Dai che non è male vedere da lontano il casino che succede dalle altre parti pensando che non tocca a noi.
Vedi per esempio alla voce Sampdoria, dove non è che siano troppo lontani dalla Fiorentina del novembre 2011, a partite invertite, e magari può pure succedere che alla fine Mihajlovic, se davvero ci andrà, faccia meglio di Rossi a Firenze (e non ci vuole molto).
Oppure al Milan, dove hanno un allenatore che è un separato in casa, due a comandare e un centravanti assolutamente ingestibile.
Io non sarei contento nemmeno se fossi un tifoso dell’Inter, perché Moratti che se ne va è una sconfitta per loro e in fondo anche per tutti i romantici come me che hanno una certa idea del calcio.
Noi che siamo passati dentro il tunnel della scontentezza prima e del possibile abbandono affettivo poi, adesso possiamo tirare un bel sospiro di sollievo e assistere con enorme leggerezza a ciò che accade in altre piazze.

Il vero problema è che il famoso quarto d’ora di celebrità di Andy Wahrol pare sia diventato un diritto acquisito.
Tutti lo reclamano, molti lo ottengono e non importa se per arrivarci bisogna mandare il cervello all’ammasso.
Per esempio: chi si ricorderà tra un anno di tale Emanuela Corda, che ieri ha pensato bene di stupire l’Italia con la vergognosa frase secondo cui merita di essere ricordato anche il giovane marocchino autore materiale della strage di Nassirya?
Libera professionista, diploma di liceo classico, toccata dalla grazia divina del web ed eletta con i 5 Stelle (con conseguente enorme beneficio economico presente e futuro), questa signora vicina ai quarant’anni che fa pure parte della Commissione Difesa (siamo proprio messi bene…) deve avere avvertito fortissimo l’impulso di uscire dalla massa dei parlamentari per distinguersi in qualcosa.
Ed eccola lì la frase ad effetto, quella su cui oggi tutti, noi compresi, siamo qui a censurare, imprecare, ma intanto ne parliamo.
Intanto la matura classica Emanuela Corda si è fatta un nome sulla pelle dei morti di dieci anni fa, chissà come gode nel vedere il suo nome sulle prime pagine dei giornali.
E forse tra qualche tempo, quando penseremo a Nassirya, qualcuno si ricorderà vagamente che nel Parlamento italiano c’era stata una frase oltraggiosa per tutti gli italiani, ma speriamo (almeno quello) che il nome della signora Corda sia nel frattempo finito nell’oblio.

Il popolo viola riesce ancora a sorprendermi anche dopo oltre trent’anni di marciapiede calcistico.
Ok, mi ricordo delle parole di Liedholm, che ricordava sorridendo di quando “a Firenze avevano sempre qualcosa da ridire, anche dopo una vittoria sul tre a zero”, ma pensavo che sei vittorie nelle ultime sette partite potessero contribuire a pacificare gli animi.
E invece no, ora siamo a discutere sui rischi che corre la squadra (come se non si fossero saputi prima), su Mario Gomez e il ritorno: ma sarà utile davvero?
E come mai non torna?
Che problemi ha?
Non è che ci hanno dato un pacco?
Personalmente sono molto più che soddisfatto e mi porto dentro un solo dubbio, che è quello legato al portiere, ma vedendo quanto c’è in giro faccio buon viso al grande passato viola che fu tra i pali e mi tengo, almeno per ora, Neto.
Sul resto mi sento come nei primi anni prandelliani, con la differenza di una società più strutturata e di un Andrea Della Valle più dentro al proprio ruolo di guida.
Niente male davvero, se ripenso alla paura che ho e abbiamo avuto che tutto finisse, dopo i due anni vergognosi passati dal dall’estate 2010 all’estate 2012.

Non so perché, ma tranne che sull’angolo finale ero molto tranquillo e per niente pentito di essermi sbilanciato così tanto nei primi 75 minuti stradominati dalla Fiorentina.
Per lunghi tratti sembrava davvero un allenamento, eravamo talmente superiori che diventava imbarazzante per la Sampdoria: partivano e si fermavano a centrocampo.
Ok, potevamo fare un gol in più, a volte ci specchiamo troppo nella nostra bellezza, ma non mi pare il caso di farci troppo del male: abbiamo una media di due punti a partita, da quasi due mesi giochiamo senza l’attaccante più pagato della nostra storia, ci mancavano Pizarro e Ambrosini e se qualcuno ha la faccia storta peggio per lui.
I migliori sono stati i soliti (Cuadrado, lo straordinario Rossi, Gonzalo e Borja), ma a me è piaciuto anche Mati Fernandez, che ha giocato la più dinamica partita di sempre.
Chiudo con l’accoglienza a Delio Rossi che ha fatto scrivere qualcuno di voi: lo hanno applaudito in un centinaio su venticinquemila, non mi pare un successo epocale e comunque io non ho nulla di personale nei suoi confronti.
Ha solo fallito a Firenze e ha commesso un gesto inqualificabile, per questo motivo non capisco perchè debba essere inserito nella colonnina di quelli che ci piacciono, mentre altri che hanno fatto di più vengono additati al pubblico ludibrio.
Ma sono valutazioni personali, esattamente come le vostre.

Delio Rossi è stata la più grande delusione degli ultimi anni viola.
Più di qualsiasi giocatore perché ci eravamo tutti illusi che potesse davvero far girare la ruota all’incontrario rispetto alla triste parabola che stava seguendo la Fiorentina del dopo Prandelli.
Lo avevamo invocato nell’estate del 2011, fidandoci dei risultati ottenuti e soprattutto dell’idea di gioco che aveva fatto vedere a Palermo, Roma e Bergamo.
Eravamo tanto nauseati dalla conduzione societaria e tecnica di quelle stagioni che ne avevamo fatto il nostro eroe senza conoscerlo neanche un po’.
Delio Rossi ha deluso come allenatore, ma ancora di più come uomo: non si è mai voluto mischiare con Firenze, quasi non toccasse a lui essere l’allenatore di una squadra che è inscindibile con la città.
Aveva avuto un atteggiamento simile all’inizio anche Malesani, ma aveva qualche buon motivo visto che si calava da esordiente nel mondo dei grandi, con Bati, Rui Costa, Toldo e gli altri.
Poi Alberto ha capito e negli ultimi tempi fiorentini era già un’altra persona.
La sua tristezza nelle conferenze stampa è diventata dopo qualche settimana spocchia: noi, intendo come giornalisti-tifosi, non potevamo, non riuscivamo a capire, non eravamo in grado.
Poi è arrivato il capolavoro di un uomo stressato: la scazzottata con Ljajic e il dopo è stato ancora peggio del gesto infame, che ci ha sputtanato in tutto il mondo.
Quella pretesa di virilità (“sarei stato più furbo se avessi regolato i conti nello spogliatoio”), le scuse mai chieste per davvero, la convinzione di essere stato nel giusto a menare un proprio giocatore: tutti questo per me è stato peggio delle botte del 2 maggio 2012.
Lo dobbiamo accogliere con somma indifferenza, un bluff che abbiamo subito insieme a tante altre vicende spiacevoli e triste del biennio maggio 2010-maggio 2012 e da cui siamo miracolosamente riemersi.

Partita stranissima, che abbiamo vinto perché abbiamo giocatori nettamente al di sopra della media dell’Europa League e anche per questo c’è da essere fiduciosi per il futuro.
Certo, chi doveva dimostrare qualcosa come Alonso e Iakovenko ha fallito completamente la prova, ma in Portogallo avranno certamente una nuova occasione.
Malino anche Mati Fernandez e grande Montella nel dopo gara, quando ha bacchettato Matos, tanto per tenere basso il livello, visto che è il cannoniere di Coppa.
Prime quattro partite in Europa e quattro vittorie, non so quanti confronti ci siano in Italia, con la Fiorentina non ricordo una cosa del genere, almeno da quando la seguo professionalmente.
Siamo stati cinici, ma la vittoria è meritata, anche se temo che non potremo mai fare a meno di tre giocatori: Cuadrado, Borja Valero e Gonzalo Rodriguez.

Non ce la faccio e stare zitto, non ci riesco.
Vale per me che sono ebreo, ma dovrebbe valere per tutti gli uomini e le donne dotati di cervello e cuore.
Silvio Berluscon poteva dire la stessa stronzata riferendosi ai neri durante gli anni della schiavitù in America, gli oppositori al regime comunista sotto Stalin oppure dove preferite, non cambia il senso dell’enormità uscita dalla bocca di colui che è stato Presidente del Consiglio.
Dunque Marina, Piersilvio, Barbara, Eleonora e Luigi stanno come sono stati i deportati nei campi di concentramento: ma vi rendete conto del livello in cui siamo precipitati?
Questo uomo va fermato e chi ancora lo sostiene si rende complice di tutta questa massa putrida di veleni.
E’ arrivato ilmomento in cui è impossibile fare finta di niente.

Visto che sottolineate come non abbia parlato di campi di concentramento, vi invito ad usare il cervello per ricordare che secondo lui prima di andarci nei campi di concentramento gli ebrei, gli zingari, i diversi, gli oppositori si sentivano come si sentono oggi i pargoli cresciuti di Berlusconi, che sono certo si vergognano di queste parole infamanti.
Vi va bene così?
Ho un’esperienza indiretta sull’argomento perchè i miei nonni materni, con mia mamma che aveva 6 anni, sono stati per mesi a San Vittore (mio nonno fu torturato) in attesa di essere deportati, poi furono salvati dagli americani.
Se fossero vivi, chiederei loro se la loro sofferenza è simile a quella che prova oggi quella povera famiglia di Arcore dimenticata da Dio e dagli uomini.

Per spiegare quanto sia dura per un giocatore tenere la concentrazione vi racconto questa: mentre tornavo da Milano domenica sera, pensavo ai tanti impegni della settimana e li mettevo in fila giorno per giorno, salvo accorgermi che la settimana era più che dimezzata dalla trasferta a Cluji.
Insomma, me ne ero completamente dimenticato, anche perché avevo fatto tutte le prenotazioni ad agosto.
Bollito? Può essere, ma tenderei a pensare anche per una certa forma di auto-benevolenza che questa partita di Europa Leagues sia veramente la più dura da preparare dal punto di vista psicologico.
Siamo già quasi passati, arriviamo dal grande successo di Milano, ci mancano un sacco di giocatori e Montella dovrà davvero essere bravissimo per tenere alta la soglia di attenzione.
Cluji è la terza città romena che visito, dopo la caotica Bucarest e l’allucinante Bistrita (ma eravamo nel 1996): mi dicono che sia una delle più vive della Romania perché là ci sono le migliori università del Paese.
Intanto abbiamo mandato il neo-sposo Sardelli in avanscoperta, poi andrò a verificare di persona.

Guizzo della memoria alle 21 di ieri sera, al termine della solita giornata intensa e faticosa: cavolo, ma stasera c’è l’imperdibile commento post partita del signor direttore piacione Mauro Suma su Milan Channel, come faccio a perdermelo?
Ecco quindi che da fedele abbonato mi sono piazzato davanti alla tv e mi sono bastati un paio di spunti per divertirmi molto e capire che gli 8 euro per questo mese non erano buttati via.
Ora la metto sul ridere, ma non ho certo dimenticato il vergognoso accostamento che nello scorso aprile il signor Suma fece tra un mio post su Montolivo e la tragedia della scomparsa del giornalista Claudio Lippi, tirando in ballo un presunto stile Fiorentina, che sull’argomento c’entrava come me con Cameron Diaz, cioè niente.
Comunque sia, è stato divertente perché il direttore-piacione ha prima messo in risalto le differenze di piazzamento tra il Milan e la Fiorentina e la Roma negli ultimi tre anni e poi si è lanciato nel momento clou della serata.
E’ accaduto quando, assetato di sangue viola, voleva dimostrare che il fallo su Matos da cui è nata la punizione del primo gol era inventata, insomma il solito complotto contro il Milan.
Il grande Carletto Pellegatti (lui e Luca Serafini sono infinitamente più popolari del signor direttore-piacione tra i milanisti proprio perché sempre sinceri) e l’ottimo Lodetti lo seguivano a fatica, ma lui ha proseguito fremente e rabbioso.
Vi assicuro che è stato bellissimo, sono bastati quei dieci minuti per farmi andare a letto soddisfatto.

Non ho visto per ora nessuna squadra, Roma compresa, nettamente superiore alla Fiorentina.
Non c’è la Juve dell’anno scorso a schiantare le altre, ed è comunque inutile ora andare alla ricerca dei punti persi fino ad oggi.
Ce ne saranno altri, spero non molti, ed è sempre avvenuto così, visto che ancora oggi siamo a cercare di capire dove abbiamo perso lo scudetto del 1982, furto a parte: pareggiando in casa col Cagliari, con l’Ascoli, non vincendo a Milano contro l’Inter?
Montella ha costruito una formazione che gli altri non riescono a decifrare, ne ho avuto la percezione ieri prima di “Quelli che il calcio..” parlando con i cosiddetti addetti ai lavori che non vedono sempre la Fiorentina ed è questo il grande merito dell’allenatore: non essere mai scontato, evitando di specchiarsi “sacchianamente” in se stesso.
Siamo dunque padroni del nostro destino, dipende solo da noi e certo non sarà semplice gestire l’Europa, ma adesso è il momento delle seconde scelte: a riposo in Romania molti dei protagonisti di Milano e dentro i giovanotti che ci devono dimostrare qualcosa per poi ripartire più freschi che si può domenica con la Sampdoria.

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