Avvertenza per chi soffre di diabete sentimentale: non andate avanti nella lettura, perché questo post gronda di buoni sentimenti e pure di una sana dose di retorica.
Mi è capitato in questa settimana di fare un paio di telefonate a signore anziane che quasi non credevano al fatto che chi accompagnava le loro domeniche (e quelle dei propri mariti scomparsi) fosse lì, dall’altra parte del filo ad augurare loro buone feste.
Erano felici, almeno per cinque minuti: uno squarcio di contatto umano nel deserto della loro solitudine.
Premesso e controfirmato che io non sono veramente nessuno, e che devo alla Fiorentina quel poco di popolarità di cui godo, credo che ognuno di noi possa davvero fare un piccolo gesto per gli altri in favore degli altri, qualcosa che a me rimpie di emozione e che mi fa sentire dopo molto meglio.
Ieri siamo andati a trovare un nostro amico sfortunato che da anni combatte una battaglia contro un nemico che lo ha colpito a tradimento nel pieno della vita, un ragazzo di cinquanta anni con una moglie e una figlia fantastiche, due donne che ci insegnano ogni giorno cosa sia il vero amore.
Cazzeggi assortiti, prese per il bavero fino a scorticarsi, una prova d’orchestra sentimentale tra uomini di grande intensità con lui che rideva partecipe e noi che non davano assolutamente peso alla sua malattia.
Era come se fossimo tornati in piazza Savonarola e se fossimo stati davvero lì, trent’anni dopo, ce ne saremmo fregati del freddo e di quel maledetto chiosco che hanno messo là in mezzo e avremmo provato a fare un partitina tra le panchine, con lui seduto a guardarci.
Ero talmente preso che ho fatto perfino tardi, proprio io che sono un maniaco della puntualità…
Basta così poco per volere bene, per volersi bene, perché dopo si sta meglio.
Ve lo assicuro, è certificato.
Un abbraccio e un fortissimo buon Natale a tutti voi.