Io provo a spiegarmela così: sono molto provato fisicamente perché questa storia dei calcoli sta durando da più di un mese e ancora non siamo alla fine, per questo ho meno freni inibitori.
Poi ci sono le ingiustizie che hanno travolto la Fiorentina negli ultimi diciotto mesi e che evidentemente alla fine hanno travolto anche il mio senso giornalistico.
Ovviamente non ho scusanti dal punto di vista professionale perché non si abbandona la postazione per due minuti per andare ad ingaggiare una rissa (per fortuna verbale) con un signore, per giunta apparentemente distinto, che ti prende in giro dicendo di stare calmo mentre ti incazzi per via del rigore non dato a Gomez.
Non succederà più, lo prometto sulla testa di Nicchi e Braschi, che saranno soddisfatti per l’atteggiamento tenuto da Gervasoni (diranno che ha arbitrato meravigliosamente bene) e i suoi compagni di avventura, con citazione speciale per Celi, davvero adorabile a fine gara.
Ho pure ricevuto un fantastico sms di un super tifoso che mi ha scritto testualmente: “occhio che ti danno il daspo”, che sarebbe poi una novità per i radiocronisti, e poi proprio a me che ho fatto a cazzotti una sola volta in vita mia, quasi quaranta anni fa…
Mia personale interpretazione dei fatti senza aver rivisto con calma le immagini, ma solo il primo replay: il rigore per il Parma c’era, la doppia ammonizione di Diakité pure e posso anche capire che nel casino finale di due che smanacciano tra loro (ma Munari ha fatto molto di più di Borja) l’arbitro li cacci entrambi.
Quello che non va bene è l’atteggiamento generale, la mancata ammonizione di Parolo e Gargano (mi pare) per falli uguali o peggiori a quello di Diakité e soprattutto il rigore non dato a Gomez.
Poi discutiamo pure su tutto il resto: la follia di Tomovic, l’ingenuità di Diakité, l’eccessivo nervosismo di Borja, l’incapacità di contenersi verbalmente di Pizarro, l’isteria di trenta minuti regalati al Parma dopo un primo tempo bellissimo.
Ma intanto dateci il nostro, solo il nostro, e poi vediamo come va a finire.

A Parma abbiamo spesso lasciato punti importanti, a volte decisivi per le varie rincorse dei passati campionati.
Mai tempi del doloroso bluff di Tanzi avevamo incontrato una squadra così in forma, così consapevole delle proprie possibilità.
Sulla carta siamo più forti, sul campo l’hanno inevitabilmente preparata meglio di noi e hanno meno tensioni.
Bisognerà prima o poi rivedere anche il giudizio su Donadoni, schiacciato dal passato in chiaro-scuro in Nazionale (ma il secondo Lippi fece molto peggio e ci eliminò ai rigori solo la futura grande Spagna), un allenatore che con il buon senso ed un’ottima preparazione tattica riesce spesso ad ottenere buoni risultati.
Giocherà Gomez dall’inizio?
Mi piacerebbe, ma forse è meglio di no, almeno per adesso.

Io non vi capisco: ma che bisogno c’è di fare polemica dopo una vittoria come quella di ieri?
Ho letto e sentito di tutto: avversari penosi, difesa che balla, difficoltà di manovra e via a seguire.
D’accordo è una minoranza, però abbastanza consistente e rumorosa, sembra quasi che questa vittoria dopo la sconfitta contro l’Inter abbia dato fastidio.
E poi inviti perentori a non esaltarsi per un successo come quella ottenuto nel freddo danese.
Scusate: ma chi caspita si è esaltato?
Io no di certo e come me la stragrande maggioranza dei tifosi viola, si potrà però dire che abbiamo visto una formazione che ha giocato con grande maturità, che ha segnato gol bellissimi, che si è dimostrata all’altezza della situazione, come sempre del resto in Europa?
E sapete bene quanto io non sia un fondamentalista, cioè un fautore del “va tutto bene madama la marchesa”, ma santo cielo se si vince come e meglio della Juve in Turchia io me la voglio un po’ godere questa Fiorentina.

Pur con il freddo e con la pioggia in faccia è stato un piacere guardarla.
Grande Fiorentina, che bello l’imbarazzo della scelta per il migliore dei viola nelle pagelle del Corriere, alla fine ho scelto Ilicic, ma erano in ballo anche Borja e Aquilani.
Una partita giocata impeccabilmente sul piano tecnico e anche molto bene con la testa, una vittoria senza discussioni per una serata da ricordare a lungo.
Alla fine ho incontrato per caso Jorgensen e abbiamo convenuto che in questa Fiorentina e con Montella si sarebbe divertito molto anche lui, pur restando la sua squadra più pratica.
Non so quanto abbiamo speso e lunedì è abbastanza vicino, ma certe vittorie fanno passare alla svelta la stanchezza.

Lo aiuta l’inflessione partenopea, che addolcisce ogni polemica e porta inevitabilmente più al sorriso che al ghigno.
Ma se qualcuno si prendesse la briga di confrontare il Montella in conferenza stampa di un anno fa con quello di oggi noterebbe una sostanziale differenza di atteggiamento.
Prima giocava sulla difensiva, era diffidente, si concedeva poco.
Ora continua a non concedersi, ma va di fioretto con battute e puntualizzazioni.
Oggi ha consigliato il turn over ai giornalisti (io ho già dato perchè mai avevo saltato due partite dal 1981…) e ancora prima aveva esplicitamente detto che dovremmo fare più attenzione nelle nostre critiche.
A me Montella sta istintivamente simpatico e lo considero bravissimo, pur non avendomi giornalisticamente mai concesso niente, anzi forse mi piace ancora di più proprio perchè non fa differenze, non classifica, almeno mi pare, il giornalista a seconda della sua importanza.
E’ però essenziale che ci si fermi qui, che non si alzi l’asticella: è una stagione pesante e ricca di soddisfazioni, siamo tutti un po’ stanchi e quindi un po’ più permalosi…

Dunque domani torno a Copenaghen, luogo cult dei miei vent’anni.
Estate 1980, partiamo in tre e a Stoccarda parte il motore della macchina di mio cugino, ci vogliono tre giorni per avere quello nuovo e così viviamo accampati vicino alle mucche in una tenda montata così e così.
Poi arriviamo a Copenaghen ed è come essere nel Paese delle Meraviglie, con la particolarità di non avere una lira (o una corona) e quindi si razionava tutto, in pratica si mangiava solo la sera, ma non ci pesava per niente.
Clima fresco, il giorno partite su partite di calcio e la sera via a Tivoli dove…vabbeh, sembrava di essere in un luogo incantato, con queste bellissime ragazze bionde che ti guardavano ammirate perché eri moro, con un sacco di capelli e pure magro.
Al ritorno dissi che ero in grado di guidare dopo una notte di baldoria, mi addormentai in trenta minuti, sbattemmo nella foresta nera tedesca, facemmo un paio di testa-coda, ci mancò di poco un tir, rischiammo seriamente la vita e distrussi la Golf di mio cugino, ma la vacanza resta memorabile.
Giuro che mi ci sono volute un paio di settimane per riprendermi in Italia, per accorgermi che non eravamo più in Danimarca.
Due anni dopo cercammo di ripetere l’incanto ad Ibiza, più o meno nella stessa formazione e fu un fallimento: si viveva di notte e al secondo giorno avevo già voglia di tornare in Italia.
Ho quasi paura a tornarci a Copenaghen, ovviamente è tutto diverso, ho 53 anni, sono un’altra persona e fisicamente mi sento ancora parecchio acciaccato e forse non si dovrebbe mai rivedere i posti dove si è stati veramente felici.
Sarà perché a vent’anni “si è stupidi davvero, quante balle si ha in testa a quell’età”, ma è stato tutto bellissimo.

Tivoli è chiuso…lo aprono da fine aprile, ma è stato emozionante lo stesso.
Attraverso i cancelli, su quei vialetti, era come se vedessi passeggiare il ragazzo che ero allora, con tutti i miei sogni, la mia irruenza, le mie speranze.
Copenaghen continua ad essere bellissima, anche 34 anni dopo, senza capelli e qualche chilo in più.

L’avevamo rimessa nel verso giusto, stavamo dominando e l’Inter mi sembrava in difficoltà.
Poi prendiamo un contropiede, e ci può tranquillamente stare, e convalidano un gol nettamente irregolare: la partita è girata lì.
Si può discutere su una reazione abbastanza blanda, ma se a Rossi, Borja, Gomez (che logicamente era come se non ci fosse) aggiungi pure Cuadrado e Gonzalo, come caspita si fa a recuperare contro una squadra che si chiudeva benissimo, anche perché è la cosa che sa fare meglio.
Rompe molto le scatole perdere una partita così, in una giornata di campionato che ci nasconderà forse definitivamente il sogno Champions, ma io sinceramente ho poco da rimproverare alla Fiorentina.
Avrei messo una punta fin dall’inizio (e l’ho detto subito), ma quale punta?
Matri mi pare un po’ sfiduciato, di Gomez abbiamo detto e Matos era un rischio molto elevato da correre.
Resta sullo sfondo il problema Ilicic: la sua stagione è per ora da 5, ieri avrebbe dovuto fare la differenza (anche Vargas ha deluso tanto, ma altre volte no), era fresco e non ha combinato niente.
Non so quante altre prove d’appello avrà ancora da qui a maggio.

O la va o la spacca per Matteo Renzi e per il bene di tutti io mi auguro proprio che vada.
Ognuna delle due soluzioni aveva ampi margini negativi: farsi rosolare a fuoco lento dai giochetti della politica, piccoli passi di Letta compresi, o contraddire quello che aveva sempre detto e cioè di voler passare dagli elettori per un’eventuale scalata a Palazzo Chigi?
Ha scelto la seconda strada, convinto che con il “fare” ci si dimenticherà in fretta della teoria.
Già, ma “fare” cosa?
Ed è lì che Renzi si gioca tutto.
Deve smuovere davvero l’economia reale, non quella artificiale dello spread e della borsa, deve far partire l’idea della ripresa, ridare speranza, cercando di allontanare il pessimismo assoluto che domina (purtroppo con qualche ragione) ogni nostra azione quotidiana sociale.
Ce la farà a “fare”?
Ci conviene tifare per lui perchè le alternative sono scarse e molto pericolose.

E’ vero che la Roma avrebbe avuto due squalificati importanti che pareggiavano come minimo l’assenza di Cuadrado, ma io preferisco giocarmela col Napoli, che mi sembra meno “squadra” di noi, nel senso che vive soprattutto per l’attacco dove è obiettivamente straordinario.
E poi c’è il fattore ambientale, che qualcosa conta.
E a Roma il Napoli è visto come fumo negli occhi.
Non che la Fiorentina rimanga particolarmente simpatica, ma come minimo ci sarà un atteggiamento neutrale da parte di quelli che verranno solo a vedersi la partita.
Insomma, ce la giocheremo in tutto e per tutto e già mi immagino i fuochi di artificio dialettici di De Laurentiis nei giorni precedenti la finale.
Io me ne fregherei completamente, ma capisco che ognuno reagisce a modo suo e quindi ne vedremo delle belle.
Intanto noi siamo lì, altri con molta più spocchia e anche molti più soldi se la vedranno rosicando in televisione.

Un grande spettacolo, una città intera che spinge una squadra molto stanca, un po’ impaurita e senza almeno tre giocatori fondamentali, ma orgogliosa e con un portiere a cui in tanti, a cominciare da chi scrive, dobbiamo delle scuse.
Questa è una partita che entra nella storia e non solo perché è la prima finale dei Della Valle.
Entra nella storia per cosa è diventata la Fiorentina in questi diciotto mesi di Della Valle-Montella-Pradè-Macia, io non ricordo, almeno a Firenze, una crescita così tumultuosa e felice in uno spazio tanto breve.
Eravamo annientati nell’estate del 2012, per l’ultima partita di campionato contro il Cagliari bisognava quasi implorare alla gente di venire allo stadio e ora siamo così sfacciatamente belli e chi se ne frega delle tv nazionali, di dove ci mettono, se alla semifinale di Coppa Italia preferiscono i capelli di Balotelli o la vulcanica signora Bonucci.
Siamo speciali, fuori dal coro, non esattamente simpatici al resto d’Italia proprio perché convinti di “essere Firenze”, una condizione che va estesa anche a chi non vive qui quando si parla di Fiorentina.

E’ stata una serata molto particolare anche per me: la mattina avevo quasi deciso di mollare, non me la sentivo, avevo paura di non essere all’altezza dell’impegno, di non essere abbastanza lucido, mi sembrava di mancare di rispetto a chi ascolta e a chi lavora con me.
Poi mi sono detto: proviamoci, ma tenendo sempre in preallarme Tommaso e Giovanni e così ho cominciato con un pizzico di timore, che non so se si sia avvertito, fino ad arrivare ad una vera e propria crisi dopo cinque minuti.
A quel punto mi sono spaventato e ho chiesto a Sardelli di venire accanto a me tra lo stupore della tribuna stampa e la preoccupazione di chi mi vuole bene.
Invece poi sono andato avanti fino in fondo, e anzi nel secondo tempo mi sentivo più sciolto anche se poi il dopo partita non è stato facile, ma rifarei tutto perché ieri sera valeva veramente la pena esserci.

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