Pensando alla Samp che arriva domani, e vedendo la sua orribile classifica, oltre che la sua discesa a picco sotto molti punti di vista, mi è venuto in mente che tranne il Milan negli ultimi dieci anni tutte le squadre che hanno fatto il turno preliminare di Champions sono poi andate a rotoli nella stagione.
E così credo che sia arrivato il momento di riabilitare il campionato 2008/09, molto sofferto sul piano del gioco e nella mia memoria legato soprattutto ad un rendimento straordinario di Frey (ma quand’è che ci convinceremo di avere avuto e, speriamo, avere un grande portiere?) e alla tripletta di Mutu a Genova.
Eppure, in quella contraddittoria stagione siamo stati addirittura ad un passo dal terzo posto e comunque in gioco fino all’ultima giornata col Milan per evitare il pericolo del preliminare, che stravolge la preparazione.
Forse non ce la siamo goduta abbastanza, forse c’erano già i primi semi delle attuali tristezze di rendimento, fatto sta che vedendo cosa hanno fatto nel corso degli anni Udinese, Chievo, Lazio e Sampdoria, penso che dovremmo ripensare a quei mesi con molta soddisfazione e una certa riconoscenza per i protagonisti dentro e fuori dal campo di quel campionato.

Vogliamo riprovarla questa strana coppia Montolivo-D’Agostino?
Strana in verità lo è diventata dall’inizio del 2011 perché eravamo tutti più o meno convinti che non ci fossero poi tutti questi problemi, vista la buona duttilità di Montolivo a spostarsi a destra o a sinistra.
Davvero dobbiamo e vogliamo cominciare a considerare D’Agostino un secondo Felipe?
Sarà perché ci ho parlato direttamente, sarà perché le dimostrazioni precedenti all’Udinese e non solo sono state di altro livello rispetto al difensore, io non ci credo: per me D’Agostino resta un ottimo centrocampista, con la sola incognita della condizione fisica, che resta il suo vero tallone d’Achille.
E la gara con la Samp è un’occasione d’oro per provare a fare più gioco, rischiando qualcosa sul piano atletico, ma arricchendo la cifra tecnica della squadra.

Nell solitudine della mia macchina, sotto una pioggia battente, ad un certo punto ho interrogato me stesso chidendomi: ma com’è che io non riesco ad essere così contento, al contrario di quello che sento in giro?
Com’è che mi girano le scatole?
Deeve essere un brutto segno dei tempi: eravamo stati così abituati al peggio, che ci va bene perdere (perché si è perso, lo vorrei ricordare ai più distratti) pur di vedere almeno un tempo giocato alla grande.
Ora, poiché a Palermo i minuti molto buoni erano stati almeno 65, a me pare che si sia fatto un piccolo passo indietro, anche se capisco che i due avversari non possano essere confrontati.
Io insomma tutta questa soddisfazione non riesco a provarla, forse perché sono un sognatore e mi era arrampicato sulle impervie vie della rincorsa all’Europa che adesso mi pare ancora più proibitiva.
E stiamo tornando ad essere sempre più legati tecnicamente a Mutu, se si accende lui si vola, come è avvenuto negli ultimi quindici splendidi minuti del primo tempo.
Altrimenti si gira molto in orizzontale in attesa del guizzo giusto, che arriva però pochissime volte.

Brutta storia quella della pioggia che da stanotte scende su Firenze e che non smetterà per tutta la giornata.
Prima di tutto perché frenerà gli indecisi, che alla fine resteranno a casa e quindi al Franchi ci sarà meno spinta.
E poi per un fatto tecnico: l’Inter è la squadra fisicamente più forte della serie A, mi raccontava un difensore viola che quando vengono tutti avanti sui calci piazzati con tutti quei chili e tutti quei centimetri fanno paura, perché sembrano un pacchetto di mischia rugbistico.
Meno male che a Samuel e Lucio si sono sostituiti Ranocchia e Cordoba (15 chili e 15 centimetri in meno), ma è indubbio che il campo pesantissimo avvanteggerà certamente loro, che già sono molto più forti di noi sulla carta.
Ci vorrà la partita perfetta, o qualcosa che le assomigli molto.

Ma l’avete ascoltata Firenze oggi?
Avete visto la faccia della gente, la gentilezza inconsueta di tante persone?
Quella speranza che si ritorni a far gruppo, a godere tutti insieme con l’unica cosa che unisce veramente la città era visibile ad occhio nudo.
Sarà che dopo 33 anni di radio sono considerato (spero) un interlocutore credibile, sarà l’astinenza troppo lunga, fatto sta che ho incontrato un sacco di gente che mi sorrideva, cercando da me una sponda per quel seme di ottimismo piantato ieri improvvisamente sul prato della Favorita.
Lo sapevo e lo sentivo che non poteva finire così, che dietro alla delusione e anche ad un certo distacco c’era e c’è un cuore viola che batte nel cuore della città.

Finalmente si è rivista la Fiorentina, quella che piace a noi.
Vittoria strameritata, abbiamo giocato meglio del Palermo per 65 minuti su 90, accorciando quando era il caso e sprecando pure molto con Gilardino e Behrami.
Otto occasioni da rete a Palermo: nemmeno il più sfrenato tra gli ottimisti poteva prevedere tanta ricchezza e tra i bravi va messo anche Boruc, che ha retto la baracca nel momento più difficile.
Questa è davvero la svolta ed inviterei tutti ad evitare ripicche contro questo o quello, il bilancio complessivo è ancora molto deludente, ma forse si può raddrizzare il campionato con un finale che ci faccia lottare per l’Europa.
I due uomini decisivi secondo me sono stati i nuovi innesti: Behrami e Mutu, che regalano fantasia e sostanza all’attacco.
Adesso proviamo a divertirci mecoledì contro l’Inter, magari andando in almeno trentamila allo stadio.

Leggo stamani sui giornali che “a salvezza ottenuta, Corvino si toglierà dei bei sassolini dalla scarpa”.
Credo che a questo punto ci voglia chiarezza, almeno da parte mia.
Per prima cosa non vorrei che si spacciasse come un risultato positivo la conquista della permanenza della serie A, perché altrimenti qui veramente saremmo fuori dalla realtà.
La Fiorentina ha una sua storia che con dei gloriosi picchi in alto e vertiginose e rovinose cadute in basso la posizionano in una media che va dal quinto al settimo posto.
Se scende da quel risultato l’annata è negativa, se invece arriva dal quarto posto in su è ottima, non ci vuole moltissimo a capirlo.
Poi c’è la storia delle cricche, che ovviamente non mi appartiene perché sono da sempre un solitario che non fa clan con nessuno.
Secondo Corvino ci sarebbero comunque persone che brigherebbero per fargli la guerra “appena si alzano la mattina”, mentre invece “quasi tutti i tifosi sono sempre dalla mia parte”.
Non vorrei che le quattro (non cinque) ottime stagioni avessero fatto perdere al buon Pantaleo il senso della realtà: provi a tastare il polso del popolo viola e poi tragga le sue conclusioni.
Non mi pare sinceramente che in giro ci sia tutta questa soddisfazione per gli ultimi diciotto mesi di suo operato, anzi in tanti sono piuttosto arrabbiati e in molti (purtroppo) allo stadio non ci vengono neanche più, che è poi il modo peggiore per manifestare il proprio disappunto.
Colpa delle critiche? Ma non scherziamo, per favore: da quando in qua il fiorentino, o il tifoso della Fiorentina, si fa raccontare la verità dagli altri.
Vorrei ricordare a Corvino che Tito Corsi venne spernacchiato a Firenze nella stagione di Socrates, dopo aver virtualmente vinto lo scudetto nell’82, essere arrivato quinto nell’83, aver costruito la più bella Fiorentina che io ricordi (con Allodi) nell’84.
Bastò quella stagione disgraziata, conclusa al nono posto ed impreziosita comunque da un’insperata vittoria a Torino contro la Juve, per farlo cacciare senza troppi rimpianti.
Lasci perdere Corvino i sassolini, li getti via senza troppi rimpianti insieme alla rabbia verso “la critica che non gli vuola abbastanza bene”, e cerchi piuttosto di impegnarsi lui per primo per ricostruire quell’unità di intenti che ha contribuito a sfasciare con troppe battaglie personali.
Personalmente sarò nei suoi confronti neutro, come del resto lo sono sempre stato da quando è arrivato a Firenze, anche nelle occasioni in cui mi ha attaccato a sproposito: se fa bene, glielo dico, come è accaduto spesso.
Se fa male, glielo dico lo stesso, magari ammettendo poi i miei errori di valutazione, sapendo benissimo come il mio lavoro sia infinitamente più facile del suo.
Ma anche i nostri stipendi mi pare siano molto diversi.

Ho provato a scappare dai servizi, dalle notizie, dalle immagini, ma poi, proprio un quarto d’ora fa sono stato colpito a tradimento.
Provate ad andare sul sito della Stampa e fermatevi quindici secondi.
Io non lo reggo lo sguardo di Alessia e Livia, mi fa male dentro.
In quella foto sono fantastiche, esattamente come lo erano Valentina e Camilla a sei anni, ma può darsi che di loro ci siano foto ancora più belle e immagini ancora più devastanti, se pensiamo alla follia umana che le ha annientate.
Mi viene solo in mente la frase di Guccini: “quando sarà che l’uomo potrà imparare a vivere senza ammazzare?”.
Tutto il resto è solo sgomento e rabbia.

Christian Riganò è esattamente come lo avete sentito ieri nel Pentasport: stravaccato sulla poltroncina, in tuta, sembrava davvero uno dei miei vecchi compagni di squadra di una quindicina di anni fa, quando si dava tutto nei tornei Arci o Acsi.
Solo che lui si è preso sulle spalle la Fiorentina e l’ha riportata in serie A e un anno a Messina è pure andato vicino a vincere la classifica cannonieri.
Uno che non se la tira mai, che ha il coraggio di dire cose fantastiche tipo “non so nemmeno se ho gli addominali perché non sono mai riuscito a vederli”, uno che arrivava nella Disneyland del calcio avendo alle spalle un’esperienza da persona normale.
Da applausi il suo duetto con Mondonico, ma anche con Ariatti è stato molto divertente, con un ritorno ideale al primo Della Valle, quando tutto sembrava possibile.
Pensando al suo grande amore per Firenze e a chi ha preso il suo posto indossando la “sua” maglia viola (Bonazzoli, soprattutto Castillo, e Keirrison) mi chiedo se uno così fosse stato davvero fuori posto dall’inizio 2009 in poi.
Se la sua saggezza e la sua grinta non avrebbero fatto comodo in uno spogliatoi dove si erano aperte diverse crepe.
Domande che sicuramente si è fatto anche Christian anche se ormai non ci pensa più e l’unica cosa che ormai conta è divertirsi continuando a metterla dentro.

Credo che almeno il 50% dei tifosi viola non sia affatto convinto delle qualità calcistiche di Riccardo Montolivo.
Personalmente faccio parte dell’altro 50%, ma non è questo il punto.
Il fatto è che evidentemente solo noi a Firenze capiamo di calcio.
Dalle altre parti no, neanche a Coverciano, dove uno che proprio non sa niente di pallone come Cesare Prandelli si ostina a convocarlo in Nazionale e addirittura a farlo giocare con la maglia azzurra.
A coloro che rimproverano al capitano viola una certa pavidità d’animo, vorrei ricordare che ha (sciaguratamente) giocato per oltre due mesi con le infiltrazioni a causa di una caviglia talmente malmessa da essere alla fine operata.
Circostanza che lo accomuna al grande Rui Costa, che una volta a Perugia si strappò dopo essersi scaldato per un’ora e non essendo assolutamente in grado di giocare.
Quanto al gioco espresso da Montolivo gli si può rimproverare (e non è poco) la sua sempre più evidente ritrosia al gol, ma poi in assoluto bisogna mettersi d’accordo: non si può cercare di salvare il soldato Cerci se fa 1-azione-1 in novanta minuti e poi scordarci del volume e della qualità impressa nella gara dall’uomo di Caravaggio.
Ma alla fine tutto questo è inutile, perché è ormai acclarato come di calcio si capisca solo noi a Firenze e pensate un po’ quanto sono scemi quelli di Milano che lo vorrebbero a giocare dalle loro parti.
Meglio non far mai sapere quanto è scarso Montolivo, quello è un segreto che dobbiamo tenere tra noi.

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