Ottobre 2006


Rieccoci all’ennesimo sciopero dei giornalisti che mi mette sempre a disagio.
A volte li ho imposti alla redazione, a volte no (mai con la radiocronaca) e già con questo ammetto di averesull’argomento poche idee e confuse.
Questa è una professione veramente strana, dove nessuno ha mai capito bene come si arrivi ad esercitarla dignitosamente senza subire dieci, quindici anni di umiliazioni economiche e spesso pure professionali.
Ovviamente ci sono le eccezioni: i geni (pochi) ed i raccomandati (tanti).
Avendo creato negli anni una struttura che si autoalimenta grazie agli sponsor, stasera e domani in pratica io sciopero contro me stesso, perché alla fine della fiera sono io il mio unico datore di lavoro.
Assurdo.
Dice: perché lo fai? Per non avere rotture di scatole, giustificazione di bassissimo profilo, ma onesta.
Il mio (presunto) sindacato non si è mai preoccupato dal 1993 ad oggi di trovare uno straccio di contratto a tempo indeterminato a chi come me ed altri 34 aveva vinto una prestigiosa borsa di studio indetta dal sindacato stesso e dagli editori, cioè colo che avrebbero dovuto assumerci.
Nelle emittenti private i giornali radio vengono prodotti da agenzie nazionali, le radio non solo non pagano niente per mandarli in onda, ma prendono pure i soldi per trasmetterli, perché prima e dopo i notiziari sono infarciti di pubblicità.
In queste condizioni chi mai si prende l’onere di assumere un giornalista?
Come vedete siamo una categoria piena di contraddizioni.
Oggi la maggior parte di noi sciopera per il rinnovo di un contratto di lavoro scaduto da più di un anno senza averlo mai visto neanche in cartolina un contratto di lavoro…

Ovvio, per la Fiorentina.
No, io dico per chi tifiamo contro, e per chi tifiamo per lo scudetto.
Sul contro la lista è piuttosto lunga, sullo scudetto invece non saprei come muovermi.
Se siete tanto bravi da dire che tanto non ve ne importa niente di chi vince, complimenti, io non riesco mai ad essere così al di sopra delle parti.
In questo mi sento tipicamente italiano, meglio fiorentino: guelfo o ghibellino, l’importante è non rimanere neutrali.
Ci sarebbe il Palermo di Barzagli: hanno impietosamente fischiato Toni l’anno scorso, ma diciamo pure che l’ultima estate ci ha un po’ riavvicinato al caliente pubblico siciliano.
E poi la Sampdoria di Flachi e anche di Novellino (gran personaggio), oppure l’Udinese, con Galeone che ci fa venire in mente i gol che Baggio in maglia viola segnava al suo Pescara.
Ma siamo seri: nessuna di queste tre, nemmeno il Palermo, ha la minima possibilità di vincere lo scudetto.
Rimangono le solite.
Se quel genio del calcio di Mancini facesse giocare sempre titolare Toldo, avrei un minimo dubbio sull’Inter, ma così mi ha tolto di imbarazzo e non se ne parla più.
Nel Milan se ne è andato Rui Costa ed è rimasto Galliani: mi sembrano motivazioni adeguate per lasciar perdere.
Infine la Roma. Fosse solo per Spalletti, ci butterei dentro pure un po’ di emozione, ma è appunto la Roma.
Quella di Carnevale nel 1993 e delle esagerazioni, con un pubblico straordinario, ma troppo violento.
Alla fine però, turandomi il naso come alle elezioni, meglio loro di Milano.
Almeno di quest’ultima Milano, arrogante e prepotente.

Nessuno ha capito bene per cosa stiano litigando in Lega o perché Garrone e Zamparini se ne siano andati.
Basterebbe solo questo per comprendere a quale livello sono (siamo) scesi ed infatti oggi sui giornali il caos di ieri è finito quasi in taglio basso, ben dopo Vieri pedinato da Moratti.
Dietro a tutto questo, un solo uomo: Antonio Matarrese, a suo modo un grande.
Perché non è da tutti essere disarcionati non ancora sessantenni dall’Olimpo ed avere la pazienza di vedere il nemico passare sul fiume per poi tornare in sella, con finta umiltà.
Mi chiedo: ma questi signori straricchi, i presidenti di calcio, come diavolo hanno fatto a pensare che Tonino fosse cambiato, che davvero non cercasse l’appoggio dei più forti per non essere di passaggio, ma definitivo?
E’ stupefacente come uomini che hanno guadagnato i miliardi (di lire) nelle loro attività buttino il cervello all’ammasso non appena rotola un pallone.
Lasciamo stare Moratti, a cui è chiaro è stata data l’Inter per evitare che facesse danni nell’azienda di famiglia, ma gli altri, i Garrone, glii Zamparini, perfino i Cellino non pensano che forse sarebbe meglio cominciare a ragionare con gli stessi criteri con cui hanno portato al successo le proprie società extra calcio?
Ma Garrone uno come Matarrese lo assumerebbe mai come manager alla Erg?
Lasciamo perdere Della Valle, che è ormai un contemplativo nelle vicende del potere calcistico, ma chi decide possibile non si sia reso conto di dove siamo arrivati?
Matarrese è quello che ci meritiamo, visto che non riusciremo mai a cambiare nella testa.

Nell’estate del 1999 andai in America insieme alla Fiorentina e rimasi sorpreso nel vedere come Enrico Chiesa, appena arrivato e costato una fortuna, fosse un corpo estraneo rispetto a Batistuta e Rui Costa.
Non filandoselo il boss, ovviamente non se lo filava nessuno, a parte Di Livio, anche lui fresco di maglia viola, e Torricelli, per antica amicizia con Di Livio.
Un anno prima mi era capitata di notare un certo “autismo da spogliatoio” in Edmundo, ma siccome, appunto, era Edmundo non ci feci molto caso.
Perché scavo nel glorioso passato? Ma perché tutto quello che sto ascoltando e leggendo su Toni e Mutu è assurdo.
Non essendo fidanzati tra loro è ben difficile che li si veda girare abbracciati per Firenze, ma vi assicuro che non esistono (almeno per ora, perché nella vita non si può mai sapere) quelle gelosie e quelle ripicche che pure caratterizzarono alcune grandi stagioni della Fiorentina.
Poiché ieri il Pentasport era affidato ai miei due cavalli di razza (Ceccarini e Bardazzi), più il puledrino da corsa (Russo), ho voluto rischiare e mi sono imposto di non parlare con loro prima della trasmissione sulla linea “politica” da tenere.
Con malcelato orgoglio mi sono accorto che al presunto dualismo tra Toni e Mutu hanno fatto solo un accenno. Altri, mi dicono, ci hanno speculato sopra, con almeno un’ora di chiacchiere assortite.
E dirò di più: a me Mutu piace moltissimo così.
E’ molto meno ingessato tatticamente di quando giocava nella Juve e si vedeva che la maggior parte delle volte faceva (bene) il compito assegnatogli da Capello.
Se per un paio di volte non la passa a Toni o ad altri (già, ci sono anche gli altri…), pazienza, ci adatteremo.
Sarebbe il massimo dell’autolesionismo se invece di far male agli avversari, con una coppia del genere ci facessimo male da soli.

Hanno segnato altri, ma io scelgo Donadel e Mutu perché sono le due facce della stessa medaglia.
Quella della strada che ci porterà faticosamente alla salvezza.
Donadel è il giocatore che fino ad oggi ha offerto il miglior rendimento dall’inizio della stagione e sarà bene ricordarselo quando avrà un calo, perché lui é l’esatto contrario del giocatore appariscente.
Mutu é divertente come pochi altri nella storia viola, che pure di gente fantasiosa ne ha vista passare tanta.
Non sai mai quello che fa, non lo sa forse neanche lui, ma soprattutto non lo sanno gli avversari.
E pazienza se qualche volta non lo sa neppure Toni, che vorrebbe qualche servizio in più: col tempo questa coppia troverà le coordinate giuste.
Intanto siamo a meno quattordici dalla salvezza e ci prepariamo a passare due settimane più tranquille delle precedenti.
Con questi chiari di luna non é cosa di poco conto.

Machiavelli (ipotetico ultra della Fiorentina di qualche secolo fa): il fine giustifica i mezzi.
Tifoso viola: anche al novantesimo su autorete di Stovini.
Voglio dire che non importa come ci si arriva ai tre punti, basta farli questo pomeriggio, per non cadere in una spirale depressiva lunga quindici giorni, quelli che intercorrono da oggi alla gara di Empoli.
Meglio giocare bene, ovvio, ma lasciamo a casa il fioretto e diamoci dentro di sciabola.
Le altre penalizzate corrono o hanno un’andatura tutto sommato soddisfacente, oggi è l’occasione giusta per mettersi al passo con il resto della truppa.

Già in quattro mi avete scritto che la massima non è di Machiavelli: faccio professione di umiltà (difficile eh, per la categoria…) e mi arrendo. Cmq non cambia la sostanza del concetto: oggi il fime giustifica i mezzi.

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