Non ho mai sopportato la pretesa superiorità della sinistra, questo sentirsi dispensatrice di bontà e di verità al cospetto di chiunque stia dall’altra parte e non la pensi nella stessa maniera illuminata.

Il tutto servito con il contorno di un buonismo di facciata, ancora più insopportabile.

La pensavo così a 16 anni e non ho mai smesso, il fatto che abbia sempre votato da quella parte mi ha creato non pochi imbarazzi e alla fine mi sono sempre detto che lo faccio solo per due motivi: non esiste da decenni una destra liberale e votata al progresso e, soprattutto, esiste dentro di me la solita vocina che mi suggerisce quanto sia meglio se rinuncio io a qualcosa purché in molti stiano meglio.

Non so quanto durerà, certamente l’ultimo episodio davvero incredibile che riguarda l’emerito professor Giovanni Gozzini, lo stesso che suggeriva insane pratiche anale ai Della Valle, e Giorgia Meloni conferma questa spocchia, assolutamente ingiustificata da qualsiasi parte la si voglia analizzare. Le dimissioni o l’allontanamento mi parrebbero l’unico provvedimento da prendere, ma in Italia finisce tutto a reprimende verbali.

E’ un vizio antico quello della sinistra, una distorsione mentale da cui nessuno di quelli che pontificano e straparlano ha davvero voglia di liberarsi.

 

Meglio Vlahovic e Castrovilli di Agudelo e Saponara, no?

Il primo tempo è stato sconfortante, mancavano idee e grinta, poi abbiamo vinto per via della differenza tecnica e quindi della differenza dei valori assoluti far le due squadre.

Gran bel risultato, che ci aiuta tantissimo e che potrebbe portarci a giocare meglio proprio perché meno affannati.

Ci mancherebbero una punta (da affiancare a Vlahovic) e un regista, guarda caso quello che ci mancava esattamente un anno fa: ne riparleremo a fine campionato.

Forse.

Agudelo gioca una gran partita contro il Milan e siamo già tutti qui a rimpiangerlo.

Sottil in un campionato segna un gol e fa tre assist e da mesi ci stracciamo le vesti perché non lo abbiamo a disposizione.

Quanto dolore a inizio stagione per non avere più Simeone, per non parlare poi di Ceccherini a Verona, che oggi certamente avrebbe preso il posto di Pezzella.

Ma siamo normali?

No, dico: non si potrebbe aspettare un intero campionato per decidere se sia il caso di martellarci l’anima con i rimpianti?

Sono solo due quelli gridano vendetta, accantonati mestamente i casi Zaniolo e Mancini, e sto parlando di Muriel e Ilicic, ma il primo non lo volevano Montella e soprattutto Corvino, mentre col secondo abbiamo ingaggiato una guerra senza esclusione di colpi.

Per gli altri direi di aspettare e semmai di non farne di niente.

Ci sarebbe stato stretto anche il pareggio, figuriamoci la sconfitta.

Per questo motivo scoccia moltissimo perdere una partita in cui è stato decisivo, ma alla rovescia, Dragowski: senza i suoi errori uscivamo da Marassi con almeno un punto.

La realtà è crudele, siamo sedicesimi, la zona sinistra della classifica per ora ce la sogniamo e tutto questo dopo aver speso abbastanza e male e con il settimo monte ingaggi d’Italia.

Abbiamo rivisto un Pulgar decente e un Vlahovic che segna i famosi “gol sporchi”, quelli cioè che fanno alzare il livello di un attaccante, ma non è bastato.

Domanda: perché fare i cambi così tardi?

Bisognava rischiare di più, subito dopo il solito gol di Quagliarella e invece abbiamo ricominciato a spingere solo dopo l’uscita dell’anonimo Venuti e del disastroso Pezzella.

Siamo tutti permalosi, chi più chi meno.

Appartenendo alla categoria dei più  so bene di cosa parlo, anche se da qualche anno sto cercando di migliorare questo mio indubbio difetto.

La premessa è necessaria per spiegare questo momento quasi irreale che stiamo vivendo con chi ci fa emozionare, arrabbiare, sognare e anche (nel mio caso e anche quello di almeno un centinaio di altre persone) lavorare.

Sto parlando naturalmente della Fiorentina e confesso che pur cercando con il lanternino le motivazioni di questo clima da guerra mediatica fatico a trovarne le cause.

E allora torno all’aspetto caratteriale, che non riguarda solo Rocco Commisso o Joe Barone, ma tutti noi, compreso ovviamente il sottoscritto.

Riguarda i politici e riguarda i giornalisti, che è vero non amano essere criticati dopo aver criticato, e comprende quell’arma di distruzione di massa che sono i social, che amplificano le voci di mitomani, rissaioli ed ex scemi del villaggio che adesso possono scrivere e perfino trovare qualcuno che se la prende e risponde.

La situazione non è né grave e neanche troppo seria, perché qui abbiamo un ricco signore italo-americano che non vuole speculare sulla Fiorentina, ma solo lasciare traccia del proprio passaggio. Abbiamo un popolo compatto nell’amore verso la squadra e abbiamo pure una classe media giornalistica assolutamente all’altezza della situazione. La politica? Sempre la stessa, da decenni e non è un problema fiorentino, ma nazionale

E allora, perché perderci in queste guerre interne che non servono a niente?

Non sarebbe meglio resettare un po’ tutto e ripartire, concedendo all’interlocutore (attenzione, ho scritto interlocutore e non nemico) lo spazio per esporre le proprie tesi e semmai di farci cambiare idea?

Tesi, antitesi, sintesi: lo scriveva duecento anni fa Friedrich Hegel e oggi mi parrebbe un grande passo avanti per un futuro viola migliore. 

E’ andata purtroppo come doveva andare: sono molto più forti e hanno vinto. Meritatamente.

Siamo stati in partita per una trentina di minuti, pochi per sperare di non perdere, sopratutto senza tre dei migliori.

Formazione strana, ma Eysseric è stato dignitoso, non peggio di altri, e si è capito perché Pulgar sta in panchina.

Lui, Callejon e Kouame sono la certificazione, insieme a chi se ne è andato dopo un anno, di campagne acquisti dispendiose e sbagliate.

Nella giornata storica dell’inizio dell’avventura del Centro Sportivo è stata evidenziata la mia quei mortificante distanza che separa una piccola Fiorentina da chi oggi comanda in Italia.

Non è certo colpa di Commisso, perché questa situazione va avanti da quasi cinque anni, ma è suo il compito di ridurre le distanze.

Qualcosa che vada oltre il nono posto, piazzamento che mi lascia del tutto indifferente e che comunque non sarai semplice da raggiungere, una stagione che ci riporti in zona Europa, la’ dove dovremmo stare per storia, passione e monte ingaggi.

Dopo aver (eventualmente) espulso il più rappresentativo personaggio italiano si va a votare, non ci sono alternative e a questo punto sarebbe pure giusto.

Se l’Italia è un Paese con il cuore a sinistra e il portafoglio e la scheda elettorale a destra, è normale che a comandare siano Salvini e la Meloni.

Dal punto di vista della democrazia non fa una piega, se poi spediscono Silvio al Quirinale vorrà dire che ci saremo meritati pure questo.

Adesso tutto dipende dai 5 Stelle, frantumati come nemmeno la sinistra dei tempi andati e moderni, con l’aggiunta di spettacoli avvilenti sotto tutte le latitudini politiche.

Intanto stiamo galoppando verso i centomila morti e una crisi economica peggiore di quella del 2008: speriamo di non essere come quelli che ballavano sul Titanic.

Sarebbe stata la partita della svolta, più dell’ultima volta a Torino, perché vincere in quel modo, in 9, avrebbe avuto il significato dell’impresa.

Peccato, ci avevo fatto la bocca. Ha sbagliato Pezzella e non è la prima volta che accade in questa stagione: con tutto il rispetto per quello che ha dato, mi pare sia a fine corsa, almeno a Firenze.

Sono molto deluso da Belotti, la sua sceneggiata è stata indegna e l’espulsione ha condizionato la partita. Bruttissimo episodio, da prova televisiva.

Resta la sciocchezza di Milenkovic, ma restano anche un paio di lampi bellissimi che riconciliano col calcio: il lancio di Ribery per il palo di Vlahovic e lo scambio con un grande Bonaventura sul nostro gol.

Perle da incorniciare e ancora di più in questa stagione.

E dopo come sarà?

Come sarà il nostro dopoguerra?

Lo sto pensando in questi giorni pieni di ricordi tristi per quello che successe negli anni quaranta.

Storie strazianti, ma anche racconti di chi si è salvato/a non si sa come, portandosi dentro l’inestinguibile senso di colpa di avercela fatta mentre accanto a lui/lei la follia e la brutalità umana colpiva incessantemente, a ritmi industriali.

Penso a quei mesi dell’estate del 1945, al niente che avevano quasi tutti e all’incontenibile forza che sentivano dentro: la vita che rinasce, la gioia di esserci, il calore di un abbraccio, l’emozione di un bacio.

E nel 2021 (speriamo che sia nel 2021) come sarà?

Come torneremo ad abbracciarci, passando le giornale con i nostri normali affanni, che oggi ci sembrano così lontani e così lievi rispetto a quello che stiamo passando da quasi un anno?

Non saremo migliori, ormai ne sono sicuro, certamente saremo cambiati dentro e chissà per quanto ci ricorderemo di questo tempo così sospeso e pieno di angoscia.

P.S. Vorrei chiarire: non ho mai fatto paragoni tra gli orrori delle due guerre mondiali e la pandemia. Non esiste confronto e stiamo molto, ma molto meglio noi.

E’ lo spirito del tempo che mi interessa, cioè come vivremo il dopo, perché è indubbio che esiste un prima e in dopo e che mai negli ultimi 76 anni abbiamo vissuto quello che stiamo vivendo dal marzo 2020.

Spero di essere stato chiaro.

Abbiamo vinto meritatamente, con un po’ di tremore nel finale, ma con una sofferenza non eccessiva.

Siamo più forti del Crotone e si sapeva, il problema era dimostrarlo sul campo. Se poi pensiamo di aver risolto tutti i problemi saremmo fuori dal seminato, ma intanto ci siamo tolti un bel peso.

Belli i due gol e qualche altra azione a n contropiede, il nostro destina tattico quest’anno è giocare così, per la manovra è’ meglio rimandare a tempi migliori e con altri giocatori.

E a chi non riesce ad essere soddisfatto dopo una vittoria consiglio un rilassamento totale, perché si può criticare sempre e comunque, ma ogni tanto si può pure godere, no?

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