Cosa mi ha convinto del lungo pomeriggio di ieri, che è filato via liscio con la possibilità di fare domande, smentendo così i catastrofisti:
1) i Della Valle (e già lo sapevo e lo dicevo) hanno messo nella fornace Fiorentina 170 milioni di euro: esistono altri che lo avrebbero fatto? Penso proprio di no. Si parla del ritorno di immagine, ok mettiamo pure che sia così, ma lo si può quantificare? Ma lo sapete quanti sono 170 milioni di euro? Altra obiezione: se i Della Valle vendono, riprendono tutti i soldi. Sì, se trovano qualcuno disposto a tirarli fuori e quel qualcuno, ve lo assicuro, non si trova.
2) Nell’anno orribile dell’autofinanziamento e delle decine di sconfitte, il 2010 chiude con un disavanzo di 30 milioni, quindi hanno messo mano al portafoglio anche negli ultimi dodici mesi.
3) Non mollano e hanno intenzione di rimanere a lungo.
4) Andrea è la nostra unica speranza per qualche pazzia extra budget e sarà bene “coccolarcelo” un po’ di più.
5) Diego è molto sensibile alle vicende viola ed è un bene, perché così girano parecchio anche a lui quando le cose, come adesso, vanno all’incontrario.
Cosa mi ha lasciato perplesso:
1) non riusciremo mai fino in fondo a capire come sia andata con Prandelli. Se cioè il contatto, pare molto avviato con la Juve, sia avvenuto prima o dopo il “cercati pure un’altra squadra” di Cognigni. Comuqnue sia, continuano a volare gli stracci e tutto questo è molto triste.
2) Noi fiorentini siamo campanilisti fino all’autolesionismo, ma nessuno avrebbe niente da dire se la Cittadella venisse costruita a Sesto o Bagno a Ripoli. La storia del limite comunale è un po’ fragile, più convincente invece il discorso sul tentativo di fargli comprare certi terreni fuori dal Comune (leggi alla voce Fratini).
Cosa continuo a non capire:
1) perché Andrea non torna presidente. Quanti sono i seguaci di mamma Ebe/rosiconi/criticoni in malafede? Venti, trenta, cinquanta? E per un numero così esiguo di persone si rinuncia ad avere una carica che non è onorifica ma piena di significati? Forse davvero non c’è nient’altro, ma davvero tutto questo mi risulta incomprensibile.
Il bilancio dell’atterraggio di Diego a Firenze è comunque positivo, a conferma che, se i Della Valle avessero gestito un po’ meglio la comunicazione, a certi eccessi e a certi veleni non saremmo arrivati.
Io avevo due domande in canna, una su Mutu (risposta dettagliata, sulla falsariga di quello già detto da Andrea) e una, appunto, sulla comunicazione: dovevo scegliere e ho puntato su Mutu, per via dell’attualità.
Ultimo particolare, domani ci sarebbe il Chievo…

Stavolta vado anch’io alla conferenza stampa di Diego Della Valle: stacco tutto (e quel tutto, vi assicuro, è veramente tanto, con la radio nazionale che sta aumentando i giri e Blu che va tenuta sempre su questi livelli) e mi metto all’ascolto.
Pare che non si possano fare domande, io me ne ero preparata una e non l’anticipo perché poi non è detto che Don Diego venga preso dalla voglia di dialogare con quella razzaccia che sono i giornalisti, categoria che lui conosce molto bene e con cui sa rapportarsi come pochi in Italia.
Della storia con Beha sinceramente non me ne frega niente, mi ha dato un po’ fastidio la sparata sul servilismo del giornalismo fiorentino, ma ho capito che alla fine è solo un fallo di frustrazione, cioè un modo di spararla grossa e nel mucchio per farsi dire bravo da qualcuno.
Io so quello che faccio e come lo faccio, rispondo solo alla mia coscienza e semmai al successo e all’insuccesso delle mie trasmissioni, che se vanno male non trovano più gli sponsor e quindi chiudono, mettendo me e gli altri di Radio Blu sulla strada.
Non ho un canone Rai a sovvenzionarmi e neanche incarichi ad personam ad assicurare uno stipendio che, nel caso dei direttori e vice direttori del nostro beneamato servizio pubblico, è almeno il quadruplo di qualsiasi persona normale.

Credo che questi siano veramente giorni da basso impero italiano, con tutto il letame che viene fuori da Milano e ora pure da Palermo, il tutto mischiato in un cocktail micidiale alle battute fuori luogo e adesso anche omofobe del nostro Presidente del Consiglio.
Non si sa quando ne usciremo, ma è certo che mai come adesso il livello dello scontro si sia abbassato.
Ormai non ci stupiamo più di niente.
Si è fatto abissale il distacco tra il teatrino della politica e noi che ogni mattina ci alziamo per cercare di fare seriamente il nostro lavoro per portare a casa un profitto e la tranquillità per le nostre famiglie.
Ormai Berlusconi non ha più limiti dialettici, sembra uno di quei presidenti americani da film, presidenti senza controllo che nessuno dei consiglieri riesce più a bloccare nella loro stravaganza: agisce, straparla, lancia invettive, non governa, mentre invece cresce, secondo me, la figura di Tremonti, che regge di fatto l’economia e sembra agire autonomamente.
Non è vero invece che viviamo sotto una dittatura, come urlano quelli che alla fine fanno il gioco di Berlusconi demonizzandolo, perché siamo tutti liberi di dire e fare ciò che vogliamo, voto compreso (e forse sarebbe il caso di tornare un po’ di più a votare, alla prossima tornata).
E’ anche un problema di età e decadimento mentale (per quello fisico, lasciamo perdere, basta dare un’occhiata alle immagini, ormai sembra di essere al Museo delle cere..).
Un fatto normale per qualsiasi individuo di questa terra: ad un certo punto perdi lucidità, pensi, e soprattutto dici e fai, cose che nemmeno ti saresti sognato di immaginare nel pieno delle tue facoltà mentali.
Fateci caso: il sempiterno Andreotti nella stagione del suo ultimo governo era più giovane di due anni dell’attuale ragazzo e amante di belle donne Berlusconi.
A cui auguro di vivere 120 anni, come del resto gli hanno predetto medici diventati sindaci, ma vivere in pace, godendosi tutto quello che ha costruito col suo lavoro.
Non condizionando con le sue mattane, i suoi interessi e le sue voglie la vita di tutti noi.

Complice il giorno di festa, ho prestato particolare attenzione ai vari commenti del post Catania e mi sono convinto di un’idea che già mi frullava in testa da tempo: i tifosi viola chiedono veramente poco alla squadra.
E quel poco è rappresentato da un misto di orgoglio per la maglia che si porta, che quasi sempre conta più per chi guarda che per chi gioca, e una buona rappresentazione di ciò che viene chiamato gioco del calcio.
Bisognerebbe cioè giocare davvero a calcio, per novanta minuti, con armonia e tecnica, che in una squadra di serie A dovrebbero essere ai massimi livelli, perché altrimenti si va a vedere il Grassina o l’Antella, si torna prima a casa e si spende molto meno.
Nessuno chiede lo scudetto, la Champions se arriva è festeggiata, come è giusto che sia, mentre l’altra Europa dovrebbe essere un fatto quasi normale, ma tutto questo è secondario rispetto alla voglia, e in qualche modo l’esigenza, di vedere giocare bene al calcio la Fiorentina.
Ecco perché il punto di Catania sembra quasi una sconfitta, perché lo spettacolo per almeno metà del tempo è stato deprimente e questo è inaccettabile per una città ed una tifoseria che del bello ha fatto una ragione di vita.

Secondo tempo sconfortante, senza idee, senza grinta e senza corsa.
Il primo invece era stato buono, soprattutto per merito di Mutu, che è chiaramente meglio di tutti (io però non cambio idea, vista la Samp? Bastava un gesto dimostrativo…).
Si continua a parlare di quarto, quinto posto e invece siamo sempre lì, con una media da incubo e con un novembre che si preannuncia difficilissimo.
Continuo a non capire le difficoltà fisiche della squadra, al massimo si corre per cinquanta minuti e alla fine uno dei più vispi era proprio Mutu: ma si può?
Su Cerci non si sa più cosa inventare, meno male sta recuperando Gamberini e Santana per un tempo è da squadra di alta classifica.
Quella a cui punta Mihajlovic: coraggioso, ma forse un po’ eccessivo…

Ho fatto fatica ieri mattina ad arrivare in fondo all’articolo di Beha sul Fatto (giornale da cui la Fiorentina e i tifosi viola si aspettano ancora le scuse, dopo le infamanti e false accuse di aver venduto la gara di campionato dello scorso anno all’inter in cambio del passaggio alla finale di Coppa Italia), un articolo che mi è sembrato in tutta sincerità di routine.
Nel senso che non c’era nulla di nuovo e che metteva in fila una serie di cose già scritte, alcune volte in modo più cattivo e giornalisticamente, almeno per me, più interessanti, anche se nella maggioranza dei casi non condivisibili.
E’ un percorso che abbiamo avuto un po’ tutti davanti alla pagina, anzi oggi la schermata, bianca: in mancanza di meglio ci si mette lì ad infiocchettare con mesttiere storie trite e ritrite.
Per questo mi ha stupito la reazione di Diego Della Valle, che si deve essere stufato dei continui attacchi behani o forse, più semplicemente, ha solo trovato mezz’ora di tempo per dedicarsi all’argomento e all’avversario.
Comunque sia, la sua arrabbiatura, il suo scendere in campo per difendere se stesso e la Fiorentina sono ottime notizie, anche perché confermano quesi segnali di cambio di strategia comunicativa che mi è parso di cogliere negli ultimi tempi.
Vedremo se ci sarà questo duello all’ultima parola, ma queste sono faccende molto marginali davanti all’ipotesi di un ritorno di Diego ad occuparsi della Fiorentina e di Andrea di tornare alla presidenza.

Io non ce la faccio a farmi risucchiare dal giochino trita-Prandelli degli ultimi giorni.
Volano gli stracci, si aprono gli armadi e qualche scheletro viene fuori, come è normale che sia dopo un rapporto di cinque anni.
Personalmente trovo più sgradevole la querelle con Frey che la rivelazione sulla vicinanza alla Juve, che non è datata e che quindi potrebbe pure riferirsi al 2004, quando Cesare fu battuto allo sprint da Capello.
Ma anche se nel periodo fiorentino ci fosse stato un contatto (e c’è stato), è sempre stata la Juve a cercare Prandelli e non viceversa.
Ragazzi, non scherziamo: è dall’inizio del 2010 che si capiva come la Fiorentina cercasse il modo di chiudere senza spargimenti di sangue e di soldi il proprio rapporto con una allenatore agli occhi di qualcuno fin troppo amato e a volte forse fin troppo considerato da tutti noi (ed io infatti mi sono sempre ribellato all’idea che a vincere fosse Prandelli e che toccasse a Corvino l’onere della sconfitta).
Sono state stagioni bellissime e speriamo non irripetibili, ma lo spessore dell’uomo Prandelli, oltre che la bravura del tecnico, sono assolutamente fuori discussione.
Non lo sento da quasi cinque mesi, quasi per una sorta di pudore, perché poi non saprei neanche bene cosa dirgli, ma quello che è stato scritto resta un capitolo grandioso della Fiorentina, alla faccia di tutto quello che sentiremo e leggeremo in futuro.

Si vede che questa è proprio la stagione in cui non si deve dare niente per scontato.
E’ stata una Fiorentina piuttosto deludente, però il palo di Ljajic e lo spreco finale di Cerci (altra prestazione insufficiente) sono lì a testimoniare che ai punti avremmo vinto prima del tiro finale di Babacar, tra l’altro deviato.
Non riusciamo ad avere un gioco, sembra che la manovra nasca dall’ispirazione del momento e non si vede quel senso di squadra, quella coralità a cui eravamo stati abituati per quattro anni e mezzo.
Ieri sera non mancavano le giustificazioni, ma è anche vero giocavamo quasi contro la Primavera dell’Empoli ed era il minimo pretendere di più dello spettacolo (?) visto.
Prendiamo comunque il lato buono della partita: abbiamo superato il turno e vinto la seconda partita consecutiva, evento mai accaduto nei primi cento giorni di gestione Mihajlovic.
In mancanza di meglio, bisogna accontentarsi.

Non ho mai sopportato i violenti.
Quelli che menano le mani e quelli che e vivono di intimidazioni minacciano con le parole, magari girando con i guardiaspalle.
Pur non essendo mai stato gracile, ho sempre pensato che nella vita la forza fisica contasse veramente pochissimo e zero nei rapporti tra persone civili.
Mai dato uno schiaffo ai miei figli e ho fatto veramente a botte una sola volta in vita mia, a quindici anni, ma i ricordi sono ormai persi nel tempo e chissà cosa accadde davvero quel giorno.
A beneficio di chi mi ha ultimamente minacciato, ricordo che non so tirare bene un cazzotto, e lo dico con molto orgoglio.
Per questo considero il gesto di Mutu intollerabile e scrivo tutto questo con un certo imbarazzo perché il Mutu che io ho conosciuto è una persona gentile, educata, con cui ho avuto un ottimo rapporto nei limiti delle rispettive professioni.
Ieri sera a “Forza viola” ero isolato nelle mie posizioni perché erano quasi tutti per una forte multa e poi via in campo a Catania.
A me pare, e lo ribadisco, che qui sia anche e soprattutto una questione di immagine, e proprio una società come la Fiorentina non può permettersi una soluzione vagamente pilatesca.
Siamo stati nove mesi senza Mutu?
Bene, credo che ci si possa stare nove mesi e quindici giorni, cioè due giornate, senza un uomo (perché qui si parla di uomini e non più calciatori) che ha combinato quello che tutti sappiamo.
Quasi cinque anni fa Bojinov dette uno spintone ad Andrea Della Valle e venne mandato a chiarisi le idee per un mese con gli allievi…

Sentimenti da post vittoria emersi da sms radiofonici: il Bari non vale niente, Mihajlovic ha completamente sbagliato i cambi, bisogna comprare qualcuno a gennaio.
E i tre punti?
Il sospiro di sollievo per un successo tanto importante quanto meritato?
Poco più di niente, a dimostrazione che esiste una rabbia sotterranea, annaffiata spesso da dichiarazioni improvvide, dall’atto delinquenziale di Mutu e dall’attuale scarso appeal di chi guida la Fiorentina.
Qualcuno, temo in molti, ha perso il senso delle cose: si tifa viola e a fine gara prima di tutto si gioisce soddisfatti se si è vinto, il resto viene dopo.
E comunque qualcuno mi deve spiegare se per caso il Bari ha fatto altre azioni pericolose oltre al gol, a meno che non si vogliano considerare tali i due recuperi di Gamberini e Pasqual.
Abbiamo meritato di vincere nel contesto di una partita a tratti soporifera e con svarioni tecnici da eccellenza.
Siamo convalescenti e continuo ad essere iscritto al partito dei 40 punti, però almeno passiamo una domenica tranquilla.

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