Non starei troppo ad esagerare sulla sofferenza finale perché dopo il gol di Bonazzoli la Sampdoria non ha fatto un tiro in porta e quindi non ci sono dubbi sulla legittimità della vittoria.

Hanno segnato Pezzella ed un ottimo Chiesa, ma alla fine la gara è girata sull’espulsione di Murillo e qui vanno elogiati il meraviglioso Ribery e il sempre più bravo Castrovilli, che hanno costretto all’ammonizione quattro volte gli avversari.

Continuo a pensare che sia meglio giocare con il centravanti, certamente cambiando tatticamente la squadra, che comunque ieri ha dimostrato un’ottima solidità mentale e ottima condizione fisica.

Ci sentiamo tutti più sollevati, a cominciare da Montella, bastava osservarlo nelle interviste del dopo partita,  e abbiamo un giorno in più di riposo rispetto al Milan che gioca stasera.

Di questi tempi non è un vantaggio da poco.

Si sta diffondendo una vera e propria leggenda metropolitana, sia pure circoscritta al nostro piccolo mondo mediatico-giornalistico e cioè che io ce l’abbia da tempo con Montella.

E’ assolutamente falso, non ho mai avuto nessun preconcetto nei suoi confronti, ne’ quando venne nel 2012 e neanche quando è tornato qualche mese fa.

I nostri rapporti si sono sempre limitati ai saluti e l’unico scambio ravvicinato che ho avuto con lui è datato maggio 2015, quando in sala stampa a Palermo abbiamo avuto un serrato scambio di opinioni a proposito della sua clausola rescissoria (per me valeva, per lui no), qualcosa di abbastanza importante, visto che da lì è iniziata la rottura con la Fiorentina, peraltro programmata da tempo dal tecnico.

Non mi resta antipatico o simpatico, mi limito solo ad analizzare quello che accade quando guida la Fiorentina, sottolinenando i pregi ed evidenziando i difetti, ovviamente secondo il mio parere, che è opinabile come quello di tutti.

Non ho neanche un’idea precisa sul fatto che debba essere sostituito, certamente non è l’allenatore ideale della nuova proprietà e la sua conferma mi pare assomigliare sempre di più all’accettazione di Sousa da parte di Corvino nel 2016.

Statisticamente non ricordo un allenatore che a Firenze in dodici partite di campionato abbia ottenuto quattro pareggi e otto sconfitte e sia poi rimasto al suo posto e ci sono pochi casi nella storia del calcio italiano, ma ci sono pure esempi di galoppate bellissime dopo inizi terrificanti, vedi Allegri a Cagliari e Gasperini a Bergamo.

Ora però, da domani, tocca a lui e tocca alla Fiorentina, servono punti e gioco per dare un senso a questo nuovo Rinascimento Viola, perché alla fine conta solo la classifica, e lo sa benissimo anche Rocco.

Il pareggio è il risultato più giusto, inutile girarci troppo attorno, ovviamente rompe molto le scatole arrivarci così.

Essere ultimi in classifica non deve angosciare, però non mi pare neanche corretto far finta di niente, come se vivessimo in una realtà parallela, perché non è che fosse scritto di fare due punti  in quattro partite solo per aver incontrato le prime tre dello scorso campionato.

Il gioco ieri si è visto pochissimo, continua a latitare Badelj e la formula del non-attaccante continua a lasciarmi perplesso, meno comunque del cambio di Chiesa, per me senza senso.

Che sia sfortuna o incapacità i risultati di Montella sono da Guiness dei primati alla rovescia: non era l’allenatore che avrebbe scelto Commisso e la situazione comincia a diventare delicata.

Teniamoci Ribery, Castrovilli e qualche frammento di Chiesa, il resto per ora è, chi più chi meno, al minimo sindacale.

Le ipotesi per i tre risultati.

Vinciamo, e continuiamo sulla scia della positività post Juve. Montella è uno stratega ritrovato, l’antipatico Gasperini ridimensionato e aspettiamo ben contenti la Samp per tornare là dove tutti si pensa sia giusto stare.

Pareggiamo, e qui conta anche la prestazione, e quindi il come si arriva a prendere un punto non disprezzabile in assoluto, ma che ci lascerebbe comunque nei bassissimi bassifondi della classifica.

Perdiamo, e allora cominciano davvero i dolori, anche se abbiamo dato spettacolo con pali, traverse e decisioni arbitrali stile Massa e il buon vecchio Gervasoni di Parma. Montella messo in discussione, nervosismo diffuso e Rocco che continua a sorridere e distribuire ottimismo, ma con una rabbia ed un’amarezza grandi così.

Ecco perché a Bergamo conterà soprattutto il risultato, anche se siamo solo all’inizio, perché questo è il calcio ed è sempre stato così.   

Stefano Prizio per una decina d’anni ha scartavetrato il mondo viola stando bene attento a non rimanere simpatico, a non ingraziarsi nessuno, a dire sempre quello che pensava e a pensare a quello che diceva.

La vita gli ha fatto un gran dispetto, ma lui se ne è fregato e non è uscito dal campo, continuando invece a giocare anche se in condizioni di forma non proprio semplici.

Ha avuto numerosi adoratori quando era sulla cresta dell’onda (succede sempre), quando i suoi sondaggi sui giornalisti o le sue prese di posizione spaventavano il nostro piccolo cortile mediatico.

Poi il vuoto assoluto, colmato solo da Massimo Mattei (uno da cui comprerei sempre una macchina usata), qualcosa che giudico vergognoso, ma sono considerazioni personali.

La scelta di non partecipare più al Pentasport fu solo sua, adesso torna e da domani lo sentirete nuovamente in radio, con l’aggiunta di una rubrica che molto farà discutere e molto farà arrabbiare colleghi e amici: “Onda viola, fatti e misfatti televisivi”, raccontati dalla sua penna corrosiva, anche se altri gli presteranno la voce.

Ci sarà da divertirsi, che è poi il fine ultimo di chi trasmette in radio.

Manca il più, cioè la vittoria, ma che Fiorentina!

Partita meravigliosa, con Castrovilli, Ribery e Milenkovic una spanna sopra gli altri e Dragowski disoccupato, mai successo contro la Juve

Dieci angoli a zero, un bel numero di occasioni, i migliori d’Italia messi sotto per tutta la gara, una partita del genere non era prevedibile neanche nelle previsioni più rosee.

Partiamo da qui per cominciare davvero la stagione, però..che rabbia.

Magari sbaglio io, magari in questo modo non scaleremo mai posizioni nell’Olimpo del calcio, ma Fiorentina-Juve per me deve essere affrontata da provinciali.

Mi riferisco all’ambiente e allo spogliatoio, non certo all’impostazione tattica che compete a Montella.

Non sarebbe sbagliato tramite Antognoni un incontro dei giovanotti viola con Tendi, Desolati e Beppe Iachini che non erano certo dei campioni ma che contro i bianconeri hanno vinto più di Batistuta e Rui Costa.

Sì, da provinciali, con la bava alla bocca, creando un clima che poi sarà ricordato nel tempo, come per esempio fece qualche anno fa Platini a cui rimasero impressi certi ingressi a Firenze e al Franchi.

Fischi assordanti e cori avvolgenti, pieni di amore.

Rabbia e determinazione, novanta minuti più recupero  da vivere in apnea come se non ci fosse stato niente prima e niente dopo.

E’ Fiorentina-Juventus, bellezza e se ci sei in mezzo non puoi proprio viverla come una partita qualsiasi.

  

Stiamo tutti tifando per vedere Ribery titolare contro la Juve.

È una suggestione forte, anche perché l’ultima volta che il francese ha giocato contro i bianconeri li ha fatti fuori dall Champions.

Nulla contro Sottil o Ghezzal, ma Ribery è un’altra cosa e non è detto che ci si deve godere la sua classe solo negli ultimi 30 minuti della partita.

Sei anni fa uno alto più o meno come lui e con la sua stessa classe fece saltare il banco…

Gli riesce una cosa su due ed è stato obiettivamente tra i peggiori dell’opaca Italia di ieri sera.

Nella Fiorentina bastano un paio di azioni alla sua maniera per elevarsi dall’attuale grigiore generale,  con la maglia azzurra no, e infatti è stato giustamente sostituito da Pellegrini.

Federico Chiesa sta vivendo il momento più difficile della sua sfolgorante carriera ed è qui che lui deve dimostrare di essere forte a sufficienza per superarlo e noi abbastanza pazienti per non scivolare nel luogo comune che gioca così perché  “sta pensando ad altro”.

La definirei una crisi di crescita, assolutamente normale in un ragazzo che deve ancora compiere 22 anni: a 21, tanto per fare un intrigante tuffo nel passato, Baggio era in bilico per andare in prestito alla Sampdoria perché secondo Eriksson non era adatto al livello della sua squadra.

Si può aiutare Federico e soprattutto la Fiorentina evitando cadute di stile e rimandi all’estate che sta per finire e in cui lui non ha mai parlato, personalmente lo aspetto a breve sui suoi livelli.

Il Pentasport compie quarant’anni, un’età impensabile quando ho cominciato, un’età che induce a diverse riflessioni e molti ringraziamenti.

I più importanti vanno a chi ha fatto diventare il Pentasport quello che è oggi, le ascoltatrici e gli ascoltatori, e a seguire le decine di persone che da Saverio in poi mi hanno seguito ed affiancato in questa cavalcata viola nell’etere.

Stasera mi regalo tre ore per festeggiare l’evento, dalle 18 alle 21 riascolterete voci che hanno accompagnato i vostri pomeriggi e sarà (spero) emozionante vivere ancora certe sensazioni.

Per raccontare cosa è stato e cosa è il Pentasport trovo che la cosa migliore sia riproporre l’articolo che generosamente mi ha chiesto Il Corriere Fiorentino per ricordare la ricorrenza.

Buon Pentasport a tutti.

Formidabili quegli anni. Un po’ perché quando ne hai venti, e tutto sembra possibile, il ricordo diventa inevitabilmente dolce, e un po’ perché in quelle stagioni esisteva una voglia di fare, un’energia che oggi si fatica a ritrovare. Le radio private. Nascevano e morivano come funghi, l’etere era un far west: un imprenditore avventuroso piazzava un ripetitore, apriva uno scantinato, ci piazzava dentro un mixer e due microfoni e si poteva trasmettere. Nel 1979 avevo già due anni di esperienza alle spalle, ovviamente gratuita, girovagando tra le emittenti fiorentine che relegavano il calcio alle ore serali, quelle “in cui tanto la gente guarda la televisione” e quindi si poteva tranquillamente togliere un’ora di dediche per parlare della Fiorentina. Nemmeno due mesi prima avevo dato la maturità e considerai quasi miracoloso il fatto che qualcuno mi pagasse centomila lire al mese per far sfogare la passione giornalistica. Il misterioso nome Pentasport ha una storia molto semplice: nelle altre radio eravamo in cinque a parlare di discipline diverse e così inventai Pentasport, che non ho mai voluto cambiare. Sono passati quattro decenni ed è cambiato tutto Non poteva essere altrimenti, ma se all’epoca mi avessero detto che sarebbe andata così, avrei chiesto dove si poteva firmare perché è stato davvero troppo bello. Solo la mia compagna di viaggio è rimasta la stessa di allora, la Fiorentina: una passione diventata lavoro. Per questo non ho (quasi) mai sentito la fatica di seguirla in 37 anni di trasferte. I primi tempi pensavo che il Pentasport fosse una trasmissione “carbonara”, nel senso che non la seguisse quasi nessuno, figuriamoci. Mi riportò alla realtà Giovanni Galli nel 1980, quando spense con le sue possenti mani il registratorino da quattro soldi con cui lo volevo intervistare per chiedermi conto di alcune critiche radiofoniche, a suo dire eccessive. Il fatto che ci fosse qualcuno che in casa o in macchina prestasse attenzione a ciò che dicevo mi dette coraggio e tentai il salto di qualità: il giocatore in studio a commentare la partita della domenica. Il primo fu Alessio Tendi, scarpe calcisticamente grosse e cervello fino, uno che non le mandava a dire e che ogni lunedì criticava senza problemi l’allenatore Carosi specialmente quando lo teneva in panchina. Era davvero un altro calcio… Poi arrivò Eraldo Pecci e niente fu come prima. In nove mesi di trasmissione mi massacrò dialetticamente, prendendomi per i fondelli dal primo all’ultimo minuto. La mia conclamata permalosità venne travolta dalla sua irruenza verbale, dovetti subire e imparare. L’anno dopo nacque con Ciccio Graziani un’amicizia che dura ancora adesso. Durante il tragitto verso la radio, a gennaio mi disse che con grande sofferenza aveva deciso di lasciare la Fiorentina per andare alla Roma del suo amico Bruno Conti. Lo sapevo solo io, ma non tradii la fiducia, rinunciando allo scoop. Intanto erano cominciate le radiocronache, quasi per scherzo, e anche in quel caso all’inizio ho pensato che fosse una cosa solo per pochi intimi. Non era esattamente così e me lo spiegò dettagliatamente Pasquale Iachini, un altro compagno del Pentasport, dicendomi che nello spogliatoio viola erano infuriati con me. Un po’ Antognoni, ma soprattutto due particolarmente carismatici: Oriali e Passarella. Che avevo combinato? Durante la radiocronaca di Napoli-Fiorentina, non sapendo come far passare il tempo di una partita inguardabile e noiosissima, cominciai a raccontare dei ripetuti scambi tra le due società, facendo credere a chi ascoltava (ma ascoltava qualcuno?) che ci fosse una combine in corso. Dopo una notte insonne, Iachini e il mio amico Pecci mi portarono dentro lo stanzone dove la squadra si preparava all’allenamento e mi aiutarono a distendere gli animi. Il Pentasport intanto cresceva e si moltiplicava, non più solo una volta alla settimana, ma due e poi tre, infine tutti i giorni fino ad arrivare all’attuale programmazione su Radio Bruno, che copre ogni avvenimento viola, dalla mattina alla sera. In mezzo a tutto questo ci sono state esclusive uniche come quella di Baggio che già alla Juve fece infuriare i tifosi bianconeri. Le battute di Francesco Toldo che risponde sempre presente ad ogni richiesta di intervento o i collegamenti intercontinentali con Daniel Bertoni, sempre affettuoso. E ancora, le guerre mediatiche con Batistuta e Malesani, gli scambi al veleno con Ranieri, poi diventato un amico, e gli scontri al calor bianco con parecchi protagonisti viola, ma poi alla fine i rapporti si sono sempre ricuciti. Oggi il Pentasport ha dieci giornalisti che sanno fare tutto, dai social al taglio delle interviste in tempo reale, mentre io in quarant’anni non sono riuscito nemmeno ad imparare ad alzare un cursore. Ed è stato meglio così perché quella sera forse il Pentasport non sarebbe andato in onda…In compenso ho sempre la stessa voglia di quarant’anni fa di ripartire ogni giorno per provare a raccontare nel miglior modo possibile la Fiorentina, cercando di non esser banali. Riuscirci o no è la grande scommessa quotidiana di questo bellissimo mestiere.

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