Gennaio 2006


Diana, o al massimo Pizzarro: il resto era robuccia di contorno.
Semioli, Mesto, anche Esposito non mi sembravano il massimo per il famoso “salto di qualità”.
A quanto ne so, con Diana c’era già l’accordo per l’ingaggio, la Sampdoria ha vacillato a lungo, poi Garrone ha avuto paura della reazione della piazza e forse anche di Novellino, che sulla piazza medesima ha grande ascendente.
Semmai ci sarebbe da chiedere come mai di Diana ci siamo accorti solo adesso e non invece quando girava come una trottola sull’asse Brescia-Parma-Genova, perché a me è sempre sembrato un giocatore superiore alla media.
Comprare tanto per comprare non aveva senso.
In fondo è stata una dimostrazione di forza per non farsi prendere per il naso da chi voleva speculare sulle possibilità economiche di Della Valle.
E domani aspettiamo, e speriamo, che avvenga il sospirato rientro in rosa di Bojinov.

P.S. Questa storia delle lacrime del bulgaro per via della mancata cessione all’Inter è vermente penosa, se possiamo cerchiamo di parlarne il meno possibile.
Strano che una Tv dai grandi contenuti come Sky, in una fase di guerra sui diritti del calcio, sia scesa al livello di Novella 2000, molto strano…

Volevano far scoppiare il caso e ci sono riusciti.
Ormai dobbiamo abituarci a considerare l’Olimpico una zona franca, dove può succedere di tutto: far sospendere le partite, inneggiare al nazismo, uscire impuniti.
Non sono ne’ sorpreso, ne’ sgomento, ma nauseato da questi dementi che sono tanti, troppi per pensare a semplici schegge impazzite.
Ci vuole una risposta forte, non possiamo più stare a guardare, la nostra libertà va difesa.
Questi non sono come noi, questi odiano ebrei, zingari, negri, extra-comunitari, testimoni di Geova, gli omosessuali, le donne che vogliono l’uguaglianza; questi odiano tutte le minoranze possibili ed immaginabili.
Ma tutte queste minoranze sono alla fine la maggioranza del Paese, siamo noi che abbiamo sì il sedere nella nutella, ma che forse possediamo ancora qualche neurone nel cervello per pensare che la libertà di cui godiamo da sessanta anni non ce l’ha regalata nessuno.
La stessa libertà di cui si oggi si approfittano le bestie da stadio è lastricata dal sangue di chi (americano, inglese, russo, italiano) ha combattuto per farci vivere al sicuro.
Retorico?
Sì, oggi sono volutamente retorico, perché credo che si sia davvero passato il segno.
O ci armiamo intellettualmente e con la certezza e l’applicazione delle pene, o questi bastardi ci schiacceranno.

Sì, si può fare di più di quello che ho visto oggi ad Udine.
Si può e temo anche che si debba fare di più, se non si vuole davvero essere raggiunti dalla Roma e finire in Uefa invece che in Champions.
Stanchezza mentale o poca brillantezza fisica?
Sinceramente non saprei, perché visti dal vivo se da un lato mi sembravano agonisticamente poco “cattivi”, dall’altro mi accorgevo che sul piano delle idee, in attacco, eravamo pericolosamente vicini allo zero.
Troppo vicini tra loro Toni e Pazzini, troppo timido nel prendere le iniziative Montolivo, troppo fuori dal gioco (e non era la prima volta) Fiore.
Comunque un punto l’abbiamo preso, un portiere bene o male lo abbiamo rimediato (ottimo esordio di Lobont e anche Berti se l’è cavata), Kroldrup non è affatto male, e, soprattutto, ci sono ancora cinque punti tra noi e la Roma.
Se poi invece siamo diventati improvvisamente la Juventus, ma nessuno me l’aveva detto, beh allora è giusto istruire processi per questo brutto pareggio.
E intanto, per Bojinov, è cominciata la terza settimana di castigo, guardiamo un po’ come andrà a finire.

Abbiamo discusso un po’ su tutto, da Bojinov a Lobont, passando per Corvino e Berti.
Adesso stop, ci fermiamo per ventiquattro ore e ci concentriamo solo sulla grande occasione di domani.
Se vogliamo dircela tutta, quest’anno non ci va poi tanto male.
Continuiamo infatti ad affrontare squadre in crisi con il mondo e con se’ stesse sempre nei loro momenti più delicati.
Era già successo col Lecce, l’Ascoli, la Roma, il Palermo, ci ripetiamo domani ad Udine.
Ci vorrà un pizzico di coraggio in più rispetto alle ultime tremolanti trasferte, però sulla carta il divario tecnico è evidente.
Confesso che non sono tra quelli che hanno in particolare antipatia Cosmi, forse per il fatto di conoscerlo un po’ meno superficialmente di tanti altri protagonisti del calcio: è un uomo sanguigno, a tratti spigoloso, ma sincero.
Uno che ha mangiato tanto pane nero prima di salire sulla grande giostra, ciò non toglie che sia particolarmente importante “regalargli” un altro pomeriggio da dimenticare.

Come molti di voi sapranno, sono di religione ebraica e in un giorno speciale come questo vorrei provare a spiegare cosa ha rappresentato la Shoah per un ebreo molto all’acqua di rose come me, non frequentatore della Comunità e in dubbio da una vita se credere o no in Dio.
Per noi ragazzi ebrei nati negli anni del boom economico, cioè negli anni sessanta, quando sembrava che tutto fosse possibile (ed infatti molto è stato possibile) quel martellamento continuo sui campi di concentramento, sullo sterminio di sei milioni di correligionari è sempre sembrato qualcosa di astratto e vicinissimo.
Il senso dell’astrattezza era dato dalla difficoltà di pensare che solo trent’anni prima saresti dovuto scappare, vivere come un animale, finire in una camera a gas, oppure morire di fame in una baracca tedesca.
Impossibile da immaginare come situazione per chi come noi aveva tutto e semmai la sera veniva pressato dai genitori perché non mangiava abbastanza…
Provavi quindi un vago senso di sollievo, ma anche di colpa per essere scampato al martirio per una mera questione temporale, mentre i tuoi avi erano invece morti.
La vicininanza al mattatoio nazifascista è una sensazione che mi accompagna da quando per la prima volta mi hanno detto “ebreo di merda”.
Mi sembra sia stato durante una partita di calcio verso i sedici anni, ma non ha molta importanza, perché a volte me lo ripetono anche adesso, che ne ho quarantacinque.
Così, per spregio e soprattutto ignoranza.
Un modo di insultarmi che ancora mi fa venire il sangue alla testa: non riesco proprio a trattenermi e se ci ragiono capisco che è una spinta interiore ineluttabile, dettata proprio da quei sei milioni di morti.
Poi un giorno, se ne avrò e ne avrete voglia, potremmo anche parlare della questione palestinese.
Intanto però ci dobbiamo chiedere come mai in libere elezioni abbia vinto Hamas: non è che per caso da quelle parti la gente ha subito troppe angherie per non essere fortemente arrabbiata con tutto e con tutti?

Una corsa sfrenata di 50 metri per andare a mostrare il pugno sotto il settore occupato dai tifosi del Liverpool, condita da urla, con la maglia stretta convulsamente al corpo.
La gioia di Gary Neville per la rete dell’1-0 – segnata da Rio Ferdinand al 90′ – che domenica scorsa ha dato la vittoria al Manchester United nella sfida contro il detestato Liverpool era tanta che il difensore ha finito per esagerare nelle manifestazioni di esultanza.
La Football Association ha così deciso di avviare contro Neville una procedura disciplinare, anche su sollecitazione della polizia di Manchester che in una lettera ha chiesto che siano puniti eccessi del genere, potenzialmente pericolose per l’ordine pubblico.

Ma vi ricordate come esultavano Antognoni, Rivera, Mazzola, Riva?
Andate un po’ a rivedervi i recenti parti di Totti con relativo biberon, tutte le culle degli ultimi dodici anni da Romario in poi e anche (lo so, sono impopolare, ma bisogna pur avere un po’ di obiettività) le raffiche di mitra molto poco pacifiste di Batistuta (meglio, molto meglio la posa ieratica alla bandierina).
Senza contare le bandierine sradicate di Cassano, quelli che facevano la muta dei cani, gli sgozzamenti di Vucinic, Gobbi che si immedesima in Zorro e un sacco di altre pagliacciate con cui ci perseguitano ogni domenica.
Speriamo che il vento inglese arrivi pure in Italia, se non altro per una forma di rispetto verso chi il gol lo prende, tifosi avversari compresi.

Mi sto accorgendo di quanto sia difficile esprimere serenamente un’opinione, forse perché siete (siamo) talmente abituati a pensare male su tutto che cercate (cerchiamo) sempre il significato recondito ad ogni frase.
Ed invece chi mi conosce sa che professionalmente sono quello che scrivo e quello che dico, non ho niente da nascondere o a cui alludere.
Riepilogando: Corvino sta facendo ottime cose, a lui va il nostro plauso, ma non è l’Unto del Signore e se perfino Prandelli non conosceva Lobont e aveva qualche perplessità sull’operazione, tanto da dove essere rassicurato dallo stesso diesse, potrò esprimere anch’io qualche dubbio sulla sterminata fantasia mostrata sulla vicenda portieri?
Detto questo, andiamo tutti ad incitare Lobont ed il fiorentinissimo Berti affinché non ci facciamo rimpiangere Frey.
Sono preoccupato per Corvino, perché questa levata di scudi fondamentalista di alcuni di voi in sua difesa, al primo passo storto si trasformerà certamente in implacabili processi verso il suo operato.
Possibile che il passato non ci abbia insegnato niente?
Per i fondamentalisti ci si dovrebbe accodare pedissequamente sempre e comunque alle mosse della società, senza esprimere un dubbio, un’idea diversa.
Poi, se le cose non dovessero andare come vogliamo, vai con le accuse ed i regolamenti di conti.
Scusate se non mi lego a questa schiera, come avrebbe detto il sommo Guccini, e anche se non è nel mio DNA morire pecora nera (sempre parafrasando), almeno lasciatemi la possibilità di continuare a sbagliare con la mia testa.

Intanto sono preparato sull’argomento e così evito le bacchettate del buon Corvino.
Al contrario di Lobont (leggersi comunque “Spirito costruttivo”), conosco Gianluca Berti da almeno quindici anni e lo ritengo un ottimo professionista, oltre che un ragazzo simpatico e sempre disponibile.
Ciò nonostante, mi sfugge il senso di questa operazione di mercato, apparentemente si seconda fascia, ma che potrebbe avere ripercussioni straordinarie se appena appena Lobont dovesse faticare a trovare le coordinate giuste.
In questo deprecabile caso ci ritroveremmo in porta il trentanovenne tifoso viola Berti, che nel campionato in corso ha per ora fornito prestazioni, diciamo così, non proprio esaltanti.
Cejas e Berti sono a scadenza di contratto, l’argentino ha otto anni meno e forse si temeva che avrebbe potuto creare dualismi con Lobont.
Ora, non è che rimpianga Cejas (ci mancherebbe), solo che magari potevamo andare su un usato un po’ più sicuro, pur augurando a Berti tutte le fortune del mondo.
Capisco che, Toni a parte, l’infortunio di Frey è stata la disgrazia calcistica peggiore che ci poteva capitare, ma mi sembra che l’intera vicenda portieri sia stata gestita con tanta, ma tanta fantasia.
Speriamo solo di non aver esagerato con le dosi…

Per dieci giorni con Ceccarini ci siamo molto adoperati per far tornare Toldo a Firenze.
A giochi fatti è giusto dirlo, e anche ammettere che se per caso dovessimo smettere di fare i giornalisti tra le poche strade che potremmo intraprendere non ci sarebbe certo quella del procuratore.
Tanto per chiarire: nella vicenda non avevamo nessun interesse personale, ma solo quello della Fiorentina.
E’ andata male, speriamo ovviamente che sia andata benissimo ai viola con Lobont, però è stata una bella esperienza, perché a distanza di quasi cinque anni ho capito che Toldo non è proprio cambiato.
Un conto in banca stratosferico e la frequentazione del villaggio vacanze Inter non lo hanno minimamente intaccato: resta sempre uno di noi.
Non nel senso dell’appartenenza all’universo fiorentino, che comunque esiste, quanto piuttosto per la ferrea determinazione a voler vivere come una persona normale, cioè come uno di noi.
I suoi gesti, le sue paure, le sue gentilezze non hanno proprio nulla a che fare con il mondo del calcio, che spesso fuori dal campo è sconsigliabile a chi non abbia chili di pelo sullo stomaco.
Toldo si sarebbe inteso a meraviglia con i Della Valle e certamente si troverà bene con Firenze il giorno in cui smetterà di giocare.

Il giorno dopo una vittoria come quella di ieri sera ci si sveglia molto, ma molto soddisfatti, ancora di più di quando si è andati a letto.
Perché quest’anno ci divertiamo davvero e, lo ribadisco, il merito principale è di Prandelli.
Ha lavorato splendidamente da mercoledì a domenica, sia sul piano fisico che su quello psicologico, la squadra lo segue compatta, alla faccia dei corvi che già volteggiavano dalle parti del Franchi.
E poi, Toni.
Ora vale Batistuta e il solo scriverlo o pensarlo dà la misura della stagione mostruosa che sta vivendo.
Adesso recuperiamo Bojinov, se proprio non lo si vuole vendere, e guardiamo con interessata curiosità a Lobont.
Per i prossimi sei giorni possiamo godercela, senza troppe angosce.

Pagina successiva »