Confesso di essere sempre stato molto scettico sulle possibilità di ampliare lo stadio Franchi, oppure di costruirne uno più grande.
Perché qui ci si ricorda solo delle partite con Juve, Milan e Inter e mai di quelle con Ascoli ed Empoli.
Voglio dire che il problema dei biglieti si registra tre/quattro volte su venti gare e quindi tutta questa necessità di disporre di un impianto da 60.000 posti io non la vedo proprio, specie in un’epoca di calcio televisivo come quella attuale.
Sul discorso della copertura, che è poi un fatto di comodità per tutti, sono invece più aperto ad una soluzione positiva.
A patto però che non vengano assolutamente impiegati fondi pubblici, siano questi soldi del Comune o dello Stato.
Apriamo semmai ai privati, agli sponsor, ad investimenti che poi si ripaghino da soli.
Mi pare infatti che siano ben altre le priorità sociali da affrontare, là dove le risorse scarseggiano e non da oggi.
Capisco di essere poco popolare ad esprimere simili pensieri, ma credo si debba vedere anche al di là del proprio orticello, in questo caso calcistico.

Bello il calcio, quando regala giornate come quella di ieri.
Emozioni e speranze mescolate nel ricordo di un freddissimo pomeriggio di appena due anni fa: una partita orripilante della Fiorentina, un infortunio di Riganò e gli sberleffi del pubblico di Treviso.
Non siamo ancora in Champions (ci mancherebbe altro!), però ci stiamo proprio divertendo e ora a Roma hanno paura, molta paura.
Ieri è stata proprio una vittoria da Prandelli, nel senso che ha tenuto altissimo il livello di concentrazione della squadra e sinceramente, durante la radiocronaca, non ho mai avuto paura che potessimo solo pareggiare.
A me continua a piacere molto in queste ultime partite Fiore, ma forse mi sono un po’ fissato per via della polemica giornalistica con Sandrelli, che invece la pensa in modo opposto.
Ieri sera comunque mi ha confortato Pecci che fuori onda mi ha chiesto di domandare a Pasqual chi fosse il compagno chefino ad oggi lo avesse maggiormente aiutato a crescere.
“Vedrai che ti dirà Fiore”, mi ha suggerito sorridendo, “perché si vede da come gli appoggia sempre il pallone: lo cerca istintintivamente, si sente protetto da lui”.
Questa, quasi quasi me la rivendo alla prossima puntata di Golden Gol.
Buona Pasqua a tutti.

E vai ancora con la dietrologia.
Dunque il Milan batte l’Inter e quindi arriverà certamente scarico alla gara con la Roma e farà vincere all’ultima giornata i giallorossi a Milano, chiaro no?
Ma allora perché non pensare che a questo punto, con una Juve cotta e stracotta, il Milan non possa addirittura pensare di vincere lo scudetto?
Io sono uno dei tanti che non si è mai ripreso completamente dall’assurda retrocessione del ’93, dal maledetto Carnevale e anche dal Brescia che, se non ricordo male, vinse clamorosamente a San Siro proprio contro il Milan appena diventato Campione d’Italia, ma voglio pure ricordarmi di quello che fecero nella passata stagione Sampdoria e Lecce contro Bologna e Parma.
Basta, davvero basta, ragionare sempre in stile andreottiano: è vero che a pensare male si commette peccato, ma spesso ci si azzecca come recita il dogma del senatore a vita, ma io ci aggiungerei che ci si rovina pure il fegato e, nel caso specifico, la gioia di una grande stagione.
Pensiamo a noi, che è meglio, a battere il Treviso e poi ne riparliamo.
Ed infine alcuni vostri messaggi mi raccontano che via radio, alla vigilia della difficile partita di domani, sono stati sparsi veleni su, diciamo così, fantasiose ipotesi di acquisto dell’Inter da parte di Della Valle, sull’addio di Prandelli e via a seguire.
Purtroppo ascolto poco certe trasmissioni, solo una volta mi capitò di sentire sparare a zero sulla vita privata di Bojinov e scrissi quello che pensavo di un certo modo di fare giornalismo dal buco della serratura.
Questa volta invece mi scuso con chi di voi mi ha indirizzato post di indignazione e rabbia, post che ho dovuto censurare per non avere guai con una categoria molto suscettibile com’è quella dei giornalisti.
E poi dico che ognuno si ascolti pure il programma che gli pare.
Ci sarà pure un motivo perché Radio Blu ha una media di 114.000 ascoltatori (quasi il doppio nel Pentasport), mentre per altre emittenti vi invito ad andare sul sito www.audiradio.it…

Bravo Spalletti e brava Roma: quando ci vuole, va detto e scritto.
Questi sono forti davvero e se andranno in Champions a spese nostre vorrà dire che se lo saranno meritato.
A meno che non succeda qualcosa di strano nelle ultime partite, è chiaro, ma dobbiamo dire che fino ad oggi è stata una sfida molto leale.
Ieri la Roma ha stupito, ha sconfitto la dietrologia e, a parte i nostri interessi personali, ha pure scritto una bella pagina di calcio.
Niente patti scellerati con il Palermo, dunque, ma una volata appassionante in cui comunque non partiamo battuti.

Avvertenza per Piersilvio e per quelli come lui che pensano di occupare lo spazio di questo blog con scempiaggini del tipo “dobbiamo impedire ai comunisti di occupare il potere”: ebbene, non saranno più pubblcati post del genere.
Ovviamente vale anche per chi dalla parte del centrosinistra dovesse manifestare intolleranza verso il pensiero altrui.
Basta.
Il bipolarismo va bene, l’odio fra le parti politiche no.
Non so se capita pure a voi di sentirsi ormai a disagio nell’esternare un qualsiasi pensiero che vada oltre la banalità e costringa ad una precisa presa di posizione.
Si viene etichettati, bollati, insomma sembra che siano scomparsi gli italiani e che ci siano solo quelli di destra e di sinistra. Pro o contro Berlusconi.
Non so come Prodi riuscirà a governare con una maggioranza così risicata, ma mi auguro che finiscano questi veleni da fondamentalisti della politica, veleni che in Italia si sono respirati solo nel dopo-guerra, ma almeno lì c’era una (tragica) ragione alle spalle.
Basta, davvero.
Ognuno si tenga le proprie idee politiche senza ritenersi il depositario della verità assoluta, che non esiste.
Vogliamo tornare a dialogare, invece di urlare tra sordi?

Io così a Torino, al Delle Alpi, non li avevo mai visti giocare.
Neanche il giorno della maledetta rimonta della Juve, neanche quando ci fu l’ottimo pareggio della banda Terim, nel 2000.
Voglio dire giocare bene così a lungo, in un tratto di partita che, ha ragione Brocchi, possiamo classificare intorno ai sessanta minuti.
Juve cotta? Può darsi, ma a me interessa che sia viva la Fiorentina e ad un certo punto mi sono sorpreso a pensare che era come la partita con la Roma della settimana prima, solo che stavolta eravamo noi la Roma.
Jimenez scintillante (nonostante la maledizione del rigore) per un’ora, Fiore per un po’ meno e però con più esperienza, ma il migliore in assoluto è stato Jorgensen, che ha fatto a pezzi per ottanta minuti Zambrotta.
Su Bojinov facciamo così: quella di Torino non era una chiamata, ma solo un amichevole invito a partecipare, perché non è possibile giudicare un giocatore in un quarto d’ora.
Continuiamo a godercela in questa volata infinita e credo che a Roma, nonostante il punto di vantaggio, adesso siano un po’ meno sereni della scorsa settimana.

Sì, Bojinov ultima chiamata, per questa stagione naturalmente.
E però sarebbe triste archiviare uno dei campionati più belli della Fiorentina insieme alla sua annata così tendente al grigio scuro.
Non so cosa gli sia successo dopo Parma, quando eravamo quasi a tapparci le orecchie per paura di rimanere assordati dall’esplosione del suo talento.
Imvece ha fatto come quei petardi di Capodanno: molti luccichii e nessun botto.
Per questo penso che, se dovesse giocare contro la Juve, questa sarebbe la sua ultima occasione importante in campionato per lasciare un segno.
E poi basta con questa storia dei vent’anni.
Perché è vero che li ha e sono pochi, ma è altrettanto certo che da almeno diciotto mesi è… Bojinov, con tutto il carico (enorme) di responsabilità che si porta dietro e dentro.
Voglio dire che sono le esperienze a maturare più o meno in fretta e Valeri in questo senso non è più da tempo un ragazzino.
Ci faccia quindi vedere nell’occasione più difficile e più prestigiosa che non si è perso, che quel diamante puro che è il suo talento non va ad intermittenza, ma brilla quanto basta a sfatare il tabù del Delle Alpi.

Dopo aver visto Adriano ed Ibrahimovic, non lamentiamoci troppo del rendimento alterno di Bojinov o di Fiore.
Dopo aver sentito i fischi alla Juve che sta per vincere lo scudetto, non lamentiamoci troppo se per caso siamo arrabbiati per il quinto posto e mugugniamo per il pareggio di domenica scorsa.
Dopo aver visto ciò che (non) ha combinato Mancini con quella montagna di milioni di euro tradotti in giocatori a sua disposizione, non lamentiamoci troppo se Prandelli a volte (poche) non azzecca la formazione o le sostituzioni.
Dopo il silenzio stampa imposto alla Juve da Moggi, noi giornalisti di Firenze non lamentiamoci troppo se non ci danno il giocatore che chiediamo per l’esclusiva.
Dopo il livello toccato dal dibattito politico nelle ultime due settimane, noi che seguiamo lo sport non lamentiamoci troppo della dialettica in atto tra le parti.
Ma se perdiamo un’altra volta a Torino, non solo ci lamenteremo, ma stavolta ci arrabbieremo di brutto.

Non mi ricordo di una settimana che precedesse la gara con la Juve in cui si parlasse così poco di questa partia, che è poi (almeno per me) sentimentalmente la più importante del campionato.
Potrebbe anche essere un buon segno, nel senso che siamo troppo concentrati nella volata Champions per farci distrarre dalle cosiddette ragioni del cuore.
Per adesso, Pentasport compreso, nell’aria c’è più Roma che Juve.
Forse cominceremo a pensarci di più da questa sera, davanti alla televisione, non sapendo se tifare per loro o per l’Arsenal, per via dell’appagamento che potrebbero avere domenica sera dopo unimpresa storica.
Di certo speriamo nei supplementari, anche se poi contro di noi recupereranno certamente gli squalificati Vieira, Camoranesi, Zebina e forse rientrerà pure Del Piero.
Sono molto curioso di vedere come schiererà la squadra Prandelli, ma c’è ancora un po’ di tempo per parlarne.

Ero a coordinare il lavoro di redazione di Canale Dieci quando ci furono le ultime elezioni politiche e ricordo ancora che al momento della vittoria di Berlusconi dissi al povero Paolo Fanetti: “qui bisogna andare via dall’Italia…”.
Cinque anni dopo dico: “nonostante tutto, siamo sopravvissuti, però a che prezzo…”.
Ho sempre votato a sinistra, ma non è questo il punto, perché un uomo come Gianfranco Fini, ad esempio, a me piace molto, così come considero Casini e Tremonti persone serie, da cui comprerei certamente un auto usata.
Il fatto è che dodici anni di Berlusconi hanno creato in Italia una spaccatura impensabile negli anni della mia formazione culturale, cioè gli anni settanta.
Qui non si dialoga più, non esiste più l’avversario politico, ormai chi non la pensa come te è il nemico.
Non che la sinistra sia estranea a tutto questo, ha demonizzato in tutte le salse Berlusconi, facendolo spesso sembrare un martire.
Certi numeri dell’Espresso sul proprietario di Mediaset erano così monocordi da far sembrare attraenti le tesi congressuali del Partito Comunista negli anni di Berlinguer.
E voglio anche togliermi un rospo che ho dentro: trovo scorretto da parte della sinistra candidare magistrati che hanno avuto rilevanza nella vita politica di questo Paese.
Vedere ad esempio Gerardo D’Ambrosio nelle liste dell’Ulivo (così come a suo tempo Violante), mi fa venire il dubbio che tanto imparziale da magistrato non doveva essere, quando decise di recapitare a Berlusconi l’avviso di garanzia nel 1994, durante la vetrina mondiale di Napoli.
Ma Berlusconi ha davvero spaccato in due l’Italia, che per lui si divide in adoratori personali e in nipotini di Stalin, quando perfino negli anni della guerra fredda tra URSS e Stati Uniti Togliatti e De Gasperi parlavano tra loro molto più di quanto non facciano ora il Cavalieri e Prodi (o D’Alema, tanto per far contento il fondatore di Forza Italia, che lo considera il vero capo della sinistra).
In dodici anni non è stata creata in Forza Italia una classe politica vera, che prescinda dal carisma e dagli interessi del Capo supremo e non è un caso che una persona seria con le idee chiare come Paolo Marcheschi per l’ennesima volta non sia stato preso in considerazione per un seggio in Parlamento.
Nella destra solo in Alleanza Nazionale e nelle menti più illuminate dell’UDC (Follini, Tabacci, Casini) si vedono dirigenti che pensano alla politica come interesse generale e non come strumento di potere o scorciatoia di interessi personali.
E la sinistra? Casinista ed autolesionista come sempre, così autolesionista che a forza di dire cosa farà nel momento in cui andrà al potere alla fine potrebbe anche riuscire nella memorabile impresa di perdere pure queste elezioni.
Ma se (come spero) le dovesse vincere, che spieghi subito a Bertinotti dove può arrivare con le sue scellerate utopie, che hanno già rovinato il quinquiennio dal 1996 al 2001.
La presenza nell’Ulivo del Parolaio Rosso (come lo chiama Giampaolo Pansa) è una di quelle cose che per qualche giorno mi ha fatto vacillare sulla mia decisione di dare il voto a sinistra, ma poi, un po’ turandomi il naso alla Montanelli, ho preferito tenere duro.
E adesso il dibattito è aperto: siate per cortesia costruttivi e non offensivi con la controparte.
Essendo una persona in qualche modo conosciuta ho ritenuto opportuno e corretto esprimere sinceramente qui insieme a voi il mio pensiero.

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