso viola la massima autorità in materia finanziaria, e siccome mi aveva detto che finire di fronte al tribunale fallimentare sarebbe stata la nostra fine, ho recepito al cento per cento il suo suggerimento, scatenando una furibonda campagna radiofonica e televisiva contro l’ipotesi del fallimento. Manca certamente la controprova, ma se a settembre il giudice Puliga non avesse “assolto” dai suoi misfatti la Fiorentina, siamo sicuri che le cose non sarebbero potute andare meglio?

ZIG ZAG
Boicottiamo gli abbonamenti perché in questo modo si aiuta Cecchi Gori.
No, andiamo a fare gli abbonamenti per evitare il fallimento. Stringiamoci intorno a Mancini, perché solo così ci potremo salvare.
Facciamo la guerra a Mancini, che si è scagliato contro Luna, a sua volta è entrato in conflitto con Cecchi Gori, che non vuole più vendere la Fiorentina.
Qualsiasi compratore è meglio di Cecchi Gori, anche Tootoonchi con quattro o, il discusso e discutibile Pulsoni, la catena di orafi aretini di Pupo, la holding lussemburghese di Luna.
E se invece Berlusconi desse una mano al suo amico Vittorio e rimettesse a posto i conti? In fondo chi ha portato a Firenze Batistuta, Rui Costa, Toldo e Chiesa? Due anni fa eravamo in Champions Leagues…
Poveri giocatori, sono rimasti lo stesso a Firenze e non prendono una lira da mesi: dobbiamo solo applaudirli per l’impegno che ci mettono.
Sono solo una banda di mercenari, che pensano unicamente ai quattrini: peggio di così non ci poteva capitare, proprio nell’anno più disgraziato.
Come si fa a non uscire pazzi da questo ping-pong di sentimenti, questo fiume in piena di parole dove tutti si sentivano autorizzati a dire tutto e due giorni dopo il contrario?

MERCENARI
Una cosa comunque è certa, e lo hanno dimostrato un anno più tardi i calciatori delle altre squadre finite in mezzo a crisi finanziaria addirittura peggiori di quella viola: tranne Di Livio e al massimo un altro paio di eccezioni, tutti gli altri giocatori della rosa della stagione 2001/2002 si dovrebbero vergognare per il comportamento tenuto nei dieci mesi in cui invece ci avrebbero dovuto salvare. Con la Fiorentina ancora in serie A, sarebbero arrivati da Stream quei 45 miliardi che avrebbero garantito l’iscrizione al campionato. Sono stati indegni della maglia che portavano e dell’affetto di una città che ha capito troppo tardi a che gioco questi signori stessero giocando. Eravamo così (giustamente) pieni di rabbia verso Cecchi Gori, che non ci siamo accorti di come ci prendessero per il naso. Sparito il 30 settembre Chiesa per infortunio, è sparita tecnicamente la squadra, ma questi atleti (presunti) avevano ingaggi da favola, basta pensare che la Fiorentina era al settimo posto in Italia come emolumenti pagati. Ed invece hanno pensato solo a mettere in mora la società ormai boccheggiante, hanno tirato indietro la gamba, sono stati penosi come uomini. Due di loro, quel fenomeno di Marco Rossi e Nuno Gomes, hanno perfino cercato di far fallire prima del tempo la Fiorentina per cinquanta milioni di premi non pagati. Un altro, il “simpatico” Morfeo, ha per mesi fatto finta di avere la bua al piede pur di non giocare. Scandalosi tutti, ma qualcuno più degli altri.
Ho un sogno impossibile nel cassetto. Una bella partita della vergogna, con in campo i protagonisti della nostra ultima stagione, una specie di passerella al contrario: il disastroso Amoroso, il supponente sputasentenze Baronio, l’uomo della notte Cois, il sindacalista Vanoli, l’ex umile Torricelli, l’irascibile moviola Pierini, lo “scusatemi, ma ho fatto una scelta di vita” Adani, il “chi mi tira in porta segna” Taglialatela, quel fenomeno di Marco Rossi, il portoghese sbagliato e stramiliardario Nuno Gomes, l’inarrivabile Morfeo, l’impomatato Mijatovic (se ce la fa a scendere in campo), il decotto Ganz, il ragazzo prodigio con annesso sito personale Moretti. Per questa storica occasione vorrei anche due allenatori in panchina: il montato Mancini, l’amico di Cecchi Gori, e il grande bluff, cioè Bianchi, magari con Peppinello Pavone (mai presa una responsabilità o un’iniziativa, solo i tanti milioni netti di stipendio) a fargli da degno assistente. Che spettacolo sarebbe sentire il Franchi venire giù dai fischi per questi uomini (ci vuole un certo sforzo a chiamarli così) che hanno finito di ammazzare la Fiorentina.

Sono ancora a Roma in attesa dell’aereo per Firenze ed il mio pensiero in questa domenica di grande gioia, in cui sono stati serviti anche tutti quelli che dicevano che portavamo male con la storia di Monte Senario, corre al mitico arbitro Saccani.
Quello che a Torino ci ha fatto perdere la partita con la Juve, provocando l’arrabbiatura via video di Andrea Della Valle.
Ve lo ricordate? In questo momento la Juve sta pareggiando, ma se avessimo preso un punto a Torino, oggi saremo perfettamente pari in tutto e ci giocheremmo il terzo posto.
Comunque vada a finire, stiamo chiudendo alla grande.
E’ la Fiorentina delle seconde linee, Jovetic ci sta sbocciando in mano, ma a me oggi sono piaciuti moltissimo Montolivo e Melo e comunque trovatene voi uno sotto la sufficienza perché io davvero non ci riesco.
Continuiamo a sperare nel miracolo, però, davvero… grazie Saccani, di cuore.

Scrivo da una postazione vergognosa, in piedi, a Fiumicino, dove la nostra amata compagnia Alitalia mi fa attendere 4 ore a causa di un volo che non c’e’ piu’ ma che io ho regolarmente registrato sul mio biglietto elettronico stampato stamani e che era annunciato in pompa magna, per l’esattezza al termina A05.
In pratica ho perso l’ intera giornata, mentre ho vaghe notizie del bagaglio che a questo punto potrebbe avere tre destinazioni possibili: 1) essere arrivato prima di me, perche’ esisteva una coincidenza, che ovviamente era tenuta nascosta, nel qual caso perdero’ almeno un’ora a Catania per ritrovarlo; 2) arrivare con me, che e’ l’ipotesi miracolosa piu’ favorevole; 3) arrivare dopo di me e quindi farmi chiudere la giornata di viaggio verso le 20, quasi dieci ore dopo essere arrivato a Peretola.
Piu’ o meno il tempo che occorre per andare a New York, attesa all’aeroporto compresa.
Ma comunque tutto e’ in linea con i prezzi (parlo di New York), visto che il volo andata e ritorno e’ costato quasi 300 euro (quello a Brindisi tra quindici giorni 386 euro)…
Strano che la nostra compagnia di bandiera abbia vuto tutti quei problemi negli ultimi anni, non l’avrei mai detto…

Credo e spero che a Catania giochi Kuzmanovic, che mi pare in rimonta su se stesso.
Purtroppo la stagione di Jorgensen è stata tutta in salita e sinceramente non mi è sembrata così lontana da quella di altri flop viola (Almiron, Zauri) se non fosse che è stata determinata dai gravi problemi di salute avuti per tanti mesi.
Ma mettere Martino titolare domenica è un azzardo, incomprensibile al momento.
Meglio Kuz, che magari prende coraggio e osa un po’ di più, soprattutto se capisce che qui tutti hanno pazienza e credono che possa diventare il giocatore che ha promesso di essere.

P.S. Ieri è stata una giornata di grandi soddisfazioni per noi “faticatori” della radio.
Sono infatti arrivati i dati di ascolto relativi al primo rilevazione 2009, che da quest’anno hanno allargato il numero delle persone interpellate: in Toscana ci sono solo 2 emittenti censite (il minimo mi pare si di 50mila persone), Radio Cuore con 123mila ascoltatori nell’ora media e Radio Blu con 109mila.
Il progresso è stato del 10% rispetto all’ultimo dato 2008: grazie a tutti, anche a coloro che ci contestano, ma rimangono incollati sui 91.7 e 91.9.
E sempre ieri abbiamo concluso un accordo importante, che arricchirà da settembre la nostra programmazione sulla Fiorentina, ma per ragioni di correttezza daremo l’annuncio solo a campionato finito.

Pur deludendo le attese credo che la doppia sfida tra Chelsea e Barcellona abbia certificato la nostra lontananza a certe vette.
Continuo a pensare che solo il Milan, se sacrifica un paio di partite di campionato, possa competere per mentalità e tecnica a quei livelli.
Non certamente la Juve e neanche l’Inter, che specula troppo sui suoi campioni.
Meno che mai, purtroppo, la Fiorentina, che comunque sta facendo miracoli con le risorse economiche che ha.
Ma è un altro calcio, che ti avvolge e ti trascina anche quando non ci sono i colpi dei fuoriclasse.
Forse è una questione di mentalità o forse solo di qualità dei singoli, perché le grandi giocate ce l’hanno un po’ tutti, però un conto è farle il mercoeldì in allenamento e un altro il mercoledì nella semifinale di Champions.

ROSSITTO COME RUI
A dicembre dimenticammo improvvisamente Batistuta per merito di Terim. Dopo un inizio stentato, la squadra cominciò misteriosamente a volare e alla seconda vittoria consecutiva, di ritorno da una trasferta ad Udine, cominciai addirittura a fare tabelle scudetto. Fu proprio in quella partita in Friuli che assistemmo ad un vero e proprio miracolo calcistico, qualcosa che avrebbe richiesto spiegazioni trascendentali: all’inizio del secondo tempo, infatti, Rossitto cominciò a giocare divinamente. Dribblò anche tre uomini in fila e non sbagliò più un passaggio, roba da confonderlo con Rui Costa. Logicamente il merito era tutto di Terim, talmente bravo psicologicamente da convincere lui, Bressan, Pierini e Firicano di essere diventati dei fenomeni. Vincemmo ancora in casa contro il Verona, pareggiammo con uno spettacolare tre a tre a Torino con la Juve (il primo punto in dieci anni al Delle Alpi!) e strapazzammo il Milan al Franchi con un umiliante quattro a zero. Fantastico. Quasi troppo bello per essere vero, ed infatti, come da tradizione, trovammo il modo di rovinare tutto in poche settimane.

IL DEMIURGO
«Mario, ma perché hai deciso di venire a lavorare nel gruppo Cecchi Gori?»
«Perché io sono uno che risolve i problemi. L’ho sempre fatto nella mia vita e sarà così anche con Vittorio. Vedrai, ci divertiremo».
Il colloquio tra me e Sconcerti andò in onda a Radio Blu sabato 2 dicembre 2000, pochi giorni dopo l’addio del “direttore” al Corriere dello Sport-Stadio e a poche settimane dal suo ingresso nel gruppo Cecchi Gori. Mario venne subito a trovarci Canale Dieci per preparare la truppa a clamorosi cambiamenti editoriali.
«I soldi ci sono – ci disse – non fatevi ingannare da chi afferma il contrario, è solo gente che ce l’ha con Vittorio. Adesso però voglio da voi aggressività: dobbiamo essere ovunque, nulla ci deve fermare». Sconcerti era senz’altro un grande giornalista, ma sapeva di televisione più o meno quanto me di cucito, e dopo pochi giorni, di fronte ai mille problemi tecnici quotidiani, si era già dato una calmata. L’annuncio del suo arrivo venne dato durante la cena di fine anno dei giornalisti sportivi toscani, senza, pare, che ne sapessero niente Luna ed Antognoni. Non appena appresa la fatale notizia, Lucianone nostro sparì come era solito fare nei momenti difficili, mentre Antognoni cominciò la sua guerra neanche troppo sotterranea a colui che aveva sempre considerato un avversario.

NEMICO DEL MIO IDOLO
E così, ad un certo punto, sono entrato anch’io nella lista nera di Giancarlo. Provo con molti sforzi a capire cosa gli sia passato per la testa: siccome avevo lavorato (bene) con Sandrelli e da anni conducevo alla radio una rubrica con Sconcerti, non potevo che essere un loro alleato. E se ero un loro alleato, diventavo automaticamente un suo nemico. Questa storia, in fondo molto stupida, va avanti da troppo tempo e temo che le parole velenose di Antognoni abbiano involontariamente fatto breccia nella parte più idiota della tifoseria. Una volta, in piena bufera, presi carta e penna per scrivergli una lettera affettuosa, in cui mi sforzavo, nonostante tutto, di capire il suo stato d’animo giustificandolo pure, visto che aveva appena deciso di lasciare la Fiorentina. La sua risposta fu agghiacciante: dopo qualche giorno andò in una radio e disse che “Guetta si sa perché si comporta così (non ho mai capito a cosa si riferisse): vuole diventare addetto stampa della società”. Una falsità assoluta ed inedita, condita da un’altra dichiarazione in cui affermava che “di Guetta comunque non mi occupo troppo perché è un pesce piccolo”. Era chiaramente in guerra con il mondo e, attaccandomi, pensava di conquistare chissà quale fortino. Una settimana prima in televisione mi aveva urlato: “stai zitto te, che fai parte del clan dei Marsigliesi”. Potevo tranquillamente querelarlo, prendere un sacco di soldi, ma avrei fatto a botte con la mia coscienza e con quello che lui ha rappresentato per me nei quindici anni in cui giocava. Ho lasciato perdere e non me ne pento: i sogni di un ragazzo non possono essere svenduti in una causa per risarcimento danni. Meglio dimenticare.

SCINTILLE
Ovviamente l’imperatore-due ed il demiurgo entrarono in rotta di collisione dopo nemmeno una settimana di lavoro insieme. Il pretesto era il rinnovo del contratto di Terim, ma si vedeva benissimo che si detestavano da tempo. Si scontrarono la prima volta a Bergamo, il sabato prima della partita, e nelle settimane successive continuarono a lanciarsi frecciate che facevano solo il male della Fiorentina.
Tutti noi, comunque, volevamo che il tecnico turco rimanesse e così in una fredda sera di gennaio andò in scena un corto circuito mediatico che a rivederlo ora può sembrare assurdo. Tutta Firenze si mise infatti in fila davanti alla casa del presidente-senatore-produttore ad aspettare il fatidico incontro risolutore Terim-Cecchi Gori.
«Non ci sono problemi, Fatih rimarrà con noi altri tre anni», dichiarò trionfante Vittorio, al termine della maratona.
«Me ne vado a fine stagione», rispose il giorno dopo l’imperatore-due, che si era già promesso al Milan. E noi lì, a fare dirette fiume di ore e ore per raccontare il nostro dolore per l’addio del grande allenatore. Ridicolo, semplicemente ridicolo. La Fiorentina si era nel frattempo dissolta in campo, con tre sconfitte consecutive che l’avevano ricacciata a metà classifica.

DIMISSIONI
Le due magie di Baggio in Fiorentina-Brescia del 24 febbraio 2001 segnarono il punto di non ritorno nella storia tra la Fiorentina e Terim. Con appena due pareggi nelle ultime cinque partite, Cecchi Gori decise che era finalmente (per lui) arrivato il momento buono per licenziarlo. Sconcerti provò ad opporsi con poca convinzione, mentre Antognoni dette coerentemente le dimissioni da una vita in viola perché non era assolutamente d’accordo con l’iniziativa, e aveva ragione. L’imperatore-due prese però tutti in contropiede e convocò una conferenza stampa in un albergo per annunciare che non sarebbe stato Vittorio a licenziarlo, ma lui ad andarsene, insieme a tutto lo staff tecnico, più Antognoni.
Andai anch’io all’ultimo incontro di Terim con i giornalisti e mi trovai precipitato nel peggiore degli incubi. Scoprii però il lato più vero di Antonio Di Gennaro, un gentiluomo d’altri tempi, che in preda a chissà quali fantasmi della mente mi aggredì in mezzo alla hall, accusandomi di aver manipolato alla radio dei fax per attaccare Antognoni. Una cosa idiota e pazzesca, e ogni altra parola sul signore in questione mi pare sinceramente sprecata. Poi venni avvicinato da un tifoso che conoscevo solo di vista e che voleva picchiarmi in quanto “servo di Cecchi Gori”. Si trattava di Gaetano Lodà, che due giorni dopo appose davanti al suo locale un simpatico cartello con scritto “noi non possiamo entrare”, e sotto la mia foto insieme a quella di Cecchi Gori, Sconcerti e Sandrelli, intanto rientrato in Fiorentina. Infine, il colpo ad effetto. Prima che iniziasse la conferenza stampa, davanti ad una cinquantina di giornalisti, Terim mi invitò ad uscire dalla stanza perché la mia presenza non era gradita. Il gentiluomo Di Gennaro rincarò la dose sogghignando: “e adesso cosa rispondi? Eh, vediamo un po’ cosa dici”. Fu particolarmente apprezzabile la solidarietà dei colleghi: nessuno mosse un dito in mia difesa, ma io non mi spostai di un centimetro.

SQUALLORE TELEVISIVO
Ripartii stravolto dall’albergo della conferenza stampa per andare a condurre il Pentasport, ma una volta arrivato a Prato venni pregato da Sandrelli di tornare a Canale Dieci perché Sconcerti aveva sciaguratamente deciso di esternare. Ero perplesso, ma non potevo mandare uno dei miei giornalisti allo sbaraglio e poi Massimo mi aveva rassicurato, dicendomi che anche Isler di Rete 37 avrebbe partecipato alla trasmissione. Insomma, non sarebbe stato un monologo senza contraddittorio. Una volta giunto in televisione, mi accorsi con terrore che avevamo più o meno dieci minuti per preparare il programma e, soprattutto, che di Isler non c’era traccia. Chiesi ai giornalisti presenti se avessero voluto intervenire, ma se la dettero tutti a gambe, tranne Manola Conte, che mi venne coraggiosamente in soccorso.
La rissa televisiva se la ricordano (purtroppo) quasi tutti, con l’uscita infelice di Sconcerti ad Antognoni (“ma si può sapere cos’hai fatto tu per la Fiorentina”), le urla isteriche via telefono della moglie di Giancarlo e le farneticazioni sconcertiane sul futuro roseo della società. Ero distrutto da una giornata piena di veleni e non riuscii a tenere le redini della trasmissione. Sbagliai anche a non mandare in diretta Di Gennaro, che aveva chiesto di intervenire telefonicamente. Due giorni dopo quella serata da incubo, andai da Sandrelli in Fiorentina per annunciargli che me ne andavo da Canale Dieci perché non reggevo più la tensione di una contestazione che trovavo assurda. Massimo mi chiese di non mollare, di defilarmi magari un po’, ma di continuare a condurre il Ring dei Tifosi. Mi convinse con una frase: «se te ne vai adesso, sembra che tu abbia preso posizione, schierandoti con Terim. E invece se sei sempre stato equidistante tra le parti: è come se avessi qualcosa di cui ti vergogni o delle colpe da farti perdonare». Aveva perfettamente ragione: non dovevo farmi perdonare proprio niente.

GUETTA CIRCONCISO
Mi hanno fatto striscioni offensivi, inciso svastiche sulla moto, inviato vergognose lettere anonime a casa, minacciato fisicamente, e posso facilmente immaginare quale mente eccelsa si sia nascosta dietro a queste operazioni. Ma quello che mi ha fatto più paura è ciò che accadde una sera a casa mia. Suonò il cellulare e Valentina voleva andare a rispondere, come era già successo tante altre volte. «Lascia Vale – gli gridai – vado io!». Dall’altra parte una voce di ragazzo mi urlò: «Guetta, ebreo di m…., ti conviene non girare da solo, perché prima o poi ti spezziamo le gambe». Rimasi senza fiato: e se avesse risposto mia figlia di cinque anni, si sarebbero fermate queste bestie? Non credo. La domenica dopo la rissa televisiva, fra i vari striscioni offensivi su di me, ce ne fu uno che nessuno fece togliere. C’era scritto “Guetta circonciso”, e con questo i delinquenti che lo avevano innalzato credevano di avermi offeso. Il giorno dopo, chiamai la Comunità ebraica e chiesi di essere nuovamente iscritto, quattordici anni dopo che me ne ero andato.

MANCINI A TUTTI I COSTI
Sandrelli mi ha sempre detto che dovendo ricostruire da zero e in pochi giorni uno staff tecnico, era logico prendere subito un bel po’ di gente. Può anche darsi che abbia ragione in teoria, ma certamente sbagliarono nelle scelte e negli stipendi concessi. Sconcerti era diventato l’amministratore delegato della Fiorentina e non poteva non sapere la situazione in cui versava il bilancio viola. Per ingaggiare Mancini, che aveva cominciato la stagione come vice di Eriksson, venne messa su un’operazione a tutto campo con la Federazione, che alla fine concesse la sospirata deroga tra mille polemiche. Al nuovo tecnico vennero incredibilmente promessi gli stessi soldi di Terim, una follia in considerazione della differenza di esperienza e di prestigio tra i due. E andò molto peggio con Giuseppe Pavone e Ottavio Bianchi, due autentici bluff, smascherati definitivamente solo nell’estate del 2002.

SCHIZZOFRENIA
E la squadra? Trascinata da un Chiesa stratosferico e dai soliti Toldo e Rui Costa, la Fiorentina resse in campionato, evitando di venire risucchiata nella zona retrocessione. Buona parte del merito fu anche di personaggi come Luciano Dati, Marcello Manzuoli ed Alberto Benesperi che al di là delle ottime capacità professionali riuscirono a tenere unito il gruppo. I terremoti societari e gli stipendi non pagati per mesi non incisero più di tanto perché lo spogliatoio si dimostrò granitico.
In più c’era la solita Coppa Italia, dove i viola, con Terim ancora in panchina, avevano conquistato la finale a spese del Milan. Mancini fu bravo a capire che non era davvero il caso di procedere a delle rivoluzioni e fece di necessità virtù, schierando spesso la squadra con una sola punta (l’immenso Chiesa, che segnava sempre) e Rui Costa accanto. Il portoghese non gradì molto, ma si adeguò come sempre per il bene collettivo. Dopo una bella vittoria contro la Roma di Batistuta, che avrebbe poi vinto il campionato, uno Sconcerti scatenato annunciò a Canale Dieci l’intenzione della società di allungare il contratto a Mancini fino al 30 giugno 2003. Accidenti che fretta, forse un po’ troppa per i miei gusti.

SCUSE E SPIEGAZIONI
Ho sempre considerato Stefano Sartoni, il leader storico del Collettivo, una persona leale con cui a volte posso anche non essere d’accordo e mi piace che sia un tipo che non sfugge mai al contraddittorio. Fu solo per questo rapporto speciale che accettai di partecipare all’incontro che mi propose, un incontro strano con Gaetano Lodà e Dimitri Rocchi proprio nel locale dove io non sarei mai potuto entrare perché indesiderato. Chiesi a Luis Laserpe di accompagnarmi, sia per precauzione che per avere un testimone. Ero molto arrabbiato con Lodà, che mi fece correttamente le scuse per ciò che era successo il giorno delle dimissioni di Terim ed anche per quel cartello che lui considerava solo una goliardata. Cominciammo quindi a parlare del futuro della Fiorentina e mi venne disegnato uno scenario assolutamente inedito, quasi da fantapolitica calcistica. Lodà, Rocchi e Sartoni esibirono fogli e documenti degni del miglior giornalismo investigativo. Considerandomi (bontà loro) una voce importante per i tifosi, volevano che anch’io fossi a conoscenza di come la società viola stesse inevitabilmente andando verso la rovina. Mi dissero che i giochi non si facevano a Firenze, in piazza Savonarola, ma a Roma, dove sul pianeta calcio regnava incontrastato il banchiere Cesare Geronzi. Lo stesso arrivo di Mancini era stato “imposto” dalla GEA (la società che cura gli ingaggi e i diritti di immagine di diversi calciatori e allenatori e di cui fa parte anche la figlia di Geronzi), per cui non ci dovevamo stupire delle cifre concesse ad un tecnico esordiente. Uscii da quelle tre ore di colloquio perplesso e turbato: e se avessero avuto ragione loro?

COPPA ITALIA
A maggio cominciò la triste stagione degli addii. In una struggente serata di campionato, dopo Fiorentina-Atalanta, Toldo salutò tutti piangendo e commuovendo uno stadio intero. Lo avevano già venduto al Barcellona e con lui se ne andava uno dei più grandi portieri della storia viola, particolarmente ricca di straordinari numeri uno. Rui Costa e Chiesa invece sembrava che dovessero rimanere, e anzi Sconcerti, probabilmente dimenticandosi del bilancio, aveva già promesso al portoghese un sostanzioso aumento di stipendio, che peraltro Rui non aveva neanche chiesto. Intanto erano stati concordati gli ingaggi di Stankovic, Mihajlovic, Andersson e Marchioni, tutta gente che sarebbe stata probabilmente pagata con i soldi del Monopoli.
Il 13 giugno vincemmo la nostra ultima Coppa Italia, pareggiando in casa contro il Parma, già sconfitto all’andata. Il clima era surreale, le bandiere tornavano allo stadio dopo lo sciopero dei mesi precedenti e Cecchi Gori in tribuna sembrava imbambolato, come se sapesse che era la sua ultima volta al Franchi. Che differenza col successo di cinque anni prima. Sconcerti si scaraventò felice negli spogliatoi per festeggiare, mentre i tifosi andarono a piazzale Michelangelo per coprirlo quasi interamente di viola. La domenica dopo, per una serie di eventi causali, custodii per una notte la Coppa a casa mia. E mentre la guardavo appoggiata sul divano del soggiorno mi dicevo che era senza dubbio bellissima, ma che in fondo l’avevamo già vinta molte altre volte. Lo scudetto, invece, era tutta un’altra cosa: se solo avessi immaginato quello che stava per succedere…

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