Mi ricordo della raccomandazione che i miei genitori facevano spesso a mia sorella negli anni della nostra prima adolescenza: “controlla la coda di David, ha sempre la camicia fuori dai pantaloni”.
Avvertimento inutile: ho continuato a girare per anni con la coda, non attribuendo in verità alcun nesso tra questo particolare e lo scarsissimo successo che ho avuto con le ragazze fino ai 16 anni, sempre ammesso che un nesso sia esistito.
Quarant’anni dopo non sono cambiato, resto il solito trasandato, anche se il mio guardaroba è vertiginosamente migliorato grazie soprattutto alla presenza delle tre donne che ho in casa.
Non porto mai la cravatta (tranne che in rarissime occasioni, quando sono in pratica costretto), anzi non la porto da almeno una decina di anni e non esiste una vera spiegazione al mio stop, cioè non c’è niente di “sociale” in tutto questo, semplicemente non mi piace più.
Ci sono dei momenti in cui ho delle folgorazioni del tipo: certo mi piacerebbe essere sempre in punto e virgola come x o come y e me lo potrei pure permettere, ma sono attimi di follia, che come arrivano passano e così torno al mio stile, che può piacere o meno senza che questo turbi i miei pensieri.
Una cosa però tengo a dirla: non ho nel mio guardaroba ne’ calzini corti ne’ calzini bianchi, li sopporto meno della cravatta e l’immagine molto particolare di ieri con Anderson e Mencucci è legata solo al mio agitarmi, nonostante il calcolo che non se ne va.
Un po’ come la coda di quando avevo 14 anni…

Ho conosciuto di persona Luis Anderson e gli ho pure fatto qualche domanda nell’ambito di un evento targato Banca CR Firenze, che trovate su Viola Channel.
Ebbene, se lui è un uomo grasso, a me piacerebbe essere grasso come lui.
Non ho visto un etto in più e ho apprezzato la sua disponibilità con cui ha accettato di intervenire in qualcosa a lui completamente estraneo senza fare la minima piega.
Non so come sia nata questa storia del sovrappeso, magaro lo era pure a Manchester, ma certamente è arrivato a Firenze tirato a lucido, consapevole, immagino, del fatto che debba rilanciarsi sul piano internazionale.
E ha già capito cosa voglia dire da queste parti la parola Juventus…

Contro l’arbitro e i suoi assistenti, senza quattro pezzi da novanta, anzi cinque, perché Cuadrado era come se non ci fosse, era possibile fare di più?
Non credo proprio e quindi per me meritano l’applauso più convinto al termine di un gennaio che è stato molto diverso dal solito e che comunque ci vede assolutamente in corsa per la Champions.
Il Genoa è una buona squadra, abile nel rovesciamento e ha pure preso un palo clamoroso, ma se non le danno quel rigore vorrei proprio sapere come sarebbe andata a finire.
Aquilani è stato grandioso quando ha deciso di battere il rigore (ne aveva sbagliato uno lo scorso anno), strappando il pallone dalle mani di Pizarro, esercizio già questo non facile.
Era in una fase molto bassa della stagione e aveva tutto da perdere: se la metteva dentro faceva la cosa normale, se avesse fallito sprofondava.
Ecco, è anche da queste cose che si vede un giocatore, come cantava De Gregori.

Prima di tutto grazie a tutti voi per la nuova dimostrazione di affetto: stasera dovrei tornare in pista dopo gioni non preoccupanti, ma dolorosi nel vero senso della parola.
Abbiamo una grande occasione e ce la giochiamo senza quattro pezzi da novanta: Borja, Gonzalo, Rossi e Gomez, senza contare Tomovic, che è però obiettivamente qualche passo indietro rispetto al poker d’assi.
Ditemi voi quale squadra in Italia, Juve compresa, può rinunciare senza pagare pegno a questa batteria di giocatori vicini al termine campioni.
Ergo: non importa come, l’importante è vincere, di riffa o di raffa, come si diceva una volta.
Il Genoa non è quello dell’andata, dissoluto fino all’annientamento, noi siamo molto più deboli tecnicamente, ma possiamo vincere lo stesso, magari con l’aiuto del pubblico come per una volta nella vita ha invocato Montella.
A proposito, le sue conferenze stampa della vigilia stanno diventando delle piccole chicche mediatiche, vanno colti i sottintesi, le pause per capire l’ironia con cui affronta la stampa: ormai sta diventando tra i più bravi anche lì.

Ho seguito la partita in piedi, camminando su e giù e chi c’è passato sa cosa sto dicendo e quindi la mia è una visione assolutamente parziale con l’aggiunta di due particolari: non è che fossi molto lucido e non sono affatto abituato a vederla in televisione.
Credo comunque che sul nostro passaggio del turno non ci sia niente da obiettare: il Siena ha giocato un’ottima gara, ma la Fiorentina è stata superiore.
E’ strano come in tv si perdano delle sfumature legate ai singoli, sinceramente, Neto e Compper a parte, non sono riuscito a vedere grandi differenze anche se Aquilani mi è parso un po’ in difficoltà.
Ieri è scesa in campo la squadra dei giovani di Radio Blu: Sardelli, Loreto e Zoccolini sono stati bravissimi, Fabiani ha condotto benissimo da solo (avevamo pure Sestini acciaccato e senza voce) un Pentasport in cui c’è stato il gradito ritorno di Michela Lanza, che regalerà delle piccole chicche.
In mezzo ailitri d’acqua è stato tutto molto gratificante.

Era destino: notte da incubo per via un calcolo renale e chi lo ha avuto sa di cosa parlo.
Siccome a 53 anni bisogna darsi una regolata e siccome Sardelli e Loreto sono molto bravi, lascio a loro il microfono, oltretutto per solidarietà si astiene pure Saverio.
Via, me l’ero tirata con la storia che avrei lasciato a Giovanni la partita di Coppa Italia in Sicilia, anche se oggi mi appare un po’ misteriosa e sinistra la sua domanda dopo i quattro gol del Siena al Cibali: “ma la fai te lo stesso?”.
E certo che la faccio io, chi vuoi che la faccia?
Infatti si è visto.
L’ultima volta che saltai una partita ufficiale al Franchi fu nel gennaio di 24 anni fa, Fiorentina-Juve 2 a 2 (pensate un po’ come dovevo stare fisicamente per non andare allo stadio!), radiocronaca di Pestuggia, con Paloscia come seconda voce.
Certo però che se dovessi buttare fuori il calcolo prima delle 19…

Spippolavo ieri indolente la televisione in attesa dell’inizio del Pentasport quando all’improvviso sul canale 227 è apparsa una visione.
Mi fermo sempre se vedo le immagini in bianco e nero: ormai è una fase di rincoglionimento che peggiora col passare degli anni e ho quindi cercato di capire qualcosa in più alzando il volume perché in verità le immagini erano molto più che confuse.
Quando ho ascoltato il nome di Rogora e Amarildo, ho capito che stavano parlando di noi: era Palermo-Fiorentina, quartultima partita dell’anno del secondo scudetto.
Fortuna sfacciata: ero clamorosamente solo in casa, senza il consueto adorabile casino che solo due adolescenti e un bambino di 7 anni sanno creare e in più magicamente nessuno ha rotto le palle al telefono (casa e cellulare) per venti minuti.
Un incanto, meglio che andare a Gardaland o a Eurodisney.
Sprofondato sul divano, mi sono rivisto la vittoria sul Pisa, il trionfo di Torino, il servizio su Firenze che festeggia lo scudetto e la gara dell’apoteosi contro il Varese, che è poi l’unica che mi ricordo con una certa chiarezza, vetrine viola comprese.
Mi sembrava di essere il protagonista di “Nuovo cinema paradiso”, il Totò cresciuto che nell’ultima scena di quel film per me fantastico rivede tutti i baci tagliati dalla censura e rimontati solo per lui da Alfredo.
Non dico che avessi le lacrime agli occhi come lui, ma emozionato lo ero davvero, e anche impegnato nella ricerca di sensazioni vissute da bambino e legate a quell’incredibile scudetto che vorrei essermi goduto di più.

La vergogna peggiore di questi giorni è la vergogna di Stefano Fassina.
Vice ministro di un Governo formato con Berlusconi, sempre lì ancorato alla poltrona anche dopo il passaggio al rango di pregiudicato del predetto Berlusconi, e adesso sconvolto dal fatto che il segretario del suo partito provi a fare una legge elettorale dialogando nientepopodimeno che con Berlusconi.
Viene fuori il peggio del peggio della sinistra dalla levata di scudi isterica della minoranza.
Esce ancora una volta quel senso di superiorità che non ho mai capito e che ricordo bene fin dagli anni degli attivi e delle assemblee: noi conosciamo la verità dei fatti, noi siamo culturalmente di un’altra estrazione, noi non ci confondiamo con chi ha la nostra preparazione e la nostra storia.
E bravi Cuperlo, Fassina, D’Alema e compagnia cantante: continuate pure a farvi del male con i vostri giochetti dialettici, i vostri “tavoli di lavoro” e le vostre “piattaformme programmatiche”.
Potreste pure riesumare le “convergenze parallele” di Moro, che in fondo non vi dispiacevano poi tanto, visto che vi permettevano di occupare il potere senza metterci provando a governare.
Basta che vi leviate dai tre passi, che lasciate ad altri almeno la possibilità di provare a resuscitare questo Paese moribondo anche per colpa vostra.
Vi sembra poca cosa una legge elettorale che consente di governare, l’abolizione del Senato e dell’ormai inutile bicameralismo perfetto, il risparmio di un miliardo di euro tra indennità a senatori e riduzione dei vergognosi compensi regionali?
Ma voi, scusate, cosa avete fatto e proposto in questi nove mesi di equilibrismi tattici e di governo con Bungasconi, oltre a partorire la follia del calcolo dell’IMU ridotta, non ridotta, o alla carta?

Tre tiri in porta e tre gol nel primo tempo, se non è record poco ci manca.
Il paradosso è questo: la Fiorentina ha giocato meglio a Torino, solo che lì mancava l’attaccante che la mettesse dentro.
Matri non è un fenomeno, non è bravo come Pepito, ma ha le rete nella testa, vive per quella, anche se non disdegna la manovra.
Sono stati veramente bravi a prenderlo così velocemente, magari avremmo vinto lo stesso a Catania, ma certamente con maggiori difficoltà.
Benissimo anche Mati, la sua migliore partita da quando è a Firenze e a questo punto Aquilani dovrà spingere molto per riprendersi il posto.
Grande domenica in cui vorrei sottolineare come Rolando Bianchi non fosse poi così scarso, ovviamente Matri è meglio, ma in tutta quella serie di frattaglie che leggevo e sentivo lui mi sembrava il meno peggio.
Ci stiamo divertendo moltissimo ed è in fondo quello che chiediamo al calcio.

E’ gravissimo il calendario imposto ai tifosi della Fiorentina: non si gioca più la domenica alle 15 fino a marzo inoltrato.
E quelli che non possono andare e hanno lo stesso l’abbonamento?
Qui si sta continuando a mungere dai tifosi e capisco che questo grido di dolore suona come un esercizio di sterile retorica, ma davvero siamo allo stremo delle forze.
Stiamo vivendo tutti ancora in un universo dorato, sfruttando decenni di amore popolare e regole immutabili: tutti in campo alla stessa ora, qualsiasi cosa accada.
Era il fascino di “Tutto il calcio minuto per minuto” e anche, e qui pecco volontariamente di presunzione, dei miei primi 13 anni di radiocronaca su 32, perché forse un minimo di storia viola viola mediaticamente ho contribuito anch’io a scriverla.
Sinceramente, se qualcuno mi chiedesse a bruciapelo, a me che sono un addetto ai lavori, quando si giocherà Napoli-Fiorentina, io non saprei rispondere.
Non esiste più il rispetto per chi paga, non esiste più il fascino delle tradizioni.

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