Non dico che siamo alla Fiorentina della mia adolescenza, cioè quella di Antognoni più altri dieci, ma la differenza tra Chiesa e gli altri è evidente.

Tristemente evidente, direi.

Non siamo ancora una squadra, non sappiamo quanto valgano davvero quasi tutti i giocatori arrivati in estate, in compenso abbiamo fatto un punto tra Crotone e Ferrara, roba da depressione calcistica.

E il problema è che nemmeno possiamo rammaricarci troppo, sia per la direzione arbitrale (vedi quell’abbaccio di Sanchez), sia per l’andamento della gara, perché alla fine il pareggio è stato il risultato più giusto.

Il valore aggiunto di Pioli non si vede, allo stesso tempo i giovanotti in attacco fanno molto fumo e pochissimo arrosto.

Ci vuole una scossa, ma in questo momento non si capisce proprio dove poter attaccare la corrente.

Il rinnovo di Chiesa è un bellissimo segnale: senza clausole e con un ingaggio da squadra di grande livello.

La Fiorentina dunque non smobilita e come spesso è accaduto in passato la realtà è migliore di quel che sembra.

Resta il campo, che è tutto o quasi.

Vincere oggi pomeriggio a Ferrara sarebbe il modo migliore per festeggiare la conclusione di una vicenda che rischiava di diventare un tormentone.

La sentenza della Corte d’appello di Milano conferma sulla vicenda Berlusconi-Lario quanto già stabilito dalla Cassazione sei mesi fa: il divorzio chiude ogni rapporto economico tra coniugi, che diventano due perfetti estranei.

Nessuno dei due potrà più accampare il diritto di voler mantenere lo stesso tenore di vita precedente con i soldi dell’altro/a.

Contano solo i figli.

Chi ha dato ha dato e chi ha avuto ha avuto, corna e miserie umane comprese.

Basta quindi l’autosufficienza economica, fissata sui 1000 euro netti, a bloccare ogni richiesta più o meno lecita di mantenimento a vita.

Chi ha fatto certi calcoli ora dovrà rivedere tutto: prevedo molto lavoro per gli avvocati divorzisti e un intasamento di ricorsi nei nostri tribunali…

Un essere umano si vede nel momento della sconfitta, quando tutto gli gira storto e il mondo gli frana addosso.

Quando si vince è tutto molto più facile, l’unica accortezza è non strafare, non umiliare chi ha perso e questo vale nella vita privata come nel lavoro.

Quando invece si è a terra conta la tempra, la consistenza interiore e se è vero che, come dice la canzone di Morandi, non bisogna strisciare mai, è altrettanto certo che in quei momenti così travagliati una buona regola sarebbe darsi una priorità dei valori che davvero contano nella vita.

Ignoro la consistenza del patrimonio di Ventura e quindi quanto sia importante per lui il milione di euro strappato alla F.I.G.C, una cifra enorme per noi normali, ma direi non eccezionale per chi sta a quei livelli da decenni e comunque non mi è mai piaciuto andare a guardare nella casa e sul conto corrente degli altri.

Però una cosa si può affermare con certezza: nel periodo intercorso tra le 23 di lunedì e le 18 di ieri sera, il sor Ventura è riuscito a rivitalizzare, anzi ad esaltare due suoi predecessori: Marcello Lippi e Cesare Prandelli, che dovrebbero perlomeno ringraziarlo per aver trasformato le loro disfatte mondiali in un inno alla dignità.

Proprio quella che è mancata a Ventura non dimettendosi.

Uno dei miei primi ricordi della vita è legato all’eliminazione dell’Italia in Inghilterra con la Corea, non avevo ancora sei anni, ma ho la netta percezione di come in quel pomeriggio sembrava fosse avvenuta una disgrazia.

Da allora ricordo piuttosto bene ad ogni Mondiale cosa facessi e in quale stato del mio transito terrestre fossi: fidanzate, non fidanzate, prima moglie, seconda moglie, prima figlia, seconda figlia, terzo figlio e via andare.

Tutto era scandito dalle partite dell’Italia, perchè era naturale che ai Mondiali ci fossimo, e poi nel 1958 non ero neanche nato…

Se vogliamo metterla su un piano prettamente tecnico, ieri sera avremmo abbondantemente meritato di vincere e in fondo non andiamo in Russia per via di un’autorete in Svezia, d’altra parte che arrivassimo dietro la Spagna era quasi scritto e lo spareggio quindi ampiamente prevedibile.

Se invece ci spostiamo sul terreno emotivo, che è poi quello che spinge il nostro essere tifosi, il disastro è epocale e davvero non so prevedere come e con quale spirito seguiremo la più importante rassegna planetaria.

Qualcuno oggi è contento, io invece sono molto triste.

 

Si pensa che un Mondiale senza l’Italia sia impossibile ed invece siamo ad un passo da baratro.

Come ormai sapete da tempo, quando vedo la maglia azzurra ci sento molto e mi interessa poco chi gioca, è una quesione di appartenenza: non posso convincere chi non la pensa come me, ognuno faccia quello che vuole, ma tiferò la squadra del mio Paese.

Sento puzza di bruciato, mi sembra che questa squadra non abbia un’anima e ancora meno talento, Ventura ha sperimentato troppo e in giro c”è ormai un grande scetticismo su come allena la Nazionale, che è poi tutto tranne che allenare, piuttosto selezionare e motivare.

Il disastro di non andare in Russia sarebbe enorme e comunque, anche se le facessimo, come spero, bisognerà porsi il problema del tecnico e della sua adeguatezza a questi livelli.

Pur essendo un grande appassionato del genere, non sapevo che esistesse una vera e propria fiera nel maiale così ben strutturata.

I festeggiamenti (limitati al fine settimana) per i dati di ascolto stanno trascorrendo in una preoccupante, per il mio colesterolo, immersione tra culatello e salame in un posto speciale, al confine tra Emilia e Lombardia.

Mamma mia, quanto è bella l’Italia!

E quanto mi sono perso in passato nel non godermi per svariati motivi tutte le possibilità offerte nel girarla con la Fiorentina.

Week end da sogno, a trecento metri da Po tra paesaggi lunari mattina e sera per via della nebbia, che poi col sole si accendono e offrono i fantastici colori autunnali.

Da domani si torna a parlare di calcio.

Molti pensano che sia una persona con pochi dubbi e ancora meno preoccupazioni, me ne sono accorto spesso parlando con chi mi conosceva meno e immaginava che fossi un tipo deciso e poco incline alla riflessione.

Completemante sbagliato, sono come tutti pieno di incertezze, anche se esiste una parte di verità: una volta presa una strada, non torno indietro, a costo di sopportare molta più fatica del previsto.

Nel giugno del 2015, in un momento di grande travaglio personale, stava cambiando anche la mia vita professionale con il passaggio da Blu (e Sportiva) a Bruno, un evento che come molte altre cose accadute in quel periodo non avevo assolutamente messo nel conto e che invece succedeva.

Avevo  la responsabilità di una quindicina di persone, oltre al fatto che mi sentivo in obbligo verso il nuovo editore che aveva investito veramente molto per assicurarsi il Pentasport.

Nella riunione nella nuova sede fiorentina di via Aretina mi lanciai in un obiettivo che in qualche modo assomigliava al milione di posti di lavoro promessi a suo tempo da Berlusconi: bisognava in due anni portare Bruno da una media di 50.000 ascoltatori a 100.000, gli stessi che aveva Blu al momento del nostro addio.

Devo essere sincero: non avrei mai creduto che ce l’avremmo fatta davvero e invece ieri sono stato felicemente smentito.

In Toscana Radio Bruno, da maggio a ottobre 2017,  ha un ascolto medio di 101.000 persone, Blu 57.000 e Lady Radio Radio Toscana 51.000, Fiesole 6.000.

Posso solo ringraziarvi per avere creduto in noi e soprattutto dire grazie a tutti i ragazzi che quotidianamente ascoltate in diretta, oltre che a Maurizio che mi ha accompagnato fin dall’inizio in questa nuova avventura ed essere grato a Gianni Prandi e Maurizio Bolognesi che hanno creduto in noi.

Per una volta mi godo pienamente questo risultato insieme a Cristina: dubito che tutto questo sarebbe stato possibile se non l’avessi incontratta di nuovo sulla mia strada.

 

 

Grattando un po’ sotto l’apatia che circonda questa squadra così fragile credo che l’amore verso la Fiorentina sia sempre lo stesso, anche se indebolito dalle polemiche e da un atteggiamento della proprietà che si fatica a capire.

A quasi sei mesi dagli insulti emiliani ad Andrea Della Valle mi pare si possa ormai parlare di separati in casa, solo che noi in quella casa ci resteremo anche quando chi oggi possiede la società se ne andrà, esattamente come hanno fatto tutti i presidenti, da Ridolfi a Cognigni.

Speravo che la scintilla scattasse dalla squadra, che Pioli e i giocatori ci portassero fuori dai mari tormentati di discussioni infinite ormai diventate oziose ed invece stiamo confermando quello che pensavamo di essere alla vigilia del campionato: una squadra da metà classifica, che riuscirà a stare dalla parte sinistra della graduatoria, ma che faticherà moltissimo solo a pensare di lottare per l’Europa.

Una stagione così, molto tendente al grigio, colore mai di moda in una città e in una tifoseria come la nostra, abituata da sempre ai colori forti.

…però i tempi delle partite di calcio, in attesa di nuove regole, sono due, purtroppo.

E nel secondo è come se non ci fossimo stati sul piano atletico, pur non avendo giocato in settimana, questo è l’aspetto più preoccupante di una sconfitta che ci aspettavamo un po’ tutti, ma che speravamo di esorcizzare nell’intervallo.

Perchè abbiamo corso così poco?

La difesa balla e ondeggia sempre pericolosamente e se proprio dobbiamo trovare il bicchiere leggermente riempito direi che è da sottolineare la prova quasi commovente di Gaspar, alla fine il migliore tra quelli dietro.

Siamo in una posizione di classifica molto grigia, una situazione antipatica da cui temo usciremo a fatica a meno di evoluzioni tecniche per ora abbastanza imprevedibili.

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