Mi sono appena asciugato il ciglio, vibratamente commosso davanti all’intervista de La Gazzetta dello Sport (complimenti per il colpo) a Pantaleo Corvino e propongo ufficialmente che domani venga intonato un coro per lui e che almeno un paio di striscioni siano dedicati al mago di Vernole che tutte le migliori società calcistiche europee stanno inseguendo da mesi.
Ho scoperto con stupore, grazie all’incalzante giornalista e alle sue terribili domande, come l’anno scorso proprio, prima che lui abbandonasse il campo, fossimo ad un passo dall’Europa.
Se ne deduce che se fosse rimasto a Firenze forse in Europa ci saremmo andati davvero.
E pensare che io ad un certo punto ho pure avuto paura di finire in B grazie ai casini di ogni genere che succedevano dentro e fuori dallo spogliatoio.
Ma torniamo al coro, alle ovazioni e agli striscioni per Pantaleo: domani bisognerà in qualche modo dimostrargli tutta la nostra riconoscenza per quello che ha fatto a Firenze, nei primi cinque anni, ma anche e soprattutto negli ultimi due.
Perché il niente che abbiamo visto per 24 mesi era tutto un bluff, un modo per mascherare (benissimo, a dire il vero) la rinascita viola di questi mesi.
Di chi è dunque il merito di questa nuova Fiorentina?
In gran parte di Pantaleo Corvino, naturalmente.
Lui ha seminato, lui ha creato gli agganci per prendere gli attuali giocatori che sempre lui aveva visto e suggerito: gli altri hanno semplicemente rispettato le sue linee guida e meno male che (stavolta e senza fax in ritardo o altri fantasiosi intoppi) le controparti hanno rispettato gli impegni presi (ovviamente da lui).
E nel settore giovanile tutto funziona a gonfie vele ancora per merito di Pantaleo Corvino.
Quello che non capisco è perché Pradé e Macia continuino a percepire regolarmente lo stipendio: che ci stanno a fare in Fiorentina?