Mi vergogno un po’ a scrivere queste righe, ma, come si dice, prevenire è meglio che curare.
E allora sono certo che non succederà niente oggi pomeriggio al Franchi durante il minuto di raccoglimento per ricordare i due ragazzi della Juve morti ieri annegati, però, se solo dovesse levarsi un coro, un grido di scherno contro i bianconeri, sarebbe peggio che perdere la partita.
Una tragedia inspiegabile, che lascia ammutoliti e quindi cerchiamo di essere esseri umani e non bestie.
E già che ci siamo compriamo il bellissimo calendario dell’associazione Matrix con i giocatori viola a fare da modelli.

A me piacerebbe parlarci una volta con colui che consiglia a Bojinov le strategie di comunicazione.
Magari è pure lautamente pagato per portare il bulgaro a questo disastro.
I fatti: oggi nella Juve rientra Del Piero e Deschamps fa capire a Valeri che il suo tempo è scaduto e che quel tempo l’ha pure impiegato male.
“Guarda che qui non siamo al Lecce” gli ha detto il tecnico francese, e nemmeno a Firenze eravamo, con tutto il rispetto, a Lecce.
Per questo Bojinov si è fatto l’anno scorso quasi un mese con i ragazzini viola alla Trave, invece che aiutare Toni e compagni nella conquista della Champions.
Pare inoltre che a Torino non abbiano nessuna voglia di spendere 6 milioni di Euro per la metà del suo cartellino e che, insomma, ce lo rispediscano a casa.
Una casa dove lui si è complicato maledettamente la vita con tutte quelle dichiarazioni gratuite d’amore alla Juve e di insofferenza verso la Fiorentina.
E adesso che facciamo?
Ci scordiamo il passato, operazione peraltro già riuscita con qualche mal di pancia con Toni questa estate?
Solo che, pronti via, Toni ha ricominciato subito a segnare, mentre Bojinov dopo quattro anni da calciatore professionista non ha ancora capito che la testa conta quanto l’abilià tecnica. Anzi, forse di più.

Adesso non cominciate a dire che sono filo-romanista (ci mancherebbe altro, quando c’era Roma-Juve avevo delle strane sensazioni: non sapevo proprio “contro” chi tifare…), ma se davvero l’avessero fatto, sarebbe veramente divertente.
Cosa?
Pare che una trentina di ultrà giallorossi siano andati ad espletare le proprie funzioni fisiologiche direttamente dentro la fontana del Gianicolo pochi minuti prima che Delio Rossi si immergesse per il proprio bagno “purificatore” dopo l’inebriante vittoria nel derby.
Suor Paola (ma non ha altre cose da fare nella vita?) assicura che non è vero niente, che lei era lì a presidiare la zona e che nella zona si sono viste solo due ragazze, ma io preferisco non crederle e coltivare invece il dubbio che l’acqua in cui ha sguazzato per poco il “simpatico” tecnico laziale fosse stata meno fredda del previsto.
Una cosa del genere l’avrebbe potuta pensare uno come Monicelli per il quarto episodio di “Amici miei”.

Ormai è diventata una fissazione: non passa partita senza che Dainelli non venga attaccato da qualcuno.
Giusto ad Empoli, dove fu il migliore in campo, se la cavò senza passare sotto le forche caudine della critica.
Certamente non è un fenomeno, ma un paio di errori a gara non li commettono in media tutti i giocatori, fenomeni esclusi?
E invece, anche quando la difesa non prende gol, eccoli lì i fucili puntati sulla prestazione negativa di Dainelli, che se solo avesse accanto un centrale veloce, cattivo e carismatico, sarebbe uno dei più bravi difensori in circolazione.
Guardate che scrivo tutto questo senza avere il minimo contatto con il giocatore, che conosco superficialmente e che comunque mi sembra piuttosto sveglio.
D’altra parte da almeno dieci anni mi sono defilato nella gestione quotidiana del rapporto con i calciatori.
Tornando a Dainelli, inviterei tutti ad essere più obiettivi nella valutazione delle sue prestazioni e dirò di più (rischiando le vostre invettive): io penserei addirittura a rinnovargli il contratto.

Ma vi rendete conto quanti sono cento punti conquistati in cinquantatre partite?
Una media di 1,88 punti a gara: chi ha saputo fare di meglio negli ultimi diciotto mesi?
Straordinario Prandelli, che sta facendo rendere al massimo un organico eccellente, ma non straordinario e più di così sinceramente era impossibile pretendere.
Abbiamo vinto in tutti i modi possibile, a volte dando spettacolo e a volte soffrendo,’ come ieri a Verona e forse non ci rendiamo bene conto di quello che stiamo vivendo.
Abbiamo cambiato il modulo, hanno tentato di ammazzarci in estate e adesso saremmo ancora quarti per il secondo campionato consecutivo.
Non ci sono altre parole per raccontare la nostra gratitudine verso questo tecnico (e anche verso i Della Valle e Corvino, che lo hanno sempre lasciato tranquillo, seguendo le sue indicazioni e, nel caso del direttore generale, anche le proprie intuizioni).

Pareggiare a Cagliari e vincere le altre tre: impossibile?
Non dal punto di vista tecnico, semmai è più dura sul piano psicologico, specialmente considerando che si gioca a distanza ravvicinatissima.
La spinta giusta dovrà arrivare proprio da Verona, dove abbiamo tutte le possibilità di portare via i tre punti: perché siamo più forti, perché sarà come giocare in casa (non come l’anno scoorso, ma la tifoseria del Chievo, sia detto senza offesa, non crea davvero grandi problemi) e perché loro arrivano da due vittorie consecutive ed avranno un po’ meno fame.
Sarà un bel test per verificare la maturità di una squadra che per ora ha tradito pochissimo, talmente poco che ogni volta che è successo siamo rimasti giorni a chiederci i motivi.

Fatemi capire: ma si può o non si può parlare di calcio serenamente, come facciamo da oltre un anno su questo blog?
No, perché qui c’è qualcuno che si adombra per il fatto che ho detto la mia sul momento di Montolivo, che considero un gran bel giocatore, ma con un filo di carattere in meno rispetto a quello che ci vorrebbe per sfondare.
Ed è su quello che sta lavorando Prandelli, ma non ne potremmo parlare tranquillamente senza per questo essere accusati di seminare zizzania?
Se è vero che alcune volte noi giornalisti ci dovremmo dare una regolata (e Dio solo sa quanti errori facciamo ogni giorno), è altrettanto certo che questa ipersensibilità è esagerata.
Guardate che da queste parti nei primi anni settanta si discuteva Chiarugi nei bar, ma solo perché ancora non c’erano radio e televisioni private, e neanche i blog.
Figuriamoci quindi se non possiamo parlare sorridendo di Montolivo o di Mutu o di chiunque altro e chi pensa che in questo modo si faccia del male alla Fiorentina è pregato di accomodarsi da un’altra parte perché non sono certo disposto a seguirlo sulla strada del fondamentalismo viola.

Qui bisogna che il ragazzo si arrabbi di brutto con se stesso e cominci a giocare con una grinta stile Donadel.
Perché non è possibile che un talento come Montolivo passi le domeniche in panchina, e senza che si possa rimproverare qualcosa a Prandelli, che mette in campo la formazione migliore.
E non è neanche possibile che uno come Montolivo segni così poco, niente quest’anno, dove pure ha giocato filotti di partite.
Animo, animo, qui bisogna ripartire da un mese fa, quando Riccardo sembrava aver trovato la continuità di rendimento giusta.
Poi però ai primi venti contrari bisogna aggiungerci la grinta, perché di grandi talenti inespressi sono lastricate le strade che portano ai campini,
E noi vogliamo che Montolivo si esprima com’è nelle sue potenzialità ed è soprattutto da lui che si pretende il passo decisivo.
Cerchiamo per favore di non sprecare un altro campionato nel dubbio tra quello che è e quello che potrebbe essere.

Lo conosco molto bene questo demone, perché sono andato vicino a rovinarmi poco dopo i vent’anni: è il demone del gioco.
Mi aveva preso, passavo le notti fino alle quattro in mezzo alle bische clandestine che c’erano a Firenze e che non avevano più segreti per me.
Col senno di poi posso dire di avere avuto una grande fortuna, la povertà.
Non nel senso che fossi indigente, ci mancherebbe, ma perché (come si dice a Firenze) non ne avevo davvero uno per far due e così i professionisti non potevano avere interesse a spennarmi, per costringermi poi a rivolgermi agli usurai.
Il mio unico bene era una Renault 5 pagata con tre anni di cambiali e queste cose, credetemi, quella gente le sa benissimo. Sanno cioè dove e come c’è da spolpare.
Infatti ho visto tanta gente rovinarsi, ma lì per lì non lo capivo: ero talmente drogato dal gioco che mi sembrava del tutto normale quello che mi accadeva intorno, compreso consolare padri di famiglia e professori di scuola media che nel 1983 perdevano due milioni in una serata.
Ricordo una vacanza a Montecarlo, io ed il mio amico Maurizio con le nostre fidanzate: tutte le sere al Casinò (io), la fidanzata si stufò e se ne andò dopo una settimana salvo tornare indietro e non trovarmi in albergo perché naturalmente ero ancora lì, al Casinò.
E’ durata un paio di anni.
Poi gli impegni sono aumentati, cominciai a studiare lavorando e, soprattutto, nel cervello deve essersi aggiunto qualche neurone in più.
Insomma, ne sono uscito senza danni, quasi da miracolato.
Mi piace ancora moltissimo giocare a poker o andare al Casinò, ma lo farò al massimo due volte l’anno.
Racconto tutto questo per cercare di spiegare l’incredibile vicenda dei giocatori coinvolti nelle scommesse, gente che ha più o meno l’età che avevo io quando buttavo via le serate e le nottate con lo chemin o il black jack.
Non capisco bene che brivido ci sia a scommettere sulle partite (ad esempio non ho mai scommesso all’epoca al totonero o sui cavalli), perché per me il bello (?) del gioco è la velocità d’esecuzione, il sapere subito se perdi o vinci, la pallina che gira nella roulette o conoscere il punto che ha in mano il tuo avversario, ma sono gusti personali.
Se hanno scommesso quelle cifre solo per avidità, per avere ancora più soldi è ai miei occhi di ex giocatore ancora più grave.
Ma se lo hanno fatto per provare quel brivido subdolo ed irripetibile che solo il gioco ti dà, allora sarà molto difficile pensare che possano smettere.

Sono il più grande esperto vivente di diritti locali radiofonici degli ultimi venticinque anni, da quando cioè, poco più che un ragazzo, mi trovai a discutere con Tito Corsi, Raffaele Righetti e i titolari di Radio One e Radio Firenze che all’epoca facevano la radiocronaca.
Non so neanche più quante notti in bianco ho passato per questi stramaledetti diritti che però, in una serata dolce come questa, mi sembrano molto belli.
Tornerò ad interessarmene tra oltre due anni, adesso mi voglio rilassare perché fino almeno al 30 giugno 2009 sarà la mia amata Radio Blu l’unica a fare la radiocronaca.
Avrei molti sassolini nelle scarpe da togliermi: lascio perdere, ma fatemi almeno sorridere al pensiero di quei poveracci che oltre un anno fa infamavano il mio nome, raccontando via etere di come non sapessi neanche descrivere dove fosse il pallone.
I soldi che prenderò dalla querela li ho già destinati per l’adozione a distanza di alcuni bambini africani.
Ma i diritti che la Fiorentina ha voluto confermare a Radio Blu ci impongono anche dei doveri: fare ancora meglio, cosa che ovviamente è più che possibile.
Vedrete che a gennaio avrete delle novità, in tutti i sensi…

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