Ci sono i sorteggi per i preliminari e voglio concedermi un lusso: andare indietro di sei anni, voltarmi per capire quanta strada abbiamo fatto e come eravamo in quei giorni che ancora io non riesco a dimenticare.
Ho preso dal mio libro “La mia voce in viola” l’intero capitolo di quella stagione perché magari i più giovani possano capire come e dove eravamo finiti.
Confesso di non averlo mai riletto per intero dal marzo del 2003, perché mi faceva troppo male.
Ora, almeno per me, forse è possibile.

2001/2002
Non ce la faccio a mettere in ordine razionalmente gli avvenimenti dell’ultimo anno di vita della Fiorentina. Altri lo hanno fatto con dovizia di date e di particolari, io proprio non ci riesco. Posso solo fidarmi delle mie sensazioni, dei ricordi di un’agonia che negli ultimi giorni è stata davvero straziante. E’ ovvio che si sta parlando “soloâ€? di una squadra di calcio, però è come se mi avessero strappato qualcosa dentro, e non solo per i problemi legati al lavoro. Certo, c’era anche la preoccupazione di sapere che fine avremmo fatto con i nostri programmi e le nostre radiocronache, ma quel malessere che sentivo affiorare giorno dopo giorno arrivava da molto più lontano. Era la rabbia per l’impossibilità di fare qualcosa che salvasse quei ricordi tutti in viola che avevo fin da bambino, quei trentacinque anni di stadio e di amore verso una squadra che non era mai stata dei presidenti o dei giocatori, ma solo nostra, dei tifosi che l’hanno accompagnata in tutte queste stagioni. E’ impossibile perdonare chi ha ucciso la Fiorentina, io almeno non lo farò mai.

LO STRAPPO
Finalmente nel giugno del 2001 decisi che ne avevo abbastanza di Cecchi Gori e di tutta la sua banda di tirapiedi che si stavano alternando a Firenze. Con onestà dissi ai responsabili di Canale Dieci che ero ormai giunto al punto di non ritorno e che avrei attaccato continuamente Vittorio, in radio ed in televisione. Presero atto della mia decisione e non tentarono nemmeno di convincermi a cambiare idea. Grazie alla bolgia dantesca in cui era precipitato l’intero gruppo Cecchi Gori, riuscii a sopravvivere senza troppi problemi fino al rocambolesco arrivo alla guida della Fiorentina dell’ex esperto di leasing Sarkis Zerunian, che cercò inutilmente di bloccare i miei attacchi. Dal Ring dei Tifosi sparavo puntualmente contro Cecchi Gori, aspettandomi ad ogni puntata la telefonata di ammonizione o addirittura la soppressione del programma. Ed invece niente, evidentemente anche i vecchi ruffiani del presidente-ex senatore-produttore avevano capito che non c’era più nulla da fare.

FALLIMENTO SI’, FALLIMENTO NO
C’è un antico adagio fiorentino che dice: “fatti un nome, piscia a letto e diranno che hai sudatoâ€?. Ecco, nel mio appiattirmi a tutto ciò che mi raccontava il professor Barucci, non ho fatto altro che seguire questa vecchia massima popolare. Consideravo l’ex ministro del Tesoro e grande tifoso viola la massima autorità in materia finanziaria, e siccome mi aveva detto che finire di fronte al tribunale fallimentare sarebbe stata la nostra fine, ho recepito al cento per cento il suo suggerimento, scatenando una furibonda campagna radiofonica e televisiva contro l’ipotesi del fallimento. Manca certamente la controprova, ma se a settembre il giudice Puliga non avesse “assoltoâ€? dai suoi misfatti la Fiorentina, siamo sicuri che le cose non sarebbero potute andare meglio?

ZIG ZAG
Boicottiamo gli abbonamenti perché in questo modo si aiuta Cecchi Gori.
No, andiamo a fare gli abbonamenti per evitare il fallimento. Stringiamoci intorno a Mancini, perché solo così ci potremo salvare.
Facciamo la guerra a Mancini, che si è scagliato contro Luna, a sua volta è entrato in conflitto con Cecchi Gori, che non vuole più vendere la Fiorentina.
Qualsiasi compratore è meglio di Cecchi Gori, anche Tootoonchi con quattro o, il discusso e discutibile Pulsoni, la catena di orafi aretini di Pupo, la holding lussemburghese di Luna.
E se invece Berlusconi desse una mano al suo amico Vittorio e rimettesse a posto i conti? In fondo chi ha portato a Firenze Batistuta, Rui Costa, Toldo e Chiesa? Due anni fa eravamo in Champions Leagues…
Poveri giocatori, sono rimasti lo stesso a Firenze e non prendono una lira da mesi: dobbiamo solo applaudirli per l’impegno che ci mettono.
Sono solo una banda di mercenari, che pensano unicamente ai quattrini: peggio di così non ci poteva capitare, proprio nell’anno più disgraziato.
Come si fa a non uscire pazzi da questo ping-pong di sentimenti, questo fiume in piena di parole dove tutti si sentivano autorizzati a dire tutto e due giorni dopo il contrario?

MERCENARI
Una cosa comunque è certa, e lo hanno dimostrato un anno più tardi i calciatori delle altre squadre finite in mezzo a crisi finanziaria addirittura peggiori di quella viola: tranne Di Livio e al massimo un altro paio di eccezioni, tutti gli altri giocatori della rosa della stagione 2001/2002 si dovrebbero vergognare per il comportamento tenuto nei dieci mesi in cui invece ci avrebbero dovuto salvare. Con la Fiorentina ancora in serie A, sarebbero arrivati da Stream quei 45 miliardi che avrebbero garantito l’iscrizione al campionato. Sono stati indegni della maglia che portavano e dell’affetto di una città che ha capito troppo tardi a che gioco questi signori stessero giocando. Eravamo così (giustamente) pieni di rabbia verso Cecchi Gori, che non ci siamo accorti di come ci prendessero per il naso. Sparito il 30 settembre Chiesa per infortunio, è sparita tecnicamente la squadra, ma questi atleti (presunti) avevano ingaggi da favola, basta pensare che la Fiorentina era al settimo posto in Italia come emolumenti pagati. Ed invece hanno pensato solo a mettere in mora la società ormai boccheggiante, hanno tirato indietro la gamba, sono stati penosi come uomini. Due di loro, quel fenomeno di Marco Rossi e Nuno Gomes, hanno perfino cercato di far fallire prima del tempo la Fiorentina per cinquanta milioni di premi non pagati. Un altro, il “simpaticoâ€? Morfeo, ha per mesi fatto finta di avere la bua al piede pur di non giocare. Scandalosi tutti, ma qualcuno più degli altri.
Ho un sogno impossibile nel cassetto. Una bella partita della vergogna, con in campo i protagonisti della nostra ultima stagione, una specie di passerella al contrario: il disastroso Amoroso, il supponente sputasentenze Baronio, l’uomo della notte Cois, il sindacalista Vanoli, l’ex umile Torricelli, l’irascibile moviola Pierini, lo “scusatemi, ma ho fatto una scelta di vitaâ€? Adani, il “chi mi tira in porta segnaâ€? Taglialatela, quel fenomeno di Marco Rossi, il portoghese sbagliato e stramiliardario Nuno Gomes, l’inarrivabile Morfeo, l’impomatato Mijatovic (se ce la fa a scendere in campo), il decotto Ganz, il ragazzo prodigio con annesso sito personale Moretti. Per questa storica occasione vorrei anche due allenatori in panchina: il montato Mancini, l’amico di Cecchi Gori, e il grande bluff, cioè Bianchi, magari con Peppinello Pavone (mai presa una responsabilità o un’iniziativa, solo i tanti milioni netti di stipendio) a fargli da degno assistente. Che spettacolo sarebbe sentire il Franchi venire giù dai fischi per questi uomini (ci vuole un certo sforzo a chiamarli così) che hanno finito di ammazzare la Fiorentina.

TIFOSI
Avevano ragione loro, Lodà, Rocchi e Sartoni. C’era magari un po’ troppa fantasia nella loro ricostruzione dei fatti, però era vero che la Fiorentina stava andando verso la rovina. Ci hanno provato in tutti i modi a fare qualcosa, ed è proprio per questo iper attivismo a fin di bene che non ho mai calcato la mano quando hanno commesso alcuni errori. Come tenere fuori Luna dalla contestazione della Fiesole. Mai uno striscione contro chi aveva avuto per nove anni la responsabilità della Fiorentina, possibile che non avesse colpe? Il fatto che nel finale della storia Lucianone nostro si fosse seriamente impegnato per vendere la società gli ha probabilmente restituito una discutibile verginità, ma non tutti hanno capito i motivi del suo “salvataggioâ€?. Una sciocchezza è stata poi aspettare Mancini sotto casa sua alle una di notte. Il tecnico ha poi certamente strumentalizzato pro domo sua tutta la vicenda, ma a quell’ora di solito si va a dormire e non ci si mette a discutere di tattica o si dimissioni.
Comunque sia, l’amore ostinato, e dall’esterno incomprensibile, dei tifosi viola è stato fondamentale per non sparire definitivamente. Senza di loro la Fiorentina sarebbe stata solo un guscio vuoto, al massimo un ricordo struggente per chi come me l’aveva avuta come fedele compagna di tutta una vita.

FARNETICAZIONI TELEFONICHE
9 dicembre 2001, Lazio-Fiorentina all’Olimpico. Tre file sopra la mia postazione è seduta Valeria Marini, tragicamente inviata fissa per “Quelli che il calcio…â€?. Decido nell’intervallo di chiederle se mi rilascia un’intervista, lei prende il telefonino e compone il numero di Cecchi Gori.
«Vittorio, c’è qui un giornalista che vuole parlare con me: che devo fare? … Si chiama Guetta. Sì, va bene, te lo passo».
E comincia così il mio ultimo colloquio con il presidente-ex senatore-produttore.
«David, qui mi hanno tradito tutti, ma ti rendi conto mi hanno venduto Repka e Leandro (sai che perdita!) senza dirmi niente. Mi vogliono ammazzare, ma io so’ più forte di tutti»
«Vittorio, senza le cessioni di Repka e Leandro a settembre la Fiorentina falliva…»
«Ma che fallimento! Ho dei soci pronti ad entrare, mi hanno pugnalato alle spalle, io non volevo vendere nemmeno Rui Costa»
«E con cosa pagavi gli stipendi?»
«I soldi ci sono!!! Ma ora arrivo a Firenze e cambio tutto, mi volevano prendere la Fiorentina per un tozzo di pane, ma te ne rendi conto?»
«Vittorio, e Barucci? Lo hai incontrato?»
«Ma chi caz.. è Barucci? Ma che vuole? Io non voglio vedere nessuno, Mancini ci porterà in Uefa»
«Vittorio, sta per ricominciare il secondo tempo, ti devo lasciare perché vado a trasmettere la radiocronaca»
«Aho, ma dille queste cose alla radio, perché non mi chiami a fine partita? Faccio un intervento e così spiego per bene la situazione»
«Magari alla prossima trasferta, ora ti sento un po’ troppo agitato. Ciao Vittorio».

IL CORAGGIO DI POGGI
Quello di Ugo Poggi è stato l’ultimo serio tentativo di salvare la Fiorentina, peccato che Cecchi Gori stesse ormai affogando nel disastro economico da lui stesso provocato. Il nuovo presidente chiese a tutti con molta umiltà di dargli una mano, «perché solo uniti avremmo evitato il disastro», che lui pensava circoscritto ad una nuova retrocessione. Devo riconoscere a Poggi una grande lealtà nel comportamento con Canale Dieci. In quei pochi mesi di presidenza non mi ha mai fatto pressioni per far cessare gli attacchi all’ex presidente-ex senatore-quasi ex produttore. Quando anche lui gettò la spugna, perché stufo delle continue menzogne di Vittorio, capii che ormai non c’era più nulla da fare. Speravo però che qualcuno potesse intervenire per comprare la Fiorentina o che comunque il “sistema calcioâ€? avrebbe impedito che sparisse per sempre una delle grandi del campionato.

SEMPRE PIU’ GIU’
Occupazione della sede da parte dei tifosi, un pregiudicato riciclato da Vittorio come possibile socio, la marcia dei ventimila tifosi per dire basta alle nefandezze cecchigoriane: che giornate da incubo! A giorni alterni Vespa e Costanzo spiegavano ai loro milioni di telespettatori quanto Cecchi Gori fosse bravo ed incompreso, facendoci passare tutti per imbecilli. Senza dimenticare quel brav’uomo di Carraro, che nel gennaio 2002 certificò come ottimo il bilancio viola, beatificando Vittorio e dicendoci in pratica di non rompere più le scatole. Che schifo.
Poi, improvvisamente, ecco arrivare Zerunian Sarkis ad insegnarci come si doveva vivere. Accanto a lui Bianchi Ottavio, che una volta fallito il compito in panchina centrò, da presidente, l’impossibile obiettivo di peggiorare la situazione. Di loro due, i posteri ricorderanno nei secoli dei secoli un unico gesto significativo: l’accredito sui rispettivi conti correnti degli ultimi sei mesi di stipendio, proprio il giorno prima di essere cacciati dal tribunale di Firenze. Che tempismo! Proprio quello che era mancato quando dovevano chiedere al loro padrone di onorare le cambiali che avrebbero restituito alla Fiorentina gli ormai famosi 72 miliardi “imprestatiâ€? nel 1999. Mancavano proprio Zerunian e Bianchi a completare la galleria degli orrori degli ultimi tre anni viola, ora eravamo definitivamente a posto.

VEDE DOTTORE…
Ma sì, mettiamoci anche un po’ di leggerezza nel raccontare quegli ultimi mesi di dolore. Il professor Fazzini, stimato presidente dell’ordine dei dottori commercialisti, venne scelto dal tribunale per una missione impossibile: salvare la Fiorentina, rispettando la legge. Fu così che un ottimo professionista si trovò per mesi sulle prime pagine dei giornali, intervistato da radio, siti internet e televisioni un giorno sì e l’altro pure. A lui la cosa doveva piacere moltissimo, perché, sempre armato di un sorriso smagliante, non ha mai rifiutato un contatto con i cosiddetti media. E con tutti aveva indistintamente questo intercalare, “vede dottoreâ€?, che fece della strampalata congrega dei giornalisti fiorentini la categoria accademicamente più avanzata d’Italia. Sentii dare del dottore a certa gente che aveva concluso con fatica le scuole medie, principi del congiuntivo dall’italiano improbabile o in alcuni casi impossibile. Mi sarebbe piaciuto che qualcuno glielo avesse fatto notare con discrezione, ma persi ogni speranza quando mi capitò di ascoltare l’ennesima intervista, concessa stavolta nientepopodimeno che a Giorgio Masala.
«Abbiamo qui il professor Fazzini, allora professore ci dica a che punto siamo con le cambiali di Cecchi Gori?»
«Vede dottore…».

ULTIMI GIORNI
Il 30 giugno 2002 passai il pomeriggio in preda ad uno stato di febbrile angoscia: se la Fiorentina non avesse trovato quindici miliardi, avrebbe chiuso lì la sua gloriosa storia. Era la domenica della finale mondiale e non succedeva niente. Finalmente, alle nove di sera, Gianni Ceccarelli mi inviò un messaggio sms per informarmi che Inter, Milan e Juve avevano comprato Moretti e Ceccarelli (il giocatore, non il giornalista) proprio per quindici miliardi. Era la conferma alla mie speranze di salvezza: il “sistema calcioâ€? non ci avrebbe fatto morire!
Seguirono giornate convulse, con tante false notizie e millantatori vari che si accreditavano di volta in volta come possibili acquirenti. Ma io sapevo che i debiti erano così alti che solo Cecchi Gori avrebbe potuto tirare fuori il coniglio bianco ed iscrivere la gloriosa A.C. Fiorentina alla serie B. Il 25 luglio andò deserta l’asta per acquistare la maggioranza della società, quasi una rivincita per Vittorio, la dimostrazione che non c’era proprio nessuno pronto a buttare i soldi per la squadra di calcio di Firenze. Tutti quelli che cercavano solo pubblicità erano spariti, dall’untuoso Repetti agli olandesi volanti, passando per Fratini, che durante un Pentasport avevo implorato in diretta di intervenire. Non restava che lui, Cecchi Gori, l’uomo che ci aveva rovinato e da cui dipendevamo tutti per non sparire.

LA FINE
Gli ultimi giorni di luglio li passai in un crescente delirio di sterile attivismo. Chiamavo almeno due volte al giorno Benedetto Ferrara, in ritiro a Roncegno, nella speranza che lui, informatissimo, mi desse qualche buona notizia. Martellavo continuamente il mitico ragionier Righetti, per sapere qualcosa del famoso bonifico da 22 milioni di Euro che ci avrebbe iscritto al campionato; mi attaccavo al telefono con Lodà, che aveva a sua volta un filo diretto col professor Barucci, riesumato da Cecchi Gori come consulente. Ormai non ero più un giornalista, ma solo un tifoso distrutto che aveva la fortuna di conoscere gente che lo avrebbe informato prima degli altri. Condussi dei Pentasport allucinanti, trasmettendo solo angoscia a chi ci ascoltava. Letizia e le bambine erano al mare, io tornavo la sera a casa e mi buttavo sul divano incapace di qualsiasi iniziativa. Per una settimana mi svegliai continuamente alle quattro del mattino e come uno zombi mi mettevo davanti al televisore in uno stato catatonico. Una volta mi venne quasi da piangere a vedere su Raisat album degli spezzoni della Fiorentina degli anni settanta. C’erano Antognoni e Merlo, con la maglia tutta viola e senza sponsor: quella era la mia Fiorentina, la squadra che quando perdeva rovinava la mia domenica. Come era potuto succedere che stesse per scomparire?
Ogni giorno però il direttore del Corriere dello Sport-Stadio Italo Cucci ci rassicurava che ci saremmo salvati, facendo addirittura passare Cecchi Gori, con cui aveva un contatto diretto, come un martire: vende il cinema Adriano, no, c’è un piano di Tatò, lo aiutano le banche. Una sera, esasperato, feci una sparata terribile contro il sindaco Domenici e l’assessore Giani, colpevoli a mio parere di immobilismo e sostenni il giorno dopo un contraddittorio proprio con Giani, che spiegò agli ascoltatori come invece lui ed il sindaco avessero tentato (inutilmente) di percorrere ogni strada possibile. Aveva ragione, ed è proprio a Domenici e Giani che tutti i tifosi viola devono qualcosa se non ci hanno seppellito definitivamente il giorno della morte della vecchia Fiorentina.
Il 30 luglio riuscii a ricordarmi di essere ancora un giornalista e realizzai lo scoop della banca colombiana che aveva mandato un fax in Fiorentina per assicurare l’arrivo dei soldi. La mia fonte era sicura e perciò sparai la notizia, che venne immediatamente ripresa da tutte le testate nazionali. Era l’ultimo penoso bluff dell’ex presidente-ex senatore-ex produttore, una cosa talmente ridicola che ci sarebbe stato da ridere, se non fosse stato per la gravità del momento.
Il 31 luglio mattina Lodà e Sartoni mi assicurarono che tre bonifici erano partiti da tre banche diverse per coprire i 22 milioni di Euro necessari per iscrivere la Fiorentina al campionato. Eravamo quasi fuori tempo massimo, ma in Federazione avrebbero aspettato anche l’ultimo secondo pur di non escluderci. Fu una giornata terrificante, passata al telefono a farci coraggio: arrivano, stanno per arrivare, le banche chiudono tra pochi minuti e dei soldi non c’è traccia, non arriva più niente. Speravo ancora in un colpo a sorpresa di Vittorio, tipo lui che si presenta a Roma con l’assegno in mano proprio mentre la Fiorentina sta per essere spedita in Eccellenza. La mazzata finale me la dette alle 20.30 Leonardo Bardazzi, che mi chiamò dalla redazione fiorentina di Stadio: “Cecchi Gori ha appena chiamato Cucci e gli ha detto che si arrende, che non porta i soldi, che tutti lo hanno tradito”.
Maledetto! Dieci, mille, un milione di volte maledetto! Ci hai rovinato, hai ucciso un amore vero solo per le tue pazzie, ci hai tenuto in ostaggio negli ultimi due anni, ci hai costretto nell’ultimo mese ad uno stato di febbrile angoscia che è stato quasi peggio della mancata iscrizione. Maledetto, non ti perdonerò mai.
Dormii tre ore quella notte, e quando mi alzai alle sei del mattino del primo agosto guardai allo specchio la mia faccia stravolta. Mi dissi: ora basta, dobbiamo ripartire. Dovevo condurre una diretta lunghissima, la più difficile trasmissione della mia vita e non potevo permettermi di comunicare agli altri la mia angoscia. Avremmo ricominciato anche dall’Eccellenza, avremmo fatto vedere al mondo di che cosa sono capaci i fiorentini, come successe con l’alluvione nel 1966. Arrivai a Prato e cominciai a parlare…

Gli ottimisti hanno scritto a fine gara al Pentasport che a parità di condizione non ci sarebbe tutta questa distanza tra Barcelloba e Fiorentina.
Me lo auguro, ma sinceramente non lo penso.
Perché se è vero che come dice Prandelli non siamo da scudetto e che il Barca se venisse a giocare in Italia non sarebbe inferiore certo all’Inter, beh i calcoli sono semplici e ci raccontano di almeno una categoria di differenza.
Nessun giudizio sui singoli, troppo presto, ma un bravo a Fray bisognerà per dirlo, mentre non starei troppo a spingere sul gol di Pazzini perché mi aspetto da lui diverse repliche.
Loro fantastici, in tre giocatori soprattutto: Messi, Xavi e Iniesta, ma si scopre l’acqua calda.
Ho anche toccato con mano quanto sia obsoleto l’impianto acustico del Franchi.
Spero che chi fosse presente allo stadio sia riuscito a sentire quello che dicevo, ma vi assicuro che è stata una faticaccia perché per l’effetto eco bisogna avere nel parlare una cadenza molto lenta, quasi al limite della dettatura di un telegramma.
Credo di aver fatto le prove almeno sei/sette volte perché andavo sempre troppo veloce ad un certo punto, un po’ stizzito, ho spedito Luis Laserpe a parlare e ho scoperto che avevano ragione i tecnici: se appena appena parli normalmente la gente non capisce niente.
Figuriamoci uno come me abituato alla velocità della radio, ma a parte questo (e il risultato) è stata una grnade serata, che ci ricorderemo a lungo.

Sono sempre stato un fervente ammiratore di Fantozzi, sia nella versone scritta che, fermandomi ai primi tre film, cinematografica.
E così non sono riuscito a non pensare al mitico ragionier Ugo ieri pomeriggio, quando sono andato all’inaugurazione della Lega Pro per il solo motivo che lì avevo concordato un’intervista in esclusiva, poi andata a buon fine, con Michel Platini.
Avevo sottovalutato il contesto e cioè che fosse presente il meglio del meglio (?) del calcio italiano.
Eccoli lì uno accanto all’altro Abete, Matarrese, Macalli ed io pensavo alla siderale distanza che c’era tra la nostra rabbia per i torti subiti (la serie B del 1993, Avellino, il fallimento, i dispettucci nella stagione della C2) e l’assoluta indifferenza con cui i signori del calcio avevano vissuto tutto questo.
Mi è però venuta in soccorso l’ironia e, appunto, Fantozzi che si è palesato in due scene memorabili.
La prima è stata quando sotto un caldo atroce, alle cinque del pomeriggio, abbiamo tutti assistito alla benedizione della sede, preceduta da un improbabile inno nazionale troncato a metà.
E a me è venuto in mente il varo della nave del megaduca, alla presenza degli operai con relativo taglio del nastro (che c’è stato anche lì) affidato alle mani inesperte della contessa Serbelloni Mazzanti Vien dal Mare.
Mancava solo il lancio della bottiglia, ma in compenso siamo stati tutti guidati nella palazzina (in verità molto funzionale).
E’ stato fantastico vedere Platini, Abete, Matarrese, Albertini, Macalli, l’imbarazzato presidente della Regione Martini, il questore Tagliente girare per le stanze logicamente vuote, ammirare i tavoli ed i telefoni e dire ogni volta quanto tutto fosse bello.
Non avrebbero sfigurato in questo caso il geometra Filini e l’infido Calboni, quello del “puccettone”.
Insomma, alla fine è stato quasi divertente, a patto che si sapesse cogliere l’ironia della vicenda.
Chiudo con un giudizio su Platini, che mi ha confermato quello che penso da tanto tempo: sarebbe bello che anche in Italia fossero i giocaori a guidare il calcio.
Al di là dell’insospettabile simpatia e della disponibilità, parlando con lui mi è capitato di pensare la stessa cosa che mi succede ogni volta che intervisto Rivera e cioè che siamo di fronte a uomini nettamente al di sopra della media del calcio.
Un ex juventino e un ex milanista: lo so che è dura, ma non si può fare il tifo anche per l’intelligenza.

Una reazione apparentemente da dilettanti, quella dei dirigenti della Roma per il caso Mutu.
Hanno fatto vedere il modulo del contratto, hanno parlato dell’email spedita a Mencucci, e allora?
Quella che conta è la firma di Mutu al contratto o la risposta affermativa di Mencucci.
D’accordo, c’è stata una trattativa e certamente Corvino lo avrebbe venduto, ma poi si è messo in mezzo Prandelli e Della Valle ha preferito seguire il suo allenatore.
Perché la Roma faccia così, non si capisce, perché il mondo del calcio è pieno di trattative sfumate all’ultimo istante.
Anzi, a volte si è visto perfino di peggio, con contratti firmati due volte.
Ho un sospetto che nasce dal fatto che la Roma sia quotata in borsa e che qualcuno tra martedì e mercoledì scorso si sia fatto d’oro con le sue svalutate azioni, non è che per caso si stia provando a fornire giustificazioni non richieste al solo scopo di dimostrare la propria buonafede?

Ognuno faccia quello che vuole mercoledì sera, ma se davvero qualcuno ha intenzione di fischiare Platini in quanto ex juventino, beh allora è meglio che se ne stia a casa.
Ho dichiarato più volte la mia provincialità nei confronti della Juve, per me quella sarà sempre la più importante delle partite, ma non capisco cosa c’entri mancare di rispetto al Presidente Uefa a 21 anni di distanza dalla sua ultima partita da calciatore.
Platini verrà a certificare la crescita europea della Fiorentina, peraltro già apprezzata in una lettera che elogiava il nostro terzo tempo.
Tra cinque giorni sarà una festa, saremo al centro del mondo e dobbiamo mettere in copertina un gruppetto di irriducibili che ce l’hanno con tutto e con tutti?
Detto per inciso, Platini arrivò dopo il furto di Cagliari e andò via prima dello scippo dell’Uefa, ma questo poi conta relativamente.
Cerchiamo di darci una regolata, per favore.

Ho come l’impressione che ci possa ancora essere spazio per un colpo di coda, ma è una sensazione del tutto personale, non suffragata da alcuna indiscrezione.
E comunque faccio finta di niente e penso che tra una settimana spedirò due inviati a Nyon e che dopo nove anni ritroviamo la Champions, anzi la possibilità della Champions.
Si gioca tra diciotto giorni e tutto abbiamo fatto nell’ultimo mese tranne che cominciare mentalmente una marcia di avvicinamento alla partita.
Nove anni fa di questi tempi ero tra i cinque inviati al seguito dei viola a New York.
Ricordo benissimo la frenesia che avevamo tutti al Giants Stadium di conoscere il risultato del sorteggio che ci avrebbe dovuto dire quale fosse la partita da cui sarebbe uscita la nostra prima avversaria.
Oggi invece siamo tutti concentrati su San Piero a Sieve e non mi sembra esattamente la stessa cosa.

Riflettiamo: abbiamo “riacquistato” uno dei giocatori più forti del campionato e come rosa siamo avanti alla Roma.
Tecnicamente questo è il risultato più importante e Mutu se ne farà una ragione, se davvero, come mi raccontano, è amareggiato per come è finita (si spera per sempre) questa storiaccia.
Se invece non è amareggiato, meglio per tutti.
Non cominciamo a ricamare autolesionisticamente sulla divisione tra Prandelli e Corvino anche se è chiaro che qui è stata tenuta in maggiore considerazione la volontà di Cesare, che ha buttato sul piatto il suo no deciso alla cessione di colui che ha fatto e potrà fare la differenza.
Anche Corvino ragionava e lavorava per portare un vantaggio alla Fiorentina, ma può accadere che i due pensieri siano uno l’opposto dell’altro.
Immagino quanto possa essere stata sofferta la decisione di Prandelli, lui così aziendalista, di far trattenere Mutu a Firenze.
Magari altri allenatori si sarebbero serviti della cessione del romeno per costruirsi un alibi valido almeno dodici mesi, ma Cesare è un uomo vero, uno che sa di avere un patto con Firenze e che per mantenere questo patto deve spingere, o provare a spingere, la Fiorentina sempre più in là.
In quanto ai Della Valle, lo avevo scritto ieri mattina: attenzione alla variabile dei due fratelli, che stanno dimostrando con i fatti di essere lontani anni luce dai consunti canovacci del calcio di un tempo.
Un grazie di cuore per aver comprato di nuovo Mutu, e a prezzi più alti della prima volta, va soprattutto a loro.

Attenzione, perché non è ancora del tutto finita.
L’ultima parola spetta a Diego e Andrea, che mi dicono abbiano gradito zero le evoluzioni di Mutu ed il suo variabile affetto verso la maglia viola.
Certamente è finito del tutto il feeling con la tifoseria, già parecchio incrinato dalle intempestive uscite di giugno.
Tenerlo controvoglia e rimettendoci un bel po’ di soldi potrebbe sembrare una mossa autolesionistica, ma la Fiorentina ha già dimostrato più volte di sapersi smarcare dai consunti canovacci del calcio.
Non credo assolutamente alla messa in scena delle parti: se lo volevano vendere, organizzavano tutto in modo diverso e ce lo raccontavano un mese fa.
Penso piuttosto che siano rimastri spiazzati dal rialzo della Roma, che certamente fa un acquisto eccezionale sul piano tecnico, mentre noi torniamo indietro e dovremo scommettere su Osvaldo/Jovetic.
Più di tutte mi interessano le parole di Prandelli sulla vicenda, le aspetto il prima possibile.
Ormai comunque all’80% è fatta e Mutu se ne andrà con pochissimo stile, ma non sarei cosiì sorpreso se ci fossero… delle sorprese.

Quando arrivò il calcio in diretta in televisione, rimasi molto sorpreso per il fatto che gli stadi non si svuotassero rapidamente.
E’ vero che nel 1996 l’abbonamento a Tele+ costava moltissimo, ma non riuscivo a trovare buoni motivi sul perchè la gente preferisse perdere ore in coda, andare in impianti nella maggior parte dei casi penosi, prendere l’acqua, il freddo o il caldo invece di tifare comodamente sulla poltrona da casa propria.
Poi i prezzi televisivi sono stati vertiginosamente abbassati, l’offerta si è moltiplicata, ma i tifosi hanno continuato misteriosamente a frequentare gli stadi.
La top five degli abbonamenti viola vede non a caso cinque stagioni post televisione ai primi posti ed è per questo che non riesco a capire quale sia il motivo del forte ritardo nel rinnovo delle tessere per la prossima stagione.
Siamo a meno 30%, e va bene sperare in un prodigioso recupero, ma temo che ci possa essere un finale a sorpresa se rapportato ai soldi spesi dai Della Valle: avremo meno abbonati dell’anno scorso.
La spiegazione più convincente è che siamo in piena recessione economica, anche se provano a dirci che non è vero.
Spesso mi chiedo come faccia una famiglia normale (marito, moglie e due figli) a campare con tremila euro mensili complessivi, cioè con due stipendi più che dignitosi, da fascia media.
Se vuole mantenere lo stesso livello di vita pre euro non può che accumulare piccoli debiti e ho ascoltato con raccapriccio la pubblicità di chi propone prestiti per andare in vacanza: oggi ti diverti (a me, angoscioso come sono per il futuro, non riuscirebbe) e domani piangi con le rate da pagare.
Sarebbe quindi bello abbonarsi, ma prima forse vengono altre priorità.

Tenetevelo voi il gemellaggio con gli imbecilli di Verona che fanno i buu a Papa Waigo e a Diakate, io ne ho abbastanza.
E per piacere non cominciate a tirare fuori la storia dei livornesi, peraltro censurabili con i loro vessilli a Fidel Castro e all’Unione Sovietica, perché all’Ardenza io i cori contro i giocatori di colore non li ho mai sentiti.
Ha fatto benissimo Ernesto Poesio ad arrabbiarsi in radiocronaca, forse avrei perfino detto di peggio perché non è possibile far finta di niente.
Questi sono gli stessi che esposero un pupazzo di colore impiccato per impedire appunto l’arrivo di un “non ariano” e che misero il vessillo di “Ordine nuovo” sopra uno striscione di un viola club, tra l’altro tra i più gloriosi.
Basta con queste storie, se stiamo zitti facciamo il loro gioco.
Per loro, ripeto, solo un’etichetta: imbecilli.

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