Full immersion a Cortina, con figlie, almeno fino a quando hanno resistito.
Dopo i primi venti minuti di allenamento, Camilla ha voluto il blocco degli appunti e ha vergato personalmente: “che noia il calcio e la pallamano”, perché si passavano il pallone con le mani.
Da mezzogiorno in poi è arrivata Valentina ed è andata un po’ meglio, ma solo perché poteva inetragire nel cazzeggio prolungato tra giornalisti (o sedicenti tali), che nelle lunghe giornate dei ritiri estivi sembra non finire mai.
Splendido il suo commento a fine giornata: “babbo, ma non è poi così stressante e difficile fare il giornalista, e neanche troppo stancante…”.
In otto ore è arrivata alla mia stessa considerazione, frutto però di anni di frequentazioni.
Le ho solo dovuto spiegare che un conto è farlo sapendo di avere uno stipendio sicuro di 2500/3000 euro alla fine del mese, un altro è arabattarsi, come succede nella stragrande maggioranza dei partecipanti a Cortina, per portare a casa mille euro, quando va bene, sommando le varie collaborazioni.
Ho visto troppo poco per giudicare, mi sembra comunque che ci sia molto pallone, un po’ come succedeva con Trapattoni, e che per ora Mihajlovic lasci molto fare per rendersi conto dove intervenire.
Non l’ho mai visto, per esempio, interrompere un’azione per spiegare come e dove sbagliava un giocatore, mentre ricordo come fossero di una noia mortale, ma alla fine redditizi, gli allenamenti della prima settimana di Malesani.
Ho scambiato due parole con Frey, che mi è sembrato bello carico e per niente convinto di andarsene: meglio, molto meglio così.

Che inizio per Mihajlovic!
E’ il migliore in campo nella presentazione di mercoledì, arriva a Cortina, non trova i tifosi e saluta con grande educazione giornalisti e cameramen.
Poi batte quattro punizioni, segna tre gol e prende un palo, a fine seduta si mette a fare gli addominali e straccia tutti, quindi se ne torna a piedi in albergo cercando di contagiare il popolo viola col proprio entusiasmo.
In mezzo a tutto questo dialoga amabilmente con Mutu e non molla nessuno con lo sguardo.
Ragazzi, buona la prima, anche se il percorso sarà lungo e niente affatto facile.

La splendida ragazza di quasi 84 anni oggi ricomincia il suo cammino, che sarà lastricato come sempre da gioie e delusioni, speriamo più le prime che le seconde.
C’è aria da primo giorno di scuola, con un nuovo professore in classe, ma con lo stesso preside.
Chiedo troppo se tentiamo di ricompattarci dietro ad un’unica passione, lasciando perdere pregiudizi e antipatie personali?
Auguri, vecchia, giovane, bellissima Fiorentina, mi hai dato tanto e non solo come passione della mia infanzia e giovinezza.

Che esistesse un portiere da Fiorentina di nome Boruc lo ignoravo quasi del tutto e questa è una mia colpa ed una mia mancanza perché via via che passa il tempo e con la globalizzazione del calcio mi accorgo di essere sempre più in difficoltà nella conoscenza di quello che si muove in Europa e nel mondo.
Colpa anche dei mille impegni collaterali al lavoro di giornalista che impediscono approfondimenti.
Sapevo a malapena di Lobont e pressoché nulla di Boruc, che mi raccontano essere molto forte e animato da una gran voglia di rivincita nel calcio che conta.
Questo è un bene per tutti, però io mi auguro in tutta onestà di vederlo poco all’opera, perché il ritorno della Fiorentina in Europa, meglio se quella maggiore, passa dalle mani di un signore che negli ultimi cinque anni ci ha rimandato alla migliore tradizione dei grandi portieri viola e che si chiama Seba Frey.

Abbiamo superato quota centomila commenti, in quattro anni e mezzo di vita.
Una cosa incredibile per me, che mi sono fatto trascinare da Saverio in questa avventura che è ormai diventata una piacevole e impegnativa abitudine.
Le ultime statistiche danno questo blog al quarto posto tra tutto quello che di Fiorentina si trova su internet, dietro ai tre siti maggiormente cliccati dai tifosi viola, ma prima di tanti altri.
Chiaramente ci tengo, sarei ipocrita a dire il contrario, però mi piacerebbe di più ritrovare quegli amici che ho conosciuto all’inizio, nel 2006, e che ora si sono allontanati, forse per colpa mia.
Grazie davvero a tutti voi.

Ottima idea, davvero, quella del Corvino-show, un’esperienza certamente da ripretere, con la stessa formula e con lo stesso conduttore.
Gianfranco Monti è stato infatti bravissimo, la persona giusta al posto giusto e farà il bis mercoledì, presentando la Fiorentina 2010/11 molto meglio di quanto abbia fatto io lo scorso anno, visto che sono sempre un po’ frettoloso in queste cose e non ho il senso dello spettacolo, pause comprese, di Gianfranco.
Corvino era in grande serata, ha risposto e non risposto quasi a tutto, ma io che l’ho ascoltata per radio (non sono a Firenze) devo fare due precisazioni.
La prima è dolorosa e riguarda Manuele Righini, perché non è assolutamente vero che la Fiorentina abbia fatto subito le condoglianze come ha detto Pantaleo: Manulea è scomparsa in tarda mattinata e la società ha scritto sul proprio sito nel tardo pomeriggio, qualche ora dopo l’Inter.
Questo lo devo dire per rispetto della verità e soprattutto di Manuela.
La seconda precisazione è molto più personale e riguarda la valutazione della passata stagione, che secondo me non è affatto positiva e comunque neanche lontanamente paragonabile alle precedenti dell’accoppiata Corvino-Prandelli.
Quindi la Fiorentina proviene da quattro ottime annate e da una perlomeno così e così: cambia poco per il futuro, ma mi sentivo di scriverlo per coerenza con quanto detto e scritto nei mesi scorsi.

Lo scorso 30 giugno ho compiuto trent’anni di iscrizione all’albo dei giornalisti e ricordo ancora il rispetto quasi sacrale con cui mi avvicinavo alla sede in piazza Strozzi per chiedere le informazioni: avendo sempre considerato impossibile, per mancanza di padrini, parenti e altro, fare questo mestiere mi sembrava di essere ogni volta inadeguato anche al possesso dell’amata tessera verde di pubblicista.
Perfino al telefono ero un po’ più cerimonioso di quella che ritengo una normale forma di cortesia (oggi rompo le scatole a Valentina quando chiama qualche sua amica e senza salutare esordisce con un “pronto c’è la Vale”).
Le prime incrinature a questa specie di devozione mistica risalgono a metà degli anni ottanta, quando venni richiamato perché avevo fatto la radiocronaca nonostante ci fosse lo sciopero della categoria: ma io contro chi dovevo scioperare?
Contro me stesso, visto che ero pure l’editore per via degli sponsor che mi procacciavo e senza i quali avrei trasmesso nel tinello di casa Guetta?
Poi sono successe tante cose, come è normale che sia in trent’anni, e ogni volta che veniva proclamato uno sciopero la mia prima preoccupazione era: e adesso che facciamo?
Per un lasso di tempo piuttosto ampio la mia scelta è stata molto “italiana”, nel senso di furba: se lo sciopero cadeva nel giorno della mia adorata radiocronaca, facevo finta di niente a trasmettevo.
Al contrario, a volte aderivo (con molta fatica), a volte no.
Ecco, quello di oggi è il primo sciopero che condivido in pieno, in cui mi sento coinvolto, perché davvero mi pare che si voglia imbavagliare la libertà di stampa.
La legge sulle intercettazioni è ancora molto da rivedere e da migliorare, e mai davvero avrei immaginato nei miei anni giovanili di moderato orientato a sinistra di ritrovarmi sempre più spesso a tifare per uno dei leader del Fronte della Gioventù.

L’ho già scritto nel libro, ma è un episodio che voglio ricordare nel giorno del suo addio.
E’ un sabato sera del 2002, sono le 19 ed è in programma il derby Inter-Milan, mi suona il cellulare ed è Francesco Toldo, che un’ora e mezzo dopo sarebbe stato davanti ad una delle due porte di San Siro.
Mi chiede se mi era arrivata la sua maglia, richiesta per un ragazzo disabile interista di Grassina: parla piano perché è in pullman e si sento pure le voci dei compagni.
Credo basti questo racconto per spiegare meglio di ogni altro esempio chi sia Francesco Toldo e come abbia conservato da ricco signore quella genuinità che scoprii quando lo conobbi la prima volta da semplice “brindellone”, nell’estate 1993 a Roccaporena.
A Firenze è diventato uomo, facendo molto in silenzio per chi chiedeva un aiuto e davvero ha amato molto la maglia che ha splendidamente indossato per otto anni.
Ieri poi è accaduta una cosa veramente strana: ero a Firenze Sud impegnato nei miei soliti forsennati giri giornalistici-commerciali quando ricevo una chiamata che mi induce ad andare velocemente in radio per un incontro che tra l’altro porterà altre novità importanti (come se non ce ne fossero state abbastanza negli ultimi mesi tra “Viola nel cuore” e “Anteprima Pentasport”…).
La cosa va un po’ per le lunghe e verso le 17.30 mi dicono che Francesco ha dato ufficialmente l’addio al calcio.
Lo chiamo e dopo il solito no iniziale automatico accetta di salutare tutti i tifosi all’inizio del Pentasport, quindi parto io invece del povero Barry a condurre.
Una coincidenza rarissima, perché io a Prato non vado davvero mai, se non il venerdì, ma si vede che in qualche modo era scritto che dovessi degnamente salutarlo.

Mi sbaglierò, ma tra una decina di giorni suonerà l’allarme rosso per gli abbonamenti.
Lo fiuto nell’aria e credo che già raggiungere quota ventimila sia al momento un’impresa quasi disperata.
I fattori di una situazione piuttosto sconfortante sono molteplici e la tessera del tifoso non è neanche tra i più importanti.
E’ come se chi ama la Fiorentina volesse riprendere fiato dopo una lunga corsa, a tratti entusiasmante e negli ultimi tempi diventata sempre più faticosa per via di situazioni, congetture, calcoli che poco hanno a che vedere con l’istinto quasi primordiale del tifoso.
Non sarà un bello spettacolo vedere il Franchi vuoto a metà, soprattutto dopo essere stati abituati a ben altri atti d’amore verso una squadra che otto anni fa batteva il record mondiale degli abbonati in C2.

Mi dicono sia vicinissimo l’addio di Mutu ed è una perdita tecnica per la Fiorentina, anche se poi abbiamo parlato fino alla noia di tutti gli annessi e connessi legati alla sua presenza.
Capisco anch’io che sia ormai diventato un matrimonio forzato, però mi spiace lo stesso.
Ci ha fatto più ingrullire che godere, è vero, solo che ci vorrebbe un altro bravo come lui e in grado di far saltare il banco, uno non prevedibile oltre a Jovetic.
Difficile da trovare per vari motivi: l’ingaggio, il costo del cartellino, l’ipotesi iniziale di partire in panchina (ma questa sarebbe la meno difficile, perché poi è il campo che determina le graduatorie di merito).
Raramente comunque mi è capitato di vedere dissipare così un talento di queste proporzioni.

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