Bruttissimi risultati, fortuna enorme dell’Inter e Roma che sta tornando sotto.
Qui stasera bisogna vincere per evitare di essere risucchiati dal gruppone e per dare un segnale al campionato.
Capisco che non sia semplice, che non abbiamo gli attaccanti titolari, ma questi sono i diktat dell’alta classifica: fai tantissimo, ma ogni volta è un’esame di maturità, una prova per capire a che punto sei con la testa e con le gambe.
E’ più importante che a Torino e ci vorrà tanta pazienza perché ci chiuderanno gli spazi e proveranno a ripartire in dontropiede.
Ci gufa contro mezza Italia, facciamoli schiantare.

Mi sono appena asciugato il ciglio, vibratamente commosso davanti all’intervista de La Gazzetta dello Sport (complimenti per il colpo) a Pantaleo Corvino e propongo ufficialmente che domani venga intonato un coro per lui e che almeno un paio di striscioni siano dedicati al mago di Vernole che tutte le migliori società calcistiche europee stanno inseguendo da mesi.
Ho scoperto con stupore, grazie all’incalzante giornalista e alle sue terribili domande, come l’anno scorso proprio, prima che lui abbandonasse il campo, fossimo ad un passo dall’Europa.
Se ne deduce che se fosse rimasto a Firenze forse in Europa ci saremmo andati davvero.
E pensare che io ad un certo punto ho pure avuto paura di finire in B grazie ai casini di ogni genere che succedevano dentro e fuori dallo spogliatoio.
Ma torniamo al coro, alle ovazioni e agli striscioni per Pantaleo: domani bisognerà in qualche modo dimostrargli tutta la nostra riconoscenza per quello che ha fatto a Firenze, nei primi cinque anni, ma anche e soprattutto negli ultimi due.
Perché il niente che abbiamo visto per 24 mesi era tutto un bluff, un modo per mascherare (benissimo, a dire il vero) la rinascita viola di questi mesi.
Di chi è dunque il merito di questa nuova Fiorentina?
In gran parte di Pantaleo Corvino, naturalmente.
Lui ha seminato, lui ha creato gli agganci per prendere gli attuali giocatori che sempre lui aveva visto e suggerito: gli altri hanno semplicemente rispettato le sue linee guida e meno male che (stavolta e senza fax in ritardo o altri fantasiosi intoppi) le controparti hanno rispettato gli impegni presi (ovviamente da lui).
E nel settore giovanile tutto funziona a gonfie vele ancora per merito di Pantaleo Corvino.
Quello che non capisco è perché Pradé e Macia continuino a percepire regolarmente lo stipendio: che ci stanno a fare in Fiorentina?

Quasi casualmente il primo dicembre è diventato un giorno molto importante della mia vita professionale.
Sette anni fa cominciava questo blog, due anni fa partiva la grande avventura di Radio Sportiva, stamani sto scrivendo mentre ascolto “Il meglio del Pentasport” che ha preso il via alle sette.
Un nuovo impegno, una sfida importante, un divertimento unico perché vi assicuro che non c’è per me cosa migliore di vedere nascere e crescere le trasmissioni a Radio Blu, avendo da quasi sei anni un controllo giornalistico completo sull’intera programmazione.
E’ una di quelle cose che un po’ mi preoccupano, perché ho paura di non riuscire a capire quando sarà il momento giusto per lasciare senza scendere a compromessi o esporsi a figure ridicole pur di esserci, di farsi sentire o vedere.
Vi assicuro però che sono abbastanza spietato con me stesso e la domanda fatidica (devo mollare?) ogni tanto me la pongo: per ora la risposta è sempre negativa, ma prima o poi il momento arriverà.
Per adesso mi godo questa piccola nuova creatura radiofonica e vi ringrazio per il settimo compleanno passato insieme sul “nostro” blog.

Questa coppia di punte Mati Fernandez-El Hmdaoui è piuttosto preoccupante e forse bisognerà pensare ad un Borja Valero il più vicino possibile ai due per far girare il pallone tipo pallina da flipper.
Niente cross alti su azione, dunque, speriamo nei calci piazzati, che dopo molte ironie sulla batteria di aiutanti di Montella stanno diventando un tratto distintivo di questa Fiorentina.
Confesso che comincia a preoccuparmi la lunga assenza di Jovetic, qui si è passati dai tentativi di recupero per l’Atalanta alla speranza di rivederlo a Roma quasi un mese dopo.
Voi continuate pure a fare dell’ironia, ma un usato sicuro, un vecchio bucaniere dell’area di rigore, da pesare dentro e fuori dal campo, io lo andrei a prenotare già da stamani.

Stamani voglio parlare di un’altra Viola, Isabella, di 34 anni, mamma di quattro figli, morta di fatica seduta su una panchina della metropolitana di Roma.
Di fatica e di dolore, perché non vedeva futuro, perché il marito non lavorava e perché sul domani dei suoi bambini vedeva solo nuovole nere.
Io che passo molto tempo della mia vita interiore a riflettere su cosa fare per Valentina, Camilla e Cosimo, a come mettere loro la strada in discesa, sono stato colpito come da uno schiaffo quando alla radio stamani ho ascoltato questa notizia.
Nella mia testa e nel mio cuore non c’è più stato spazio per altro che per tutte le Isabella del mondo, donne (molte più donne che uomini) che consumano la propria esistenza inseguendo una banale e irraggiungibile idea di normalità.
Isabella Viola si alzava tutte le mattine alle 4, impiegava un tempo lunghissimo per andare a lavorare (e chi se la poteva permettere una macchina?), poi tornava a casa e cominciava ad “inseguire” i quattro figli, oltre (immagino) a sopportare la depressione di un marito disoccupato.
E qui mi fermo per rispetto perché non è neanche giusto entrare nelle vite degli altri, ma urlare che non è possibile morire di fatica e di stenti a Roma (come a Milano o Firenze) a 34 anni, nel pieno della vita, questo si può fare.
Anzi, lo dobbiamo fare, oltre a dedicare almeno cinque minuti della nostra giornata a chi sta peggio di noi.

Mentre aspettavo Viviano per l’intervista mi sono chiesto ieri sera quale fosse il suo stato d’animo: arrabbiato?
Preoccupato?
Niente di tutto questo, per fortuna sua e della Fiorentina.
Emiliano è tranquillissimo, aveva messo tutto nel conto e sapeva come Firenze fosse una piazza molto particolare, per lui ancora più particolare che per altri.
Mi ha spiegato bene la dinamica del gol di Birsa ed è vero che giudicare un portiere è compito quasi impossibile per chi il portiere non l’ha mai fatto in vita sua.
Devo dire che mi ha convinto, dopo che a caldo mi sembrava avesse delle colpe specifiche, e comunque mi è sembrato bello reattivo, direi più maturo dei suoi 27 anni, forse andarsene a vivere da solo nel 2002 lo ha aiutato nella crescita mentale.
Tranquillissimo lui e forse anche più tranquilli noi, ma questa è una speranza che temo andrà delusa…

Dopo quattro mesi ho avuto il mio primo contatto con Vincenzo Montella.
Qualcosa di fugace, rapido, eppure interessante.
Parto da un presupposto oggettivo perché non è lontano il gran salto: quando ho cominciato a inseguire la gente del pallone, gli allenatori che avvicinavo con molta circospezione potevano essere miei nonni (vedi alla voce Valcareggi), tra poco invece siamo ai possibili figli.
Montella ha l’età più o meno della media della mia redazione ed è in quella dimensione generazionale che ho cercato di collocarlo nei pochi minuti in cui l’ho avvicinato.
Un ragazzo-uomo di 38 anni (perché pare che oggi si sia ragazzi almeno fino a 40 anni…) con una marcia in più, addolcita dal suo intercalare partenopeo che toglie dalle sue dichiarazioni ogni possibile idea di presunzione.
Secondo me Montella crede davvero che la Fiorentina possa lottare per lo scudetto e non capisce perché si dovrebbe pensare il contrario.
In più ha una grande sicurezza dei propri principi calcistici, ma la giovane età gli permette di non arroccarsi in posizioni precostituite, insomma è aperto ad eventuali cambiamenti.
Insomma, lo avrete capito, mi è piaciuto parecchio: uno così lo prenderei subito a Radio Blu o a Radio Sportiva…

Per come si era messa, per gli infortunati e anche perché dopo cinque vittorie di seguito ci si può e ci si deve anche accontentare.
Bellissimo l’atteggiamento dopo il rigore di Gonzalo, quelle cose sono cose istintive e se Ljajic corre in porta a riprendere il pallone come se stessimo perdendo vuol dire che esiste una mentalità vincente, che magari non sarà sempre supportata dalle prestazioni, però esiste.
Rimango sempre del solito pensiero, al di là delle battute scaramantiche: ci manca davvero una punta e non vorrei che si dimenticasse la grande occasione del giocare senza Coppe, qualcosa che alla fine porterà almeno cinque punti in più.
Voglio dire che dobbiamo sfruttare l’occasione, senza fare calcoli, ma anche, come dicevo alla vigilia, senza paure che non non hanno ragione di esistere se solo pensiamo al percorso compiuto fino ad oggi.

Mi chiama un giovane giornalista di Fiorentina.it per un’intervista e alla fine mi chiede un pronostico.
Ci penso un secondo e poi sparo: “vinciamo due a zero con doppietta di Toni, così pago prima le colazioni”.
Leggo sul sito che la gente si tocca, che fa scongiuri, che ha paura.
Ma paura paura di che cosa?
Se non osiamo ora che abbiamo il vento alle spalle, che tutto fila liscio, che abbiamo sofferto il giusto per godere adesso, quando mai possiamo prenderci delle soddisfazioni con il calcio?
Qui non è mica come essere al lavoro che non si sa se domani ci sarà ancora, o alle prese con i problemi familiari: godetevela un po’ di più la nostra e vostra Fiorentina, mollate i freni e pensate al calcio come ad un divertimento e non come ad un tormento.

Il mio rapporto con la politica è stato il seguente: ho sempre votato, partecipando a tutti i referendum e fin da quando avevo quindici anni mi sono interessato a quello che succedeva nei partiti, nei Governi, nella nostra Nazione.
A venti, un signore che contava qualcosa vedendomi e sentendomi impegnato come un forsennato in interviste di varia natura mi disse che ero piuttosto bravo, ma che se avessi voluto entrare alla Rai mi sarei dovuto iscrivere ad un partito, meglio ancora se quello Socialista.
Erano i tempi (veri) in cui si diceva che su dieci giornalisti che prendevano in Rai quattro erano democristiani, tre socialisti, due comunisti e uno bravo, tempi che credo non siano mai finiti, anche se nel corso degli anni abbiamo visto scorciatoie più veloci per il posto fisso e relativo stipendio importante.
Per farla breve: non mi sono mai iscritto a niente, non sono mai entrato in Rai, non mi ha mai assunto un giornale e sono diventato quello che conoscete frequentando il blog o ascoltandomi in radio.
La premessa era necessaria per capire che non ho interessi da portare avanti o da nascondere: ho sempre votato a sinistra, spesso turandomi il naso, e sono andato alle primarie dando la mia preferenza una volta a Rosi Bindi (perché unica donna presente) e un’altra a avrei indicato Bersani, che stimo molto come persona, se solo si fosse candidato.
Stavolta è un po’ diverso perché conosco personalmente Matteo Renzi e mi fido.
Per questo lo voterò, cercando di fare i salti mortali per partire in tempo per Torino (sono già agitato al pensiero di far tardi), perché crede davvero in quello che dice, ha uno stile di vita coerente con le idee che professa e soprattutto perchè “bisogna” cambiare.
E spero soprattutto che vadano in tanti a votare, per non rassegnarsi all’Italia dei Fiorito, Lusi e compagnia cantante.

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