La sensazione è questa: ti svegli la mattina e pensi a quale cavolo di strategia avrà inventato oggi il nostro Governo a proposito del dramma libico.
Gli baciamo la mano, gli diamo l’ultimatum, non lo attacchiamo, lo attacchiamo, facciamo partire i nostri aerei da guerra ma non spariamo (e allora che vanno a fare?), lo bombardiamo però ci dispiace umanamente per lui perché è una così brava persona, combattiamo non con quelli ma con quegli altri.
Ad un certo punto mi è sembrato di leggere un romanzo che mi appassiona, nel senso che hai voglia di andare avanti per vedere come va a finire,
Solo che è molto comodo assistere a tutto questo stravaccati in poltrona a leggere il giornale o cambiando stancamente i programmi con il telecomando.
Il problema, che mi pare si stiano dimenticando un po’ tutti, è che ad un’ora di aereo da noi c’è gente che la mattina si alza nella propria baracca o per strada non sapendo se arriverà alla fine della giornata o morirà prima.

Corvino non ci ha cambiati e neanche ci cambierà.
Sto parlando della classe giornalistica fiorentina, che è poi lo specchio stesso dei fiorentini.
E’ uno dei concetti portanti emersi ieri in una (spero) interessante puntata del Pentasport, ed è vero perché Corvino appena arrivato si era messo in testa che qui esisteva una criticità eccessiva e che i giornalisti andavano in qualche modo “educati”.
Da lì la divisione manichea tra buoni e cattivi, con massicci arrivi negli ultimi mesi nella seconda categoria.
Può anche essere che Pantaleo avesse e abbia ragione, ma è l’idea di base ad essere sbagliata: il fiorentino non lo cambi mai.
E quindi non cambi neanche il giornalista fiorentino, che resta quello lì nella sua fiorentinità, nel bene e nel male.
Inutile quindi fare la guerra, meglio giocare di sponda, cercare un dialogo, fare pace un secondo dopo lo scontro, ripartire da zero evitando i permali.
Non vedo altre soluzioni, a meno di non spostare tutti i leccesi a Firenze e i fiorentini a Lecce, ma mi pare al momento un’ipotesi un po’ complicata.

Alla fine l’ho dovuto scrivere, perché qui tra blog, sms e contatti personali pare stia sensibilmente crescendo il partito di quelli che non si abboneranno perché resta Mihajlovic.
Sinceramente mi pare un po’ esagerato, ma sui gusti non si può discutere e allora porto alla vostra attenzione questa civile forma di protesta, che è poi il modo più evidente per esprimere il proprio dissenso.
Come non capivo la grande apertura di cui ha goduto per mesi il tecnico viola, adesso che tutto va meglio fatico a comprendere questo ostracismo.
A meno che contestando Mihajlovic non si voglia dire basta un po’ a tutto quello che non è andato negli ultimi tempi: la scarsa comunicazione della Fiorentina con la propria gente, l’assurda mancanza di un presidente da oltre 18 mesi, qualche acquisto sbagliato (ma può capitare), un’autoreferenzialità a tratti molesta e le reiterate rivendicazioni di grandi successi che in molti ignorano, il decimo posto effettivo (il Bologna sarebbe più avanti senza la penalizzazione).
Però forse ora che si gioca decentemente, sarebbe venuto il momento di prenderci un po’ di ferie dalla nostra rabbia quotidiana.

Partiamo dalla fine, cioè da quanto ha detto a Radio Blu Andrea Della Valle: rimane Mihajlovic anche la prossima stagione.
E va bene così, stop alle discussioni e alle polemiche.
Ho delle perplessità, ma a questo punto, come dice Ciuffi, “sono a fianco di Mihajlovic”, nel senso che sarò felicissimo ad essermi sbagliato ad aver dubitato delle sue capacità di tecnico per una squadra del livello della Fiorentina.
La partita l’abbiamo giocata alla pari della Roma, che è già un titolo di merito, meritandola di vincere fino al loro pareggio.
Poi siamo rimasti in campo, ordinati e anche abbastanza compatti, ma siamo stati superati a centrocampo.
Il pareggio sta più stretto a noi che a loro, non fosse altro che per quella fantastica traversa di Vargas che ci avrebbe portato sul 3 a 1 e quindi chiuso tutto.
Bella prestazione, in linea con Verona, ma l’Europa è sempre più lontana.

Me la ricordo bene quella serata del 6 giugno 1993: stramazzato sul divano del seminterrato in cui ero scappato all’inizio della mia nuova storia d’amore, vagavo nel nulla.
Zero prospettive sull’avvenire, totale senso di irrealtà per la Fiorentina in B, nero ovunque andassi col pensiero, prospettive economiche ormai oltre ogni limite del ragionevole.
Al contrario del rigore di Catanzaro nel 1982, io mi accorsi della porcata di Carnevale all’Olimpico solo il giorno dopo sui giornali: si vede che una retrocessione è più anestetizzante di un mancato scudetto.
Mi rifeci però proprio il lunedì, al Processo, quello originale, quando diventai lo Sgarbi della situzione litigando con tutti, in primis Cellino, perché non davano troppo peso alla maialata dell’ex marito della Perego: ci avevano spedito di sotto, questi bastardi.
Scrivo tutto questo quasi come sfogatoio, perché anch’io ormai considero la Roma prossima alla Juve nella mia personale classifica del “tifo contro” e però domani a pranzo non sarà proprio il caso di avere gli occhi iniettati di sangue.
Sarà invece proprio il contrario: ci vorrà freddezza, furbizia, pazienza per vincere una partita contro una squadra, diciamocelo, più forte di noi.

Confermo quello che dissi e scrissi in estate: se fossi solo un tifoso viola, io la tessera del tifoso l’avrei fatta senza troppi problemi, senza pormi quesiti filosofici, per praticità e non avere rotture burocratiche in più.
Non sono mai stato iscritto a nessun viola club, sono andato dieci anni in Ferrovia e per me da adolescente la Fiorentina è sempre stata un fatto privato, direi intimo: non ho alcuna logica di appartenenza, anche se capisco il legame che lega tra loro i ragazzi di trent’anni fa.
Non sono però mai stato un fan della tessera e devo ammettere che le crepe aperte si sono dimostrate sempre più ampie, fino a contemplare decisioni assolutamente sclerotiche, tipo i non tesserati a Parma sì per la Coppa Italia (ed io me lo ricordo bene…) e no per il campionato.
Vedremo cosa accadrà al termine della stagione, ma intanto domenica sono fortemente interessato a verificare cosa succederà al Franchi con i tifosi romanisti.
Nessuno sa bene quante tessere del tifoso siano state staccate nella Capitale, ma è certo che siano molte poche, sicuramente non c’è il grosso della tifoseria giallorossa che segue la squadra in trasferta.
Ecco, io domenica a Firenze non ne voglio vedere uno di tifosi della Roma senza tessera: chiedo troppo?

Valentina, quasi 16 anni, mi tira fuori una battuta che forse avrei fatto anch’io alla sua età: “il problema non è il senso dello Stato, ma che questo Stato dà senso”.
Difficile darle torto, se vediamo gli ultimi quindici anni di politica, ma esiste anche un altro Paese, più virtuoso e che affonda le proprie radici proprio nell’orgoglio nazionale.
Mi metto quindi a disposizione per rispondere a tutte le domande sull’unità d’Italia ed è inutile: gliene importa poco a lei e anche a Camilla.
La metto sullo storico e gli spiego che se non fossero accadute certe cose avremmo potuto essere a lungo solo “un’espressione geografica”, come raccontava al mondo quel farabutto di Metternich al congresso di Vienna del 1815 (“l’Italia non è che un’espressione geografica”) ed è fatica sprecata: per loro l’Italia unita, libera e democratica è un fatto acquisito e non importa quante centinaia di migliaia di morti ci sono voluti per arrivare a godere ogni giorno di questo regalo.
Eppure, parafrasando il grande Gaber, io mi sento fortemente italiano, e per fortuna (e non purtroppo) lo sono.

Una goduria assoluta, soprattutto quando hanno inquadrato il faccione di Van Gaal.
Grandissima Inter, che ci ha vendicato un anno dopo: sarei quasi tentato di proporre se non un gemellaggio almeno un patto di non belligeranza con i nerazzurri e d’altra parte mi ricordo che nel maggio 1982 tifavano per noi contro la loro squadra a San Siro, pur di non vedere la Juventus vincere (rubando) l’ennesimo scudetto.
Al di là di tutte le storie sul calcio italiano che deve guadagnare punti per l’Uefa, è stata una beffa meravigliosa per questi spocchiosi, insopportabili tedeschi, che l’anno scorso ci hanno sempre trattato con sufficienza.
Non meritavano di passare contro di noi nel 2010, sono stati buttati fuori nel 2011, quando già credevano di aver vendicato la sconfitta nella finale.
E a chi mi accuserà di provincialismo, rispondo che per me il calcio è anche questo, una lotta (sportiva) di campanili, una rivincita della rivincita e via a seguire…
E mentre vedevo il simpatico Ribery stramazzare al suolo al fischio finale mi sono posto una domanda decisiva: ma se ci fosse una finale Bayern-Juve, per chi tiferei?
Anzi, contro chi tiferei?

Scusate, vi devo una spiegazione: sono influenzato e quindi un po’ rimbischerito.
Mi sono accorto solo ora del discorso dello tsunami e della fuga radioattiva del post 39.
E’ chiaramente una pessima caduta di stile, di cui mi scuso come padrone di casa.

Facciamo il punto della situazione, perchè qui mi sembra che, tanto per cambiare, si continui a dividerci su tutto, fino a dire cose assurde pur di difendere le proprie posizioni, tipo la storia che a Verona la Fiorentina non ha meritato di vincere e che si continui a far ridere.
E invece i progressi ci sono stati e sono evidenti, solo che secondo me è troppo poco per pensare di aver raddrizzato la situazione.
Abbiamo buttato via sei mesi buoni e nessuno sa ancora spiegare il perché e da gennaio 2010 abbiamo azzeccato due acquisti su sette (Felipe, Bolatti, Ljajic, Boruc, D’Agostino, Cerci, Behrami), e non mi sembra una media fantastica.
Se adesso cominciamo ad andare bene, non c’è nessuno più contento di me, ma solo un finale con i fuochi d’artificio mi potrà far cambiare idea su Mihajlovic, assolutamente non paragonabile per adesso con Prandelli, che avrà sì fatto due mesi pessimi, ma ci ha regalato quattro piazzamenti Champions nei primi quattro anni e a Liverpool c’era lui in panchina.
Nel fervore quasi religioso pro Sinisa che avverto da qualche parte, sento anche partire delle bombe niente male, tipo che se non ci fosse stato Mihajlovic allora sì che eravamo a lottare per la retrocessione: ma perché?
Ovviamente manca la controprova in tutti i sensi, ma potrebbe anche essere che con un altro allenatore potremmo oggi essere, senza impegni internazionali e con una rosa che ha il quinto monte ingaggi d’Italia, in piena lotta Champions.
A me pare sinceramente che negli ultimi trent’anni non ci sia stato a Firenze un allenatore che con questi modesti risultati (perché il settimo posto o almeno andarci vicinissimo è proprio il minimo sindacale) abbia goduto di una così ampia apertura di credito e se tutta questa fiducia è ben riposta è una manna dal cielo per tutti noi che amiamo sportivamente la Fiorentina.
Su Corvino non voglio aggiungere niente: faccia il suo lavoro con tranquillità, evitando liste di proscrizione, sassolini e/o sassoloni.
Non lo dico certo per me, perché so benissimo di essere tra i primi nella black list di direttore sportivo e forse pure dell’allenatore e vivo tranquillo lo stesso avendo le spalle grosse, ma per la Fiorentina, perché in futuro abbiamo bisogno di tutto, tranne che di regolamenti di conti.
Siccome sono Corvino e Mihajlovic a guidare le danze nel rapporto quotidiano con l’ambiente, diano loro un segnale di distensione nell’auspicabile caso che il lavoro per cui sono lautamente e regolarmente pagati dia i frutti sperati, com’è nell’interesse di tutti.
Ma sia chiaro che le critiche da luglio a gennaio sono state tutte più che giustificate, sia pure riconoscendo che ci vuole misura anche in questo, anche se non mi pare che di avere avvertito troppa cattiveria.
Può darsi naturalmente che mi sbagli perché tendo ad estendere i miei sentimenti al comune sentire generale, ma in passato per squadre superiori a questa io ho ascoltato e letto molto, ma molto di peggio.

A me questa vittoria, così sofferta, è piaciuta più di quella di Palermo, dove la difesa di Rossi ci aveva dato una bella mano.
E’ un successo meritato, Boruc è stato molto bravo, ma la Fiorentina ha avuto le stesse occasioni del Chievo e ha palleggiato molto meglio a centrocampo.
Ora davvero cominciamo a divertirci, ed era l’ora, a nove giornate dalla fine.
Se davvero, come pare, rimarrà Mihajlovic, beh almeno cerchiamo di avere una base da dove ripartire, che si raggiunga o meno l’Europa (ma io comunque la penso come Mutu: se non arriviamo settimi, è un fallimento, nella stagione senza le coppe).
Abbiamo ridato un senso al campionato e possiamo preparare la gara contro la Roma alla vecchia maniera, con qualcosa in palio.
Mi è molto piaciuto il centrocampo e la coppia centrale difensiva e tranne Marchionni non ho visto nessuno che non fosse all’altezza.
Possiamo provare a stare un po’ uniti per tutta la settimana?

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