Fiorentina


Ragazzi, diamoci una calmata, il campionato è finito da nemmeno venti giorni, siamo arrivati quarti e qualcuno sembra già sull’orlo di una crisi di nervi.
Lo capisco che un’estate intera passata a rimescolare i soliti giocatori non sia il massimo della vita calcistica, ma io sarei più preoccupato della seconda parte del discorso di Corvino perché alla fine un centrale difensivo e un vice Gilardino arriverà, bisognerà semmai vedere di che livello.
Sto parlando della paura di avere gente senza stimoli.
Quello sì che è un pericolo assolutamente da non sottovalutare, ed è lì che Prandelli e Corvino dovranno dimostrarci ancora una volta quanto sono bravi.
Sul discorso che i Della Valle “debbano” spendere ho moltissimi dubbi, perché il tutto nasce da un presupposto sbagliato.
E cioè che una cosa del genere, il fatto cioè di cacciare ogni anno svariati milioni di euro, non faccia parte di alcun patto sottoscritto con noi che amiamo la Fiorentina.
Voglio dire: hanno mantenuto fede alla parola data, ci hanno riportato in A e fatto stare anche piuttosto bene da quattro anni a questa parte, mi pare.
Il loro, dunque, lo hanno fatto, ma per andare a vincere lo scudetto (perché è questo che vogliamo, inutile girarci intorno) ci vorrebbe una pazzia, un paio di anni alla Moratti cittadella o non cittadella.
E i Della Valle le pazzie non ne fanno, anche perché della Fiorentina hanno cominciato ad interessarsi solo nel 2002.
Ma sono meglio loro, così attenti al bilancio e puntuali pagatori degli stipendi, o quelli che si commuovono quando vedono viola, hanno il portafoglio che straborda milioni e quando c’è bisogno di aiutare la squadra che tanto amano staccano il telefono o fanno dire che non ci sono?

Confesso di non appassionarmi mai troppo alle vicende del settore giovanile, forse perchè la mia più che trentennale frequentazione calcistica come giornalista è lastricata di promesse sicure poi non mantenute.
E però la quarta finale scudetto dell’era Corvino ha qualcosa in più per il semplice fatto che questa è la “sua” squadra, quella per cui già nel dicembre scorso era disposto a scommetterci.
Come nelle altre occasioni manderemo due inviati a raccontare la partita, sperando che sia la volta buona per vincere il primo scudetto dell’era Della Valle.
Sarà molto particolare sentire Sardelli e Zoccolini descrivere Fiorentina-Inter (domani ore 20.30) mentre insieme a Corvino, Ciuffi e ad altri trenta tifosi saremo a cena alle Botteghe di Donatello per via di una scommessa persa dal titolare sui gol di Gilardino.
E siccome mi pare che non ci sia la televisione a coprire l’avvenimento, ancora una volta la vecchia inimitabile radio si dimostra come il mezzo di comunicazione più affascinante che abbiamo e avete a disposizione.

Serata al Doccia, luogo della mia massima espressione calcistica: seconda categoria, trent’anni fa, pensa un po’ te…
Siamo tutti lì, e siamo in tanti, per salutare Cesare Ugazzi, che se ne è andato senza un perché più di un anno e mezzo fa e che però continua a vivere nella memoria di chi gli ha voluto bene.
Pur di esserci Ferruccio Ferragamo, che di Cesare era il datore di lavoro, ha lasciato Pitti e tutti le sue luccicanti vetrine e premia visibilmente commosso.
C’è anche Giancarlo Antognoni, l’amico/mito di Cesare, che aveva solo tre mesi più di me e che quindi ha vissuto in pieno i quindici anni del capitano a Firenze.
E qui succede qualcosa che avevo già visto, ma che nelle tre ore dell’evento, un torneo di calcio, si ripete più volte.
Arriva il quaranta/cinquantenne con il figlio accanto, chiede emozionato l’autografo ad Antonio e poi prova a spiegare al ragazzino chi era Giancarlo e cosa è stato per la Fiorentina.
Il ragazzino annuisce, ma si vede chiaramente che pensa ad altro, magari a Melo che se ne va o a Kaka con la nuova maglia del Real Madrid.
Ed è qui che bisogna intervenire, la Fiorentina per prima: recuperare nelle nuove generazione la memoria di ciò che è successo in passato.
Il calcio vive di questi sentimenti e non è possibile che mio figlio tra dieci anni non sappia chi erano Batistuta, Toldo e Rui Costa.
Quando facevo la terza media avevo ben chiaro la Fiorentina del primo scudetto, ero un malato di calcio?
Non credo, visto che eravamo in tanti a recitare Sarti, Magnini, Cervato, Chiappella, Rosetta, Segato e via a seguire.
Che oggi si debba spiegare ai tifosi viola di domani chi era Giancarlo Antognoni mi pare davvero il massimo.

Ogni tanto penso a quando smetterò di fare la radiocronaca, evento auspicato da chi proprio non mi può vedere.
Capisco i gufi,vista l’asprezza del mio carattere e la longevità radiofonica.
Qualche tempo fa un evento del genere non riuscivo proprio a contemplarlo, mi agitavo, mi sembrava la fine del mondo.
Poi arrivano i figli (uno, due, tre), arrivano le notizie di persone a cui vuoi bene che soffrono e poi se ne vanno, pensi che sei vicino ai cinquanta e allora vedi le cose in un’altra maniera.
L’introduzione personale è per dire dello stupore di una prossima Fiorentina senza Raffaele Righetti.
Ne ho scritto oggi sul Corriere Fiorentino: il 30 giugno scade il suo contratto e quasi certamente non sarà più il segretario generale della società.
E’ una situazione diversa da quella di Silvia Berti, che comunque è stata per anni l’interlocutrice professionale con cui confrontarsi.
Righetti è sempre stata l’unica persona in Fiorentina con Mario Cecchi Gori, Diego Della Valle e Mario Cognini a cui non sono mai riuscito dare del tu.
Un segno di rispetto, direi quasi filiale.
Lui a me sì, e vorrei vedere, visto che nel 1977 ero già nell’anticamera del suo ufficio nel viale dei Mille a pietire un pass per andare a fare col mio registratorino le interviste dopo la partita (andavo in Ferrovia con l’abbonamento e scattavo in tribuna al fischio finale).
Io gli voglio molto bene e anche lui credo mi sia affezionato, ma non è il sentimento che mi fa pensare a quanto sia difficile immaginare una Fiorentina senza Righetti.
Poi, certo, pensi che ha settant’anni, che tutto finisce e che in fondo è giusto che sia così.
Ma io tifo lo stesso perché in qualche modo, come mi hanno assicurato in Fiorentina, la sua storia lunga 48 anni ancora non si chiuda.

P.S. Fantastico!
Mi hanno segnalato, ed è vero, che su un sito pur di non mettere la mia intervista a Righetti, che poi sarebbe un’esclusiva, hanno pubblicato un altro articolo sull’argomento con un commento che faceva riferimento all’intervista che però non c’era…
E vai così, questo è il giornalismo sportivo fiorentino delle ultime generazioni nel 2009.

Sono più immorali i 94 milioni per Cristiano Ronaldo o i 2 milioni e 300mila euro netti a stagione di ingaggio che prende Bonera al Milan?
Secondo me sono molto peggio i secondi, perché il talento non ha prezzo.
E mentre Cristiano Ronaldo, Messi, Kaka e pochissimi altri determianano le vittorie e quindi moltiplicano gli introiti, gli altri vanno in panchina.
Certo, sono cifre che fanno paura, ma ci avete fatto caso che ormai tutti giochiamo con i soldi del calcio come se fossero quelli del monopoli.
Ormai ci sembra una sciocchezza se per un cartellino la differenza tra domanda e offerta è di un milione di euro.
E cosa vuoi mai che sia?
Ma lo avete mai visto insieme un milione di euro?
Basta pensare che investendo quel misero milione in titoli di stato senza (forse) problemi uno poi ci campa bene tutta la vita ed ecco che forse valuteremmo con maggiore attenzione quello che succede.
Ma Cristiano Ronaldo pagato 94 milioni o Kaka 68 non sono il problema, perché è come comprare un Picasso o un Van Gogh: sono pezzi rari.
Il problema sono gli altri, e fino a che chiederanno 8 milioni per Barreto non ci dovremmo stupire del resto.

Due anni fa, quando Berlusconi poteva spendere, il Milan offrì 50 milioni di euro alla Juve per il ventinovenne Buffon.
Dopo lunghe esitazioni, ci fu un rifiuto, motivato dal fatto che un portiere come lui portava alla causa almeno gli stessi punti di un grande attaccante.
Non si capisce allora perché oggi il ventinovenne Frey, che nell’ultimo campionato è stato superiore a Buffon, debba andarsene per meno della metà di quei cinquanta milioni.
Che ce ne facciamo poi dei venti milioni di euro del Bayern?
Prendiamo Amelia, o Curci?
Oppure facciamo una corvinata stile Lobont all’estero?
Ragazzi, non scherziamo.
Dice: ma allora perché per la stessa cifra daresti via Melo?
Perché Melo non è affatto decisivo e perché di giocatori decisivi la Fiorentina ne ha solo tre: Mutu, se sta bene, Gilardino (complimenti per la doppietta di ieri), e soprattutto Frey.
E infatti venti milioni ce li offrono per Frey, mica per altri, ma se lo vendiamo perdiamo quanto il Milan con Kaka.

Magari chiedendo a Della Valle un piccolo sforzo per un difensore centrale, che sinceramente mi pare indispensabile.
Perché il Milan senza Kaka e l’Inter senza Ibra mi pare difficile che alla fine siano più forti.
Rimandiamo indietro i prestiti (Almiron e Bonazzoli di corsa, su Zauri, se ce lo regalano, ci si può ragionare), prendiamo a pochi euro un vice Gilardino ed investiamo come detto qualcosa dietro, affidandoci poi come sempre San Cesare.
Se poi Melo ricomincia a straparlare dell’Inter, si aspetta che Moratti ci porti una valanga di soldi, altrimenti lo educhiamo meglio alle regole del campionato italiano e lo mettiamo in mezzo al campo.
A volte, a muoversi troppo, si fa il gioco del nemico.

Era da quando è cambiata la prorpietà di Radio Blu, quindi dal gennaio 2007, che avevo intenzione di dedicare uno spazio autonomo ai tifosi.
Tutte le volte però mi bloccavo di fronte ad un ostacolo per me insormontabile: dovendo la trasmissione, pur nella sua totale indipendenza, avere un livello che fosse simile a quello del Pentasport, non riuscivo a trovare un conduttore e un responsabile capace di darmi fiducia.
L’unico su cui mi sentivo di puntare ad occhi chiusi si chiamava Leonardo Vonci, che conosco da vent’anni e che ho visto crescere esponenzialmente nelle ultime stagioni.
Ho quindi cominciato un corteggiamento che mi ha fatto andare per due volte in bianco (estate 2007 ed estate 2008), ma quando Leo finalmente ha detto di sì, non ho avuto esitazioni e ho fatto partire il nuovo programma che non può che collocarsi che il lunedì e il venerdì dopo il Pentasport e che si chiamerà “Viola nel cuore”.
Ci stiamo lavorando da mesi e sono molto contento di avere avuto l’ok alla partecipazione in studio di Marzio Brazzini, Pietro e Michele Vuturo, Filippo Baragli, oltre agli intereventi telefonici di Valter Tanturli e potrarno “godersela” tutti i tifosi sparsi per la Toscana, non solo i fiorentini.
Chiaro che ci sarà una concorrenza leale, ma forte con la trasmissione del mio amico Stefano Sartoni, senza che questo tocchi minimamente i nostri rapporti.
Che dire? Vinca il migliore.

Siccome c’erano le telecamere e lo vedrete credo alla Rai, non svelo nessun segreto a raccontare qualcosa della splendida serata organizzata e offerta da Pantaleo Corvino in un posto mozzafiato sopra Firenze, una finestra che ha lasciato a bocca aperta i tanti inviati della Nazionale.
Tra i primi ad arrivare, Prandelli, sorridente e in grande forma.
Atmosfera rilassata con il ds a fare da anfitrione e nemmeno sembravamo il microcosmo che spesso si scanna per questioni abbastanza futili.
Passano pochi minuti e si invitano i signori partecipanti a ballare sui ritmi del Salento: io ovviamente me ne sto ben defilato, imbranato come sono anche a muovere tre passi (eppure come mi piacerebbe, così come vorrei saper cantare…).
Le più coraggiose sono come sempre le signore, ma non tutte.
Per fortuna nessuno mi trascina e dopo un’ottima esibizione di Enzo Baldini (ma dove ha imparato? mah), a cui tra i giornalisti seguirà solo un bravissimo Francesco Izzi, va in scena Cesare.
E’ un’apoteosi, sembra si sia sempre esibito nelle feste che si svolgono nei dintorni di Lecce, invece che stare in panchina e allenare tutta la settimana.
Invidioso, gli chiedo come diavolo faccia a conoscere così bene quelle musiche e lui mi risponde serafico che non sa affatto ballare, ma sente la musica e si impegna, ma dimmi te…
Non male neanche Sandro Mencucci, l’unico tra i dirigenti a provarci, ma Prandelli è veramente di un’altra categoria.
Alla prossima Champions conquistata bisognerà farlo ballare, ma davvero, sotto la Fiesole.

Ma come sono banali questi calciatori, con la loro inarrestabile ingordigia, sospinti e sobillati da procuratori più ingordi di loro.
A proposito, ne vedo spuntare a bizzeffe di nuovi e improvvisati assistenti.
Ogni giocatore, che ormai fattura come una media impresa regionale, ne ha almeno due, soprattutto quelli stranieri, uno per l’Italia e laltro per l’estero.
A cosa servono non si sa, ma si vede che servono, perché altrimenti mica butterebbero via i loro quattrini i signori calciatori.
Ogni tanto sento dire dai miei: “abbiamo intervistato tizio, caio o sempronio” e per me sono assoluti sconosciuti, apparsi improvvisamente e misteriosamente alla ribalta, ma è colpa mia che mi sono fermato ai Canovi, Branchini, Pasqualin e via a seguire.
Tutta gente che se ne frega dell’attuale momento economico, dei pagamenti che slittano almeno di due o tre mesi, loro pensano ad arraffare il più possibile ed il prima possibile.
Comunque sia, adesso siamo in mezzo al balletto di Melo a cui, è chiaro, di Firenze e della Fiorentina gliene importa quanto gliene poteva importare dell’Almeria o della prossima squadra in cui andrà.
La Fiorentina per lui è un taxi: ci sale, gli pagano la corsa e poi scende.
Però la curva gli fa i cori, perché è uno tosto che piace e pazienza se ha messo la squadra due volte in grave difficoltà (e una terza, contro il Siena, lo hanno graziato).
Ribadisco il concetto: a venti milioni di euro si impacchetta e si porta a destinazione, senza neanche troppi rimpianti.

« Pagina precedentePagina successiva »