SANT’ANSELMO DA LECCO
E’ stata la migliore definizione che abbia inventato per un giocatore in tutti questi anni e mi ha fatto piacere che qualcuno l’abbia ripresa per etichettare le prestazioni di Robbiati, che in quel campionato segnava ogni volta che entrava in campo a sostituire un compagno. Di Anselmino mi piacevano le prestazioni tecniche e ciò che diceva nelle rare interviste che rilasciava. Robbiati non era mai banale e con quella vocina quasi in falsetto raccontava delle verità spiazzanti, soprattutto il lunedì, quando spesso veniva a commentare la partita a Canale Dieci. Diventammo amici e fu per questo che rinunciai ad uno scoop per non metterlo nei guai.
Era successo che dopo una vittoria contro l’Udinese, nel primo anno di Trapattoni, fosse scoppiata una mezza rissa negli spogliatoi. Protagonisti insospettabili: Robbiati e Rui Costa, il tutto a causa di un pallone non passato dal primo al secondo. Anselmo, che attraversava un momento difficile, aveva risposto ai rimproveri del portoghese mandandolo a quel paese, accendendo in pratica la miccia. La domenica dopo a Roma, Batistuta si era “vendicato”, ignorando il compagno solo davanti alla porta e preferendo un’improbabile conclusione personale. Era una brutta storia che non conosceva nessuno e Robbiati me la raccontò amareggiato nel ritorno da una vittoriosa trasferta di Coppa Uefa a Zurigo. Durante quel volo feci anche da colomba della pace con il portoghese, che stava seduto tre file più avanti. Come immaginavo, Rui mi disse che per quanto lo riguardava l’incidente era chiuso lì, che non c’erano conseguenze nei rapporti tra lui e Robbiati, ma Anselmo era lo stesso col morale a terra. Aveva appena segnato un bel gol di testa, però sentiva di avere contro i capi dello spogliatoio. Gli chiesi se potevo pubblicare la storia del furioso battibecco con Rui Costa e mi dette l’assenso.
Alle due di notte, appena atterrati a Pisa, venni preso da uno scrupolo molto poco giornalistico. La Fiorentina, lanciata in Coppa Italia e Coppa Uefa, era prima in campionato: scrivere quello che Robbiati mi aveva detto voleva dire alzare un gran polverone che avrebbe penalizzato l’ambiente e soprattutto lui, da mesi alla ricerca di una nuova squadra. In pratica sarebbe passato per un piantagrane e non sarebbe stato giusto. Richiamai Anselmo e gli annunciai che mi dimenticavo di tutto e ancora oggi sono convinto di aver preso la decisione migliore.

IMPARA A FARE LA RADIOCRONACA!!!
Un’ottima Fiorentina aveva appena pareggiato con l’Inter, meritando ampiamente di vincere. In radiocronaca avevo più volte sottolineato il vano assalto finale, ricordando come il punto strappato dai nerazzurri fosse immeritato. Stavo quindi per cominciare le solite interviste televisive del dopo partita, quando incrocio Luna, che mi si avventa contro paonazzo di rabbia.
«Ah stro…, ma che caz.. hai detto in radiocronaca?! Tu devi impara’ a farle le radiocronache, hai capito?»
Trasecolai. Non riuscivo a capire a cosa si riferisse e stava dando di fuori come un pazzo. La misi anch’io sul triviale.
«Ma che caz.. stai dicendo? Spiegami!»
«Nun te spiego proprio nniente, va a sentì quel che hai detto oggi!», e se andò, lasciandomi lì senza parole.
Per prima cosa consegnai il microfono a Laserpe per le interviste e mi incamminai livido di rabbia verso Canale Dieci, deciso a rassegnare le dimissioni, non mi importava quanto ci avrei rimesso economicamente. Con Sandrelli ci rinchiudemmo nella sua stanza, gli raccontai dello scontro e gli annunciai che avrebbero potuto tranquillamente trovarsi un altro telecronista e un altro conduttore per il Ring. Massimo scosse il capo e mi disse di aspettare. Dopo un quarto d’ora, arrivò la telefonata di scuse di Luna, che ammetteva di aver esagerato, che era stato informato male e che io ero una colonna insostituibile della televisione.
In serata riuscii finalmente a ricostruire quello che era successo, grazie anche ai miei informatori dentro lo spogliatoio. La colpa di tutto era di Flachi, all’epoca un bambino viziato, che aveva bisogno di accreditarsi in qualche modo con i compagni più grandi. Ranieri lo aveva spedito in tribuna e lui, non ho mai capito perché, si era messo a sentire la mia radiocronaca. Successivamente era sceso negli spogliatoi, stravolgendo la verità e raccontando che avevo attaccato la Fiorentina per come aveva giocato. Il preparatore atletico Sassi, con cui ero in pessimi rapporti fin dai tempi dell’infelice ritiro a San Vincenzo, ci aveva messo del suo, ingigantendo la cosa e facendo sì che i leader dello spogliatoio se la prendessero con Luna, «perché Guetta lavora a Canale Dieci».
Feci cinque cassette degli ultimi venti minuti di radiocronaca e le consegnai a Batistuta, Rui Costa, Padalino, Sassi e Luna. A Flachi niente, perché sarebbe stato del tutto inutile.

RESISTERE, RESISTERE, RESISTERE
Perché, nonostante quello che ho passato, non me ne sono andato via prima da Canale Dieci, resistendo addirittura nove anni? Intanto perché era l’unica televisione che permetteva, in tutti i sensi, di lavorare in modo decoroso. Se avessi mollato, ci sarebbero stati almeno una decina di colleghi pronti a prendere il mio posto, soprattutto quelli che oggi pontificano nelle altre tv e non volevo dare loro questa soddisfazione. Poi, a partire dal 1998, ho avuto la responsabilità di un gruppo di ragazzi che avevano puntato tutto proprio su Canale Dieci: io li avevo fatti entrare e la loro permanenza era strettamente legata alla mia.
La verità è che in tutti quegli anni posso aver ammorbidito qualche volta i toni della polemica, ma non ho mai subito condizionamenti. Nessuno, insomma, mi ha mai detto quello che dovevo o non dovevo dire. Quando, per esempio, nel maggio del 2002 Sconcerti venne paracadutato da Zerunian a Canale Dieci per raccontare “Fiorentina, la verità” (la sua, quella di Zerunian), con tutte le assurde assicurazioni sul fatto che Cecchi Gori avrebbe pagato e che la società viola si sarebbe regolarmente iscritta al campionato di B, io mi defilai, non mettendoci la faccia. Altre volte invece mi sono trovato nel mezzo della bufera e probabilmente non sono stato abbastanza bravo nello spiegare la mia distanza da alcune posizioni insostenibili. Certo, ho pagato in stress e rabbia questa “libertà” di pensiero, ma alla fine gli errori che ho commesso sono stati solo frutto della mia testa e delle mie convinzioni. Ho sbagliato soprattutto a non valutare bene dove ci stava portando Cecchi Gori e da metà del 2000 fino al luglio del 2001 ho mantenuto nei suoi confronti un atteggiamento possibilista, che è stato ingigantito dalla mia onnipresenza (altro sbaglio) nelle trasmissioni di maggior richiamo di Canale Dieci. Al momento della dissoluzione della vecchia Fiorentina, ho quindi ritenuto giusto pagare le mie “colpe” con almeno un anno di allontanamento dal video, in una sorta di rito purificatore.
Ma Canale Dieci resta una splendida realtà e fino a quando se ne occuperanno Andrea Parenti e Paolo Fanetti ha la concreta possibilità di sopravvivere alle nefandezze del suo proprietario. Mi pare comunque giusto ricordare con sincera commozione tutti coloro che in quegli anni hanno tentato (invano) di farmi cacciare: l’indimenticabile Paolo Giuliani, Ugo Poggi, poi diventato un amico, Paolo Cardini, Luciano Luna, Sarkis Zerunian e Ottavio Bianchi. Se sono riuscito ad avere la soddisfazione di essere io ad andarmene e non loro a buttarmi fuori, lo devo solo ed unicamente al successo delle mie trasmissioni, agli sponsor che portavo e ai ragazzi che hanno lavorato con me.

GRANDE STAGIONE
Ranieri tirò fuori il meglio dai propri uomini ed il risultato conclusivo fu il migliore degli ultimi anni. Ad un certo punto la Fiorentina sembrò addirittura in corsa per lo scudetto, ma l’organico era nettamente inferiore al Milan ed alla Juventus, soprattutto nelle alternative ai titolari. Complice la cavalcata trionfale in Coppa Italia, le cose in campionato si complicarono nelle ultime partite e si temette la riedizione dello scialbo finale dell’anno precedente. Invece andò tutto bene, ed una vittoria un po’ fortunata a Piacenza permise alla Fiorentina di tornare finalmente, dopo sei anni, in Europa, al terzo posto a pari punti con la Lazio. Tutti noi però eravamo distratti da un solo pensiero: vincere finalmente qualcosa, a ventuno anni di distanza dalla Coppa Italia del 1975.

LA PARTITA VIRTUALE
E’ stato l’avvenimento più straordinario organizzato da Canale Dieci. Credo che l’idea a Sandrelli sia venuta dopo aver visto quanta gente avrebbe voluto seguire i viola a Bergamo per il ritorno della finale. L’Atalanta non poteva garantire più di cinquemila biglietti, ma i tifosi pronti a partire erano più del doppio e allora Massimo tirò fuori questa iniziativa, che a prima vista poteva sembrare una pazzia: tutti al Franchi a vedere (male) la partita sul maxi schermo. Canale Dieci organizzò una diretta di oltre sette ore, con uno sforzo di produzione all’altezza di una televisione nazionale. Fu un successo clamoroso. Arrivarono in quarantamila allo stadio, spinti solo dalla voglia di esserci e la scena della squadra che entra in campo alle tre di notte in mezzo alle bandiere viola è il momento più bello di tutta l’era Cecchi Gori.

IL TRIONFO
Esagerazioni per una semplice Coppa Italia? Può darsi, visto da fuori Firenze. Ma il calcio dalle nostre parti è soprattutto passione, e se ripenso a quella magica serata di Bergamo non mi vergogno di niente. Al secondo gol di Batistuta, urlai come un matto e caddi dalla seggiolina in postazione. “Prendiamocela!! E’ nostra!!”, gridavo ossessivamente, neanche dessi l’ordine di attacco alla fortezza nemica. Ero quasi sdraiato in terra quando mi accorsi di un po’ di movimento alle mie spalle, ma non ci feci troppo caso. Solo più tardi seppi che avevano cacciato dalla tribuna stampa il povero Ceccarini, che si era sacrificato per il sottoscritto, accusato di “comportamento professionale poco decoroso”. «Vado fuori io – disse – ma lasciatelo finire», e lo misero giù nel parterre, in castigo.
Mentre da Bergamo intervistavo i protagonisti in collegamento video con il Franchi in estasi, mi chiedevo cosa mai sarebbe successo in caso di scudetto a Firenze. Erano già passati quattordici anni da quando preparavamo la festa, poi rovinata dagli arbitri e dalla Juventus. Allora mi sembrava tutto un grande gioco e poi alla fine una delusione indicibile; adesso la realtà mi appariva molto diversa, forse a causa dell’età o delle responsabilità che aumentavano. Comunque fosse, mi sarebbe piaciuto almeno una volta capire, da semplice tifoso della Fiorentina, cosa si prova in quei momenti lì.

Imbarazzante, ma estremamente bello.
Non sai neanche come spiegartelo un periodo così, perché poi gli arbitri non ci hanno regalato niente e da quel punto di vista siamo ancora in credito.
Con la fortuna invece proprio no.
Diciamo la verità: dovevamo prendere un punto, forse due, nelle ultime tre giornate ed invece sono sette.
Che sommati ai precedenti sei fanno tredici su quindici, una media da scudetto.
Perchè si giochi così male è un mistero e non credo che dipenda solo dall’assenza di Santana, sarebbe clamoroso.
C’entrano davvero i campi pesanti su cui si allena la squadra come dice Prandelli? Chissà.
Teniamoci il dubbio e andiamo a vincere ad Amsterdam.

Leggo che è morto Candido Cannavò e mi vengono in mente due ricordi.
Il primo riguarda il mio amico Massimo Lopes Pegna, uno che a 28 anni lasciò il suo lavoro tranquillo alla Fondiaria per scappare in America e fare veramente di tutto (dal cameriere a Chicago a finto corrispondente di Radio Blu per dimostrare al governo americano di avere uno stipendio con cui vivere e non essere quindi espulso) prima di cominciare a scrivere per la Gazzetta.
Mi raccontava Massimo delle volte che tornava in Italia e si fiondava a Milano a chiedere se per caso ci fossero novità sul suo stato di super precario dall’altra parte dell’Oceano.
Cannavò era sempre molto preoccupato di quella visita, non dava che generiche risposte e però lavorava con l’editore perché il quasi ex giovane Lopes Pegna venisse assunto a New York.
E così fu, al termine di una gavetta che consiglierei a certi palloni gonfiati che purtroppo vedrò anche oggi.
La seconda cosa a cui penso era la disponibilità totale che il direttore del più importante giornale italiano per diffusione dava ad una semplice emittente toscana per i collegamenti.
Mai una volta che ci abbia detto di no, tutto senza compensi o marchette per libri o altro.
E ho infine ho letto oggi un retroscena che non conoscevo: Cannavò disse di no alla liberatoria per andare su “Scherzi a parte” perché considerava il tutto troppo volgare e non fu verso di fargli cambiare idea.
Un grande giornalista e una persona da rispettare.

Consiglio non richiesto e però sincero ai giocatori viola, in primis ai big: domani, giovedì e pure domenica prossima a Reggio Calabria, mordetevi la lingua, evitate gesti plateali, applaudite anche se il compagnosbaglia il passaggio di dieci metri.
Chiaro se venga da pensare a quello più bravo, cioè Mutu, ma attenzione perché non è il solo ad irritarsi un po’ troppo per l’errore.
Non è un bel vedere infatti quel gesticolare, quel dire “stai calmo” dopo un tiro sbagliato, dà l’idea di una squadra poco unita.
E invece in questo momento c’è bisogno di stare compatti per affronate la settimana più difficile della stagione.
Se qualcuno proprio non ce la fa, sfoghi tra le quattro mura dello spogliatoio la rabbia che sente dentro.

P.S. Mi hanno appena segnalato che, dopo lunga e dolorosa assenza dal web è finalmente tornata sui siti che parlano di Fiorentina, una rubrica per me imperdibile.
Non ci volevo credere ed invece era vero!
Sono andato immediatamente ad abbeverarmi alla fonte di cotanta autorevolezza e spero che non ci siano nuove interruzioni: non si interrompono così le emozioni del lettore.

Abbiamo costruito più occasioni contro l’Ajax che contro il Genoa e la Lazio messe insieme, solo che non l’abbiamo messa dentro, esattamente come fece la squadra di Rossi al Franchi.
Se la serata storta capita a Gilardino e Mutu sono dolori, anche perché questa squadra, come ha detto Prandelli è stata costruita per far segnare gli attaccanti.
Giusto giocarcela ad Amsterdam, ma pagheremo certamente lo sforzo a Reggio Calabria e se davvero dovessimo uscire ai sedicesimi in Uefa, dopo l’eliminazione in Coppa Italia, la stagione girerebbe al negativo.
Preoccupante l’involuzione di Kuz e Jovetic e non si venga a dire che hanno troppa pressione addosso perché mi pare che nei loro confronti ci sia molta indulgenza da parte di pubblico e critica.
Tra le note positive Pasqual, certo non inferiore a Vargas, e un po’ Semioli, ma senza esagerare, perché fa proprio le cose semplici.
C’è da riflettere anche sul poco tifo: la Fiorentina l’amiamo tutti, ma ieri sera si sentiva solo la Fiesole e per giunta non sempre.

Io sono chiaramente un malato di lavoro, anche perché ho la fortuna di fare per l’80% del tempo cose che mi piacciono.
Se mi mettessi a contare le ore settimanali del mio impegno, ci sarebbe da preoccuparsi per infarti presenti e futuri, quindi meglio lasciar perdere.
Da almeno sei mesi a questa parte sto maturando una idiosincrasia verso il pessimismo ed il piangersi addosso.
Torno a casa la sera stanco morto soprattutto sotterrato dalle valanghe di lamentele di tanti, cioè di quelli, e sono purtroppo i più, che dicono che così non si può andare avanti, che il peggio deve ancora venire e via a seguire.
Allo stesso tempo monta dentro di me una rabbia per quei maledetti che si sono arricchiti truffando il prossimo.
Perché altro non sono che truffe certe gestioni del denaro spericolate, tipo dare come mutuo il 120% del valore di una casa a chi chiaramente non possedeva i mezzi per garantire la restituzione.
L’hanno fatto in America, ma poi su certi prodotti sono stati costruite ingegnose truffe che oggi ci regalano i famosi “titoli tossici”, che pare ammontino a oltre centomila miliardi di dollari.
Quando ci penso, mi scatta come reazione immediata la visione di una famosa scena di “Quinto potere”, quando il protagonista invita dalla televisione i suoi telespettatori ad affacciarsi dalla finestra e urlare più forte che possono “Sono incazzato nero e tutto questo non lo accetterò più”.
Ecco, oltere ad essere incazzati neri, speriamo di non accettarle davvero più certe situazioni.
E auguriamo tutto il male possibile a chi si è arricchito spudoratamente e smisuratamente mentre in milioni si rovinavano.

P.S. LEGGO E TRASECOLO
BUENOS AIRES – Una ‘battuta’ sui desaparecidos pronunciata da Silvio Berlusconi durante la campagna elettorale in Sardegna rischia di creare un caso diplomatico: il governo argentino ha convocato l’ambasciatore italiano a Buenos Aires, Stefano Ronca, a cui ha espresso “preoccupazione e disagio” per le affermazioni sui dissidenti di Silvio Berlusconi riportate oggi dal quotidiano locale Clarin,riferiscono fonti diplomatiche argentine.

Secondo il giornale, che in un articolo di mezza pagina richiamato in prima col titolo “Berlusconi macabro con i desaparecidos” cita un servizio de l’Unità di sabato scorso, in cui sono riportate le frasi pronunciate dal premier durante la campagna elettorale in Sardegna, il presidente del Consiglio ha ironizzato sul dramma dei dissidenti lanciati in mare dagli aerei affermando: “Erano belle giornate, li facevano scendere dagli aerei..”. Il riferimento è al dramma dei ‘voli della morte’, tramite i quali i militari nell’ultima dittatura (1976-83) gettavano nelle acque del Rio de la Plata i sequestrati ancora vivi e addormentati.

1995/96
In pochi mesi Cecchi Gori comprò prima Videomusic e poi Telemontecarlo, accreditandosi come unico esponente del tanto vagheggiato terzo polo televisivo. La popolarità di Vittorio era alle stelle, tutti facevano progetti con lui e su di lui. Noi a Canale Dieci stavamo golosamente alla finestra, aspettando gli eventi. Sandrelli riuscì addirittura ad accreditare la voce che “Guetta sarebbe stato una dei telecronisti impiegati dall’emittente”. Che differenza dai tempi di Repubblica! Il fatto che il senatore fosse così impegnato con la televisione, permise a Luna, Cinquini ed Antognoni di costruire la migliore campagna acquisti dell’era Cecchi Gori. Arrivarono Serena, Amoruso, Bigica, Padalino, Piacentini e Schwarz. Tutta gente costata il giusto e, Bigica a parte, di grande sostanza. E soprattutto Batistuta aveva ventisei anni, e Rui Costa neanche ventiquattro…

VALENTINA
Alla prima giornata di campionato, la Fiorentina sconfisse il Torino con una doppietta di Banchelli, entrato nella ripresa. Il martedì successivo, Letizia avvertì i primi inequivocabili segnali che da lì a poco sarei diventato babbo. Il giorno dopo la Fiorentina avrebbe giocato ad Ascoli in Coppa Italia ed io non saltavo una radiocronaca dal gennaio del 1990…
Nei momenti di tregua del travaglio, scrissi “appena” cinque paginette di appunti per Laserpe, che avrebbe avuto il compito di sostituirmi al microfono. Le infermiere dell’ospedale mi guardavano con curiosità, ma io non me ne curavo, concentratissimo com’ero sui due avvenimenti. Avevo deciso fin dal primo giorno che non avrei assistito al parto, solo che quando arrivammo alle battute finali, l’ostetrica mi disse suadente ed imperativa: «non vorrà mica perdersi la nascita di sua figlia, vero?». Mi sentii un verme e risposi .
Andò tutto bene e ancora oggi Letizia mi prende in giro ricordandomi la mia espressione assente e beata non appena mi fu consegnata per la prima volta Valentina tra le braccia. Erano le sette del mattino, tornai a casa e mi buttai sul letto a riposare. Mi svegliai alle dieci e corsi all’ospedale felicemente stravolto, con in testa una domanda assurda che, con finta indifferenza, rivolsi a Letizia: «ti scoccerebbe molto se alle due parto con gli altri per Ascoli?». Fu grande a rispondermi che non c’erano problemi.

TRE VOLTE
L’idea era stata di Sandrelli: per valorizzare al massimo i diritti televisivi sulla Fiorentina, sarebbe stato opportuno commentare nuovamente l’incontro dei viola con un ospite il lunedì, in una trasmissione organizzata ad hoc sulla gara. Era un’ottima pensata, non c’è dubbio, con il solo inconveniente che fra la domenica ed il lunedì mi sarei rivisto la partita almeno tre volte. A volte quattro, quando la registrazione non veniva bene. Uscivo da queste maratone completamente cotto, in uno stato di overdose calcistica preoccupante, a volte arrivavo a sognare il pallone di notte. Avevo in compenso una conoscenza più che approfondita di ogni singolo passaggio della gara, in pratica sarei potuto andare negli spogliatoi ed aiutare nella spiegazione tattica prima Ranieri e poi Malesani. L’unico vantaggio (personale) dell’addio di Sandrelli a Canale Dieci fu proprio l’immediata soppressione nel 1998 di “Fuorigioco, la partita in controluce”. Dopo pochi mesi lasciai spontaneamente anche la telecronaca e capii in quei giorni di aver perso alcune mie caratteristiche, legate ai primi anni di lotta nella giungla del giornalismo. Mi interessava molto meno apparire e molto più il successo del gruppo, e non era poi così importante chi realizzava un’intervista o un commento. Se me l’avessero detto qualche anno prima, non ci avrei mai creduto.

E’ STATA TUA LA COLPA
Alla quarta giornata di campionato la Fiorentina prese la solita ripassata a Parma: tre a zero e prova indecorosa. Su Ranieri cominciarono così a levarsi critiche sempre più feroci. Mario Ciuffi chiese ufficialmente il cambio con Galeone, la sua infatuazione calcistica del momento, e meno male che nessuno gli dette retta. Inconsapevole della rabbia accumulata dal tecnico romano verso la critica, mi presentai a Sarzana, dove i viola giocavano in amichevole, per la solita intervista televisiva all’allenatore.
«Allora Claudio, torniamo sulla gara di Parma: a freddo hai capito di chi è stata la colpa di un simile rovescio?»
«Sì, l’ho capito: la colpa è stata tua»
«Come?»
«Sì, la colpa è stata tua, Guetta. Ci ho riflettuto a lungo ed è la verità: abbiamo perso per colpa tua ed è giusto che i tifosi lo sappiano»
Fui bravo a non perdere la calma e a non dare soddisfazione ai colleghi che intorno a noi aspettavano la mia reazione per godere del successivo casino che sarebbe venuto fuori. Ordinai all’operatore di fermare la ripresa e dissi a Ranieri: «va bene, Claudio, facciamo finta che non sia successo niente e ricominciamo daccapo l’intervista». Venne fuori una cosa regolare e senza colpi di testa, ma ho conservato per anni quel nastro con dentro le parole senza senso di un tecnico famoso per non perdere mai il controllo di sé.

FORMULA VINCENTE
Ranieri era comunque un ottimo allenatore e quella Fiorentina una squadra molto concreta, perché impostata su tre mediani più Rui Costa, libero di inventare per le due punte Batistuta e Baiano. In difesa, nessuno avrebbe scommesso una lira sull’accoppiata Padalino-Amoruso, che invece fu una delle rivelazioni del torneo, mentre Serena, fino a quando non si infortunò, rappresentò un’autentica sicurezza sulla fascia sinistra. In porta, Toldo conquistò addirittura la Nazionale. L’unica mina vagante furono le continue sostituzioni di Rui Costa, alcune veramente gratuite, ma per fortuna il delitto di lesa maestà venne commesso ai danni di uno dei giocatori più intelligenti del calcio mondiale. Uno che capiva che prima veniva la squadra e poi il singolo, e così Rui evitò di strumentalizzare a suo favore il malcontento dei tifosi.

L’unica cosa importante a questo punto è che lo scellerato assalitore del pullaman della Fiorentina ce la faccia, poi viene il calcio, molto dopo.
Parlando comunque (a fatica) di pallone si è visto che avevo perfettamente ragione a dirmi soddisfatto del pareggio: contro Lazio e Genoa abbiamo ripreso quanto c’era stato tolto con Milan e Juve, con due differenze a nostro svantaggio.
La prima è che non abbiamo avuto errori arbitrali a favore e che i punti presi in più arrivano solo da coincidenze fortunate.
La seconda è che se avessimo fatto i 4 punti contro le grandi e perso, come avremmo meritato, contro le medie, oggi i punti in classifica sarebbero gli stessi, ma ci saremmo avvicinati molto a Milan e Juve.
Io comunque ci ho creduto fino all’ultimo e mi sono ricordato di Cesena (andate a vedere “La mia voce in viola 1982/83”) perché sentivo nell’aria che poteva succedere.
Ci ho azzeccato, ma è stato come con Borgonovo nel gol alla Juve al novantesimo vent’anni fa: ci vogliono i campioni per vincere le partite.
E questo Mutu sta entrando nella storia della Fiorentina.

P.S. Lo so benissimo che a Cesena eravamo in vantaggio…c’ero.
Lo spirito di Cesena è inteso come risarcimento di quello che subimmo 26 anni fa.

Ho onestamente fatto un esame introspettivo per capire qualcosa di più del perché reagissi in quel modo.
Questi i punti emersi: nel 2010, quindi tra non molto, avrò 50 anni.
Ho una figlia che non si riesce bene a capire se abbia 14, 15 o 16 anni.
Cerco quindi di capire come funziona quando esce di casa, impongo delle regole che vengono rispettate, ma certo non posso impedirle di passeggiare per Grassina o per Firenze con qualcuno: non sarebbe vita, ma una sorta di reclusione.
Penso a quello che potrebbe essere il dopo di chi si è trovato a subire per pura fatalità la furia bastarda di quei relitti umani che molestano e violentano.
Penso non solo ai protagonisti, ma anche al loro contesto familiare.
A come la loro vita sia rovinata, ed intendo pure fratelli, sorelle, non solo genitori.
Ecco, mi sono dato tutte le giustificazioni plausibili, eppure non riesco a limitare il disagio per provare una fortissima voglia di certezza della pena, ordine, possibilità di vivere in pace con gli altri senza aver paura di queste bestie che, mi spiace moltissimo dirlo, sono in larga percentuale non italiani.
Sto insomma provando sentimenti completamente di destra, io che mi ritengo un progressista e che ho sempre votato a sinistra.

Credo che domani sarà molto dura, perché loro stanno molto bene e noi un po’ meno.
Poi magari girano tutti alla grande e ripetiamo la Samp, ma alla vigilia un pareggio lo firmerei subito, e pure con una certa soddisfazione.
Dopo abbiamo l’Ajax e il Chievo, due buone partite per tenerci su in classifica e di morale.
Uscire indenni da Marassi sarebbe una bella prova di maturità, che arriverebbe dopo tre vittorie consecutive e quindi successivamente ad un ottimo periodo.
A volte, nel calcio come nella vita, bisogna sapersi accontentare.

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