Giugno 2014


Vuole il massimo della pena quell’essere ripugnante e schifoso che ha consumato un atto sessuale con sua moglie e poi l’ha uccisa, ammazzando sempre a sqngue freddo anche i due figli, andando poi dopo una doccia a tifare Italia.
Qual è il massimo della pena per uno così?
Di istinto mi verrebbe da dire: la cella comune insieme ad altri detenuti.
Per la mia voglia di giustizia sarebbe meglio della pena di morte, che non dovrebbe appartenere ad un Paese civile, ma poi entrano in azione alcuni freni morali, ormai prossimi all’estinzione, perché io non ce la faccio davvero più a sopportare questo mattatoio civile.
Verrebbe da dire che noi uomini (sì, no uomini, perché nel 90% dei casi è il genere maschile che si macchia di delitti così) siamo delle bestie, ma è limitativo, perché gli animali non uccidono così.
Uccidono per sopravvivere o per difendersi, non per altri motivi.
Ripenso ai miei anni giovanili o anche quelli attuali, recupero nella memoria le cazzate più cazzate che posso aver fatto e non trovo neanche l’ombra del delirio di onnipotenza che ha preso la testa di molti.
Non arrivo a capire il percorso mentale che possa portare a questo scempio, a come esista solo l’io in tutte le sue forme più devastanti.
Gli altri, le altre, sono un corollario del mio piacere e se per regalarmi quel piacere io devo uccidere, non importa.
Uccido i miei figli, uccido una tredicenne perché altrimenti parla, uccido una moglie o una compagna che non vuole tornare con me, uccido semplicemente chi mi dice no.
Come siamo arrivati fino a questo punto?

Di solito sono molto freddo sull’esigenza di tenere i giocatori a tutti i costi.
Baggio fu lo spartiacque: ci credevo tantissimo, mi battei, feci quello che potevo nel mio piccolo e andò male.
Poi su Roberto ne ho sentite di tutti i colori, ma io preferisco conservare il ricordo di un sogno finito male.
Bati, il più grande, fu un’altra cosa: lui voleva andare via e fu conveniente per tutti, anche se poi sputtanarono i 70 miliardi di lire presi per un giocatore di 31 anni.
Chi vuole andare, si accomodi, a cominciare da Jovetic, ma Cuadrado è un’altra cosa.
E’ un giocatore non classificabile, che non si sa dove possa arrivare e che ha un prezzo indefinito, ma il calcio non è solo quattrini, ma fantasia, voglia di beffare il potere.
Per questo, come tutti, tra oggi e domani io aspetto il regalo di Andrea Della Valle, perché di questo si tratta: uno sfizio, la voglia di dire no a chi è economicamente più forte.
E poi, naturalmente, bisogna avere la forza di trattenerlo.

Non sarà stata Italia-Germania, ma entra di diritto in quelle gare da ricordare per sempre e quando batti gli inglesi è sempre bellissimo.
Grandissima partita per come è stata interpretata, per le emozioni, per la tecnica messa in mostra dai tanti protagonisti.
Insieme a Spagna-Olanda è stata per ora la gara migliore dei Mondiali e i primi complimenti vanno a Prandelli e al suo staff: gli inglesi (gli inglesi!) alla fine avevano i crampi e gli azzurri correvano.
E poi i singoli: Darmian non lontano da Cabrini in Argentina, Candreva (complimenti a quel bischero del Guetta che non lo voleva a Firenze…) sempre pericoloso, Pirlo mostruoso, Sirigu sicurissimo, tutti che sapevano cosa fare, a parte forse Paletta, ma si sapeva.
E Balotelli? Bene, molto bene anche lui e non solo per il gol.
E’ stata una giornata molto intenssa, perché Cuadrado nel pomeriggio ci ha fatto capire di valere molto, moltissimo.
Dai Andrea, tra domani e martedì dacci la lieta novella

Veloce sondaggio: la vedete?
Come la vedete?
Davvero tifate Inghilterra?
Come la penso lo sapete da sempre, e non pretendo di far cambiare idea a chi ha altre opinioni, però non ce la faccio a immaginare che ci sia qualcuno che potrebbe esultare ad un gol di Rooney.
Magari è un mio limite, solo che riesco a scindere il marciume che c’è nel calcio italiano da quello che è il mio Paese e che bene o male verrà rappresentato da chi stasera vestirà la maglia azzurra.
E all’inno di Mameli (sempre che riesca a trascinarmi fino alla mezzanotte) sono certo che ci sentirò moltissimo.

In tutte queste triangolazioni per capire meglio il futuro di Cuadrado, e quindi anche del mercato viola prossimo venturo, ci siamo dimenticati dell’attore più importante, il giocatore.
Non ha certo gli odiosi mal di pancia degli ultimi diciotto mesi di Jovetic, ma non l’ho neanche mai sentito urlare al mondo che vuole restare a Firenze in tutti i modi.
Insomma, qualcosa che assomigli anche vagamente alle dichiarazioni d’amore più volte ascoltate da Borja Valero.
Attenzione: non ho scritto che se ne vuole andare, solo che mi sembra strano non considerare la variabile disponibilità del colombiano, per esempio se è disposto a rinunciare ad una partecipazione alla Champions.
Senza contare l’aspetto economico, se è vero che gli sono stati prospettati guadagni quadrupli rispetto agli attuali emolumenti fiorentini.
Bisognerà quindi agire di fioretto per arrivare in fondo e ottenere l’unico risultato che ci interessa: tenere Cuadrado a Firenze.

Ma si può?
Ho appena finito di rivedere su Sky il 4 a 2 contro la Juve e, solo in casa, mi sono alzato in piedi dal divano a braccia levate.
No via, non sono normale.
Oppure è giusto conservare dei sani anticorpi infantili contro il logorio della vita moderna, chi lo sa…

Quando morì Enrico Berlinguer, e domani saranno trent’anni esatti, io ero in Puglia ad aspettare che la Fiorentina si facesse buttare fuori in Coppa Italia dal Bari che stava in serie C.
Quello che provavo in quei giorni (si era sentito male il 7 giugno) è splendidamente sintetizzato da Gaber in “Qualcuno era comunista”: “perché Berlinguer era una brava persona” (e “Andreotti non era una brava persona”, ma questo è un altro discorso).
Con tutta la ruvidezza dei miei vent’anni o poco più riuscivo a capire che era successo qualcosa di gravemente importante, che se ne era andato un gigante, anche se non era mai passato dal terribile test di dover governare, perché stare all’opposizione è sempre molto più semplice.
Io ero uno di quelli che pur non avendo niente a che spartire con la dottrina comunista, per cui provavo una sincera idiosincrasia, votavo PCI proprio perché c’era Berlinguer, e con lui sceglievo uomini e donne (poche, pochissime, ad essere sinceri) di cui sentivo di potermi fidare.
Per una forma di pigrizia mentale, ed avendo avuto “il peggior partito socialista d’Europa”, ho continuato a dare il mio voto ai successori di Berlinguer, che spesso neanche lo meritavano.
Quella morte fu uno spartiacque: a rendere omaggio alla salma venne pure Giorgio Almirante, il nemico di una vita, un fascista che avrebbe fatto certamente fucilare Berlinguer quaranta anni prima a Salò, ma che nel 1984, dopo decenni di battaglie politiche, ne riconosceva la grandezza morale.
Dopo sarebbe arrivata Tangentopoli, che c’era anche prima, Berlusconi e tutto il circo che ci siamo meritati e Berlinguer ci manca ancora di più di trent’anni fa.

Continua la maledizione della Primavera, l’ultimo scudetto è del 1983, un po’ tanto per quella che è sempre stata considerata una grande scuola a livello giovanile.
Ieri sera ho sperato che ce la facesseroad arrivare a giocarsi la finale per il tricolore, ho ascoltato la giovane e ottima accoppiata Zoccolini-Rossi e guardato la partita: ci sono andati vicini, ma non conta.
Credo che Semplici e i ragazzi viola meritino lo stesso l’applauso generale, pur constatando che non mi pare ci siano giocatori già pronti per Montella in quello che dovrebbe poi essere lo scopo fondamentale delle giovanili: creare valore aggiunto, mettendo dentro un titolare almeno ogni due anni.
Ci siamo fatti rimontare due volte con l’uomo in più, è vero, ma a 18 anni non si può pensare di avere la capacità e la malizia per saper gestire un risultato.
Vediamo adesso cosa succederà con Semplici, se sarà confermato per il quarto anno oppure no: se succedesse, sarebbe un piccolo record.

Lo dico io prima che lo scriva David…
E s’era preso pure Higuain!

Eh, lo so: stavo per vincere il premio Nobel per la letteratura, poi è successo qualcosa che ancora non riesco a spiegarmi, ma giuro che era quasi mio…

David Pizarro è un giocatore straordinario come tecnica, ma condiziona la squadra, nel senso che se c’è lui siamo obbligati a giocare in un certo modo, alla fine inevitabilmente imprevedibile.
In tutta onestà a me pare che la sua stagione sia stata da 6,5, tra l’altro segna pochissimo, però è vero che quando è mancato sembravamo un’altra squadra proprio perché abituati da sempre a cercarlo come unico punto di riferimento per far ripartire il gioco.
Comincerei a pensare seriamente ad una Fiorentina senza di lui perché nessuno, neanche Pizarro, può sfidare le leggi della natura e se dal primo al secondo campionato il rendimento è sensibilmente calato mi pare difficile immaginare a 35 anni un’inversione di tendenza.
Ci si potrebbe quindi lasciare col sorriso sulle labbra e senza troppi veleni: la Fiorentina ha dato a Pizarro e Pizarro ha dato alla Fiorentina, il rapporto mi pare equo, anche al netto delle stucchevoli polemiche dell’estate 2013.
Mi sbaglierò, ma Montella ci sta seriamente pensando ad una formazione senza il cileno, poi può darsi che lo voglia di nuovo a tutti i costi, ma io non mi dispererei se per caso non dovesse tornare a Firenze.

Su una questione di fondo hanno perfettamente ragione i militanti del Movimento 5 Stelle: nella corruzione, nel rubare, non esiste alcuna differenza tra destra e sinistra.
La presunta e deprecabile superiorità morale della parte politica che ho sempre votato è un millantato credito e non conta se lo fai per te o per “il partito”, conta il fatto che sottrai denaro e risorse alla collettività e quindi a me, a noi, a voi, a tutti.
Ma la schizofrenia italiana è proprio questa: siamo molto indulgenti nei confronti di chi corrompe e si fa corrompere e al tempo stesso ci disperiamo se cresce il nostro debito pubblico, se non sblocchiamo fondi per aiutare le imprese, specialmente le più piccole.
Siamo indulgenti perchè è ormai connaturato nel nostro DNA l’idea che funzioni così, che nulla cambierà, che “in fondo non è così grave” prendere e dare soldi per vincere un appalto o per un avanzamento di carriera.
E, peggio ancora, spesso non rispondiamo alla decisiva domanda di fondo: che faremmo noi al posto loro, al posto di questi ladri?
Quando ero un ragazzo c’era uno slogan che diceva “non moriremo democristiani”, ma ci credevano in pochi e io non ero tra quelli.
Poi la DC è stata spazzata via, sono crollati i muri, il comunismo con tutte le sue atrocità resiste solo in poche aerre del mondo, ma noi siamo ancora qui come cinquanta anni fa a dibatterci tra tangenti e racconti da voltastomaco: riusciremo a morire non dico da onesti, ma almeno un meno ladri?

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