Com’era quella pubblicità?
Certe cose non hanno prezzo, per tutto il resto c’è…
Ecco, questa cosa per me non ha prezzo.
La prendo da molto lontano, marzo 1987: in una delle tante pause di riflessione con l’allora storica fidanzata mi concedo un diversivo a Bologna con una cara amica di Ferrara, che conosceva benissimo la città.
Domanda tendenziosa: “ma tu sai dove rimane via Paolo Fabbri?”.
La faccio breve: suono al numero 43 e apre il Maestro a cui con una faccia di bronzo e dopo essermi dichiarato innamorato pazzo delle sue canzoni chiedo un’intervista.
Siccome lui è Francesco Guccini, cioè per me il massimo della vita, non solo non mi sbatte fuori a pedate nel fondo schiena (era più o meno l’ora di cena), ma addirittura mi dice di tornare un paio d’ore dopo per fare due chiacchiere.
Abbandono ogni proposito di battaglia uno contro una sui sedili ribaltabili della mia Golf e comincio a buttare giù domande su domande: alla fine viene fuori una cosa decorosa che con Saverio trasformiamo in uno speciale radiofonico misteriosamente per molti mandato in onda alla radio.
Ieri, oltre 27 anni dopo, grazie alla straordinaria partecipazione di Fabio Rosselli sono riuscito a consegnare la t-shirt del Pentasport e Radio Blu al Maestro che si è (pare) divertito ad ascoltare la storia della mancata consumazione del 1987 e sembra che, sempre grazie a Fabio, il sottoscritto abbia pure diritto ad uno strapuntino alla prossima festa a Pavana nell’agosto 2015.
Più di così ci sarebbe solo cantare qualcosa con lui, per esempio “Una altro giorno è andato”, però capisco di essere già abbondantemente nel mondo dei sogni…

Foto da VARIE NEL TEMPO

Abbiamo vinto in Perù e va bene, stiamo facendo un ottimo precampionato, però scusate oggi non ce la faccio a parlare di calcio perché sono stato folgorato da un’illuminazione.
Ho finalmente capito chi è stato, e forse lo è ancora, il più grande statista italiano degli ultimi cinquanta anni.
Berlinguer? No.
Moro? Maccché.
Pertini? Non scherziamo.
Craxi? Nemmeno per sogno.
Andreotti? Un dilettante.
Ciampi? Un contabile.
No, il migliore, il più bravo, il più grande statista italiano è stato Umberto Bossi.
Lo ha detto Beppe Grillo e non era una battuta: che ne pensate amiche e amici che avete votato 5 Stelle?
A quando una bella alleanza in salsa xenofoba con Salvini?

Ormai l’uomo è senza freni, ecco l’ultima di poche ore fa: “Pinochet meglio di Renzi, Napolitano e Berlusconi”.
Qui si sta pazziando, si scherza con i morti, con le migliaia di persone ammazzate in Cile, io ho la nausea.
Poi si può discutere se Renzi fa bene oppure no (e io aspetto i risultati), si può contestare le invasioni di campo di Napolitano, chiederci come possa uno come Berlusconi incidere ancora in Italia (certo, anche grazie a Renzi che lo ha rimesso in gioco per ragioni politiche), ma a questi punti non si può arrivare, se si ha rispetto di ciò che è accaduto in Cile dal settembre 1973.

Credo che abbia ragione il grande Claudio Merlo: la parlata romana non aiuta a Firenze, a meno di non chiamarsi De Sisti o al limite proprio Merlo.
Sto parlando di Alberto Aquilani, protagonista secondo me di un’ottima stagione, anche se di molta sostanza e di poca apparenza e però poco apprezzato da molti tifosi.
Arrivo a sfiorare l’impopolarità e vi dico che sommando tutte le prestazioni non mi pare che nella passata stagione sia andato così lontano da Borja Valero, mentre l’ho trovato superiore a Pizarro.
Il problema è un po’, in proporzione, quello che a livello nazionale esisteva con Antognoni: con quella corsa e quella classe ti aspettavi, e ti aspetti con Aquilani, che possa sempre fare di più di quello che vedi.
Spero veramente che Aquilani rimanga a Firenze per i prossimi due anni perché è difficile trovare di meglio sul mercato e anche perché mi pare abbia dato ampie dimostrazioni di essere un ottimo professionista.

E’ stata una notte storica per Radio Blu, non potete neanche immaginare l’orgoglio di sentire quello che stava facendo la squadra, come “giocava” nelle quasi dodici ore no stop di diretta.
Ci deve essere qualcosa di particolare perché nella notte del Canada mi svegliai, accesi la radio alle quattro e un quarto e beccai in diretta le ultime parole di Prandelli allenatore della Fiorentina.
Stavolta mi alzo più o meno alla stessa ora e mi metto all’ascolto proprio quando Pepito va in campo.
Giocatore stratosferico, che in pochi minuti ha ribaltato i dubbi sull’efficacia della scelta di non portarlo in Brasile.
Forse bastavano davvero venti minuti di Rossi per mascherare il niente della Nazionale, ma comunque è un discorso chiuso.
Abbiamo perso, è vero, però usciamo più forti rispetto alla vittoria argentina perché la formazione iniziale era palesemente un falso e non starei troppo a disquisire sulle troppe note stonate.
Ho una voglia pazzesca di vedere insieme Cuadrado-Rosso-Gomez e non credo di essere il solo…

Ce l’ho fatta, ma che fatica: sono riuscito a cantare davanti ad un microfono e con una decina di persone davanti “Una carezza in un pugno”.
I fatti.
Serata con pian bar nell’albergo di montagna dove purtroppo stanno finendo i miei giorni di ferie, canzoni anni settanta e ottanta, atmosfera ovattata e io che annuncio ai familiari (che quindi sono stati avvertiti…), “guardate che stasera canto”.
Sms quasi disperato di Letizia a Valentina che non è con noi, forse nel tentativo di scongiurare il pericolo e in effetti, come al solito, penso che forse non è il caso, che è meglio andare a dormire senza provarci.
Ma poi mi avvicino e chiedo se la possono cantare e l'(ir)responsabile mi fa: “scusi, ma perché non la canta lei?”.
Incoraggiato da un vergognoso applauso di circostanza, ecco signore e signori per la prima volta nella vita e a quasi 54 anni esibirsi il sottoscritto in versione Celentano.
Risultato della performance: Cosimo che si rotolava per terra dalle risate, Letizia e Camilla che riprendevano col telefonino per un futuro ricatto e scuotevano sconsolate la testa, io che andavo troppo veloce e che ovviamente stonavo una una strofa su tre, forse anche su due…
Particolare inquietante: era appena arrivato in albergo uno dei più grandi giornalisti italiani, Carlo Verdelli, a cui deve essere stato detto chi era il bischero che cantava.
E’ così finita che l’ho conosciuto, ma la salvezza me l’ha regalata Radio Sportiva: il figlio, infatti, è un accanito ascoltatore, però secondo me quando sentirà il prossimo filo diretto non sarà così convinto dell’autorevolezza del direttore.

Niente da fare, i padroni del calcio sembrano vivere in una realtà parallela, completamenta avulsa dalla realtà.
Un qualsiasi sondaggio tra chi pratica questo sport, perché sarebbe appunto uno sport, direbbe no a Tavecchio con percentuali bulgare e non sto parlando di tifosi, che sono un’altra cosa rispetto alle milioni di persone che giocano a calcio e che quindi costituiscono il fulcro della Federazione.
Ma loro niente, insistono a difendere l’indifendibile forse perché sfiniti dalla ricerca di qualcuno che consenta di praticare quel potere che ormai li ha fatti diventare autoreferenziali in tutto e per tutto.
Avevano trovato questo signore, tra l’altro con precedenti poco edificanti, e avevano considerata chiusa la partita.
Finirà con Tavecchio presidente, un figuraccia colossale in tutto il mondo e una spartizione delle carciche col bilancino, proprio come con la politica.
Una vera vergogna.

Quanti di voi vedendolo in mezzo a tre, quattro altri corridori saprebbero riconoscere il volto di Vincenzo Nibali?
Maledetto doping.
Ci ha tolto il gusto dell’impresa, abbiamo paura di rimanere fregati e adesso siamo debitori verso Nibali perché ha vinto la più grande corsa del mondo non dico tra l’indifferenza, ma con titoli in taglio basso: per giorni sono contate di più le bischerate a ripetizioni di Balotelli che le sue vittorie.
Poi è arrivato Tavecchio e in fatto di idiozie ha oscurato tutti (ma che aspetta a togliersi dalle scatole?), però questo è un altro discorso.
Spero che Nibali si riprenda tutto con gli interessi, perché vincere un Tour così è da campioni veri e lui ha fatto meglio di Pantani, che pure fu celebrato ovunque.
Grandissimo, non c’è niente altro da aggiungere.

Da un’ora sono ancora più orgoglioso di tifare Fiorentina: siamo stati i primi a dire che il re è nudo e, aggiungo, pure impresentabile.
Vediamo se il sasso lanciato da Della Valle/Cognigni servirà a smuovere la montagna per far sì che Tavecchio venga seppellito da una valanga di pernacchie.
Se lo eleggono, sarà dura reprimere la nausea, ma ho paura che l’esempio viola non verrà seguito.

E chi se l’aspettava una Fiorentina così, dopo il lungo viaggio e con meno preparazione rispetto all’Estudiantes?
Sono in un luogo dove non si vede SI e dopo un quarto d’ora di battaglia col tablet ho perso la battaglia con il collegamento di Firenzeviola (complimenti ad entrambi per l’investimento) e quindi me la sono sentita in radio.
Vincere fa bene, in questo modo ancora di più, perché mi pare sia stato un successo meritato, il gol di Gomez è poi la ciliegina.
Se pensiamo agli affanni spagnoli e portoghesi del 2013, pur senza farla troppo lunga, mi pare si sia cominciato molto meglio.
Complimenti ad Andrea Chiavacci che da giorni ci sta raccontando magnificamente in esclusiva dal Sudamerica la Fiorentina su Radio Blu e che ha effettuato una radiocronaca impeccabile.

…che è sacrosanta, per carità, e che però per onestà intellettuale ci deve far pensare alle convocazioni per i Mondiali e a quanto ci siamo arrabbiati, io per primo.
Prandelli ha sbagliato l’approccio e soprattutto ha illuso ed evidentemente rischiato senza senso la partecipazione di Pepito nell’ultima amichevole importante contro l’Irlanda: se non era pronto, se aveva già deciso, come ha detto poi, di non portarlo in Brasile, che senso aveva mandarlo in campo?
Ovvio che il ragazzo abbia pensato di potercela fare e poi, in un’ottica di squadra, a quel punto era meglio mettere Insigne e così si vedeva che proprio non era all’altezza e magari veniva convocato Destro.
Detto tutto questo, e aggiungendo che le parole di Cesare dalla Turchia su Rossi erano intrise di un veleno assolutamente incomprensibile, bisogna riflettere sul fatto che Rossi non vada (giustamente) in campo neanche domani sera a Buenos Aires.
Sono al 100% con Montella per come gestisce il ragazzo, che è il diamante più puro che abbiamo in rosa, perché manca ancora più di un mese all’inizio del campionato, però mi pare corretto pensare che forse davvero cinquanta giorni fa non fosse in grado di reggere lo stress e soprattutto le botte di un Mondiale.

E’ la cosa più bella di questo lavoro: crei qualcosa che si vede, anzi si sente, subito.
La radio è unica, continua ad avere per me un fascino che è un misto di fantasia, impegno, intuizione.
Questa avventura in Argentina e in Brasile di Radio Blu è stata fantastica nella sua fase teorica, cioè quando l’ho pensata, peccato che ora scatti nella mia testa quel maledetto vizio del perfezionismo che mi accompagna da sempre.
Per questo arrivo negli stadi due ore prima della partita, per questo controllo tutto fino all’ultimo secondo: si potrebbe anche intravedere una sorta di insicurezza di fondo, io preferisco chiamarlo rispetto verso chi ci ascolta e che ha fatto sì che potessi costruire qualcosa.
Il problema è che stavolta io non ci sono in Sudamerica, e non ci sono neanche Sardelli e Loreto che avrei massacrato di chiamate, e quindi una SIM argentina che non si attiva già ti rovina metà pomeriggio.
Ora però sto ascoltando l’ottimo Andrea Chiavacci e quindi un po’ mi rilasso, ma solo un po’, fino alla conferenza di stasera…

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