Raramente ho visto Eugenio Giani arrabbiato come in questi giorni.
Lui, la diplomazia fatta persona, ha abbassato notevolmente la propria soglia di intolleranza.
C’è da capirlo perché gli si sta rovesciando il mondo addosso. Tutti a tirarlo per la giacca, per sapere quando lo stadio sarà a norma.
Ora, può darsi che l’amministrazione comunale sia pure incappata in qualche lungaggine burocratica e che quindi abbia delle colpe, ma gli argomenti di Giani non mi sembrano peregrini.
C’era un ordine prefettizio che permetteva di andare avanti fino a giugno e per la creazione di ciò che ancora manca (la centrale operativa emersa da terra, la gabbia e i tornelli) è necessario indire un bando perché qui si amministra la cosa pubblica e non una società privata.
Comunque sia, la vedo buia perché dal Viminale tira un’aria di intransigenza e Amato si batterà fino all’ultimo per evitare deroghe che provocherebbero inevitabilmente le proteste degli esclusi.
Spero tanto di sbagliare, ma temo che dovremo prepararci alla prima volta del Franchi deserto.

Qualcuno sta cominciando a capire che stanno facendo sul serio.
Non si schierano infatti i ministri dell’interno, della giustizia e dello sport (a proposito: complimenti alla Melandri, che sorride grintosa alle tv nazionali e ignora altezzosa le domande del nostro Biagiotti, unico inviato fiorentino a Palazzo Chigi) per proporre pannicelli caldi che poi lasciano tutto com’è.
Eppure c’è qualcosa che non convince.
Giocare domenica prossima metà campionato col pubblico e metà a porte chiuse ha poco senso e davvero penalizza chi non ha colpe, cioè la stragrande maggioranza dei tifosi ostaggio degli 80.000 tra teppisti e fiancheggiatori sparsi in tuuta Italia.
Forse è meglio dare una settimana in più a società e Comuni per adeguare gli stadi e ripartire quindi tutti alla pari.
E chi non ce la fa per i più svariati motivi, e a Firenze la vedo dura per motivi strettamente logistici, ma non sono un architetto, pagherà le conseguenze in termini economici, restituendo i soldi dei biglietti o dell’abbonamento.

GIORNATA DI QUELLE IN CUI SI FRULLA COME MATTI (ABBIAMO UNA SORPRESA IN SERBO…) DOMANI RISPONDO A TUTTI,
David

Non si diventa uno dei due/tre magistrati più importanti ed influenti d’Italia se non si ha una profonda conoscenza degli uomini e delle loro debolezze.
Per questo ieri sera a Golden Gol non ho resistito alla tentazione e ho domandato fuori onda a Pier Luigi Vigna se davvero Luca Pancalli fosse l’uomo giusto per tentare di tirarci fuori da questo guazzabuglio di violenza e buoni propositi in cui siamo precipitati da venerdì sera.
Rassicurato dalla sua risposta positiva, gli ho quindi riproposto il quesito in diretta e credo sia stato un momento importante della trasmissione.
A me pare che Pancalli goda di un rispetto che era (giustamente) venuto meno in tutti i sensi con Carraro e Matarrese, mentre con Rossi in tanti abbiamo preso una terribile cantonata, fidandoci della sua abilità nel precedente lavoro che svolgeva.
Ci ho ragionato un po’ sopra e sono arrivato a delle conclusioni politicamente scorrette: un uomo come Pancalli, che vede il mondo dal basso (o dall’alto, fate voi) di una sedia a rotelle e che questo mondo è riuscito a rovesciarlo, se ne frega degli interessi economici dei vari potentati.
Se ne strabatte degli eventuali danni delle televisioni, se le partite si giocano il mercoledì invece della domenica, o se gli incassi si dovessero azzerare in caso di gare a porte chiuse.
I sorrisini di circostanza che hanno accompagnato la sua nomina si sono trasformati in rispetto e, in alcuni casi, nel timore che qualcosa stia davvero cambiando.
Dopo la delusione di Rossi ci voglio andare molto cauto, ma intanto, se un uomo come Vigna la pensa come me, forse stavolta non la buttiamo di fuori.

Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte
coi poliziotti,
io simpatizzavo coi poliziotti!
Perché i poliziotti sono figli di poveri.
Vengono da periferie, contadine o urbane che siano.
Quanto a me, conosco assai bene
il loro modo di esser stati bambini e ragazzi,
le preziose mille lire, il padre rimasto ragazzo anche lui,
a causa della miseria, che non dà autorità.
La madre incallita come un facchino, o tenera,
per qualche malattia, come un uccellino;
i tanti fratelli, la casupola
tra gli orti con la salvia rossa (in terreni
altrui, lottizzati); i bassi
sulle cloache; o gli appartamenti nei grandi
caseggiati popolari, ecc. ecc.
E poi, guardateli come li vestono: come pagliacci,
con quella stoffa ruvida che puzza di rancio
fureria e popolo. Peggio di tutto, naturalmente,
e lo stato psicologico cui sono ridotti
(per una quarantina di mille lire al mese):
senza più sorriso,
senza più amicizia col mondo,
separati,
esclusi (in una esclusione che non ha uguali);
umiliati dalla perdita della qualità di uomini
per quella di poliziotti (l’essere odiati fa odiare).
Hanno vent’anni, la vostra età, cari e care.
Siamo ovviamente d’accordo contro l’istituzione della polizia.
Ma prendetevela contro la Magistratura, e vedrete!
I ragazzi poliziotti
che voi per sacro teppismo (di eletta tradizione
risorgimentale)
di figli di papà, avete bastonato,
appartengono all’altra classe sociale.
A Valle Giulia, ieri, si è cosi avuto un frammento
di lotta di classe: e voi, amici (benché dalla parte
della ragione) eravate i ricchi,
mentre i poliziotti (che erano dalla parte
del torto) erano i poveri. Bella vittoria, dunque,
la vostra! In questi casi,
ai poliziotti si danno i fiori, amici.

Pier Paolo Pasolini, 1968

Oltre a fermare il campionato è indispensabile la certezza della pena, il pugno duro della legge a costo di essere un po’ meno garantisti, almeno per un anno.
Poi vedete che gli passa alle teste rasate o no, a quelli con la svastica o con il simbolo di Fidel Castro che girano per gli stadi fregandosene del pallone.
Idranti in curva e poliziotti in grado di intervenire, non costretti a scappare di fronte ai teppisti.
Azione veramente preventiva verso chi (anche e soprattutto le società) è connivente con gli speculatori della passione altrui, cioè le bande dei sedicenti tifosi che con il calcio ci mangiano grazie alla vendita di biglietti omaggio o punti shop.
Che facciano i commercianti in piena regola, magari a prezzi migliori degli altri ma con tanto di licenza e con il rischio di impresa a loro carico.
Controllare chi rispetta davvero i DASPO, e chi non lo fa diritto in galera.
Per tutti un bel ripasso di storia e andare all’Inghilterra del giugno 1985, pochi giorni dopo l’ignobile massacro dell’Hysel.
Da lì loro sono ripartiti e se non ci proviamo davvero è la volta buona che finisce tutto.

ECCO I DEMENTI, MOLTO PENOSO SCOPRIRE CHE SONO TOSCANI
Alcune scritte, inneggianti alla morte di Filippo Raciti, il poliziotto ucciso ieri sera negli scontri avvenuti fuori dallo stadio Massimino di Catania, in occasione del derby di calcio con il Palermo, sono comparse a Livorno, sul muro della sede del quotidiano ‘Il Tirreno’. “Un altro Filippo Raciti”, “Morte allo sbirro”, sono due delle frasi scritte con la vernice spray sul muro del giornale livornese. Una terza frase recita “2-2-07, vendetta per Carlo Giuliani”, con evidente riferimento al giovane ucciso a Genova nel 2001, durante le manifestazioni anti G8. Le forze dell’ordine stanno indagando per cercare di scoprire gli autori di queste scritte

18:08 Lucarelli: “Scritte da condannare”
Il capitano del Livorno, Cristiano Lucarelli, condanna senza esitazione le scritte contro il poliziotto ucciso a Catania, comparse sui muri della città: “Si tratta del gesto di un singolo – afferma – che non rispecchia il sentimento comune dei livornesi. Ma resta comunque un gesto pienamente da condannare”.

Io lo capisco Pantaleo Corvino, proprio perché spesso commette gli stessi errori che commetto anch’io.
Ama visceralmente il proprio lavoro, ci mette dentro tutto se stesso, tanto da rischiare l’infarto (a proposito, ma non sarebbe il caso di mettersi un po’ a dieta, visti i carichi di stress che si porta dietro?) e qualche volta è portato all’intolleranza sul dissenso altrui.
Quando qualcuno mette in dubbio la sua buonafede o non gli riconosce i meriti che lui crede di avere (e ne ha moltissimi) o si inquieta o azzanna.
E così vengono fuori reazioni che dall’esterno possono sembrare esagerate, vedi la sparata di ieri contro (credo) La Nazione, in cui minacciava di parlare col direttore, che è poi un pessimo modo di rapportarsi alla nostra permalosissima categoria.
Sono le stesse sparate che ogni tanto (ora molto meno di un tempo, me lo dovete riconoscere) avete sentito dal sottoscritto al Pentasport, quando mi sembrava che qualcuno avesse commesso una scorrettezza o ce l’avesse con Radio Blu.
Spesso chi ascolta può pensare: ma questo chi si crede di essere? Oppure: ma ha perso il capo?
Io quindi lo capisco benissimo Pantaleo, ciò nonostante lo invito (senti un po’ da quale pulpito arriva la predica…) ad essere un po’ più indulgente col mondo e quindi alla fine anche con se stesso.
Lasci scorrere un po’ più le cose e selezioni le cose veramente importanti.
Magari un giorno andiamo a cena insieme (solo filetto e insalata, però) e ci sfoghiamo a vicenda.

Che cosa hanno in comune Dario Fo e Silvio Berlusconi?
Una sola cosa, a parte lo straordinario successo: entrambi sono stati messi sotto accusa pubblicamente dalle proprie splendide mogli (Franca Rame e Veronica Lario) per la loro smodata passione verso le donne.
Non se lo ricorderà quasi nessuno, ma una ventina di anni fa una signora impegnata da decenni in coraggiose battaglie civili come Franca Rame non trovò di meglio che andare in televisione, mi pare dalla Carrà, per annunciare che a causa delle reiterate scappatelle del marito con le più avvenenti attrici della compagnia, lo avrebbe lasciato da lì a poco.
Lui chiese scusa, lei ci ripensò e adesso stanno ancora felicemente insieme.
Della lettera a Repubblica di Veronica ormai si sa tutto ed io credo che nel 90% dei maschi italiani, me compreso, sia scattato spontaneo un moto di simpatia verso il Cavaliere, qualunque sia l’appartenenza politica.
Sul versante femminile non saprei dire, ma non è questo che qui interessa.
Ho provato ad analizzare più a fondo questa fratellanza molto maschilista e penso che gli atteggiamenti non siano poi cambiati così tanto negli ultimi trent’anni.
A moltissimi uomini le cose piace più raccontarle che farle.
Il sesso, le donne, per tanti sono un po’ come il calcio: un argomento di conversazione, con l’aggravante del nercisismo perché, si sa, l’uomo è cacciatore.
Voglio dire: ma secondo voi il personaggio più potente d’Italia ha bisogno di esternare in pubblico la propria ammirazione per una bella donna se davvero vuole concludere?
No, lui ha sentito il bisogno insprimibile di piacere, a lei e alla folla che faceva da contorno.
Pur uscendo da almeno una quindicina di anni da questo stereotipo e pur preferendo nettamente Veronica a Silvio (mentre per me è pari tra Fo e la Rame), è scattata lo stesso la simpatia verso il Berlusconi.
Perché ho pensato alla montagna di sesto grado che avrebbe dovuto scalare una volta lette le parole della moglie sul giornale, all’atteggiamento di Veronica in privato (le donne in questo sono terribili…) e perché mi è venuta in mente una cosa buffa, eppure tremenda se davvero la dovessi vivere.
Ho immaginato infatti la stessa scena proiettata sul mio microcosmo mediatico, con Letizia (mia moglie) che scriveva una lettera aperta a Fiorentina.it per denunciare il mio atteggiamento da cascamorto con Elisa a Rtv38.
Volevo vederli poi i commenti…

L’ARGOMENTO APPASSIONA, A GIUDICARE DAL NUMERO DEI POST
VORREI DARVI UN CONSIGLIO: LEGGETE “LA META’ DI NIENTE” DELLA DUNNE CELEBRATO DALLA SIGNORA BERLUSCONI
NON E’ CHE NOI MASCHI SI FACCIA UNA GRAN FIGURA, MA E’ BELLISSIMO

Ciao a tutti…chi vi scrive è Elisa……sono lusingata da tutti gli apprezzamenti anche quelli più “veraci” dei vari tifosi, ma vorrei sottolineare la grande classe del mio amico David, che ha fatto una similitudine molto divertente elegante e discreta.
Per quanto riguarda la faccenda Lario-Berlusconi non mi stupirei che dietro la querelle ci sia la voglia di tornare in qualche modo in prima pagina.
Un bacio a tutti voi, anzi…solo a chi lo vuole…

Figuriamoci a nove ascoltatori su dieci del Pentasport quanto gliene importava della mia conversazione con Riccardo Nencini, Presidente del Consiglio Regionale toscano.
Oggetto della chiacchierata, gli scontri di Fiorentina-Livorno e l’appello mio e di Nencini a non farsi condizionare dai sobillatori di professione.
Meglio, molto meglio il duetto Cairo-Giovanni Galli o le interviste di Ceccarini.
Eppure questo del grillo parlante è un ruolo da interpretare con convinzione, qualcosa che si deve fare.
Penso infatti al decimo ascoltatore, quello che era un minimo interessato alle cose di cui parlavamo e forse qualcosa gli sarà entrato in testa.
A volte è meglio perdere un po’ di audience.

Siamo arrivati a quello che volevano gli stramaledetti che seminano odio nelle curve di tutta d’Italia e quindi anche a casa nostra: Fiorentina-Livorno e Livorno-Fiorentina saranno considerate partite a rischio.
Bel risultato, davvero.
La colpa è di tutti, pure nostra, che non abbiamo saputo fare niente per fermare questa corsa verso la pazzia.
Non esistono in Toscana due città più simili di Firenze e Livrono: nell’acutezza, nello sberleffo, nell’orgoglio delle proprie radici.
E non c’è bisogno di scomodare i Medici per capire che la storia ci inviterebbe al gemellaggio invece che alla guerra.
Chi ha cominciato non lo so: forse loro, che per fare il gemellaggio chiesero di abiurare Verona, ma non è questo il punto.
Il fatto è che una persona è stata ferita, e anche piuttosto seriamente, e che magari mentre io scrivo questo atto di dolore in qualche club livornese si sta pensando alla vendetta dell’anno prossimo.
All’andata uscii dall’Ardenza insultato da una cinquantina di persone indemoniate contro Firenze e difeso da una ventina di fedeli ascoltatori labronici del Pentasport che ben sapevano quanto mi fossi mediaticamente adoperato per tentare un aggancio per un futuro gemellaggio.
Chi era con me si stupì molto del fatto che affrontassi incurante gli insulti, ma mi sentivo sicuro, proprio per quella somiglianza di cui parlavo prima.
Adesso, sinceramente, non so se lo rifarei.
Ma forse sì, proprio per non darla vinta a chi cerca di trasformare gli stadi in campi di battaglia dove sfogare le proprie frustrazioni.
Certamente, comunque, stavolta avrei paura.

A voler essere incontentabili avrei anche potuto scrivere: troppo sudata, perché in verità il Livorno oggi è solo Lucarelli e qualcosa di contorno, ma proprio poco.
Stiamo ancora pagando il dopo Marbella, ci manca brillantezza e ci manca pure qualità.
Inevitabile senza Santana e Montolivo (quello buono, intendo, non quello che si è un po’ perso nell’ultimo mese) e con Liverani che in due partite ha giocato 75 minuti.
Strepitoso Mutu e ora spiego il perchè.
Era in giornata chiaramente no, eppure non si è rifugiato dietro la nuvola dei fuoriclasse, spesso stizziti quando non gli riesce il numero.
No, Mutu ha lottato e corso come un Donadel qualsiasi.
A proposito: visto quanto è importante? I boscaioli di oggi, come li chiamava Orrico, lo hanno fatto ampiamente rimpiangere.
Blasi è sempre più preoccupante, così come Pasqual, in chiara fase regressiva, un po’ meglio Gobbi, ma con poca personalità.
In ultimo, Toni.
Abbiamo capito perché hanno fatto l’impossibile per non farlo andare via, digerendo e facendoci digerire bocconi amari.
Diciamo che la digestione, ora, va molto meglio.

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